Deve ritenersi che il regolamento contrattuale, mentre non può consentire la rinuncia all’uso dell’impianto centralizzato di riscaldamento laddove sia mirato all’esonero dall’obbligo del contributo per le spese di conservazione e manutenzione, ben può invece vietare la rinuncia all’uso, ovvero il distacco dall’impianto, non essendo tale divieto in contrasto con la disciplina legale dell’uso della cosa comune.

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Tribunale di Roma sentenza n. 9889 del 16 maggio 2016
SENTENZA
nella causa iscritta al n. 51247/13 Ruolo Generale Contenzioso
TRA
GM
elettivamente domiciliata in Roma, via della Balduina 7 presso lo studio dell’Avv. Concetta Trovato
che la rappresenta e difende con procura in margine alla citazione
ATTRICE
E
CONDOMINIO IN ROMA, VIA X
elettivamente domiciliato in Roma, via Pompeo Magno 10/b presso lo studio dell’avv. Maria
Laviensi che lo rappresenta e difende con procura in calce alla costituzione di nuovo difensore
CONVENUTO
FATTO E DIRITTO
La G citava il Condominio convenuto esponendo quanto segue. Di essere proprietaria di un’unità
immobiliare facente parte del plesso condominiale. Che l’impianto centralizzato del riscaldamento
non garantiva un regolare funzionamento. Che aveva comunicato, con racc. del 10-10-2012, la
propria volontà di distaccarsi dall’impianto centralizzato. Che l’assemblea del 30-11-2012 aveva
deliberato sul punto disponendo di procedere, tramite un legale, alle verifiche del rispetto della
vigente normativa. Che aveva, quindi» inviato all’amministratore la relazione di un tecnico
corredata dalla dichiarazione di conformità. Che, ritenendo di avere adempiuto agli obblighi e di
essersi legittimamente distaccata, non aveva consentito ai tecnici di installare le valvole di
contabilizzazione del calore. Che, con successive delibere del 21-6-2013, l’assemblea aveva
approvato il bilancio consuntivo del riscaldamento e le spese per i contabilizzatori del calore. Che
dette delibere erano illegittime. Che, in particolare, era illegittima la delibera, assunta al 2 punto
all’o.d.g., con la quale, non riconoscendo l’avvenuto distacco, le erano state attribuite le spese per i
contabilizzatori del calore e per il riscaldamento. Che erano illegittime anche le delibere di cui al
punto 1 all’o.d.g. in tema di approvazione della spesa di 417,00 euro per chiusura box in quanto non
documentata, di cui al punto 5 nella parte nella quale non escludeva dalle previsioni di bilancio il
costo delle spese per rimpianto di riscaldamento per i condomini distaccati e di cui al punto 6 per
l’inutilità dei lavori e per l’errata ripartizione della spesa.
Ciò premesso chiedeva che fosse accertata la legittimità del distacco dall’impianto del
riscaldamento centralizzato operata il 15-11-2012 con conseguente annullamento/declaratoria di
nullità dell’impugnata delibera con riguardo ai punti 2 e 5 dell’o.d.g. Chiedeva altresì che fosse
dichiarata l’illegittimità dell’addebito a bilancio della somma di €417 deliberata al 1 punto all’o.d.g.
e di quanto deliberato al punto 6 all’o.d.g. per i motivi sopra esposti.
Si costituiva il Condominio chiedendo il rigetto delle avverse domande.
Espletata etu. all’esito del giudizio le parti concludevano come in atti e, all’udienza del 9-2-2016, la
causa veniva trattenuta in decisone con i termini di cui all’art. 190 epe.
La prima delle domande così come formulata dall’attrice ha lo scopo di accettare la legittimità del
distacco da essa operato ed il diritto ad essere, di conseguenza, esentata da qualsivoglia onere di
contribuzione per le spese di ‘gestione’ dell’impianto centralizzato anche con riguardo alle spese
sostenute per i contabilizzatori di calore.
Il Condominio ha contestato l’avverso assunto affermando che la partecipazione alle spese per il
funzionamento e la gestione dell’impianto comune avrebbe dovuto essere addebitata anche
all’attrice, seppur distaccata, tenuto presente in particolare di quanto previsto dall’art. 25 del
regolamento che subordinava il distacco ad una previa autorizzazione dell’assemblea.
In tema di condominio negli edifici tra le spese indicate dall’art. 1104 c.c. soltanto quelle per la
conservazione della cosa comune costituiscono obbligazioni “propter rem’f per le quali il
condòmino non vi si può sottrarre (Cass. 6923/01, Cass. 19893/11). Invece quelle sostenute per il
godimento delle cose comuni, avendo diversa natura, possono diversamente legittimamente essere
unilateralmente rinunciate . Così, in seguito a rinuncia al riscaldamento condominiale, operata dal
singolo condomino mediante il distacco del proprio impianto dalle diramazioni dell’impianto
centralizzato, può venir meno l’obbligo di contribuzione alle spese per l’uso, purché l’interessato
dimostri che, dal suo operato, non derivino né aggravi di spese per coloro che continuano a fruire
dell’impianto né squilibri termici pregiudizievoli per la regolare erogazione del servizio. In tal caso
il condòmino rinunciante mentre è esonerato, in applicazione del principio contenuto nell’art. 1123,
2° comma, c.c., dal dover sostenere le spese (relative al combustibile) per l’uso del servizio
centralizzato ove non ne tragga alcun godimento è invece, obbligato (stante l’inderogabilità, ex art.
1138, ultimo comma, della disposizione di cui all’art. 1118, 2° comma, c.c.) a sostenere le spese di
conservazione e manutenzione dell’impianto comune di riscaldamento centralizzato (cfr. “ex
plurimis”: Cass. 20.2.1998 n. 1775; Cass. 5974/04, Cass. 15079/06 e Cass. 7708/07).
Tale legittima rinuncia al riscaldamento centralizzato (con i limiti e gli effetti suddetti) non è però
consentita in presenza di un divieto Contenuto nel regolamento condominiale di natura contrattuale
che, mentre non può derogare alle disposizioni richiamate dall’art. 1138 ultimo comma c.c. e non
può menomare i diritti che ai condomini derivano dalla legge, dagli atti di acquisto e dalle
convenzioni, ben può, invece, derogare alle disposizioni legali non dichiarate inderogabili (Cass.
9.1L1998n. 11268).
Con la conseguenza che il regolamento condominiale, se contrattuale, mentre non può consentire la
rinuncia all’uso dell’impianto centralizzato dì riscaldamento laddove sia mirato all’esonero dall’obbligo del contributo per le spese di conservazione e manutenzione di detto impianto, ben può
invece vietare la rinuncia all’uso ossia il distacco del proprio impianto da quello centralizzato, non
essendo tale divieto in contrasto (anzi in sintonia) con la disciplina legale (ancorché derogabile)
dell’uso della cosa comune. In tal senso v. Cass, n.6923/01. Tali limitazioni non possono invece
essere dettate da un regolamento non contrattuale che non può incidere sui diritti dei partecipanti (in
senso restrittivo o ampliativo con effetti sul riparto delle spese) ma solo regolamentare le modalità
d’uso delle cose comuni e l’organizzazione ed il funzionamento dei servizi condominiali.
Al riguardo si deve in primo luogo rilevare che il regolamento prodotto (per atto notaio P, versato in
atti) ha natura contrattuale ed opponibile alla G risultando essere stato espressamente accettato da
parte attrice come risulta dall’art. 3 dell’atto di acquisto rogato dal notaio C il 10-12-2008 (in atti).
Alla natura contrattuale segue che le disposizioni in esso contenute possono ben decidere sui diritti
dei partecipanti come si ricava dall’esame dell’art. 25 che subordina il diritto al distacco ad una
previa “autorizzazione” dell’assemblea. In assenza di tale autorizzazione, pertanto, il partecipante
non può legittimamente distaccarsi.
Orbene dall’esame della delibera del 30-11-2012 prodotta in atti si ricava che, contrariamente a
quanto affermato da parte attrice, nessuna autorizzazione (alla modifica richiesta) è stata data
dall’assemblea la quale si è limitata a decidere di effettuare, tramite un legale, la verifica del diritto
al distacco (testualmente: per ‘capire’ se il distacco era a norma) rimandando, all’evidenza, a
successiva deliberazione, la decisione di prestare o meno il consenso previsto dal regolamento in
caso di ‘ogni variazione’ (quale quella in esame) che ‘possa interessare’ rimpianto, quale il distacco
di un partecipante.
Tale delibera non è stata impugnata, laddove ritenuta violare il diritto dell’attrice (che avrebbe
dovuto richiedere, se ritenuta lesiva, eventuale pronunzia giudiziale di accertamento della
violazione del proprio diritto e conseguente rimozione della delibera), né risulta esserne stata
approvata successiva sul tema onde, allo stato, la predetta non ha diritto di distaccarsi, non avendo
conseguito uno dei presupposti contrattualmente previsti per poter rinunciare all’impianto
centralizzato. Di conseguenza, pur essendo emersa prova (v. esito ctu) del diritto al distacco sotto il
profilo della mancanza di conseguenze pregiudizievoli per rimpianto, il mancato avverarsi
dell’ulteriore condizione non consente di accogliere la prima delle domande nonché l’impugnazione
delle deli bere del 21-6-2013 che hanno deciso in tema di spese inerenti al riscaldamento comune.
La domanda volta alla rimozione della delibera assunta al punto 6 dell’o.d.g. deve affermarsi essere
stata rinunciata come più chiaramente affermato, nelle memorie ex art. 190 cpc, dall’attrice.
Mentre non appare cogliere nel segno l’ulteriore contestazione avverso la spesa, messa a bilancio,
pari alla somma di € 417,00 atteso che trova giustificazione in un’attività materiale svolta
dall’amministratore al di fuori del mandato la cui eccessività/inutilità, genericamente sostenuta, non
ha trovato allegazioni e riscontri validi.
Alla soccombenza segue la condanna dell’attrice a rifondere, a controparte, le spese di lite.
Spese di ctu a carico dell’attrice soccombente.
P.Q.M.
Definitivamente decidendo, ogni ulteriore domanda o eccezione disattesa o rinunziata, rigetta le
domande avanzate da parte attrice.
Condanna quest’ultima a rifondere, in favore di controparte, le spese di lite che si liquidano in
complessivi € 4.350,00 per compensi, oltre iva, cpa e spese generali.
Spese di ctu a carico dell’attrice.
Roma 16.5.2016
il Giudice Unico
dott. Roberto Ghiron

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