Il potere, attribuito ex art. 1130, n. 4 c.c. all’amministratore condominiale, di compiere atti conservativi dei diritti concernenti l’edificio condominiale unitariamente considerato non può mai estendersi fino al punto da considerare in esso ricompreso anche il potere di proporre azioni risarcitorie di pertinenza dei singoli condomini.
La legittimazione dell’amministratore del condominio non può estendersi alla proposizione, senza alcun mandato rappresentativo da parte dei singoli condomini, delle azioni risarcitorie, in forma specifica o per equivalente pecuniario, relative ai danni subiti dai singoli condomini nei rispettivi immobili di proprietà esclusiva. (Cass., Sezione II, n. 22656/2010).
Nella fattispecie, infatti, si verte proprio in materia di diritti di crediti (dei singoli condomini) ben distinti ed individuabili, nonché differenti da quelli inerenti le parti comuni dell’edificio, la cui tutela eccede chiaramente finalità conservative dello stabile condominiale.
Per tali diritti individuali di credito la legittimazione ad agire rientra nella esclusiva competenza dei singoli interessati.

 

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 4 marzo – 16 maggio 2014, n. 10855
Presidente Oddo – Relatore Oricchio

Considerato in fatto

1.- Con atto di citazione notificato il 16 settembre 1992 il Condominio di via (omissis) conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Palermo la RO.IN.CI.VA. di Romeo Salvatore e C. s.n.c. e P.C. .
Parte attrice assumeva che negli edifici condominiali realizzati dalla società convenuta sul terreno del P. , in base ad un contratto di vendita ed appalto del 13 luglio 1987, si erano manifestate gravi carenze strutturali con problemi di staticità nonché l’irregolarità dell’impianto elettrico.
Il condominio attore chiedeva, quindi, la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni per la conseguenze dannose derivate dalla cattiva esecuzione delle opere.
Costituitisi in giudizio entrambe le parti convenute resistevano all’avversa domanda attrice.
In particolare la RO.IN.CI.VA. eccepiva la decadenza e prescrizione dell’avversa intrapresa azione, contestando nel merito la domanda;
il P. eccepiva l’improponibilità ed inammissibilità dell’azione, la decadenza dal diritto di garanzia, la prescrizione dello stesso e sosteneva che l’unica responsabile era la società costruttrice, chiedendo – in subordine – che quest’ultima fosse tenuta a rivalerlo in caso di condanna.
Con sentenza del 19 luglio 2000 il G.O.A. del Tribunale di Palermo condannava in solido i convenuti al pagamento in favore del Condominio di L. 556.000.000, con diritto di rivalsa del P. .
Avverso tale decisione del Giudice di prime cure interponevano appello il P.C. , reiterando l’eccezione di suo difetto di legittimazione passiva.
Resisteva l’appellato Condominio, chiedendo il rigetto del gravame.
Si costituiva, altresì, l’Immobiliare Futura s.a.s. (già RO.IN.CI.VA.) chiedendo, in via incidentale, la declaratoria di nullità della citazione introduttiva, reiterando le eccezioni di decadenza e prescrizione e concludendo, nel merito, per il rigetto della domanda attorea.
Con sentenza n. 7/2008 la Corte di Appello di Palermo, in parziale riforma della decisione del primo Giudice, rideterminava la somma dovuta dagli appellanti principale ed incidentale a titolo di risarcimento danni, in Euro 177.842,29 oltre interessi legali dalla domanda al soddisfo, confermando nel resto l’impugnata decisione e condannando il P. e la Immobiliare Futura in solido a rifondere al Condominio appellato i due terzi delle spese di entrambi gradi del giudizio, compensando le medesime per la parte rimanente.
Per la cassazione della detta sentenza della Corte distrettuale ricorre la società “Immobiliare Futura s.a.s. di Romeo Mario e C.” in liquidazione (già RO.IN.CI.VA. s.n.c.) con atti affidati a quattro motivi. Resiste con controricorso il succitato Condominio di via (OMISSIS) (depositando, da ultimo, copia di verbale di assemblea condominiale in data 19 dicembre 2013).
Resiste, altresì, e propone ricorso incidentale basato su due articolati motivi C.M.G. , quale vedova ed unica erede del P.C. .
Hanno depositato memorie, ai sensi dell’art. 378 c.p.c., l’Immobiliare Futura e C.M.G. .

Ritenuto in diritto

1.- Con il primo motivo del ricorso si denuncia promiscuamente “violazione e falsa applicazione degli artt. 1130-1131 e 1703 segg. c.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 83 c.p.c.” ai sensi dell’art. 360, n. 3 c.p.c. e “motivazione omessa o insufficiente” ex art. 360, n. 5 c.p.c..
Al riguardo si formula il seguente quesito ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c.:
“dica la Corte Suprema che la Corte di Appello non si è pronunciata con l’impugnata sentenza sulla eccezione di invalidità della citazione introduttiva per carenza di legittimazione ad processum, sollevata dalla società odierna ricorrente per avere l’amministratore del condominio rilasciato procura ad un avvocato diverso da quello che l’assemblea aveva nominato per la proposizione del presente giudizio”.
Il motivo è infondato e deve, per l’effetto, rigettarsi.
I vizi di rappresentanza sono eccepibili solo dal rappresentato.
Nella fattispecie parte ricorrente, estranea al rapporto in base al quale il Condominio è stato rappresentato in giudizio con avvocato nominato dall’amministratore, non poteva avere e non ha alcun interesse a dedurre alcunché in ordine all’eventuale vizio di rappresentanza.
2.- Con il secondo motivo parte ricorrente lamenta il vizio di “violazione e falsa applicazione degli artt. 1667 e 1669 c.p.c. e violazione e falsa applicazione degli artt. 100 e 112 c.p.c.” in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c., nonché l’ulteriore vizio di motivazione “omessa o insufficiente” ai sensi dell’art. 360, n. 5 c.p.c..
Si formulano, al riguardo, i seguenti duplici quesiti di diritto:
“dica la Corte Suprema che la Corte di Appello non si è pronunciata con l’impugnata sentenza sulla eccezione di carenza di legittimazione e di interesse del Condominio (a) a dedurre l’esistenza di vizi di costruzioni afferenti le singole unità immobiliari (fessurazioni dei parapetti dei balconi e lesioni dei tramezzi interni e (b) a chiedere la condanna dei convenuti a risarcire i danni conseguenti”;
“dica la Corte Suprema se il Condominio non è legittimato ad agire per il risarcimento di danni riguardanti singole unità immobiliari, appartenenti a singoli condomini. E, dunque, che la Corte di Appello ha errato nel condannare la ricorrente a risarcire al Condominio resistente danni riguardanti singole unità immobiliari, appartenenti a singoli condomini”.
Il motivo è fondato e meritevole di accoglimento.
Col medesimo, in sostanza, si deduce l’omessa pronuncia sulla eccezione sollevata nel corso del giudizio di carenza di legittimazione e di interesse dell’amministratore del condominio a dedurre l’esistenza di vizi di costruzione afferenti le singole unità immobiliari ed a chiedere la condanna dei convenuti a risarcire i danni conseguenti.
Deve, in proposito, ribadirsi che il potere, attribuito ex art. 1130, n. 4 c.c. all’amministratore condominiale, di compiere atti conservativi dei diritti concernenti l’edificio condominiale unitariamente considerato non può mai estendersi fino al punto da considerare in esso ricompreso anche il potere di proporre azioni risarcitorie di pertinenza dei singoli condomini.
Giova, in proposito, rammentare come già questa Corte ha avuto modo di evidenziare che la legittimazione dell’amministratore del condominio non può “tuttavia estendersi alla proposizione, senza alcun mandato rappresentativo da parte dei singoli condomini, delle azioni risarcitorie, in forma specifica o per equivalente pecuniario, relative ai danni subiti dai singoli condomini nei rispettivi immobili di proprietà esclusiva” (Cass., Sezione II, n. 22656/2010).
Nella fattispecie, infatti, si verte proprio in materia di diritti di crediti (dei singoli condomini) ben distinti ed individuabili, nonché differenti da quelli inerenti le parti comuni dell’edificio, la cui tutela eccede chiaramente finalità conservative dello stabile condominiale.
Per tali diritti individuali di credito la legittimazione ad agire rientra nella esclusiva competenza dei singoli interessati.
3.- Con il terzo motivo del ricorso si censurano unitariamente i vizi di “violazione e falsa applicazione degli artt. 1228 e 2055 c.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. (art. 360, n. 3 c.p.c.) e motivazione contraddittoria (art. 360, n. 5 c.p.c.), proponendo i seguenti testuali quesiti di diritto : “dica la Corte Suprema che in presenza di direttive del committente Dott. P. che hanno ridotto l’autonomia dell’appaltatore (l’odierna ricorrente) attraverso la imposizione del progetto, della relazione geologica e, sopra tutto, del direttore dei lavori, il committente deve rispondere, quanto meno a titolo di concorso, dei danni provocati dai difetti dell’opera”;
“dica la Corte Suprema che, in presenza di addebiti di responsabilità o corresponsabilità mossi dall’appaltatore odierna ricorrente al committente, la sentenza della Corte di merito viola il disposto dell’art. 112 c.p.c. laddove non ha determinato la misura della responsabilità o corresponsabilità del dott. P. “.
Il motivo deve ritenersi assorbito dall’accoglimento, per le ragioni di seguito esposte sub 5., del ricorso incidentale.
4.- Con il quarto motivo del ricorso si censura, infine, il vizio di “violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. e dell’art. 112 c.p.c (art. 360, n. 3 c.p.c.), formulando il seguente testuale quesito:
“dica la Corte Suprema che la Corte di Appello è andata ultra petita e comunque ha violato il giudicato implicito formatosi sulla pronuncia del Tribunale, laddove ha riconosciuto al Condominio gli interessi sulla somma liquidata a titolo risarcitorio, che invece il primo Giudice non gli aveva attribuiti”.
Parte ricorrente censura che la sentenza impugnata abbia condannato l’appaltatore al pagamento degli interessi dalla domanda al soddisfo, benché – secondo l’offerta prospettazione – il condominio in primo grado non avesse mai formulato richiesta di pagamento di interessi. L’esposta prospettazione è irrilevante ed il proposto motivo, in quanto infondato, va rigettato.
La rivalutazione monetaria e gli interessi – come ha già avuto modo di affermare questa Corte – costituiscono una componente della obbligazione al risarcimento del danno e possono essere riconosciuti dal giudice anche di ufficio ed in gradi di appello, pur se non specificamente richiesti, atteso che essi devono essere ricompresi nell’originario petitum della domanda risarcitoria ove non ne siano stati espressamente esclusi” (Cass., Sezione III, 30 settembre 2009, n. 20943).
5.- Il proposto ricorso incidentale si fonda sulle formulate censure in relazione, rispettivamente, agli artt. 360 c.p.c, c. I, n. 3 e 360 c.p.c., c. I, n. 5.
In relazione al primo si deduce promiscuamente “violazione e falsa applicazione delle norme di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362, 1363, 1364, 1365, 1367 del codice civile” e ” violazione e falsa applicazione dell’art. 2700c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c.”, con formulazione del seguente testuale duplice quesito:
“se è vero che la sentenza della Corte di Appello di Palermo oggetto del presente ricorso:
ha violato le regole di ermeneutica imposte dall’interprete del contratto e, in particolare:
l’art. 1362 c.c. difettando la sentenza di elementi che consentano di risalire all’iter logico percorso dal giudice per analizzare il testo integrale dei due contratti stipulati con l’atto complesso costituito dal rogito per notar Alessi;
l’art. 1363, avendo, manifestamente, il Giudice limitato la propria attenzione alla clausola contenuta nell’art. 10, senza porla in correlazione con le altre clausole contrattuali;
l’art. 1364, avendo sostanzialmente valutato senza adeguato distinguo l’oggetto del contratto di appalto e l’oggetto del contratto di vendita;
l’art. 1365, avendo presunto l’esclusione di divieti di ingerenza ulteriori rispetto a quelli espressamente previsti, inerenti il cantiere, i ponteggi e mezzi d’opera. Ha violato gli articoli 115 e 116 c.p.c. e 2700 c.c, non avendo il Giudice considerato il valore probatorio costituito dall’atto pubblico in Notaio Alessi e non avendo posto a fondamento della propria decisione tale atto nella sua reale consistenza e nel suo contenuto, così pervenendo all’erronea individuazione del P. quale committente e corresponsabile della costruzione e dei vizi degli edifici costituiti nel Condominio di via (OMISSIS), all’erronea individuazione dell’impresa quale appaltatrice piuttosto che come a mente del richiamato contratto quale proprietaria costruttrice, con conseguente ingiusta declaratoria di corresponsabilità del predetto con l’impresa costruttrice e correlata condanna risarcitoria”.
In relazione al secondo si censura “omessa e/o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia”.
Entrambi i motivi possono essere unitariamente esaminati attesa la continuità argomentativa che li connota.
La fondatezza degli stessi comporta l’accoglimento del ricorso incidentale.
La lamentata violazione dei criteri esegetici nell’interpretazione dei rogiti di vendita e di conferimento dell’appalto è sussistente.
Nella fattispecie si doveva mettere in correlazione con il complesso delle altre clausole contrattuali la clausola ex art. 10 del contratto di appalto (che escludeva ogni ingerenza del committente nell’esecuzione dell’opera) e quella ex art. 8 del medesimo (che limitava l’appalto alle opere da eseguire sulle porzioni di edificio di cui la committente si era riservata la proprietà).
Solo da una tale complessiva correlazione, sostenuta da adeguata motivazione è possibile addivenire ad una adeguata valutazione circa la richiesta declaratoria di corresponsabilità del P. con l’impresa costruttrice per i denunciati danni e la correlata condanna risarcitoria.
Sotto altro profilo la fondatezza del proposto ricorso incidentale emerge con riferimento al secondo motivo ed alla carenza motivazionale dell’impugnata decisione su un punto oggettivamente decisivo della controversia.
Si tratta dell’aspetto relativo alla motivazione della responsabilità del committente anche sulle opere estranee al contratto di appalto.
Sé è, infatti, vero che l’azione di responsabilità per rovina e difetti di cose immobili, prevista dall’art. 1669 c.c., può essere esercitata anche dall’acquirente nei confronti del venditore che risulti fornito della competenza tecnica per dare, direttamente o per il tramite del proprio direttore dei lavori, indicazioni specifiche all’appaltatore esecutore opera, gravando sul medesimo venditore l’onere di provare di non aver avuto alcun potere di direttiva o di controllo sull’impresa appaltatrice, così da superare la presunzione di addebitabilità dell’evento dannoso ad una propria condotta anche omissiva (Cass., Sezione, II, 17 aprile 2013, n. 9370), tuttavia nella concreta fattispecie in esame vi è una carenza nell’impugnata sentenza che non da adeguatamente conto del suo decisum.
Più specificamente, deve rilevarsi che la stessa decisione non ha chiarito adeguatamente le ragioni per cui “il P. era corresponsabile di tutti i danni provocati agli acquirenti dai gravi difetti dell’opera nel suo intero e non limitatamente a quanto realizzato sulle porzioni di cui si era riservata la proprietà.
Tanto in ragione della particolare fattispecie in esame, contrassegnata dall’aspetto per cui la valenza dell’intervenuto contratto di appalto era limitata alle suddette porzioni in ordine alle quali vi era stata riserva di proprietà.
6.- L’accoglimento del ricorso incidentale e, per quanto di ragione, di quello principale comportano la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio della causa alla Corte di Appello di Palermo, affinché la stessa decida la controversia uniformandosi ai principi di diritto sopra enunciati.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso principale ed il ricorso incidentale, rigetta il primo ed il quarto motivo del ricorso principale, assorbito il terzo, cassa l’impugnata sentenza e rinvia ad altra sezione della Corte di Appello di Palermo.

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