In tema di locazioni, se al momento della riconsegna l’immobile locato presenti danni eccedenti il normale degrado dovuto all’uso dello stesso, il conduttore è tenuto a risarcire tali danni, da quantificarsi tenendo presente non solo il costo delle opere necessarie per la rimessione in pristino, ma anche il canone altrimenti dovuto per tutto il periodo necessario per l’esecuzione e il completamento di tali lavori, senza che, a quest’ultimo riguardo, il locatore sia tenuto a provare anche di aver ricevuto, da parte di terzi, richieste per la locazione, non soddisfatte a causa dei lavori.

CHIEDI UNA CONSULENZA

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale ordinario di Firenze, sezione seconda civile, in persona del giudice unico onorario Liliana Anselmo, ha pronunziato ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c.

SENTENZA CONTESTUALE

nella causa segnata al n. 10226 del Ruolo Generale Affari Contenziosi del 2014, promossa da

IM.SI. S.r.l., in persona del suo legale rappresentante p.t., dott. Si.Ma., rappresentata e difesa dall’avv. Be.Ro., come da mandato a margine del ricorso ex art. 702 bis c.p.c.

Ricorrente

CONTRO

Società IN. s.r.l. (già GF. S.p.A. e già Gr. S.r.l. (…)), in persona del rappresentante ex lege, rappresentata e difesa dall’avv. Si.Pi. e dall’avv. Pa.Gi., unitamente e disgiuntamente tra loro, come da mandato a margine della comparsa di costituzione e difesa

Convenuta

E

1 – GR. S.r.l.. in persona del suo legale rappresentante Ro.Va. (…)

2 – Società GM. S.r.l. (…), in persona del suo legale rappresentante Ro.Va.

Entrambe difese e rappresentate dall’avv. Si.Pi., come da mandato a margine della comparsa di costituzione e difesa

Convenute

OGGETTO: risarcimento danni.

CONCISA ESPOSIZIONE DEI FATTI

Nel ricorso ex art. 702 bis c.p.c. che introduce la presente causa, la società ricorrente assume di aver concesso in locazione ad uso diverso di abitazione, con contratto del 18.10.1996, il bene immobile sito in Firenze, Viale (…) 6/D di sua proprietà alla società Gr. S.r.l. (…) con sede in Montevarchi (questa società assume in seguito la denominazione GF. S.p.A. con sede in Firenze e quindi quella di “In.” S.r.l., ma mantiene la stessa (…).

Nell’anno 2004, la GF. S.p.A. cede il ramo di azienda alla società GM. S.r.l. e conseguentemente viene anche ceduta la locazione.

Nel 2008 la GM. S.r.l. stipula un nuovo contratto di locazione con la ricorrente (la GF. S.p.A. si rendeva garante nei confronti della Im.Si. delle obbligazioni della GM. S.r.l.).

Il 26.7.2010 la GM. S.r.l. ha comunicato alla Im.Si. S.r.l. di aver ceduto il ramo d’azienda e la locazione al Gr.In. S.r.l., sempre con sede in Montevarchi, ma con diversa partita Iva (…).

Quest’ultima, in data 19.2.2013 riconsegna i locali alla ricorrente come da verbale redatto dall’Ufficiale giudiziario dott. Co. ma, in sede di verifica in contraddittorio dello stato dei luoghi e degli impianti, contesta al Gr. – ma anche alla stessa GM. – l’esistenza di danni, anche strutturali, ai locali, per cui chiede il risarcimento e la riduzione in pristino anche all’originaria conduttrice.

Al fine di acquisire la prova dello stato in cui i locali erano stati rilasciati, in data 19.4.2013 la ricorrente dà atto di aver depositato ricorso per ATP e in tale giudizio le due “conduttrici” – GM. S.r.l. e GF. S.r.l. – si costituiscono contestando di aver provocato detti danni, che comunque gli stessi erano dovuti al normale deterioramento d’uso e comunque prospettando che alcuni di essi fossero già presenti al momento della stipula del contratto di locazione (ad es. collocamento pavimento, cartongessi, tramezzi porte, ect) per cui avrebbero dovuto essere contestati a chi aveva occupato il fondo prima del 2008, ovvero alla società Gr. S.r.l. che, medio tempore, era divenuta In. S.r.l. che però non si è poi costituita nel giudizio di ATP.

La C.T.U. tecnica in sede di A.T.P. è stata redatta dall’ing. Re. e viene stimata in Euro 19.228,10 (tasse incluse) la somma necessaria per il risarcimento/ripristino dello stato dei luoghi; somma che non le è stata tuttavia corrisposta da alcuna delle convenute, motivo per cui, falliti i tentativi di composizione bonaria della controversia, la società Im.Si. S.r.l. ricorre presso il Tribunale di Firenze per sentir accogliere le suddette conclusioni nei confronti di tutte le parti conduttrici In. S.r.l. (già GF. S.p.A.), la GM. S.r.l. e il Gr. S.r.l. con nuova partita Iva.

Si sostiene che i locali siano stati rilasciati in condizioni di assoluto degrado con danni “gravissimi” alle strutture derivanti da interventi peraltro non autorizzati dalla proprietà, danni di cui tutte debbono rispondere in solido – o in ipotesi disgiuntamente – per il pagamento della somma di Euro 25.244,07 (di cui Euro 19.228,10 stimata per la riparazione del bene immobile).

Si sono costituite in giudizio tutte e tre le società convenute (anche se con due atti distinti, uno relativo alle posizioni Gr. s.r.l. – con p.i. (…) – e società GM.; e l’altro nell’interesse della società In. S.r.l. – p.i. (…)), sostenendo: – l’improcedibilità della domanda per assenza della condizione di procedibilità dell’azione civile; – l’erroneità della ricostruzione dei fatti effettuata dalla ricorrente; osservano le convenute che il primo contratto di locazione del 1996 venne concluso tra la società Im.Si. e la società Gr. S.r.l. (…) con contratto avente durata dall’1.11.1996 al 31.0.1002, prorogato fino al 30.10.2008; durante l’anno 2004 la società Gr. (oggi In. S.r.l.) ha ceduto l’azienda alla GM. che, ex art. 36 della legge 392/78, è subentrata nel rapporto locativo a scadere il 30.10.2008; in data 27.11.2008 venne sottoscritto nuovo contratto di locazione con GM. S.r.l.; in data 21.7.2010 la GM. S.r.l. ha a sua volta ceduto il proprio ramo di azienda alla S.r.l. Gr., che ha terminato il suo rapporto nel 2012, esercitando il proprio diritto di recesso per giusta causa; da tale premessa, le convenute sottolineano che il rapporto di locazione è proseguito dal 1996 al 2012 senza alcuna interruzione e con meri subentri nel rapporto locativo per cessioni di azienda o di rami di azienda; conseguentemente parte ricorrente non può pretendere che la riduzione in pristino avvenga con riferimento alle condizioni del locale rapportate al 2008 ma – proprio per la continuità del rapporto – al 1996; stato rispetto al quale per es. non sussisterebbe l’obbligo per le resistenti di riconsegnare l’impianto elettrico a “norma” – perché così non fu mai consegnato – mentre altre opere realizzate successivamente (posa in opera di impianto di riscaldamento con climatizzazione, del pavimento modulare sopraelevato, dell’insegna luminosa, interventi murari e finiture) sono da detrarsi nel conteggio;

– la fondatezza della domanda riconvenzionale proposta dalla Gm. avverso la società ricorrente per il pagamento della somma di Euro 35.271,90 (euro 1930,59 per 18 mensilità, maggiorata di iva) corrispondente all’indennità di avviamento, non ottenuta stante la risoluzione del contratto nel 2008.

Radicatosi il contraddittorio processuale, all’udienza del 11.12.2014 è stato disposto l’esperimento della procedura di mediazione in ordine alla domanda riconvenzionale proposta dalla GM. S.r.l.; con ordinanza del 13.10.2015 è stato disposto il mutamento del rito (per la natura della domanda riconvenzionale proposta) da ordinario (anche se sommario) a locativo e sono stati assegnati i termini per il deposito delle memorie integrative. E’ seguito l’espletamento della CTU da parte del geom. Gi.In. sul quesito formulato all’udienza del 17.3.2016 (Verifichi il CTU, esperiti sopralluoghi e valutata la documentazione fotografica in atti e letti gli atti, se si sono evidenziati dei danni al momento del rilascio dell’unità immobiliare e accerti la causa di questi, verifichi il nesso causale, descriva l’evoluzione dell’uso normale del bene e dell’usura dell’immobile sin dal 1996 e indichi, se possibile, se vi sono state delle modifiche edili e addizioni; valuti se vi sono stati dei costi per la rimozione delle addizioni”).

Svolte dalle parti tutte le deduzioni, osservazioni e contestazioni in ordine agli esiti della perizia all’udienza del 27.10.2016, la causa viene oggi in decisione previa concessione di termini per note scritte.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Sulla domanda principale

Per comprendere i legittimati passivi della domanda introdotta da parte ricorrente – di natura risarcitoria da inadempimento contrattuale all’obbligo del conduttore di restituire l’immobile nel medesimo stato in cui l’ha ricevuto, salvo il deterioramento d’uso della cosa in conformità del contratto – pare necessario richiamare quanto già rilevato con l’ordinanza del 13.10.2015, ovvero che dal 1.12.2008 viene in essere un nuovo rapporto di locazione tra Im.Si. e la GM. S.r.l. che si pone, rispetto ai precedenti, come “distinto ed autonomo” ovvero ponendosi in soluzione di continuità rispetto a quello che era scaduto al 30.10.2008, anche perché venne pattuita una nuova data di scadenza al 30.11.2014 e non quella del 30.10.2014 (che sarebbe stata corretta laddove si fosse trattato di un contratto “in continuazione” con quello precedente).

Nell’ambito di questo rapporto contrattuale (che ha avuto la durata di cinque anni dal 2008 al 2013) va data menzione dei ruoli che ciascuna delle compagini societarie, oggi convenute nel giudizio, hanno avuto e che rilevano ex art. 36 legge n. 392/78: cedente (GM. S.r.l.), cessionaria (Gr. S.r.l. con P.I. (…)), garante della cedente (GF. S.p.A. quale fideiussore solidale, oggi In. S.r.l.).

Tale premessa consente altresì di chiarire che il termine temporale al quale legare l’esame della domanda principale è l’anno 2008 (e non il 1996).

La società Im.Si. è rientrata nella detenzione dell’immobile in data 19.2.2013, ovvero quasi 17 anni dopo averlo concesso in locazione a varie società o comunque nell’unico intervallo in cui la detenzione di terzi non era legittimata da un titolo contrattuale (v. per il mese di novembre 2008 nel quale l’occupazione fu di “fatto”), la stessa non ne hai mai avuto la materiale disponibilità.

Era ovvio, oltre che dovuto, che al momento della restituzione del bene avvenuto alla presenza del geom. To. per la Si. venissero scattate delle fotografie e redatto il verbale di riconsegna proprio per documentare lo stato dei luoghi (analizzato anche dal CTU della fase di ATP Ing. Re.) molto divergente rispetto a quello iniziale e che, anche se sono trascorsi molti anni, non può sussumersi quanto constatato nell’alveo dei c.d. danni da “normale usura ed uso del bene”, specie se si considera:

1 – che mancano le fotografie di riscontro dello status quo ante sia del 1996 che del 2008;

2 – che l’attività esercitata all’interno ha avuto, quale peculiare vocazione di ogni attività commerciale, proprio quella di richiedere continue trasformazioni e adattamenti alle esigenze sia della clientela che delle normative in materia settoriale;

L’immobile uso negozio facente parte di un edificio condominiale degli anni 70 è stato descritto come “tipico” ed avrà avuto le caratteristiche commerciali consuete dell’epoca; tuttavia, dovendo il CTU geom. In. prendere atto che non esistono fotografie degli anni ’70 né quelle riferibili agli anni ’90, ipotizza e descrive con dovizia di particolari quale sia stata la situazione ab origine (cfr. pag. 6, 7, 8 della perizia) e ciò lo si richiama ai fini di comprendere storicamente l’evoluzione delle strutture dal 1996 ad oggi, anche se ciò che rileva ai fini decisionali è quanto esisteva al 2008, che la conduttrice GM. S.r.l. ha accettato ritenendolo in “buono stato locativo” ed idoneo alla sua destinazione d’uso (presunzione che vige in assenza di elementi contrari dedotti nel contratto) e che invece deve escludersi alla luce delle fotografie scattate al 19.2.2013 (coincidente con quanto accertato dall’Ing. Re. in fase di ATP).

I CC.TT.UU. (In. e Re.) hanno confermato che vi sono state effettuate delle alterazioni dello status originario oltre a delle modifiche funzionali da parte del conduttore; entrambe sono state constatate nell’anno 2013:

1-dal 2008 in poi il pavimento in cotto o in gres – già ricoperto con linoleum a mastice – venne ricoperto con un pavimento galleggiante rialzato in quadroni prefiniti di legno, poi rimasti danneggiati al momento del rilascio; l’opera di ripristino consigliata non è certo quella di riportare il pavimento a cotto, quanto piuttosto quella suggerita dal CTU in fase di ATP ing. Reali consistente nel ripristino e revisione dell’intero pavimento sopraelevato con la sostituzione di n. 53 pannelli e delle parti strutturali danneggiate e arrotatura morbida pannelli esistenti per uniformarli e lucidatura per una spesa di Euro 3.810,00.

2 – con riferimento agli impianti di riscaldamento e di climatizzazione, sono stati eliminati i fan-coils con installazione di diffusori a parete o “split”, con doppia funzione per raffreddamento estivo e

riscaldamento invernale, che, però al 2013, non erano più funzionanti; in questo caso alcun a adizione o miglioramento è stato apportato dal conduttore GM. S.r.l. e la spesa calcolata dal CTU ing. Re. è stata quella di Euro 4.250,00 (pag. 22 della sua perizia doc. n. 11 fascicolo parte attrice);

3 – con riguardo all’impianto elettrico, al 2008 doveva intendersi realizzato con nuove linee, sia in canalette esterne in pvc che sotto la pavimentazione: questo al 2013 risultava modificato e anche in parte asportato; per tale voce di spesa è stata indicata dall’ing. Re. la somma di Euro 2.300,00;

4 – relativamente agli infissi, esterni ed interni, ed inferriate, sia il CTU In. che ing. Re. concordano circa il fatto che essi sono stati trascurati e maltenuti, per i quali è stata indicata la spesa di Euro 1.230,00;

5 – con riguardo all’insegna luminosa esterna, la spesa per il suo ripristino viene quantificata dall’ing. Reali in Euro 520,00;

6 – relativamente allo stato di degrado e distacco di mattonelle di rivestimento dei servizi igienici il CTU ing. Reali ha quantificato la somma di Euro 410,00 per il loro ripristino;

7 – per il rifacimento di opere di muratura, tinteggiatura, verniciatura e pitturazione, infine, è stata indicata la spesa di Euro 2.930,00.

Oltre al totale di Euro 15.450,00 (detratto il 10% per l’uso), sono state calcolate le voci di spesa per gli oneri di cantiere e per la pratica di “sanatoria edilizia” – accertamento di conformità – necessaria per rendere legittima la realizzazione (abusiva) del divisorio tra il fondo principale ed il locale tergale; definitivamente si giunge all’importo di Euro 19.228,10.

In ordine alle suddette modifiche/addizioni/alterazioni la parte proprietaria non ha sostenuto spese per la loro rimozione o eliminazione.

Alla “cristallina” situazione fotografata con l’ATP del 2013, ad oggi tuttavia si è sovrapposta un’altra realtà che è quella constatata dal CTU geom. In. al momento del sopralluogo eseguito nell’aprile del 2016, poiché nel fondo del ricorrente – e anche in quelli adiacenti andando verso Porta al Prato – è stata brillantemente avviata da parte di NUOVI conduttori l’attività di ristorazione “giapponese”; questi nuovi conduttori hanno COMPLETAMENTE MODIFICATO L’IMMOBILE SU CONSENSO DELLA PROPRIETÀ della Si. apportando modifiche, tant’è che a parte la questione degli infissi esterni (che invece sono rimasti nella medesima situazione fotografata nel 2013 e per i quali si reputa sufficiente la somma equa di Euro 1.500,00), ogni altra addizione/modifica/alterazione è stata lì lasciata o eliminata e rimossa (in quanto come logico e comprensibile non serviva alla nuova attività svolta e non era compatibile con il progetto del nuovo locale).

A tacere del fatto che l’avvio di una nuova “attività di ristorazione” non era stata mai rappresentata da parte ricorrente nei propri atti, va rilevato che non sono stati prodotti agli atti documenti di spesa inerenti l’esecuzione a cura e carico della proprietà Si. delle opere che hanno riguardato proprio i servizi e impianti di cui sopra al fine di consentire l’apertura del nuovo locale di ristorazione, né tantomeno, parte ricorrente ha argomentato o dedotto circa la possibilità che le spese di rifacimento del locale e dell’impianto elettrico e di riscaldamento e per i servizi vari siano state defalcate dall’attuale canone di locazione percepito da Si. dai nuovi conduttori.

Del resto è notorio che l’usuale utilizzo di fondi con destinazione commerciale prevede il loro completo rinnovo, sia di impianti che di finiture sia degli allestimenti in genere, sia interni che esterni e che ciò accada proprio a maggior ragione in occasione dell’inizio di un nuovo rapporto di locazione specie quando subentra un settore merceologico diverso da quello esercitato in precedenza (attualmente di ristorazione invece dell’attività commerciale tradizionale).

Del resto se la richiesta risarcitoria avanzata da parte ricorrente aveva come scopo quello di compensare la parte agente dai danni inizialmente subiti e dunque di rimettere il patrimonio del proprietario nella medesima situazione in cui si era trovato senza l’evento dannoso, ciò è già avvenuto materialmente, anche se ad opera di un terzo soggetto.

Tuttavia, ancora una volta, si deve ribadire il principio per cui se la parte proprietaria non ha provato esborsi di spesa per ricondurre i locali alle condizioni di manutenzione inizialmente esistenti al momento dell’avvio della locazione, nulla può pretendere laddove, come nel caso in esame la situazione dei luoghi si è modificata – ed in senso migliorativo – per l’intervento di un terzo soggetto dal quale la proprietà ha ricevuto verosimilmente dei vantaggi, per cui la domanda di risarcimento in questa sede proposta non può trovare accoglimento.

Allo stato dunque non vi è alcun danno diretto e attuale1 (in termini di danno emergente) subito da parte ricorrente, eccettuato quello di Euro 1500 (come sopra precisato), al cui pagamento vanno condannate le parti in via solidale tra loro. Trattandosi di somma liquidata in via di equità non possono essere riconosciute le voci relative agli interessi e alla rivalutazione monetaria.

Sulla domanda riconvenzionale

La società GM. S.r.l. avanza domanda di condanna di parte ricorrente volta ad ottenere l’indennità di avviamento in relazione al primo contratto di locazione (1996), poi rinnovatosi e risolto nel 2008; ai fini di ottenere tale voce di “danno”, occorre che al momento dell’interruzione del suddetto rapporto contrattuale – disdettato dalla Im.Si. S.r.l. con preavviso di rilascio del 4.9.2007 per la scadenza contrattuale del 30.10.2008 – oltre alla cessazione del rapporto di detenzione con il locale (cui non necessariamente deve seguire il rilascio del fondo), necessita che si interrompa l’attività di vendita Nulla di tutto ciò è accaduto nella specie: tra Im. S.r.l. e la GM. S.r.l. è intercorsa una trattativa per redigere un nuovo contratto di locazione poi perfezionatosi il 27.11.2008, per cui per TUTTO Il mese di NOVEMBRE 2008 la società GM. srl. è rimasta nella detenzione del fondo come “occupante” e non a titolo gratuito (v. doc. 21 prodotto da parte attrice copia bonifico di Euro 2351,46 e fattura di quietanza cfr. doc. 22).

E’ pur vero che il mancato rilascio del locale nel periodo successivo al termine dell’efficacia del contratto, non comporta la rinnovazione tout court del contratto; il rapporto doveva trovare invece disciplina nel disposto dell’art. 1591 c.c., il quale fa carico al conduttore in mora nella restituzione della cosa (ed anche quando la mancata restituzione dipenda dalla mancata corresponsione da parte del locatore dell’indennità di avviamento: Cass. n. 22924/12; Cass. n. 24996/08) di pagare al locatore una somma di denaro che viene si ragguagliata al canone contrattuale, ma che ha in realtà natura risarcitoria minimale del pregiudizio economico subito dal locatore stesso per la mancata disponibilità dell’immobile.

Orbene, nel caso in esame la protrazione della detenzione dei locali da parte di GM. S.r.l. nel periodo intercorrente tra il termine di scadenza del contratto – 30.10.2008 – e la data di effettiva ripartenza del nuovo rapporto contrattuale – 1.12.2008 – se da una parte ha comportato l’instaurazione tra le parti di un regime di occupazione derivato ma distinto dal rapporto contrattuale con riguardo al quale poteva maturarsi in capo alla conduttrice il diritto di percepire l’indennità di avviamento commerciale, dall’altro va considerato che la durata di questa occupazione “sine titulo” (comunque è stata di un solo mese (peraltro non è stata documentata nemmeno la chiusura forzata dell’attività nell’esercizio commerciale nel mese di novembre 2008), per cui in concreto non vi è stata alcuna perdita effettiva di avviamento commerciale.

“Perché sorga il diritto all’indennità per la perdita dell’avviamento previsto dall’art. 34 della legge 392/78 occorre che vi sia stato il rilascio dell’immobile locato, il quale è FATTO CAUSATIVO della perdita dell’avviamento; ne consegue che se alla cessazione del rapporto locatizio non si accompagna il rilascio del bene e quini l’attività economica CONTINUA ad essere esercitata, non vi può essere perdita di avviamento e quindi pregiudizio economico da compensare sia pure con il particolare meccanismo automatico introdotto dalla legge 392/78” (Cass. Sez. III 6.11.2009 n. 23558).

Il precedente giurisprudenziale citato da parte convenuta (Cass. 10261/2015) non è pertinente al caso di specie: in quel caso la cessazione del rapporto locativo dipendeva da un provvedimento giudiziale, mentre nella fattispecie che ci occupa è conseguita alla scadenza del termine contrattuale; ciò che inoltre rileva ai fini della liquidazione dell’indennità è che sussista la cessazione dell’attività commerciale esercitata mediante rilascio dell’immobile, in quanto solo in tale momento si origina quel pregiudizio economico, oggetto di riparazione “ex lege”, costituito dalla perdita dell’avviamento, inteso quale elemento connaturato all’operatività dell’azienda ed alla sua localizzazione mediante contatto diretto con

il pubblico degli utenti e dei consumatori (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 7715 del 16/04/2015 (Rv. 635118 – 01).

Le spese processuali di parte ricorrente (anche per la fase di ATP) debbono essere liquidate tenendo conto da una parte che l’importo determinato a titolo di risarcimento danno è di Euro 1500 e dall’altra che l’importo della domanda riconvenzionale – rigettata – è stato indicato in Euro 34.000; pertanto si applicheranno i criteri minimi dello scaglione fino ad Euro 52.000, aumentati del 20% ex art. 4 comma 5 DM 55/2014.

Le spese della CTU, visto il parziale accoglimento della domanda risarcitoria, vengono invece compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Ordinario di Firenze, Seconda sezione civile, definitivamente pronunziando nella causa in epigrafe, rigetta la domanda riconvenzionale proposta e, in parziale accoglimento della domanda risarcitoria di parte ricorrente, condanna, in solido tra loro, le società Gr. S.r.l., GM. S.r.l., In. S.r.l., tutte in persona dei legali rappresentanti p.t., al pagamento in favore della società Im.Si. S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., della somma equa di Euro 1500.

Le spese processuali di parte ricorrente liquidate in Euro 4766,40 per compenso professionale, oltre rimborso forfetario del 15%, spese vive documentate (contributo unificato e spese di notifica per Euro 210,65), oltre iva e cap, come per legge e sono poste a carico solidale di tutti i convenuti. Le spese di CTU sono integralmente compensate. Sentenza provvisoriamente esecutiva ex lege.

Così deciso in Firenze il 10 febbraio 2017.

Depositata in Cancelleria il 10 febbraio 2017.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *