Corte d’Appello Roma Sezione III Civile, Sentenza del 4 maggio 2010, n. 1913

Condominio – Amministratore – Attribuzioni – Gestione delle cose comuni – Obbligo di custodia – Violazione – Danni subiti dai condominio – Responsabilità – Sussistenza

L’amministratore del condominio ha il compito di provvedere non solo alla gestione delle cose comuni ma anche alla custodia di esse, col conseguente obbligo di vigilare affinchè non rechino danni a terzi o agli stessi condomini. Ne  consegue che l’amministratore stesso è responsabile del danno patito, in caso di violazione dell’obbligo di custodia, da uno dei condomini.


Sentenza per esteso:

Svolgimento del processo e motivi della decisione

1. — Du.Gi. e St.Re. hanno convenuto in giudizio dinanzi al tribunale di Viterbo Si.An., amministratore del centro commerciale Mu., e ne hanno chiesto condanna al risarcimento dei danni provocati da una allagamento, che aveva interessato anche i loro esercizi commerciali, verificatosi nella notte di Capodanno del 1997.

La responsabilità del Si. sarebbe dipesa da ciò, che egli non avrebbe provveduto tempestivamente a far riparare la porta di ingresso al centro commerciale, porta che da qualche giorno non si chiudeva, il che aveva agevolato l’ingresso di qualcuno che aveva aperto i bocchettoni antincendio, cagionando così l’allagamento.

Il Si. ha resistito alla domanda e sostenuto di aver appreso della rottura della porta il giorno 27 dicembre, incaricando immediatamente Ca. S.r.l. di provvedere alla riparazione, senza però che questa avesse adempiuto.

La parte attrice ha dunque chiesto ed ottenuto di chiamare in causa la menzionata società, estendendo la domanda nei suoi confronti.

Ca. S.r.l. ha negato ogni propria responsabilità nell’occorso.

2. – Il tribunale di Viterbo, espletata l’istruttoria ritenuta necessaria, ha ritenuto:

– che il Si. fosse responsabile dell’allagamento per aver posto in essere una concausa dell’evento, consistente nel non aver fatto tempestivamente riparare la porta di ingresso ai locali del centro commerciale: il che aveva agevolato l’accesso dei vandali che avevano poi aperto le bocchette antincendio e provocato l’allagamento;

– che il Si. (sulla cui responsabilità il primo giudice ha richiamato l’articolo 1135 c.c.) non avesse dato la prova di aver incaricato già in data 27 dicembre Ca. S.r.l. di provvedere alla riparazione della porta e, in ogni caso, che non fosse stata pattuita l’effettuazione della riparazione entro uno specifico termine, sicché nessuna responsabilità poteva essere addebitata alla società, che aveva in effetti sostituito la porta il successivo 7 gennaio;

– che i danni patiti dallo St. non erano provati e quelli subiti dal Du. lo erano nella misura di Euro 4.131,66, pari all’importo occorrente per le riparazioni di tre banconi di esposizione – vendita e delle scaffalature in legno truciolare danneggiate.

Su tali premesse il tribunale, respinta ogni altra domanda, ha condannato il Si. al risarcimento del danno in favore del Du., nella misura indicata, con interessi e rivalutazione, ed ha compensato integralmente le spese di lite.

3. – Propone appello Si.An.

Resiste Ca. S.r.l.

Du.Gi. e St.Re. sono rimasti contumaci.

L’appello è stato posto in decisione all’udienza del 16 dicembre 2009 e successivamente deciso allo spirare dei termini per il deposito di conclusionali e repliche.

4. – L’appello contiene quattro motivi.

4.1. – Il primo motivo denuncia omessa motivazione su punti decisivi della controversia, arbitraria ed erronea applicazione dell’articolo 1135 c.c.

Secondo l’appellante il tribunale avrebbe omesso ogni motivazione in merito all’origine della sua responsabilità quale amministratore del condominio, responsabilità che andava invece attribuita agli stessi condomini per aver interrotto il rapporto di vigilanza privata in precedenza esistente, nonostante i numerosi atti vandalici verificatisi, che esso Si. aveva più volte denunciato.

D’altronde, una volta verificatasi la rottura della porta, egli aveva segnalato immediatamente il guasto a Ca. S.r.l., mentre nessuno degli attori o degli altri condomini aveva provveduto almeno a ristabilire un servizio provvisorio di vigilanza notturna, né gli aveva comunicato nei giorni successivi che l’ingresso restava ancora aperto.

Secondo l’appellante, gli originari convenuti non avrebbero potuto pretendere nei suoi confronti una diligenza superiore a quella dovuta dai convenuti medesimi, che avrebbero dovuto segnalare tempestivamente il ritardo nella riparazione ed adottare anche autonomamente le opportune cautele per la salvaguardia della proprietà.

D’altronde, il centro commerciale disponeva anche di altri ingressi e non poteva escludersi che i vandali fossero entrati attraverso qualche altra porta, avendola prima aperta e poi richiusa.

In tale contesto nulla rilevava il riferimento generico ed improprio fatto dal primo giudice all’articolo 1135 c.c.

4.2. – Con il secondo motivo di impugnazione l’appellante deduce violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c. nonché arbitraria ed erronea interpretazione delle risultanze della CTU espletata in primo grado.

Sostiene il Si. che i danni lamentati dal Du. sarebbero emersi esclusivamente da fotocopie di fotografie e sarebbero stati riscontrati su arredi rinvenuti all’interno di un garage del Du., sicché non poteva affermarsi che tali arredi fossero i medesimi esistenti nell’esercizio commerciale e che fossero stati danneggiati proprio dall’allagamento.

In ogni caso la stima dei danni effettuata dal CTU era inattendibile, avendo egli omesso qualsiasi riscontro in merito alla valutazione fatta, per non aver misurato le parti danneggiate, né indicato il costo dei materiali da sostituire ed il tempo e costo della manodopera.

Inoltre, i danni riscontrati alle scaffalature, che non erano a contatto con il pavimento, non trovavano assolutamente giustificazioni.

4.3. – Con il terzo motivo di censura della sentenza impugnata l’appellante deduce erroneo riconoscimento del diritto alla rivalutazione monetaria ed agli interessi.

Osserva il Si. che il CTU avrebbe liquidato il danno al momento dell’effettuazione delle operazioni peritali, sicché la somma liquidata non avrebbe potuto essere ulteriormente addizionata della rivalutazione.

Quanto agli interessi, essi non erano dovuti come automatica conseguenza del ritardo nel pagamento, né costituivano un diritto automaticamente connesso al riconoscimento della rivalutazione.

4.4. – Il quarto motivo di impugnazione, infine, ha ad oggetto la compensazione delle spese nei rapporti con St.Re., che era rimasto soccombente.

5. – L’appello va respinto.

5.1. – Contrariamente a quanto ritenuto dall’appellante, il tribunale, indipendentemente dal riferimento en passant all’articolo 1135 c.c. la cui pertinenza al caso in esame non è in effetti agevolmente comprensibile, si è specificamente soffermato sulle ragioni che conducevano ad attribuire la responsabilità del fatto al Si.

Il primo giudice, infatti, ha dettagliatamente esaminato le risultanze della prova testimoniale, dalle quali era emerso che la porta, all’epoca dei fatti, era rotta da qualche giorno e non poteva essere chiusa, aggiungendo che la mancata chiusura della porta “rendeva più facile e più probabile il verificarsi di tali atti”, ossia di atti vandalici già in precedenza avvenuti, “sì da assurgere a causa determinante della intrusione di ignoti e delle conseguenze dalla medesima intrusione derivanti”.

A fronte di ciò, la possibilità che gli ignoti vandali possano essere entrati da altra porta regolarmente funzionante, prima aperta e poi richiusa, senza che ne residuassero segni di effrazione di alcun genere, rimane in effetti confinata nel campo delle ipotesi, le quali non valgono a smentire la razionale ricostruzione operata dal primo giudice in conformità all’id quod plerumque accidit.

Dopodiché il tribunale ha espressamente individuato le concrete ragioni dell’attribuzione di responsabilità al Si., osservando che questi, nella sua qualità di amministratore del condominio (non è contestato che di un condominio si trattasse), non aveva provato di aver conferito l’incarico della riparazione già il 27 dicembre e, in ogni caso, ove pure lo avesse conferito, non aveva fissato un termine per il completamento dei lavori e non aveva vigilato a che essi fossero eseguiti, ponendo così in essere una situazione di particolare pericolo proprio perché precedenti episodi di vandalismo vi erano stati e perché si approssimava la notte di San Silvestro “notoriamente la notte più movimentata dell’anno”.

Orbene, la ricostruzione che precede è conforme all’insegnamento della S.C. (reso in un caso di lesioni provocate da insidia, ma applicabile parimenti al caso di specie) secondo cui: “L’amministratore del condominio ha il compito di provvedere non solo alla gestione delle cose comuni, ma anche alla custodia di esse, col conseguente obbligo di vigilare affinché non rechino danni a terzi od agli stessi condòmini. .. Ne consegue che l’amministratore stesso è responsabile del danno … patito da uno dei condòmini” (Cass. 16 ottobre 2008, n. 25251).

Naturalmente l’obbligo di custodia gravante sull’amministratore esclude che la responsabilità potesse essere fatta ricadere sui condomini, sia per aver omesso di avvisare l’amministratore della mancata effettuazione dei lavori di riparazione, sia per non avere, direttamente essi, provveduto ad adottare cautele diverse.

5.2. – Anche il secondo motivo è infondato.

L’ausiliare nominato in primo grado ha in effetti riscontrato, sul mobilio mostrato gli dal Du., come la fotografie allegate alla relazione di CTU, tipici danni derivati dall’avere tale mobilio (costruito in legno truciolare rivestito di laminato plastico) assorbito, nella parte inferiore, l’acqua accumulatasi per effetto dell’allagamento, con conseguenti rigonfiamenti, distacchi fessurazioni non rimediabili.

Né rileva alcunché la circostanza che tale mobilio fosse stato medio tempore rimosso dall’esercizio commerciale all’interno del quale si trovava, essendo del tutto naturale che esso non sia stato mantenuto all’interno dei locali destinati alla vendita.

In ordine al quantum, è pur vero che il CTU non ha analiticamente indicato le lavorazioni da compiersi ed il computo tale da condurre alla quantificazione del danno nella misura di 8 milioni di Lire, pari a Euro 4.131,66, ma è altrettanto vero che detta quantificazione è il frutto di un preciso giudizio tecnico che non ha ragione di essere disatteso, dal momento che l’appellante non lo ha assoggettato a censure di merito, omettendo di indicare perché, in concreto, la somma riconosciuta sarebbe stata eccessiva e quale, e perché, sarebbe stata invece la somma congrua.

5.3. – Il terzo motivo è anche esso da respingere.

L’appellante, infatti, muove dal presupposto che gli interessi e la rivalutazione riconosciuti dal tribunale debbano essere riferiti all’arco temporale tra il fatto e la pronuncia della sentenza: la quale, però, non offre alcun elemento in tal senso, non contenendo nessun riferimento agli interessi ed alla rivalutazione nella motivazione, bensì soltanto la loro menzione in dispositivo (“condanna Si.An. a pagare a Du.Gi. la somma di Euro 4.131,66… oltre interessi e rivalutazione”), sicché non può che ritenersi che i menzionati accessori siano riferiti al tempo successivo alla pronuncia.

5.4. – Il quarto motivo è infondato.

Difatti la compensazione di spese nei rapporti tra il Si. e lo St. è evidentemente giustificata dalla considerazione che la sua domanda è risultata si infondata nel quantum, ma, tuttavia, evidentemente fondata nell’an.

6. – Nulla per le spese nei rapporti tra il Sirena, da un lato, e gli appellati vincitori Du.Gi. e St.Re.

Le spese di lite possono invece compensarsi tra l’appellante e Ca. S.r.l., dal momento che il primo (già dal primo grado) non ha spiegato domanda nei confronti della seconda.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando sull’appello proposto da Si.An. nei confronti di Du.Gi., St.Re. e Ca. S.r.l. contro la sentenza resa tra le parti dal Tribunale di Viterbo, ogni altra conclusione disattesa, così provvede:

1. – rigetta l’appello;

2. – nulla per le spese nei rapporti tra il Si., da un lato, e Du.Gi. e St.Re., dall’altro;

3. – spese compensate tra l’appellante e Ca. S.r.l.

Così deciso in Roma il 3 marzo 2010.

Depositata in Cancelleria il 3 marzo 2010.

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