Cass. civ. Sez. II, 09-12-2009, n. 25766

L’articolo 1130, n. 4, del Cc deve essere interpretato estensivamente nel senso che l’amministratore del condominio, non solo è legittimato a compiere gli atti conservativi necessari a evitare pregiudizi alle parti comuni, ma può compiere anche atti per la salvaguardia dei diritti concernenti le stesse parti comuni delle quali ha la gestione. Di conseguenza, come egli può locare un bene condominiale, così può pretendere il pagamento dei canoni e agire per il recupero degli stessi ove dovuti, l’importo dei quali verrà attribuito ai condomini secondo i millesimi di proprietà di ciascuno. Ciò non esclude che ciascun condomino possa provvedervi direttamente, in quanto si tratta di un potere concorrente e non necessario.

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 22-27-4-98 il Condominio di (OMISSIS) convenne in giudizio davanti alla Pretura di Torino la Col Giansesco s.p.a. e la Tebus s.r.l. deducendo: che l’edificio condominiale confina con un basso fabbricato sito al n. (OMISSIS) di proprietà della Col Giansesco spa, aderente al muro divisorio; che, come risulta dagli atti notarili prodotti, il tratto di muro divisorio dall’orizzontamento ricoprente il piano terreno del condominio sino alla sommità dell’edificio è in comproprietà al 50% del condominio, con il fabbricato di (OMISSIS) di proprietà della società Col Giansesco; che quest’ultima nel (OMISSIS) ha locato alla Tebus s.r.l. il muro suddetto per l’opposizione di un cartellone pubblicitario, al canone annuo di oltre L. 60.000.000; che tale atto avrebbe dovuto, quale atto di amm.ne straordinaria, essere deliberato a maggioranza dei comproprietari; che la richiesta di ottenere il 50% del canone pattuito fu vana.

Chiese, pertanto, darsi atto che il Condominio è comproprietario del muro divisorio sul quale è stato apposto il cartellone pubblicitario; dichiarare tenuta e condannare la spa Col Giansesco al pagamento in favore del Condominio di L. 30.000.000 pari al 50% del canone percepito nel 1997; dichiarare tenuta e condannare la s.r.l.

Tebus a corrispondere al Condominio, a far data dal 1998 il 50% del canone di locazione pattuito.

Mentre in un primo momento la Col Giansesco non si costituiva, si costituiva, viceversa, la Tebus (affermando di aver stipulato con la Calcestruzzi Valsusa di Bertolotto Sergio e C. s.a.s. un contratto di locazione della parete de quo al canone annuo di L. 25.000.000, interpellando all’epoca anche il Condominio che aveva dichiarato di non essere titolare di alcun diritto sul muro de quo; chiese di essere autorizzata alla chiamata in causa della Calcestruzzi a garanzia ex art. 1585 c.c., delle molestie di diritto subite.

Autorizzata la chiamata, si costituiva la Calcestruzzi affermando che la competenza spettava al Tribunale di Torino, implicando la domanda attrice l’accertamento del diritto di comproprietà pro indiviso del muro divisorio, mentre la propria domanda comportava l’accertamento della proprietà pro diviso al 50% del muro divisorio in contestazione, come emergeva dai rogiti dei propri danti causa; in subordine chiedeva fosse dichiarata l’intervenuta usucapione della superficie esterna del muro suddetto ed in ulteriore subordine l’intervenuta usucapione del diritto di uso dello stesso.

Subentrata la competenza del Tribunale, espletate prove testimoniali, con sentenza 10/4/2003 il Tribunale rigettava la domanda attrice affermando, in relazione al muro divisorio de quo, che la superficie esterna di esso, fino alla linea mediana del muro era, in base ai titoli ed alle prove per testi espletate, attribuite, in comunione pro diviso alla Col Giansesco.

Su impugnazione principale del Condominio ed incidentale condizionato della Calcestruzzi e della Col Giansesco, la corte di appello di Torino con sentenza 31/3/2004, disposta la separazione della domanda del Condominio da quella della Calcestruzzi e della Col Giansesco, rigettava la domanda del Condominio e dichiarava nulla la sentenza del Tribunale quanto alla domanda di accertamento della comunione pro diviso proposta dalla Calcestruzzi e dalla Col Giansesco, rimettendo le suddette parti davanti al Tribunale per l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i condomini. dichiarando compensate fra le parti le spese dei due gradi di giudizio.

Afferma la corte d’appello, per quanto interessa: che, in ordine alla domanda di accertamento della comunione pro indiviso del muro de quo, proposta dal Condominio, trattandosi NON di revindica, ma di domanda incidentale volta all’accertamento della comunione pro indiviso, finalizzata al recupero di somme, pari alla metà del canone di locazione del muro, e quindi, alla realizzazione di un credito di natura proprietaria, essa (domanda), in quanto proposta incidentalmente e non soggetta a passare in giudicato, è ammissibile; che, tuttavia, poichè la somma ritraibile dalla dedotta locazione spetta non a Condominio, ma ai singoli condomini pro quota affinchè possa ritenersi il Condominio, legittimato ad agire in persona dell’amm.re, sarebbe stata necessaria una delibera assembleare che avesse destinato l’eventuale provento, a spese condominiali, novandosi in tal modo, da parte dei condomini favorevoli, la natura del credito che, ceduto al Condominio e divenuto perciò bene comune, ben potrebbe essere gestito dal condominio, a mezzo dell’amm.re; che, neppure il Condominio assume che una tal delibera vi sia mai stata; che neppure è stato conferito dai condomini nominativamente anche in sede assembleare, singolo mandato, all’amm.re in proprio, ad esigere il suddetto credito, perchè in tal caso la legittimazione sostanziale attiva sarebbe spettata alla persona fisica del mandatario; che con la delibera autorizzante l’amm.re a procedere legalmente nei confronti della società Col Giansesco i condomini intendevano agire in funzione della comproprietà e della partecipazione ai frutti legali della comproprietà, senza nulla disporre circa la destinazione degli eventuali proventi; che tuttavia il Condominio non essendo titolare in proprio di alcun diritto tale, può ben gestire un diritto reale ed essere titolare di diritti di obbligazione attivi e passivi ad esso relativi semprechè sia accertato, con effetti giuridici vincolanti i terzi, che un dato bene sia “comune” ai condomini; che, pertanto, sono solo i condomini tutti o parte che possono agire per la revindica in via principale od incidentale della proprietà comune e per conseguire i frutti della recuperata proprietà; che essendo il credito azionato dal Condominio NON di natura condominiale, ma di natura proprietaria ex art. 820 c.c., che fa capo a ciascun singolo condominio, l’amm.re sul piano processuale è carente di legittimazione sostanziale poichè non è titolare del diritto di credito azionano, con conseguente rigetto della domanda proposta contro la Col Giansesco e la Tebus; che in ordine alla domanda di accertamento della comunione “pro diviso” del muro de quo, proposta in via principale dalla Calcestruzzi e fatta propria adesivamente dalla Col Giansesco, per ottenere una sentenza trascrivibile ed opponibile ad ogni terzo, il Condominio è dotato di legittimazione passiva sostanziale in quanto è necessario che la sentenza emananda gli sia opponibile, per escludere o per includere il muro divisorio fra i beni comuni la cui gestione è demandata al Condominio; che sono altresì legittimati passivi i condomini nei cui confronti la domanda deve anche essere posta onde conseguire un giudicato che sia poi opponitele agli aventi causa dagli attuali condomini; che, pertanto, si è in presenza di una ipotesi di litisconsorzio necessario di tutti i condomini con la conseguenza che la sentenza del Tribunale, in parte qua, è nulla e le parti vanno rimesse davanti al primo giudice ex art. 354 c.p.c., per l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i condomini. Avverso tale sentenza propongono ricorso principale in Cassazione la Calcestruzzi Valsusa s.a.s. e la Col Giansesco spa. Resiste con controricorso e ricorso incidentale il Condominio. Le società ricorrenti hanno depositato memoria.

Motivi della decisione

Deducono le ricorrenti principali a motivi di impugnazione: 1) la violazione e falsa applicazione dell’art. 102 c.p.c., commi 1 e 2, art. 354 c.p.c., e degli artt. 1100, 1117 e 1131 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, e per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5: – per avere la corte d’appello ERRONEAMENTE dichiarato la nullità della sentenza di 1 grado per la mancata integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i condomini ritenendo sussistente una ipotesi di litisconsorzio necessario di tutti i condomini, onde rendere opponibile agli aventi causa dei condomini la sentenza di accertamento della comunione pro diviso del muro, NONOSTANTE: A) la domanda sia finalizzata all’accertamento di una situazione di fatto e giuridica già esistente e non sia pertanto diretta alla costituzione di un nuovo diritto; B) il muro insista perfettamente a metà della linea di confine fra i due terreni e le parti non abbiano mai inteso escludere il muro dalle parti comuni condominiali; in particolare, avendo natura di muro portante la metà interna del muro, di pertinenza del Condominio; C) la rappresentanza processuale dell’amministratore del Condominio dal lato passivo non incontri limiti quattro le domande proposte contro il Condominio anche di natura reale riguardino le parti comuni dell’edificio.

Deduce il Condominio a motivo del ricorso incidentale:

1) la violazione e falsa applicazione dell’art. 1130 e 1131 cod. civ. – per avere la corte d’appello ERRONEAMENTE dichiarato carente di legittimazione attiva il Condominio per la tutela del credito derivante dall’affitto del bene comune ritenendo: diritto esclusivo dei singoli condomini il frutto nascente dell’uso del bene comune;

irrilevante qualumque delibera assembleare pur adottata con le prescritte maggioranze; necessario un singolo mandato dei condomini conferito con atto ad hoc o con verbale di assemblea condominiale previamente sottoscritto da ogni singolo condomino mandante;

NONOSTANTE: A) il regolamento di Condominio art. 1 lett. D dia atto che i muri confinanti con gli stabili adiacenti siano di proprietà comune con i singoli confinanti; B) l’amministratore, quale rappresentante dei partecipanti al condominio, debba tutelare i diritti di questi ultimi e, nella specie, sia stato autorizzato dall’assemblea di procedere legalmente per ottenere la partecipazione all’utile derivante dalla locazione del muro comune; C) NON vi sia necessità di indicare, nella delibera che autorizza l’azione legale, la destinazione dei proventi derivanti dalla locazione in quanto come si dividono, in base ai millesimi di proprietà, le spese condominiali, allo stesso modo sono ripartiti gli utili che si ricavano dall’uso delle parti comuni. Vanno preliminarmente riuniti, ex art. 335 c.p.c., i ricorsi principale ed incidentale, trattandosi di impugnazioni proposte avverso la stessa sentenza.

Il ricorso principale è fondato.

Infatti, come questa Corte ha, di recente riconfermato (v. sent.

9093/07), la legittimazione passiva dell’amministratore del Condominio a resistere in giudizio ai sensi dell’art. 1131 cod. civ., comma 2, esclusiva o concorrente con quella dei condomini, non incontra limiti e sussiste anche in ordine alle azioni di natura reale. Nella specie, quindi, le società ricorrenti correttamente hanno proposto la domanda di accertamento della comproprietà “pro diviso” del muro che delimita lateralmente l’edificio condominiale, nei confronti del Condominio rappresentato dall’amministratore che, pertanto, in base alla su citata norma, ha la rappresentanza sostanziale del condominio avendo, la domanda proposta, ad oggetto un bene condominiale comune, bene che è tale, cioè comune a tutti i condomini, quantomeno per la metà interna del muro, ove la proprietà esclusiva della metà esterna di esso venga attribuita in via definitiva alle società ricorrenti (ciò prefiggendosi la domanda di accertamento della comproprietà “pro diviso” dalle stesse esercitata).

Non sussiste, quindi, la necessità di integrare il contraddittorio nei confronti di tutti i condomini in quanto la sentenza resa nei confronti dell’amm.re farà stato ai sensi dell’art. 1131 c.c., comma 2, nei confronti dei condomini e dei loro aventi causa, non potendo i danti causa trasferire diritti più ampi di quelli di cui sono titolari.

Il ricorso principale va, perciò, accolto e la sentenza impugnata va cassata nella parte in cui dichiara la nullità della sentenza di 1′ grado per la mancata integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i condomini ed ordina la remissione al primo giudice.

Parimenti fondato è il ricorso incidentale proposto dal Condominio.

Infatti, ai sensi dell’art. 1130 cod. civ., n. 4, da interpretarsi estensivamente, l’amm.re del Condominio, non solo è legittimato a compiere gli atti conservativi necessari ad evitare pregiudizi alle parti comuni; ma può compiere atti anche per la salvaguardia dei diritti concernenti le stesse parti comuni delle quali ha la gestione.

Di conseguenza come egli può locare un bene condominiale, così può pretendere il pagamento dei canoni ed agire, nella specie autorizzato dall’assemblea, per il recupero degli stessi ove dovuti, l’importo dei quali verrà attribuito ai condomini secondo i millesimi di proprietà di ciascuno.

Ciò non esclude che ciascun condomino possa provvedere direttamente;

ma trattasi di un potere concedente e NON necessario come, viceversa, sostiene la corte d’appello.

In accoglimento anche del ricorso incidentale la sentenza impugnata va cassata nella parte in cui respinge la domanda del Condominio.

L’intera causa va, pertanto, rinviata ad altra sezione della corte di appello di Torino che provvederà ad un nuovo esame della controversia oltre alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La corte riunisce i ricorsi e li accoglie entrambi; cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della corte di appello di Torino, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 28 aprile 2009.

Depositato in Cancelleria il 9 dicembre 2009

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