In ambito condominiale, non è preclusa l’adozione di discipline convenzionali che, derogando a quanto dispone in via generale l’articolo 1123 del Codice civile, imputino ad alcuni condòmini oneri di gestione non proporzionali a quelli scaturenti dalla rispettiva quota millesimale.

Anzi, è possibile perfino ripartire le spese in parti uguali o esonerare dal pagamento taluno dei condomini, in tutto o in parte.

Tale «diversa convenzione», espressione della autonomia privata, deve essere contenuta in un regolamento condominiale contrattuale, o in una deliberazione assembleare approvata all’unanimità di tutti i condomini.

In ogni caso, una tale pattuizione, sia per essere adottata sia per essere successivamente modificata, necessita dell’approvazione di tutti i condomini, a pena di radicale nullità.

 

CHIEDI UNA CONSULENZA

 

Corte di Cassazione Civile sentenza n.16321 del 4 agosto 2016
SENTENZA
sul ricorso 6841-2015 proposto da:
CONDOMINIO AUTORIMESSA S.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA X, 10, presso lo
studio dell’avvocato MILENA CONTI, rappresentato e difeso dagli avvocati LEONARDO
SALVEMINI, MARIA GRAZIA CALVISI;
– ricorrente –
contro
S.S. SRL, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA X, 62, presso lo studio dell’avvocato
SEBASTIANO RIBAUDO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALDO ALGANI;
– controricorrente –
nonché contro
L.L.P., L.G. SRL;
– intimati –
avverso la sentenza n. 507/2014 della CORTE D’APPELLO SEZ.DIST. DI di SASSARI, depositata
il 12/12/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
07/07/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA;
udito gli Avvocati Salvemini e Ribaudo;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. LUIGI SALVATO, il quale ha
concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione del 14 novembre 2011, la S.S. S.r.l. conveniva davanti al Tribunale di Tempio
Pausania – Sezione distaccata di Olbia – il Condominio Autorimessa S.S., impugnando la
deliberazione dell’assemblea dei condomini del 18 agosto 2011, con la quale era stata modificata la
clausola del regolamento condominiale (art. 3, rubricata “Deroga temporale”). Tale clausola
regolamentare disponeva:
” premesso:
che i singoli garages del complesso autorimessa di proprietà della S.S. s.r.l. sono destinati alla
vendita; che dette unità non usufruiscono di tutti questi servizi di cui gode il Complesso
Autorimessa e che sostanzialmente rappresentano il 75% (settantacinquepercento) dei costi sui
bilancio di gestione;
resta espressamente ed essenzialmente stabilito che le spese condominiali poste a carico della soc.
S.S. s.r.l, relativamente alle unità immobiliari ancora invendute, non potranno essere superiori al
25% (venticinquepercento) di quelle poste a carico e calcolate per i singoli garage di proprietà dei
singoli condomini. II restante 75% (settantacinquepercento) verrà ovviamente suddiviso fra tutti i
millesimi delle unità immobiliari già vendute e di proprietà dei singoli condomini”.
L’attrice S.S. S.r.l. deduceva che tale clausola, in quanto contenuta in un regolamento ”contrattuale”,
era suscettibile di modifica solo con il consenso dell’unanimità dei condomini, nella specie
mancante, con conseguente nullità o annullabilità della deliberazione dell’assemblea del 18 agosto
2011, nonché della deliberazione di approvazione del bilancio.
Il Condominio Autorimessa S.S. si costituiva e domandava in via riconvenzionale di dichiarare la
nullità e l’inefficacia della clausola contenuta nel regolamento di condominio.
L.P. e L.G. S.r.l. intervenivano nel giudizio a sostegno delle ragioni del Condominio.
Il Tribunale di Tempio Pausania – Sezione distaccata di Olbia -, con sentenza n. 177/2013 del 10
aprile 2013, rigettava l’impugnativa proposta da S.S. S.r.l. Esponeva il Tribunale che la clausola sub
art. 3 del Regolamento condominiale, limitandosi a disciplinare la ripartizione delle spese, avesse
natura regolamentare, sicché poteva essere modificata anche in difetto dell’unanimità. Proponeva
appello la S.S. S.r.l., affermando la natura contrattuale del regolamento condominiale, in quanto
predisposto dalla comune venditrice ed accettato dai singoli condomini nell’atto di acquisto, di tal
che per modificare le sue clausole sarebbe occorsa la volontà unanime del partecipanti.
Gli appellati Condominio Autorimessa S.S., L.P.L. e L.G. S.r.l. chiedevano il rigetto
dell’impugnazione principale e proponevano appello incidentale subordinato, insistendo per la
nullità o inefficacia della clausola regolamentare, in forza dell’art. 1355 c.p.c.
La Corte d’Appello di Sassari, con sentenza n. 507/2014 del 12 dicembre 2014, accoglieva l’appello
principale ed annullava la deliberazione assembleare nella parte in cui essa modificava l’art, 3 del
cap. 4 del Regolamento condominiale, nonché sui punti relativi al bilancio. La Corte di Sassari
qualificava la clausola che limitava al 25% le spese condominiali poste a carico della S.S. s.r.l., per
le unità immobiliari ancora invendute, come “diversa convenzione” di ripartizione delle spese, ai
sensi dell’art. 1123 c.c., modificabile, pertanto, solo con il consenso unanime di tutti i condomini.
Ai fini della vincolatività del regolamento, la Corte di merito osservava come risultasse prodotto il
primo contratto di vendita del 26 agosto 1987, nel quale l’acquirente conferiva mandato alla società
venditrice “di predisporre un regolamento secondo le condizioni e le clausole di cui al menzionato
“Capitolato di patti e condizioni”, recando tale Capitolato la specifica previsione della clausola sulle
spese poi inserita nel regolamento condominiale. Il Regolamento, continuano i giudici dell’appello,
risultava registrato e trascritto nel 1997 e nessun titolo anteriore a tale anno e sprovvisto del
richiamo alla clausola spese era stato prodotto. Relativamente agli altri motivi addotti dal
Condominio Autorimessa S.S. per contrastare l’impugnazione, la Corte di Sassari evidenziava come
la violazione delle norme del Codice del consumo fosse stata prospettata per la prima volta soltanto
in sede di appello, e che, comunque, nemmeno fosse stato dedotto che gli acquirenti dei garages
avessero proceduto alla stipula dei contratti di vendita per scopi estranei all’attività imprenditoriale
svolta. Non pertinente appariva alla Corte di merito, inoltre, il richiamo all’art. 1355 c.c., in quanto
la mancata vendita dei garages configurerebbe non una condizione, per giunta meramente
potestativa, quanto un termine di efficacia della clausola. Né contrasto alcuno sussisterebbe fra l’art.
1123 c.c. e la clausola in oggetto, essendo la stessa norma a prevedere la possibilità di sua deroga.
Avverso questa sentenza, il Condominio Autorimessa S.S. ha proposto ricorso articolato in sei
motivi, cui resiste con controricorso la S.S. S.r.l., mentre sono rimasti intimati senza svolgere
attività difensiva L.P.L. e la L.G. S.r.l. Il Condominio Autorimessa S.S. e la S.S. S.r.l. hanno
presentato memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c. rispettivamente in data 9 giugno 2016 e 30 giugno
2016.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I.I1 primo motivo di ricorso del Condominio Autorimessa S.S. deduce violazione e falsa
applicazione dell’art. 1138 c.c., avversando la natura contrattuale del regolamento condominiale in
questione, invece ravvisata dalla Corte d’Appello. Si assume che il regolamento fosse stato trascritto
soltanto nel 1997, mentre il primo atto di vendita risaliva al 26 agosto 1987, epoca in cui il
regolamento, quindi, non esisteva, e non era possibile per gli acquirenti conoscerne il contenuto. Da
ciò l’inopponibilità della clausola sulla ripartizione delle spese a coloro che avessero acquistato le
unità immobiliari prima della redazione del regolamento.
Il secondo motivo di ricorso deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c. e 115 c.p.c.,
in quanto, una volta dedotto che alcune autorimesse erano state vendute prima della redazione del
regolamento, spettava alla controparte, che aveva affermato la natura contrattuale del regolamento,
la prova del suo assunto.
Il terzo motivo di ricorso lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. Ili Cost. (carente ed
erronea motivazione) e dell’art. 112 c.p.c. (mancata corrispondenza fra chiesto e pronunciato),
nonché violazione e falsa applicazione dell’art. 3, d.lgs. n. 206/2005, e, ancora, omesso esame circa
un fatto decisivo per il giudizio relativo alla vessatorietà della clausola contestata. Ciò in quanto la
Corte di Sassari avrebbe omesso di considerare l’eccezione circa la vessatorietà della clausola
contenuta nell’art. 3 del Regolamento, ritenendola non proposta nel giudizio di primo grado, là dove
tale eccezione di violazione del Codice del Consumo e conseguente domanda di nullità o inefficacia
della clausola erano state dal Condominio formulate già nella comparsa di costituzione davanti al
Tribunale del 14 gennaio 2012, e quindi riproposte nella comparsa cd costituzione in appello del 9
novembre 2013 e nelle conclusioni dell’appello incidentale subordinato.
Il quarto motivo sostiene la violazione e falsa applicazione degli artt. 1136 e 1138 c.c., in quanto la
clausola in questione poteva essere modificata con la maggioranza prevista dall’art. 1136 comma 2,
c.c., poiché attinente all’uso e al godimento delle parti comuni e all’organizzazione e al
funzionamento delle parti condominiali o, comunque, alla ripartizione delle spese.
Il quinto motivo allega la violazione e falsa applicazione dell’art. 1355 c.c,, in quanto la Corte di
Sassari avrebbe trascurato che la clausola in questione rimetteva al mero arbitrio della S.S. S.r.l. la
sua contribuzione alle spese condominiali, così integrando una condizione meramente potestativa,
da ritenere nulla.
Il sesto motivo di ricorso, infine, denuncia, in via subordinata per il caso di rigetto dei precedenti
motivi, la violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost., nonché l’omesso esame circa fatto
decisivo per il giudizio, non essendo state ammesse le prove richieste dal ricorrente per provare che
la società usufruiva dei servizi condominiali per le unità invendute.
II.I primi cinque motivi di ricorso, per la loro connessione logica, vanno esaminati congiuntamente
sulla base di una comune premessa di indagine.
I criteri di ripartizione delle spese condominiali, stabiliti dall’art. 1123 c.c., possono essere derogati,
come prevede la stessa norma, e la relativa convenzione modificatrice della disciplina legale di
ripartizione può essere contenuta sia nel regolamento condominiale (che perciò si definisce “di
natura contrattuale”), ovvero in una deliberazione dell’assemblea che venga approvata all’unanimità,
o col consenso di tutti i condomini (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 641 del 17/01/2003). La natura delle
disposizioni contenute negli artt. 1118, comma 1, e 1123 c.c. non preclude, infatti, l’adozione di
discipline convenzionali che differenzino tra loro gli obblighi dei partecipanti di concorrere agli
oneri di gestione del condominio, attribuendo gli stessi in proporzione maggiore o minore rispetto a
quella scaturente dalla rispettiva quota individuale di proprietà. In assenza di limiti posti dall’art.
1123 c.c., la deroga convenzionale ai criteri codicistici di ripartizione delle spese condominiali può
arrivare a dividere in quote uguali tra i condomini gli oneri generali e di manutenzione delle parti
comuni, e finanche a prevedere l’esenzione totale o parziale per taluno dei condomini dall’obbligo di
partecipare alle spese medesime (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5975 del 25/03/2004; Cass. Sez. 2,
Sentenza n. 6844 del 16/12/1988). Non opera, del resto, in materia di condominio negli edifici,
nulla di simile all’art. 2265 c.c. (divieto del patto leonino), trovando questa norma la sua ratio nella
posizione che un socio assume nell’ambito societario e nella necessità che lo stesso partecipi al
rischio patrimoniale d’impresa, ovvero nell’essenziale scopo lucrativo che viene perseguito tramite
una attività imprenditoriale, scopo del tutto estraneo alla situazione di mero godimento di beni
comuni, tipica del condominio di edifici.
Come autorevolmente spiegato da Cass. Sez. U, Sentenza n. 18477 del 09/08/2010, mentre, allora,
la deliberazione che approva le tabelle millesimali, non ponendosi come fonte diretta dell’obbligo
contributivo del condomino, non deve essere approvata con il consenso unanime dei condomini,
rivela, viceversa, natura contrattuale la tabella da cui risulti espressamente che si sia inteso derogare
al regime legale di ripartizione delle spese, ovvero approvare quella «diversa convenzione», di cui
all’art. 1123, comma 1, c.c.. La sostanza di tale «diversa convenzione» è, pertanto, quella di una
dichiarazione negoziale, espressione di autonomia privata.
Problema ulteriore è quello dell’efficacia reale, ovvero dell’opponibilità anche nei confronti dei
successori dei condomini originari dell’eventuale clausola regolamentare con cui un’unità
immobiliare venga esonerata, in tutto o in parte, dalle spese, in deroga a quanto discenderebbe dalla
meccanica applicazione dei criteri di cui all’art. 1123 c.c. (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 7353 del
09/08/1996; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6844 del 16/12/1988; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 7039 del
23/12/1988).
Viene, pertanto, imposta, a pena di radicale nullità l’approvazione di tutti i condomini per le
delibere dell’assemblea di condominio con le quali siano stabiliti i criteri di ripartizione delle spese
in deroga a quelli dettati dall’art. 1123 c.p.c., oppure siano modificati i criteri fissati in precedenza
in un regolamento “contrattuale” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6714 del 19/03/2010; Cass. Sez. 2,
Sentenza n. 17101 del 27/07/2006; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 126 del 08/01/2000).
Nella specie, deve allora condividersi la decisione della Corte d’Appello di Sassari, per cui è affetta
da nullità la delibera del 18 agosto 2011 dell’assemblea del Condominio Autorimessa S.S., con la
quale, senza il consenso di tutti i condomini, si modificavano i criteri di riparto delle spese stabiliti
dall’art. 3 (Deroga temporale) del Regolamento per la prestazione di servizi nell’interesse comune,
relativamente alle unità immobiliari ancora invendute.
Il primo ed il secondo motivo di ricorso, in particolare, sostengono che il regolamento di
condominio, recante la clausola di “Deroga temporale” nella ripartizione delle spese, era stato
trascritto nel 1997, mentre il primo atto di vendita di un’unità immobiliare dall’originario unico
proprietario ad altri soggetti, e dunque la costituzione del condominio, erano risalenti al 26 agosto
1987, spettando alla S.S. s.r.l. dar prova dell’opponibilità di detto regolamento.
In effetti, questa Corte ha più volte affermato che l’obbligo dell’acquirente, previsto nel contratto di
compravendita di un’unità immobiliare di un fabbricato, di rispettare il regolamento di condominio
da predisporsi in futuro a cura del costruttore non può valere come approvazione di un regolamento
allo stato inesistente, poiché è solo il concreto richiamo nel singolo atto d’acquisto ad un
determinato regolamento che consente di considerare quest’ultimo come facente parte, “per
relationem”, di tale atto (Sez. 2, Sentenza n. 5657 del 20/03/2015; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3104
del 16/02/2005). La Corte d’Appello di Sassari, tuttavia, non ha affatto affermato che Ì condomini,
che avevano acquistato le rispettive unità immobiliari nel Condominio Autorimessa S.S. prima del
1997, si fossero contrattualmente obbligati a rispettare un regolamento ancora non esistente, dando
sul punto una “delega in bianco5′ alla costruttrice-venditrice di redigere un qualunque regolamento.
I giudici del merito, piuttosto, hanno evidenziato come Latto costitutivo del condominio, ovvero il
primo contratto di frazionamento del 26 agosto 1987, prevedeva, si, un mandato alla società
venditrice “di predisporre un regolamento secondo le condizioni e le clausole di cui al menzionato
Capitolato di patti e condizioni”, ma tale Capitolato già conteneva il riferimento alla clausola sul
limite di contribuzione alle spese in favore della venditrice, sicché il richiamo al Capitolato,
preesistente, consentiva di considerare la pattuizione di ripartizione delle spese come inserita “per
relationem” nel titolo d’acquisto. Questa ratio decidendi, logica e del tutto sufficiente a sostenere
argomentativamente la pronuncia resa, non è stata specificamente impugnata dal Condominio
ricorrente.
È poi infondato il quarto motivo che, al fine di sostenere la modificabilità a maggioranza della
clausola di cui all’art. 3 del Regolamento, ne nega la natura “contrattuale”, giacché, secondo quanto
già affermato, la possibile deroga ai criteri normativi di proporzionalità dettati dall’art. 1123 c.c.
suppone indispensabilmente una “convenzione”, ovvero un’espressione non della regola della
collegialità e del principio maggioritario, ma dell’autonomia negoziale.
Discorso diverso deve farsi per il terzo ed il quinto motivo di ricorso. Il terzo motivo lamenta la
mancata pronuncia della Corte di Sassari sulla domanda di declaratoria di nullità o inefficacia della
clausola contenuta nell’art. 3 del Regolamento per violazione degli arti. 1469-bis e ss. c.c., ratione
temporis applicabili. Il quinto motivo sostiene la nullità della stessa clausola del Regolamento per
contrasto con l’art. 1355 c.c., in quanto contenente una condizione meramente potestativa.
Si consideri come il presente giudizio sia stato promosso nei confronti del Condominio Autorimessa
S.S., in persona del suo amministratore, con riguardo alla resistenza rispetto alla domanda della S.S.
S.r.l., volta all’annullamento della delibera assembleare del 18 agosto 2011, ai sensi degli artt. 1131,
comma 1, e 1130, n. 1), c.c. Oggetto di queste censure è invece la nullità o l’inefficacia della
convenzionale relativa alla ripartizione delle spese, contenuta nel regolamento di condominio, che
si assume accettato dai partecipanti e che sia stato, nella specie, pure trascritto, azione che, di
regola, supporrebbe una domanda esperibile da o nei confronti (non del condominio, ma) di tutti i
condomini, in quanto partecipi al vincolo negoziale che si assume viziato (Cass., Sez. 2, Sentenza n.
2605 del 03/08/1972; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 12342 del 29/11/1995).
Riguardo alla prima questione, va tuttavia osservato come sia stato più volte affermato che, alla luce
dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo di cui all’art. 111,
comma 2, Cost., nonché di una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 384 c.p.c., pur ove sia
verificata l’omessa pronuncia su una domanda o su un’eccezione da parte del giudice d’appello, la
Corte di cassazione può evitare la cassazione con rinvio della sentenza impugnata ed esaminare il
merito del ricorso, allorquando la suddetta domanda o eccezione sia infondata, essendo in tal caso
inutile il ritorno della causa in fase di merito (Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 21257 del 08/10/2014;
Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2313 del 01/02/2010).
Ora, in presenza di una convenzione sui criteri di ripartizione delle spese condominiali, predisposta
dal venditore-costruttore ed accettata dagli acquirenti nei singoli contratti di vendita, può sostenersi
l’applicabilità delle norme del Codice del consumo, e quindi valutarsi la pattuizione alla luce del
complessivo programma obbligatorio, secondo i profili del «significativo squilibrio dei diritti e
degli obblighi derivanti dal contratto» e della «buona fede», ai sensi dell’art. 33, comma 1, d.lgs. 6
settembre 2005, n. 206 (ovvero del l’art. 1469-bis c.c., ratione temporis). Questo sempre che sì
ritenesse che il Regolamento del Condominio Autorimessa S.S. si fosse formato soltanto all’epoca
della sua trascrizione (26 marzo 1997), e non già precedentemente (ovvero sin dalla costituzione del
condominio stesso nel 1987), in quanto le disposizioni sostanziali di cui agli artt. 1469-bis e ss. c.c.,
introdotte dall’art, 25 della legge 6 febbraio 1996, n. 52, non si applicano ai contratti stipulati prima
della loro entrata in vigore, in virtù del principio generale di irretroattività della legge (Cass. Sez. 3,
Sentenza n. 15871 del 06/07/2010).
In verità, la Corte d’Appello, pur avendo ritenuto tardivamente introdotta la questione della tutela
consumeristica, ha poi motivato sull’infondatezza della stessa, osservando come non fosse stato
neppure dedotto che gli acquirenti dei garages avessero proceduto alla stipula dei contratti di
vendita per scopi estranei all’attività imprenditoriale svolta. Su tale ratio decidendi il ricorrente non
esprime specifica censura. E’ evidente che, ai fini dell’applicabilità delle norme di cui (attualmente)
al Codice del consumo, possono venire in rilievo le sole convenzioni di ripartizione delle spese
condominiali predisposte dal costruttore, o dall’originario unico proprietario dell’edificio
condominiale, in quanto oggettivamente ricollegabili all’esercizio dell’attività imprenditoriale o
professionale da quello svolta; e sempre che il condomino acquirente dell’unità immobiliare di
proprietà esclusiva, dovendo rivestire lo status di consumatore, agisca per soddisfare esigenze di
natura personale, non legate allo svolgimento dì attività a sua volta imprenditoriale o professionale.
Peraltro, la disciplina delle clausole vessatorie potrebbe risultare pertinente unicamente con
riguardo a convenzioni che introducano vincoli di destinazione di natura reale incidenti in via
diretta sulla consistenza della proprietà condominiale e della frazione di proprietà esclusiva oggetto
dei rispettivi programmi negoziali sinallagmatici di compravendita, determinando contrattualmente
le modalità di utilizzazione del bene ceduto. Solo questa tipologia di convenzioni condominiali
potrebbe, infatti, rientrare nella categoria protetta dei contratti di acquisto di beni a scopo di
consumo, realizzando una funzione economica unitaria rispetto alla prestazione di dare assunta dal
venditore, nonché strumentale al soddisfacimento delle esigenze di consumo proprie dell’acquirente.
Del pari insuperata è la ragione esposta dalla Corte di merito che ha interpretato che la mancata
alienazione degli immobili ancora in proprietà della costruttrice valesse, nell’economia del
programma pattizio, non come condizione ma come termine di efficacia.
III. Le esposte considerazioni rendono evidente pure l’infondatezza del sesto motivo di ricorso, circa
la mancata ammissione delle prove richieste dal ricorrente per provare che la società usufruiva dei
servizi condominiali per le unità immobiliari invendute. Innanzitutto, tale motivo è introdotto come
violazione dell’art. 111 Cost. e come omesso esame di un fatto decisivo, mentre la violazione delle
norme costituzionali non può essere direttamente prospettata a motivo di doglianza ai sensi dell’art.
360, comma 1, n. 3, c.p.c., né la mancata ammissione di mezzi di prova da parte del giudice di
merito dà luogo ad un vizio di motivazione (nella specie, pure soggetto al regime conseguente alla
modifica introdotta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134),
ma deve essere denunciata come error in procedendo, e quindi prospettando la violazione delle
regole processuali che disciplinano la predetta attività (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3708 del
17/02/2014). Per di più, il ricorrente, pur denunciando 1’esistenza di un vizio della sentenza
correlato al rifiuto opposto dalla Corte di merito di dare ingresso ai mezzi dì prova, non adempie
all’onere ex art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c. di indicare specificamente nel ricorso le deduzioni
istruttorie che assume disattese, ma si limita a far rinvio per relationem a scritti difensivi depositati
nei precedenti gradi di giudizio. Per quanto sintetizzate in ricorso, emerge pure netta la non
decisività di tali disattese deduzioni istruttorie, non trovando affatto giustificazione causale la
clausola di cui all’art. 3 del Regolamento nella non fruizione dei servizi condominiali da parte delle
unità immobiliari invendute di proprietà S.S. S.r.l.
IV. Consegue il rigetto del ricorso.
Le spese processuali del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo
in favore della sola controricorrente S.S. S.r.l., non avendo svolto attività difensiva L.P.L. e la L.G.
S.r.l.
Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012,
n. 228, che ha aggiunto il comma 1-quater all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio
2002, n. 115 – dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione integralmente rigettata.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente Condominio Autorimessa S.S. a rimborsare alla
controricorrente S.S. S.r.l. le spese processuali sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in
complessivi € 7.200,00, di cui € 200,00 per esborsi.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17,
della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a
norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione civile della Corte Suprema di
Cassazione, il 7 luglio 2016.
Dott. Antonio Scarpa
Il Presidente
Dott. Bruno Bianchini.

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