Centrale termica al servizio di più edifici; legittimazione ad agire per il recupero delle spese
Cassazione 4 maggio 1993, n. 5160
Nell’ipotesi di un bene comune (nella specie: centrale termica) che sia al servizio di più edifici condominiali (cosiddetto supercondominio), i comunisti debbono nominare un amministratore che ne assicuri la gestione, nell’interesse comune. Pertanto, gli amministratori dei singoli condomini, potendo esercitare i poteri previsti dagli artt. 1130 e 1131 c.c. soltanto con riferimento all’edificio cui sono preposti, non sono legittimati a pretendere dai singoli condomini i contributi relativi all’esercizio della centrale termica, salvo che tale potere sia stato loro attribuito con deliberazione dell’assemblea dei comproprietari della centrale.
Centrale termica; contributi; esazione; legittimazione attiva
Cassazione 4 maggio 1993, n. 5160
Nell’ipotesi di un bene comune (nella specie, centrale termica) che sia al servizio di più edifici condominiali (cosiddetto supercondominio), i comunisti debbono nominare un amministratore che ne assicuri la gestione, nell’interesse comune; pertanto, gli amministratori dei singoli condomini, potendo esercitare i poteri previsti dagli artt. 1130 e 1131 c.c. soltanto con riferimento all’edificio cui sono preposti, non sono legittimati a pretendere dai singoli condomini i contributi relativi all’esercizio della centrale termica, salvo che tale potere sia stato loro attribuito con deliberazione dell’assemblea dei comproprietari della centrale.
Legittimazione attiva e passiva dell’amministratore rispetto alle liti; sussistenza
Trib. Roma 4 luglio 1994, n. 10405
All’amministratore delle parti comuni di un supercondominio spettano tutte le facoltà inerenti a tale gestione, tra cui quella relativa alla legittimazione ad agire in giudizio senza delega di rappresentanza, nonché quella di richiedere i libri contabili al precedente amministratore.
Assemblea composta dagli amministratori dei singoli condomini; clausola prevista da regolamento contrattuale; nullità
Cassazione 28 settembre 1994, n. 7894
Poiché non sono derogabili dal regolamento di condominio, anche se di natura contrattuale, le norme concernenti la composizione e il funzionamento dell’assemblea, è nulla per contrarietà a norme imperative (artt. 1136, 1138 c.c.) la clausola del regolamento contrattuale che prevede che l’assemblea di un cosiddetto “supercondominio” sia composta dagli amministratori dei singoli condomini, anziché da tutti i comproprietari degli edifici che lo compongono.
Riscaldamento centrale; decreto ingiuntivo emesso a carico dei condomino su azione intentata dall’amministratore dei condominio; disciplina processuale applicabile; singolo
Cassazione 29 settembre 1994, n. 7946
Nella causa di opposizione a decreto ingiuntivo proposta da un condomino contro l’amministratore di un condominio del suo edificio, che agisce per conseguire il pagamento di somme dovute per il servizio di riscaldamento centrale facente capo a un supercondominio, composto anche da altri fabbricati e disciplinato da un regolamento contrattuale, una volta che il condomino opponente eccepisca il difetto di legittimazione ad agire da parte dell’amministratore del suo edificio, non sussiste litisconsorzio necessario nei confronti dell’amministratore del supercondominio e degli amministratori degli altri singoli condomini non esistendo un rapporto giuridico plurisoggettivo e sostanzialmente unico, né risultando la domanda diretta alla costituzione, alla modifica e alla estinzione di un rapporto plurisoggettivo ovvero a conseguire l’adempimento di una prestazione inscindibile, relativa a un rapporto sostanziale unico comune a più soggetti.
Assemblea composta dagli amministratori dei singoli condomini; diritto di voto in conformità della decisione assembleare dei condominio rappresentato; necessità
Trib. Napoli 12 ottobre 1994, n. 8111
Mentre l’amministratore del singolo condominio può partecipare alle riunioni dell’assemblea del supercondominio senza necessità di approvazione assembleare del condominio di riferimento in quanto tale diritto gli deriva direttamente dal regolamento della comunione, il suo voto deve essere espresso in conformità alla decisione assembleare dei condominio rappresentato.
Assemblea dei condomini, delibere; strada privata di collegamento tra diversi edifici condominiali; delibera congiunta; effetti
Cassazione 22 dicembre 1994, n. 11064
Ove un immobile (nella specie: una strada privata di passaggio e collegamento fra più edifici) consti di parti distinte e ben specificate, ciascuna delle quali appartenga a un diverso complesso condominiale, la deliberazione relativa alle modalità del suo uso, benché adottata congiuntamente in un’unica assemblea dai partecipanti ai condomini proprietari, non è riferibile a un cosiddetto condominio complesso od orizzontale ma va scissa idealmente in varie distinte deliberazioni riferite a ciascuno dei condomini interessati, le quali, di conseguenza, vincolano i condomini soltanto per la parte riguardante il condominio cui essi partecipano (fattispecie relativa alla delibera di chiusura, continua e anche diurna, dei cancelli d’accesso di una strada di passaggio e collegamento fra tre edifici, con applicazione di un meccanismo di apertura elettromeccanica azionabile solo dai condomini).
Assemblea dei condomini; delibera istitutiva di un condominio unico comprendente le parti comuni relative ai singoli edifici; nullità
Cassazione 28 ottobre 1995, n. 11276
È nulla la delibera adottata da una assemblea di supercondominio, a maggioranza dei suoi componenti, che istituisce un unico condominio tra i vari edifici interessati, in quanto lesiva del diritto di ciascun condomino di far parte del condominio costituito dal solo edificio in cui era proprietario di unità immobiliare. Sono altresì nulle le delibere assunte successivamente da assemblee convocate come se esistesse un unico condominio, per deliberare su materie attinenti ai singoli fabbricati.
Disciplina applicabile; disposizioni di cui all’art. 1136 c.c.; fattispecie
Cassazione 8 agosto 1996, n. 7286
Singoli edifici costituiti in altrettanti condomini vengono a formare un “supercondominio” quando talune cose, impianti e servizi comuni (viale d’ingresso, impianto centrale per il riscaldamento, parcheggio, locali per la portineria o per l’alloggio del portiere ecc.) contestualmente sono legati, attraverso la relazione di accessorio a principale, con più edifici, appartengono ai proprietari delle unità immobiliari comprese nei diversi fabbricati e sono regolati, se il titolo non dispone altrimenti, in virtù di interpretazione estensiva o analogica, dalle norme dettate per il condominio negli edifici. Ne consegue che le disposizioni dettate dall’art. 1136 c.c. in tema di convocazione, costituzione, formazione e calcolo delle maggioranze si applicano con riguardo agli elementi reale e personale del supercondominio, rispettivamente configurati da tutte le unità abitative comprese nel complesso e da tutti i proprietari (nella specie, il servizio di portierato era destinato al servizio degli edifici “A” e “B”, costituiti in condomini autonomi; l’assemblea del condominio del solo edificio “A” deliberò la divisione del servizio di portierato ed il licenziamento del portiere; nella specie, è stata dichiarata la nullità della predetta deliberazione, per non essere stati convocati a partecipare alla assemblea in cui essa fu assunta anche i condomini dell’edificio “B”).
Assemblea; clausola dei regolamento di condominio sulla composizione dell’assemblea; fattispecie
Trib. Napoli 15 ottobre 1996, n. 8511
È nulla la clausola contenuta nel regolamento di condominio – anche se contrattuale – la quale preveda che l’assemblea di un supercondominio sia composta dagli amministratori dei singoli condomini anziché da tutti i comproprietari degli edifici che lo compongono.
Assemblea; convocazione; irregolarità; nullità; esclusione; annullamento; possibilità; fattispecie
Trib. Napoli 23 ottobre 1996, n. 8715
È valida l’assemblea generale dei condomini di un supercondominio, convocata in un certo giorno ed iniziata dopo le ore 24.00, e quindi in un giorno solare diverso, a causa del ritardo dovuto al fatto della protrazione – di cui tutti i partecipanti all’assemblea abbiano avuto conoscenza – dell’assemblea particolare di uno dei fabbricati di cui il supercondominio si componga.
Assemblea; deliberazioni
Cassazione 13 giugno 1997, n. 5333
Poiché l’art. 1138, ultimo comma, c.c., dispone che “Le norme del regolamento” – senza distinguere se contrattuale o maggioritario – “… in nessun caso possono derogare … ” all’art. 1136 c.c. – a norma del quale (sesto comma) “tutti i condomini” devono esser invitati alla riunione per deliberare -è nulla la delibera adottata in un cosiddetto supercondominio, pur se in conformità al regolamento, dagli amministratori dei singoli condomini, sia per la normale inderogabilità delle nonne che tutelano le minoranze negli organi collegiali, sia perché la volontà maggioritaria in tal modo espressa può non corrispondere a quella dei condomini.
Assemblea; convocazione; diritto dei singoli condomini; omissione; nullità delle delibere
App. Milano 14 novembre 1997, n. 3218 2
Le norme concernenti la composizione ed il funzionamento dell’assemblea non sono derogabili neppure dal regolamento, sicché l’assemblea del supercondominio non può essere composta dagli amministratori dei singoli condominii, ma solo dai comproprietari degli edifici che lo compongono.
Assemblea; clausola dei regolamento di condominio; assemblea composta da singoli amministratori; nullità
App. Napoli 27 gennaio 1998, n. 202
È nulla la delibera contenuta nel regolamento contrattuale di condominio la quale preveda che l’assemblea del supercondominio sia composta dagli amministratori dei singoli condomini anziché da tutti i comproprietari degli edifici che lo compongono.
Villaggio; innovazioni esterne ed interne delle proprietà individuali; regolamento condominiale; norme recepite nei contratti di acquisto; servitù prediali; violazione; riduzione in pristino; ammissibilità; fattispecie; azioni reali di riduzione in pristino contro singoli condomini; legittimazione; proposizione contro la volontà dell’assemblea; inammissibilità; fattispecie
Cassazione 16 ottobre 1999, n. 11688
Clausole del regolamento condominiale di un “villaggio” costituito da lotti di proprietà individuale e parti comuni, recepite con la qualificazione di servitù reciproche nei singoli contratti di acquisto, le quali, per le modifiche esterne ed interne delle proprietà individuali, richiedano il benestare scritto, rispettivamente, di un tecnico incaricato dall’assemblea condominiale o dell’amministratore di condominio, danno luogo ai vincoli di carattere reale tipici delle servitù prediali e non a limitazioni di portata meramente obbligatoria – e quindi giustificano la condanna alla riduzione in pristino in caso di violazione – qualora le clausole stesse specifichino i limiti di carattere sostanziale delle innovazioni (nella specie, era vietato per le innovazioni esterne unire le proprietà, costruire ad un’altezza superiore e superare determinate cubature e per quelle interne recare danno alle parti e agli impianti comuni, ledere i diritti dei terzi e violare il regolamento; la pronuncia di merito, confermata in sede di legittimità, aveva ordinato la rimessione in pristino rispetto ad innovazioni come: ampliamento del seminterrato; costruzione di mansarde fuoriesposte, di balconi, di camini con focolare esterno; ampliamento di finestre, apertura di vedute ecc.; la suprema corte, peraltro in relazione ai motivi di ricorso, si è limitata a constatare genericamente che il giudice di merito aveva accertato la violazione anche dei limiti obiettivi posti dalle clausole in questione). Considerato che l’amministratore del condominio non è legittimato a proporre azioni reali di riduzione in pristino nei confronti dei singoli condomini contro la volontà dell’assemblea, in caso di violazione da parte di singoli proprietari delle norme del regolamento condominiale prevedenti limiti alle innovazioni nelle proprietà individuali (nella specie recepiti come servitù reciproche nei singoli contratti di acquisto), non è configurabile la responsabilità dell’amministratore che abbia omesso di agire in giudizio contro i responsabili al fine di conseguire la riduzione in pristino, qualora il medesimo abbia investito delle specifiche questioni l’assemblea del condominio e la stessa abbia deliberato, sia pure a maggioranza, di tentare di risolvere in via extragiudiziale i contrasti insorti tra i vari comproprietari.
Edifici costituiti in distinti condomini, compresi in una più ampia organizzazione condominiale; vincolo di accessorietà rispetto agli stessi di cose, impianti e servizi comuni; norme sul condominio negli edifici; applicabilità
Cassazione 7 luglio 2000, n. 9096
Nel caso di pluralità di edifici, costituiti in distinti condomini, ma compresi in una più ampia organizzazione condominiale (cosiddetti «supercondomini»), legati tra loro dalla esistenza di talune cose, impianti e servizi comuni (quali il viale d’accesso, le zone verdi, l’impianto di illuminazione, la guardiola del portiere, il servizio di portierato, etc.) in rapporto di «accessorietà» con i fabbricati, si applicano a dette cose, impianti, servizi le norme sul condominio negli edifici, e non quelle sulla comunione in generale.
Scioglimento; regolamento che estende la comproprietà sull’intera area coperta da due stabili costruiti su terreni contigui; requisiti; prevalenza delle norme codicistiche
Trib. Milano 1° febbraio 2001, n. 1202
È possibile sciogliere un condominio composto da sue stabili costruiti su aree contigue anche nell’ipotesi in cui il regolamento di condominio preveda, fra le parti comuni, l’intera estensione delle due aree medesime, e ciò in quanto il legislatore é intervenuto proprio per stabilire una disciplina diversa da quella fissata dalla volontà degli originali comproprietari, prevedendo che, in presenza di una situazione di autonomia degli edifici, i beni comuni possano essere divisi per volontà di una maggioranza qualificata o, in difetto, per volontà del giudice. Per poter addivenire allo scioglimento di un condominio, occorre la possibilità di dividere il medesimo in parti che abbiano la caratteristica di edifici autonomi, ossia quando si tratti di fabbricati elevati su un appezzamento di terreno divisibile, con servizi separati e autosufficienti.
Complessi consortili; differente regime; volontà delle parti; prevalenza
Cassazione 14 marzo 2001, n. 3665
Le disposizioni in materia di condominio – e non quelle in tema di associazioni non riconosciute – possono legittimamente considerarsi applicabili al consorzio costituito tra proprietari d’immobili per la gestione delle parti e dei servizi comuni di zona residenziale, pur appartenendo indiscutibilmente il consorzio alla categoria delle associazioni, non esistendo schemi obbligati per la costituzione di tale enti, ed essendo, per l’effetto, rilievo decisivo la volontà manifestata dagli stessi consorziati con la regolamentazione contenuta nelle norme statutarie.
Assemblea; partecipazione solo degli amministratori dei singoli edifici; ammissibilità; esclusione
Cassazione 6 dicembre 2001, n. 15476
Poiché non sono derogabili dal regolamento di condominio, anche se di natura contrattuale, le norme concernenti la composizione e il funzionamento dell’assemblea, è nulla, per contrarietà a norme imperative, la clausola del regolamento contrattuale che prevede che l’assemblea di un cosiddetto supercondominio sia composta dagli amministratori dei singoli condomini, anziché da tutti i comproprietari degli edifici che lo compongono.
Consorzi costituiti tra proprietari di immobili per la gestione di parte e servizi comuni; partecipazione dell’acquirente di un immobile al consorzio con manifestazione di volontà tacita; fattispecie
Cassazione 29 gennaio 2003, n. 1277
Le disposizioni in materia di condominio possono legittimamente ritenersi applicabili al consorzio costituito tra proprietari di immobili per la gestione delle parti e dei servizi comuni di una zona residenziale, pur appartenendo indiscutibilmente il consorzio alla categoria delle associazioni, non esistendo schemi obbligati per la costituzione di tali enti, ed assumendo, per l’effetto, rilievo decisivo la volontà manifestata dagli stessi consorziati con la regolamentazione contenuta nelle norme statutarie. Salvo che la legge o lo statuto richiedano la forma espressa o addirittura quella scritta, la volontà di partecipare alla costituzione del consorzio o di aderire al consorzio già costituito può essere manifestata anche tacitamente e desumersi da presunzioni o fatti concludenti, quali la consapevolezza di acquistare un immobile compreso in un consorzio oppure l’utilizzazione in concreto dei servizi posti a disposizione dei consorziati. Solo la partecipazione al consorzio può determinare l’obbligazione di versare la quota stabilita dagli organi statutariamente competenti, legittimando la pretesa di pagamento. (in applicazione di tali principi, la S.C. ha cassato senza rinvio la sentenza impugnata, che, essendosi formato il giudicato in ordine alla insussistenza di una volontà della parte di partecipare al consorzio manifestata tacitamente, era incorsa nel vizio di extrapetizione affermando che la parte stessa, acquistando l’immobile, aveva assunto due obbligazioni collegate da rapporto di strumentalità, aventi ad oggetto, l’una, la partecipazione alle spese comuni e, l’altra, l’adesione al consorzio).
Edifici costituiti in condomini separati; beni e servizi comuni; regime applicabile
Cassazione 3 ottobre 2003, n. 14791
Qualora un bene sia destinato al servizio di più edifici costituiti ciascuno in condominio si determina fra i vari partecipanti non una comunione ma una situazione che integra l’ipotesi del supercondominio al quale si applicano estensivamente le norme sul condominio degli edifici, giacché – in considerazione della relazione di accessorietà che si instaura per il collegamento materiale o funzionale fra proprietà individuali e beni comuni – questi ultimi non sono suscettibili, come invece nella comunione, di godimento od utilizzazione autonomi rispetto ai primi (la Corte, nel formulare il principio sopra richiamato, ha confermato la decisione dei giudici di appello che, qualificando come supercondominio la comunione delle fognature di acque poste al servizio di distinti edifici costituiti in condominio, aveva applicato la disciplina in materia di condominio, ritenendo ammissibile l’impugnazione ex art. 1137 c.c. della delibera della relativa assemblea).
Pluralità di edifici compresi in una più complessa organizzazione condominiale; beni comuni; appartenenza separata ad alcuni proprietari; fattispecie
Cassazione 18 aprile 2005, n. 8066
In considerazione del rapporto di accessorietà necessaria che lega le parti comuni dell’edificio elencate in via esemplificativa – se il contrario non risulta dal titolo – dall’art. 1117 c.c. alle proprietà singole, delle quali le prime rendono possibile l’esistenza stessa o l’uso, la nozione di condominio in senso proprio è configurabile non solo nell’ipotesi di fabbricati che si estendono in senso verticale ma anche nel caso di costruzioni adiacenti orizzontalmente (come in particolare le cosiddette case a schiera), in quanto siano dotate delle strutture portanti e degli impianti essenziali indicati dal citato art. 1117 c.c.; peraltro, anche quando manchi un così stretto nesso strutturale, materiale e funzionale, non può essere esclusa la condominialità neppure per un insieme di edifici indipendenti, giacché, secondo quanto si desume dagli art. 61 e 62 disp. att. c.c. – che consentono lo scioglimento del condominio nel caso in cui un gruppo di edifici si possa dividere in parti che abbiano le caratteristiche di edifici autonomi – è possibile la costituzione ab origine di un condominio fra fabbricati a sé stanti, aventi in comune solo alcuni elementi, o locali, o servizi o impianti condominiali; dunque, per i complessi immobiliari, che comprendono più edifici, seppure autonomi, è rimessa all’autonomia privata la scelta se dare luogo alla formazione di un unico condominio, oppure di distinti condomini per ogni fabbricato, cui si affianca in tal caso la figura di elaborazione giurisprudenziale del “supercondominio”, al quale sono applicabili le norme relative al condominio in relazione alle parti comuni, di cui all’art. 1117 c.c., come per esempio le portinerie, le reti viarie interne, gli impianti dei servizi idraulici o energetici dei complessi residenziali, mentre restano soggette alla disciplina della comunione ordinaria le altre eventuali strutture, che sono invece dotate di una propria autonomia, come per esempio le attrezzature sportive, gli spazi d’intrattenimento, i locali di centri commerciali inclusi nel comprensorio comune (nella specie, la S.C. ha cassato le sentenza impugnata che, nell’escludere l’applicabilità delle norme sul condominio, aveva ritenuto costituita fra i vari supercondomini una comunione ordinaria di natura convenzionale per la gestione delle parti comuni relative ad un complesso residenziale, formato da un insieme di edifici, distinti in vari blocchi, ciascuno dei quali era a sua volta formato da vari fabbricati costituiti in condominio).
Nell’ipotesi in cui il condominio sia costituito da un complesso residenziale formato da un insieme d’edifici, raggruppati in blocchi, ciascuno dei quali comprenda diversi corpi di fabbrica, è configurabile, alla luce del principio di cui all’art. 1123, comma 3 c.c., l’ipotesi del “condominio parziale” (con la correlativa responsabilità nella ripartizione delle spese), qualora le parti comuni relative ai singoli blocchi d’edifici appartengano ai soli proprietari delle unità immobiliari comprese in ognuno di essi.
Parti ad uso di più edifici ma di proprietà di ciascun condomino; delibere relative alle modalità d’uso; spettano a ciascun condomino
App. Milano 24 giugno 2006
Nel caso in cui un immobile consti di parti distinte e ben specificate, ciascuna delle quali appartenga ad un diverso complesso condominiale, la deliberazione relativa alle modalità del suo uso, benché adottata congiuntamente in un’unica assemblea dai partecipanti ai condominii proprietari, non è riferibile ad un cosiddetto “condominio complesso” od “orizzontale” o ad un “supercondominio”, ma va scissa idealmente in varie distinte deliberazioni riferite a ciascuno dei condominii interessati, le quali, di conseguenza, concettualmente estrapolate, vincolano i condomini soltanto per la parte riguardante il condominio cui essi partecipano.
Accessorietà funzionale tra parti comuni e proprietà esclusive; necessità
Cassazione 2 marzo 2007, n. 4973
Il presupposto perché si instauri un diritto di condominio su un bene comune è costituito dalla relazione di accessorietà strumentale e funzionale che collega i piani o le porzioni di piano di proprietà esclusiva agli impianti o ai servizi di uso comune, rendendo il godimento del bene comune strumentale al godimento del bene individuale e non suscettibile di autonoma utilità, come avviene invece nella comunione. Detta relazione di accessorietà può sussistere anche se uno degli edifici o, al limite entrambi, non siano condomini, purché si tratti di edifici autonomi, atteso che l’art. 61 disp. att. c.c. individua l’autonomia della costruzione e non la gestione dell’edificio, come caratteristica rilevante in base alla quale l’art. 62 consente l’applicazione delle norme sul condominio alle parti, di cui all’art. 1117 c.c., rimaste comuni ai diversi edifici. In tal modo si configura, specialmente con riferimento ai nuovi complessi immobiliari, un condominio sui generis, allargato, di tipo verticale, in cui ogni edificio autonomo, di proprietà esclusiva o costituente condominio, assume la figura di supercondominio, soggiacendo alla normativa condominiale (nella specie, la S.C. ha, integrandone la motivazione, confermato sul punto la sentenza di merito, che aveva ravvisato l’esistenza di un supercondominio con riferimento alla rete fognaria e alle cisterne d’acqua in comune in un complesso immobiliare composto da edifici a destinazione residenziale ed edifici a destinazione paralberghiera).
Trib. Bologna Sez. III, 23/02/2007
Il fondamento tecnico dell’applicazione dei principi e delle disposizioni del codice civile in materia di condominio anche ai complessi immobiliari (c.d. supercondominii) è dato dalla relazione di accessorietà intercorrente tra beni e impianti di uso comune (nella specie impianto di illuminazione, rete fognaria, condotte di luce, gas e telefono) e i singoli edifici costituenti condominii distinti ed autonomi. Non è pertanto necessario un formale atto costitutivo, il quale ha, invece, valore meramente dichiarativo della nascita del supercondominio.
Cass. civ. Sez. II Sent., 02/03/2007, n. 4973
Il presupposto perché si instauri un diritto di condominio su un bene comune è costituito dalla relazione di accessorietà strumentale e funzionale che collega i piani o le porzioni di piano di proprietà esclusiva agli impianti o ai servizi di uso comune, rendendo il godimento del bene comune strumentale al godimento del bene individuale e non suscettibile di autonoma utilità, come avviene invece nella comunione. Detta relazione di accessorietà può sussistere anche se uno degli edifici o, al limite entrambi, non siano condomini, purché si tratti di edifici autonomi, atteso che l’art. 61 disp. att. cod. civ. individua l’autonomia della costruzione e non la gestione dell’edificio, come caratteristica rilevante in base alla quale l’art. 62 consente l’applicazione delle norme sul condominio alle parti, di cui all’art. 1117 cod. civ., rimaste comuni ai diversi edifici. In tal modo si configura, specialmente con riferimento ai nuovi complessi immobiliari, un condominio “sui generis”, allargato, di tipo verticale, in cui ogni edificio autonomo, di proprietà esclusiva o costituente condominio, assume la figura di supercondominio, soggiacendo alla normativa condominiale. (Nella specie, la S.C. ha, integrandone la motivazione, confermato sul punto la sentenza di merito, che aveva ravvisato l’esistenza di un supercondominio con riferimento alla rete fognaria e alle cisterne d’acqua in comune in un complesso immobiliare composto da edifici a destinazione residenziale ed edifici a destinazione paralberghiera). (Cassa con rinvio, Trib. Palermo, 13 Dicembre 2001)
Cass. civ. Sez. II Sent., 31/01/2008, n. 2305
Nel supercondominio i comunisti debbono nominare un amministratore che assicuri la gestione dei beni, comuni a tutti i condomini dei vari condomini, in difetto di che può intervenire, a richiesta degli interessati, il provvedimento dell’autorità giudiziaria ex art. 1129, comma 1, secondo periodo, c.c..
Cass. civ. Sez. II Sent., 31/01/2008, n. 2305
È da escludersi che il supercondominio possa costituirsi solo per manifestazione di volontà dell’originario costruttore o di tutti i proprietari, essendo sufficiente a tal fine che singoli edifici, costituiti in altrettanti condomini, abbiano in comune talune cose, impianti o servizi legati – attraverso la relazione di accessorio a principale – con gli edifici medesimi e per ciò appartenenti, “pro quota”, ai proprietari delle singole unità immobiliari comprese nei diversi fabbricati.
Cass. civ. Sez. II Sent., 31/01/2008, n. 2305
Ai fini della costituzione di un supercondominio, non è necessaria né la manifestazione di volontà dell’originario costruttore né quella di tutti i proprietari delle unità immobiliari di ciascun condominio, essendo sufficiente che i singoli edifici abbiano, materialmente, in comune alcuni impianti o servizi, ricompresi nell’ambito di applicazione dell’art. 1117 cod. civ., (quali, ad esempio, il viale d’ingresso, l’impianto centrale per il riscaldamento, i locali per la portineria, l’alloggio del portiere), in quanto collegati da un vincolo di accessorietà necessaria a ciascuno degli stabili, spettando, di conseguenza, a ciascuno dei condomini dei singoli fabbricati la titolarità “pro quota” su tali parti comuni e l’obbligo di corrispondere gli oneri condominiali relativi alla loro manutenzione. (Rigetta, Bassano Del Grappa, 30 Aprile 2002)
Cass. civ. Sez. II, 18/02/2008, n. 3945
Come il condominio si costituisce, “ipso iure et facto”, senza bisogno d’apposite manifestazioni di volontà o altre esternazioni e tanto meno d’approvazioni assembleari, nel momento in cui l’unico proprietario d’un edificio frazioni in più porzioni autonome la cui proprietà esclusiva trasferisca ad una pluralità di soggetti od anche solo al primo di essi, ovvero ove più soggetti costruiscano su un suolo comune, ovvero ancora quando l’unico proprietario di un edificio ne ceda a terzi piani o porzioni di piano in proprietà esclusiva, realizzando l’oggettiva condizione del frazionamento che ad esso dà origine, così anche il supercondominio, viene in essere, del pari “ipso iure et facto”, se il titolo non dispone altrimenti, sol che singoli edifici, costituiti in altrettanti condomini, abbiano in comune talune cose, impianti e servizi (viale d’ingresso, impianto centrale per il riscaldamento, parcheggio, locali per la portineria e/o per l’alloggio del portiere, ecc.) legati, attraverso la relazione di accessorio a principale, con gli edifici medesimi e per ciò appartenenti, pro quota, ai proprietari delle singole unità immobiliari comprese nei diversi fabbricati.
Trib. Napoli Sez. IV Dec., 10/07/2008
Le decisioni prese dagli organi del cd. supercondominio, benché conformi al regolamento, sono da considerarsi nulle ove il regolamento stesso deroghi, in violazione di quanto previsto dall’art. 1138 c.c., alla disposizione dell’art. 1136 c.c. e, dunque, alla facoltà del singolo condomino di essere opportunamente informato e prendere parte alle decisioni che riguardano il funzionamento della cosa comune. Va pertanto sospesa la delibera di nomina dell’amministratore generale del supercondominio, adottata dal cd. “Consiglio degli Amministratori”.
Trib. Padova, 13/02/2009
Anche al cd. supercondominio (o condominio complesso) si applicano le norme in tema di condominio degli edifici. L’assemblea del supercondominio non potrà, pertanto, che essere costituita dalla generalità dei condomini (ossia di tutti i proprietari delle singole unità immobiliari).
Trib. Milano Sez. XIII, 05/03/2009
Ai fini della costituzione di un supercondominio non è necessaria né la manifestazione di volontà dell’originario costruttore né quella di tutti i proprietari delle unità immobiliari di ciascun condominio, essendo sufficiente che i singoli edifici abbiano materialmente in comune alcuni impianti o servizi, ricompresi nell’ambito di applicazione dell’art. 1117 c.c..
Trib. Salerno Sez. I, 11/11/2009
Ai fini della costituzione di un supercondominio, non è necessaria né la manifestazione di volontà dell’originario costruttore né quella di tutti i proprietari delle unità immobiliari di ciascun condominio, essendo sufficiente che i singoli edifici (o parti dello stesso edificio costituenti singoli condomini) abbiano materialmente, in comune alcuni impianti o servizi, ricompresi nell’ambito di applicazione dell’art. 1117 cod. civ., (quali, ad esempio, il viale d’ingresso, l’impianto centrale per il riscaldamento, i locali per la portineria, l’alloggio del portiere) in quanto collegati da un vincolo di accessorietà necessaria a ciascuno degli stabili, o porzioni di stabile.