Nel contratto di appalto, le variazioni al progetto che il committente, ai sensi dell’art. 1661 c.c. ha il potere di apportare assumendone i costi, quando queste non importino notevoli modificazioni della natura dell’opera o dei quantitativi delle singole categorie dei lavori e l’ammontare dei relativi costi non superi il sesto del prezzo convenuto, non determinano, di per sé, la sostituzione del precedente contratto con uno diverso, ma solo la parziale modifica dell’oggetto della prestazione dovuta dall’appaltatore e l’obbligazione del committente di pagamento degli eventuali costi aggiuntivi. Diversamente, quando, nel corso dell’esecuzione del contratto d’appalto, il committente abbia richiesto all’appaltatore notevoli ed importanti variazioni del progetto, il termine di consegna e la penale per il ritardo, pattuiti nel contratto, vengono meno per effetto del mutamento dell’originario piano dei lavori; ed affinché la penale possa conservare efficacia, occorre che le parti, di comune accordo, fissino un nuovo termine. In mancanza, incombe al committente, che persegua il risarcimento del danno da ritardata consegna dell’opera, l’onere di fornire la prova della colpa dell’appaltatore. La fornitura e la posa in opera di infissi, se prestazioni non originariamente previste nel contratto concluso inter partes, ma successivamente commissionate, danno luogo ad una variazione contrattuale di notevole entità.

 

Tribunale Milano, Sezione 7 civile – Sentenza 30 agosto 2012, n. 9685

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI MILANO
SETTIMA SEZIONE CIVILE
Il Giudice, dott.ssa Grazia Fedele,
nella causa civile iscritta al n. 5552/2008 R.G.
promossa da:
Be.Pa. (Avv. Ri.Mi.)
– attore –
contro:
Si. S.a.s. (Avv. Mo.To.)
– convenuta –
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
in punto a: Appalto
MOTIVI DELLA DECISIONE
La presente causa perviene in decisione dopo l’espletamento di una CTU, che, come noto, può costituire fonte oggettiva di prova per gli accertamenti che richiedono il possesso di determinate cognizioni tecniche.
Preliminarmente va rilevato che, pur avendo entrambe le parti precisato le conclusioni in data 28.6.2011, nessuna delle due ha depositato le memorie finali. Inoltre parte attrice risulta in quell’udienza aver ritirato il proprio fascicolo di parte, che non ha più provveduto a ridepositare prima che la causa passasse in decisione.
Al riguardo va rammentato che “ai sensi degli artt. 72 e 74 disp. att. c.p.c., è onere della parte depositare in giudizio il proprio fascicolo con gli atti ed i documenti di causa che pretende siano utilizzati come fonte di prova. Ne consegue che, in caso di mancato deposito del fascicolo stesso, il giudice non può rimettere la causa sul ruolo, per il relativo adempimento, ma deve pronunciare nel merito sulla base delle già acquisite risultanze istruttorie e degli atti riscontrabili nel fascicolo dell’altra parte ed in quello d’ufficio” (Cass. n. 459/1986).
Nel caso di specie la mancanza del fascicolo di parte attrice non è di poco momento ai fini decisori, se si pone mente al fatto che alcune domande attoree si fondano su articoli del capitolato speciale d’appalto, il cui contenuto questo Giudice non è neppure in grado di verificare. Sebbene infatti dall’indice dei documenti di parte convenuta risulti prodotto al suo doc. 1 il contratto per lavori di ristrutturazione inter partes, si tratta della sola prima pagina. E’ pur vero che parte attrice ha depositato un apposito fascicolo nel sub procedimento per ATP in corso di causa, fascicolo non ritirato in sede di precisazione delle conclusioni: tuttavia, benché nell’indice sia indicato come doc. 3 la copia del capitolato speciale d’appalto, essa è costituita dalla sola prima pagina, che arriva all’art. 6.
E’ di tutta evidenza, quindi, come questo Giudice, indipendentemente dalla prova in fatto che fosse stata fornita dall’attore, non può neppure vagliare la fondatezza in diritto delle seguenti domande attoree: risarcimento danni a titolo di penale per ritardo nell’esecuzione delle 1 opere, penale asseritamente prevista dall’art. 14 del capitolato speciale; (risarcimento danni a titolo di penale per l’assenza del direttore del cantiere, penale asseritamente prevista dall’art. 23 lettera f) del capitolato speciale; risarcimento danni a titolo di penale per le condizioni di trascuratezza e mancanza di decoro del cantiere, penale asseritamente prevista dall’art. 23 lettera g) del capitolato speciale.
Ciò è di per sé sufficiente a respingere le predette domande.
Peraltro la domanda relativa alla penale per ritardo sarebbe comunque infondata, essendo pacifico che, rispetto èlle opere originariamente previste dal contratto inter partes, sono state commissionate delle opere extra – contratto o comunque delle varianti (si pensi alla originaria fornitura e posa di infissi per Euro 4.735,50, non eseguita, e alla fornitura e posa di serramenti, effettivamente eseguita per Euro 11.000,00 – cfr. CTU). E’ infatti principio concordemente affermato dalla Suprema Corte quello per cui “quando, nel corso dell’esecuzione del contratto d’appalto, il committente abbia richiesto all’appaltatore notevoli ed importanti variazioni del progetto, il termine di consegna e la penale per il ritardo, pattuiti nel contratto, vengono meno per effetto del mutamento dell’originario piano dei lavori; perché la penale conservi efficacia, occorre che le parti di comune accordo fissino un nuovo termine. In mancanza, incombe al committente, che persegua il risarcimento del danno da ritardata consegna dell’opera, l’onere di fornire la prova della colpa dell’appaltatore” (Cass. n. 20484/2011; conf. Cass. n. 7242/2001).
Per pronunciarsi sulle altre domande attoree, prima tra tutte quella di risoluzione del contratto d’appalto, occorre anzitutto esaminare le risultanze della CTU, che è quella svolta nell’ATP in corso di causa.
Sono in particolare da accogliere, in quanto logicamente e congruamente motivate, le conclusioni del CTU geom. Pa.Ma. di cui all’elaborato depositato in data 26.3.2009, in risposta al seguente quesito: “descriva lo stato e le condizioni dei luoghi per cui è causa, in particolare indicando la consistenza delle opere eseguite dall’impresa, differenziando quelle contrattuali da quelle extracontrattuali. Dica quindi se sussistano i difetti lamentati nel ricorso e – alla luce di quanto accertato – determini il corrispettivo a favore dell’impresa, tenuto conto degli interventi eventualmente necessari per emendare i difetti”.
Per i computi metrici si rimanda a quanto dettagliatamente esposto nell’elaborato peritale (pag. 7 e segg.), e ciò tanto per le opere da contratto non eseguite, quanto per i ripristini e le opere extra – contratto. Il quadro economico in risposta al quesito è puntualmente ricostruito a pag. 11 della relazione, laddove si legge che le opere da contratto sono pari ad Euro 51.102,78, da cui vanno sottratte le opere da contratto non eseguite per un importo pari ad Euro 9.234,50, nonché i ripristini delle opere che presentano vizi, per un importo pari ad Euro 4.398,72. A ciò vanno aggiunte le opere extra, che ammontano ad Euro 22.130,63, e detratti i pagamenti effettuati dall’attore per Euro 34.411,46.
Dai predetti calcoli residua a credito dell’impresa convenuta la somma di Euro 25.188,73 oltre IVA, che è la somma limitatamente alla quale può essere accolta la domanda riconvenzionale della convenuta medesima. Non sono dovuti gli interessi legali, non essendo stati espressamente richiesti.
Invero “fuori dell’ipotesi di interessi su una somma dovuta a titolo di risarcimento del danno, gli interessi stessi, siano moratori, corrispettivi o compensativi, hanno un fondamento autonomo rispetto all’obbligazione pecuniaria cui accedono e, pertanto, possono essere attribuiti solo su espressa domanda della parte, che ne indichi la fonte e la misura, nel rispetto dei canoni individuati negli artt. 99 e 112 c.p.c.” (Cass. n. 11151/2003).
Dall’esame dell’elaborato peritale deriva altresì il convincimento circa l’infondatezza della domanda di risoluzione del contratto d’appalto proposta dall’attore, e ciò sia ai sensi dell’art. 1668 c.c., sia ai sensi dell’art. 1453 c.c. citato dall’attore. E’ infatti evidente che l’esiguo importo I necessario per i ripristini delle opere difettose (Euro 4.398,72) e la stessa descrizione dei difetti di cui a pag. 8 della CTU non giustificano in alcun modo una valutazione delle difformità o dei vizi dell’opera tali da renderla del tutto inadatta alla sua destinazione, né concretano un inadempimento di non scarsa importanza.
Il carattere del tutto trascurabile, e comunque agevolmente rimediabile, dei difetti individuati dal CTU è inoltre di per sé tale da consentire di escludere qualsivoglia danno esistenziale (rectius non patrimoniale) derivante all’attore da tali difetti, fermo restando che trattasi di danno – conseguenza e non di danno – evento, che avrebbe dovuto essere provato nell’an quanto meno sulla base di presunzioni, e che invece non risulta essere stato dedotto neppure specificamente.
Oltre alla domanda attorea di risarcimento di danno esistenziale ed a quelle già dianzi esaminate, vanno pure respinte le restanti richieste attoree di ulteriori somme di denaro. Quella relativa al rifacimento del cappotto esterno, di carattere eminentemente tecnico, non ha trovato riscontro in sede di CTU. Quella avente ad oggetto Euro 2.000,00 per le spese sostenute per procurarsi una dimora provvisoria per il periodo dall’inizio di maggio 2007 alla fine di agosto 2007 è infondata non solo perché non documentata, ma anche perché la necessità di un alloggio provvisorio era insita nel tipo di lavori commissionati alla convenuta, la quale non può neppure reputarsi in ritardo, peraltro di soli 11 giorni, nella consegna delle opere per i motivi già detti. Infine la richiesta di pagamento di Euro 850,00 per il pagamento della parcella del proprio consulente tecnico è infondata in quanto trattasi di spese per assistenza in una trattativa stragiudiziale ante causarti, assistenza di per sé non indispensabile, ma frutto di libera scelta da parte dell’attore. Quanto poi al danno derivante, dall’allagamento dell’immobile occorso il 25.12.07, non vi è alcuna prova che l’asserito scoppio di un calorifero sia ricollegabile all’operato della convenuta.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo, tenuto conto del valore della causa e della natura delle questioni trattate, con distrazione in favore del procuratore che se ne è dichiarato antistatario.
Le spese di CTU, come già liquidate in corso di causa, vengono poste definitivamente a carico di parte attrice.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente decidendo nella causa come in epigrafe promossa, ogni contraria istanza, domanda, eccezione disattesa o assorbita:
1) respinge le domande attorea;
2) dichiara tenuto e condanna l’attore a corrispondere alla convenuta l’importo di Euro 25.188,73 oltre IVA;
3) dichiara tenuto e condanna l’attore a rifondere alla convenuta le spese di lite, che liquida in Euro 3.500,00 per diritti ed onorari, oltre accessori come per legge, con distrazione in favore del procuratore che se ne è dichiarato antistatario;
4) pone le spese di CTU, come già liquidate in corso di causa, definitivamente a carico di parte attrice.
Così deciso in Milano il 27 agosto 2012.
Depositata in Cancelleria il 30 agosto 2012.

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