Nel caso di abusiva occupazione di area condominiale, mediante la costruzione di un manufatto di proprietà esclusiva, sussiste la legittimazione dell’aministratore di condominio ad agire giudizialmente, con azione il cui obiettivo è di “ripristinare lo stato dei luoghi”, avverso l’autore dell’opera denunciata

Ogni comproprietario, in quanto titolare di un diritto che, sia pure nei limiti tracciati dalla concorrenza dei diritti degli altri partecipanti, può coinvolgere l’intera cosa in comune, può resistere in giudizio per la tutela della proprietà comune nei confronti dei terzi o di un singolo condomino senza dovere preventivamente ricevere il consenso degli altri.

 

 

Tribunale Amministrativo Regionale CAMPANIA – Napoli, Sezione 3 – Sentenza 16 dicembre 2015, n. 5743

Condominio – Abusiva occupazione di una porzione di area condominiale – Tutela della proprietà comune – Legittimazione ad agire giudizialmente – Singolo condomino – Amministratore

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DELLA CAMPANIA
SEZIONE TERZA
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1298 del 2014, proposto da:
Condominio (…);
contro
– Comune di San Giorgio a Cremano ed altri (…);
per l’annullamento:
– della nota prot. n. 38284/13, adottato dal Dirigente del Settore Infrastrutture e Pianificazione Territoriale del Comune di San Giorgio a Cremano in data 12 dicembre 2013, notificato al Condominio ricorrente il successivo 16, recante l’ipotetica esecuzione all’obbligo di verifica della sussistenza dei presupposti e degli atti allegati alla DIA presentata dal controinteressato, -OMISSIS-,-OMISSIS-, dinanzi allo stesso Comune in data 4 marzo 2010, come imposto dalla sentenza del TAR Campania, Napoli, n. 4538/2013 a seguito della condanna del silenzio rifiuto e/o inadempimento realizzato dal Comune di San Giorgio a Cremano, consolidatosi sin dal 21 febbraio 2012, in ordine ad una pregressa istanza-diffida inoltrata dal ricorrente ai fini della verifica dei presupposti per la definizione della predetta DIA del 4 marzo 2010.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di San Giorgio a Cremano e di -OMISSIS-;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 ottobre 2015 il dott. Gianmario Palliggiano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.- Riferisce il condominio ricorrente, riconducibile al Fabbricato A del complesso immobiliare sito in San Giorgio a Cremano al Corso (…), di essere comproprietario, unitamente all’altro Condominio consistente nel Fabbricato B dello stesso complesso edilizio, di aree pertinenziali ai due complessi edilizi che lo compongono, destinate ad aiuole e a stalli per il parcheggio di autoveicoli di proprietà dei condomini; l’intera area è circondata da un muro perimetrale confinante con la strada pubblica e con proprietà aliene.
Il suddetto muro perimetrale, come previsto dal Regolamento condominiale, costituisce bene di proprietà comune dell’intero complesso.
Lo stesso è stato oggetto di istanza da parte del condomino -OMISSIS- il quale – a causa di un’invalidità fisica permanente, pari al 100%, di cui è affetto, con necessità di accompagnamento per incapacità nel deambulare – ha chiesto al condominio parere favorevole per realizzare un varco nel predetto muro condominiale prospiciente la strada pubblica, preordinato a consentire, secondo il richiedente, un più utile accesso all’autoveicolo di sua proprietà ed un adeguamento dell’accessibilità alla sua unità immobiliare, sita al piano terra del fabbricato A del menzionato complesso condominiale.
Sul punto l’assemblea condominiale straordinaria, convocata in data 22 aprile 2008, si era pronunciata con delibera sfavorevole.
2.- Avverso tale delibera, -OMISSIS- ha proposto impugnazione, ai sensi dell’art. 1137, comma 2, cod. civ. davanti al Tribunale civile di Napoli XI sezione, lamentandone l’illegittimità per immotivato rifiuto dell’assemblea, pronunciatasi a maggioranza.
Con sentenza n. 8811 del 13 agosto 2010, in accoglimento delle eccezioni sollevate dal condominio, il Tribunale civile ha rigettato la domanda di annullamento della delibera assembleare.
Contestualmente al procedimento civile, il condomino -OMISSIS- ha presentato avanti questo TAR ricorso – rubricato al numero R.G. n. -OMISSIS– col quale ha impugnato la diffida, emessa dal Dirigente dell’UTC del Comune di San Giorgio a Cremano, dall’avvio dei lavori riguardanti la realizzazione del varco nel muro condominiale, lavori oggetto di una pregressa DIA inoltrata dall’interessato, ed acquisita al prot n. 41/2008.
Con sentenza n. 4196 del 12 maggio 2010, il TAR ha rigettato il ricorso avendo considerato legittima la diffida formulata dall’UTC del Comune resistente, tenuto anche conto delle previsioni di cui all’art. 2 del Decreto del Presidente della Giunta Regionale della Campania n. 381/2003, costituente Regolamento attuativo della Legge regionale Campania n. 19/2001, recante l’ obbligo, per colui che inoltra la denuncia di inizio attività edilizia. “di comprovare la disponibilità dell’immobile ai fini della realizzazione degli interventi indicati in denuncia.” (cfr art. 2, comma 1,lett. a), DPGRC n. 381/2003).
In data 4 marzo 2010 (prot. n. 41/2010), -OMISSIS- ha però reiterato la denuncia di inizio attività edilizia, per la realizzazione “di un varco con inserimento di un cancello scorrevole in ferro sul muro (condominiale) della recinzione e taglio del marciapiede antistante l’immobile sito al Corso Umberto I n.59”.
Il Comune di San Giorgio a Cremano, in senso contrario alla diffida prot. n. 16004/2008, ha questa volta consentito, previo rilascio di decreto dirigenziale di autorizzazione paesaggistica n.9 del 21 giugno 2011, i lavori per realizzare la richiesta apertura del varco nel muro di proprietà condominiale.
3.- A fronte di ciò, l’amministratore pro tempore del condominio ricorrente, con nota prot n. 26570 del 15 luglio 2011 ha opposto il mancato accertamento, da parte del comune, circa l’assenza dei requisiti necessari perché il condomino, -OMISSIS-, presentasse la DIA.
Persistendo l’inerzia del comune, l’amministratore ha inoltrato nuova diffida, acquisita al prot n. 45580 del 23 dicembre 2011 dell’ente comunale, allo scopo di sollecitare l’esercizio, ai sensi dell’art. 19, comma 6-ter, L. n. 241/1990, del “potere di verifica della insussistenza dei requisiti e presupposti per l’esecuzione dei lavori a seguito di denuncia di inizio lavori e per la adozione di provvedimenti di rimozione degli effetti dannosi dei lavori e ripristino dello stato dei luoghi”.
In esito a tale istanza-diffida, il Comune di San Giorgio a Cremano, sulla base della nota prot n. 8221 del 20 febbraio 2012, ha comunicato al condominio “l’avvio del procedimento teso all’attività di verifica degli atti allegati alla DIA del 4/3/2010 con prot. gen. 10559 prodotta dal sig. -OMISSIS-“.
4.- Non avendo però fatto seguito alcun atto da parte dell’amministrazione comunale, il Condominio ha presentato ricorso davanti a questo TAR, rubricato al numero R.G. 1043/2013, avverso il silenzio-rifiuto o inadempimento del comune in relazione alla richiamata istanza del 23 dicembre 2011
Questo TAR, con sentenza n. 4538/2013, in accoglimento del ricorso proposto dal condominio, “ha condannato il Comune di San Giorgio a Cremano ed ordinato allo stesso Ente territoriale di concludere il procedimento in parola nel termine di 30 giorni dalla notifica della sentenza a cura della parte ricorrente”.
A seguito della notifica della predetta sentenza, con nota prot n. 38284 del 12 dicembre 2013, comunicata al Condominio il successivo 16, il Dirigente del Settore Infrastrutture e Pianificazione Territoriale del Comune di San Giorgio a Cremano ha tuttavia accertato una “sostanziale compatibilità” della stessa DIA con le prescrizioni di cui all’art. 6, comma 1, DPR 380/2001 (interventi di abbattimento delle barriere architettoniche).
5.- A fronte di tale nota, il condominio ha presentato l’odierno ricorso, notificato il 25 febbraio 2014 e depositato il successivo 6 marzo, ed affidato ad una serie di censure che di seguito si preciseranno nel dettaglio.
Si è costituita in giudizio l’amministrazione comunale che ha eccepito il difetto di giurisdizione del giudice adito nonché il difetto di legittimazione del condominio ricorrente; ha concluso in ogni caso per il rigetto del ricorso perché comunque infondato nel merito.
Il controinteressato, -OMISSIS–OMISSIS-, si è costituito in giudizio con memoria depositata il 12 marzo 2014; in seguito, in vista dell’udienza pubblica del 25 giugno 2015, con memoria di replica depositata il 4 giugno 2015, oltre a rilevare l’inammissibilità del ricorso per inesistenza di un mandato specifico all’azione con apposita deliberazione dell’amministrazione condominiale, ha contestato la fondatezza nel merito del ricorso.
Con memoria depositata il 3 giugno 2015, il Condominio ricorrente ha replicato all’eccezione di inammissibilità per difetto di legittimazione formulata dal comune.
Con istanza depositata il 22 giugno 2015 ha chiesto il rinvio dell’udienza pubblica per potere replicare alle eccezioni del controinteressato, rilevate comunque come tardive.
Il Condominio ha depositato copia dei verbali di assemblea condominiale del 4 febbraio 2014 e del 9 luglio 2015.
Le parti hanno poi scambiato memorie in vista dell’udienza pubblica del 22 ottobre 2015, data in cui la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1.- Va in primo luogo esaminata l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice adito formulata dalla resistente amministrazione comunale di San Giorgio a Cremano.
L’eccezione è infondata.
L’oggetto dell’odierno ricorso si identifica nella verifica dell’illegittimità – per molteplici profili tra cui l’elusione del giudicato raggiunto con la sentenza n. 4538/2013 di questo TAR – della nota-provvedimento n. 38284/2013, adottata dal comune di San Giorgio a Cremano quale ipotetica verifica dei requisiti per il rilascio di DIA, inoltrata da un condomino al fine di realizzare lavori che il condominio asserisce incidenti sull’integrità dell’assetto patrimoniale comune.
La questione condominiale rimane quindi nello sfondo ed agisce nel presente giudizio solo quale presupposto sul quale poi valutare la legittimità degli atti emessi dall’amministrazione comunale.
E’ evidente quindi che l’oggetto del giudizio si rivolge direttamente sulle decisioni assunte dall’amministrazione comunale.
2.- Va quindi risolta l’altra eccezione in rito, sollevata dal controinteressato, relativa all’inammissibilità dell’odierno ricorso per difetto di legittimazione processuale dell’amministrazione del condominio.
Al riguardo, il controinteressato eccepisce l’inesistenza di un mandato specifico all’azione con apposita deliberazione dell’amministrazione comunale. Sostiene in particolare, con memoria depositata il 21 settembre 2015, che l’azione di accertamento della presunta elusione/violazione di giudicato oggetto dell’odierno ricorso esulerebbe dai poteri di cui all’art. 1130 cod. civ. e, pertanto, necessiterebbe di una presupposta idonea delibera d’incarico dell’assemblea condominiale, mai avvenuta e non indicata in atti.
Sottolinea al riguardo come l’eccezione sia stata evidentemente ritenuta fondata dallo stesso condominio ricorrente, considerato che, con successiva assemblea straordinaria del 9 luglio 2015, ha provveduto alla ratifica postuma della procura speciale allora conferita dall’amministratore, al fine di iniziare l’odierno giudizio. Tale delibera di incarico (peraltro impugnata da -OMISSIS–OMISSIS- con atto di citazione notificato in data 15 settembre 2015, in quanto reputata illegittima per vizi formali e sostanziali), tuttavia, non potrebbe in alcun modo sanare il difetto di procura ad litem che ha determinato una nullità dell’atto ab origine.
Rammenta altresì che il fabbricato sito in S. Giorgio a Cremano, al corso Umberto I è composto da due scale e due ingressi, rispettivamente ai civici n. 59 e n. 61, i quali però, pur essendo formalmente divisi per i profili contabile ed amministrativo, non lo sono invece per quello strutturale e sostanziale del manufatto, in particolare rispetto alle cd. “parti in comune”, tra le quali rientra un cortile interno ed un muro perimetrale di confine.
Nel caso di specie, deduce allora il controinteressato, l’odierno giudizio – nel riguardare un bene comune (cortile interno e muro perimetrale) ai due condomini – avrebbe richiesto il conferimento congiunto dell’incarico al legale, da parte di entrambi e non solo del condominio ricorrente.
Identico vizio graverebbe sull’originaria delibera del 4 febbraio 2014, in quanto tale non idonea a legittimare l’amministratore del solo condominio di Corso (…) a proporre un’azione relativa ad un bene comune, ai sensi dell’art. 1159 cod. civ..
A fronte di quanto sopra, il controinteressato ravvisa la necessità di sospendere l’odierno giudizio in attesa della definizione del giudizio pendente dinanzi il Tribunale di Napoli avverso e per l’annullamento della delibera assembleare del condominio ricorrente, in quanto pregiudiziale; in via subordinata, chiede di decidere in via incidentale sulla rilevata illegittimità ovvero inefficacia delle delibere assembleari del 4 febbraio 2014 e del 9 luglio 2015.
3.- Le eccezioni appaiono nel complesso infondate.
Oggetto dell’odierno giudizio è la censura d’illegittimità del provvedimento dirigenziale del comune di San Giorgio a Cremano n. 38284/2013, adottata quale presunta verifica dei requisiti per il rilascio della DIA, inoltrata da un condomino per la realizzazione di lavori che il Condominio ricorrente asserisce incidenti sull’integrità della proprietà comune; tali opere consistono nella demolizione di una parte del muro perimetrale condominiale per realizzare un cancello di ferro automatico a servizio esclusivo del condomino -OMISSIS–OMISSIS- ed eliminazione di un’aiuola condominiale, retrostante siffatta parte di muro demolito, previo asservimento di tale area unicamente al passaggio di autoveicoli diretti alla proprietà esclusiva del condomino controinteressato ed inibizione dell’uso e del possesso della stessa nei confronti degli altri condomini.
Orbene, l’accertamento giudiziale richiesto, unitamente all’impugnativa della nota oggetto del presente ricorso, è fondamentalmente destinato a tutelare l’integrità ed il decoro del patrimonio condominiale. L’iniziativa processuale intrapresa costituisce un tipico esempio di “atto conservativo”, rientrante nel novero degli atti descritti dall’art. 1130, commi 1 e 4, cod. civ., con gli effetti previsti dall’art. 1131, comma 1. cod. civ., per l’esercizio dei quali non è necessaria la preventiva autorizzazione da parte dell’assemblea.
4.- Al riguardo, la Suprema Corte di Cassazione ha chiarito che, nel caso di abusiva occupazione di una porzione di area condominiale, mediante la costruzione di un manufatto di proprietà esclusiva, sussiste la legittimazione dell’amministratore di condominio ad agire giudizialmente, con azione il cui obiettivo è di “ripristinare lo stato dei luoghi”, avverso l’autore dell’opera denunciata.
L’iniziativa giurisdizionale è quindi tesa a preservare l’integrità materiale dell’area condominiale, sulla quale la nuova opera avrebbe in qualche modo inciso.
Orbene, per casi della specie, l’amministratore può agire al fine di tutelare i diritti sulle parti comuni dell’edificio. (Cass. civ . n. 7327/2013).
5.- La considerazione, nel dimostrare la pienezza della legittimazione ad agire da parte dell’amministratore condominiale, assorbe ogni ulteriore rilievo del controinteressato; ci si riferisce, in particolare, all’argomento prospettato con la memoria depositata in data 21 settembre 2015 (pag. 3) secondo cui la stessa parte ricorrente – nel fare intervenire ex post la ratifica della propria posizione processuale, mediante delibera di assemblea straordinaria del 9 luglio 2015 (relativo verbale depositato in data 16 luglio 2015) – avrebbe implicitamente ammesso la carenza di legittimazione processuale dell’amministratore condominiale.
La tesi è suggestiva ma non è condivisibile. La delibera assembleare del 9 luglio 2015 costituisce una mera formalizzazione di un’autorizzazione già ab origine presente in relazione alla corretta incardinazione del presente giudizio e disposta ai meri fini interni dei rapporti tra amministratore ed organo assembleare.
6.- Risulta infondata anche l’altra eccezione del controinteressato in merito alla illegittimità di entrambe le delibere condominiali del 4 febbraio 2014 e del 9 luglio 2015, sull’assunto che le stesse non sarebbero state congiuntamente adottate, come richiesto, dalle assemblee dei due condomini, ai numeri civici n. 59 e n. 61.
Invero, per giurisprudenza pacifica sussiste la legittimazione di ciascun condomino, in quanto titolare di un diritto che, sia pure nei limiti tracciati dalla concorrenza dei diritti degli altri partecipanti, può coinvolgere l’intera cosa in comune; ogni comproprietario può quindi resistere in giudizio per la tutela della proprietà comune nei confronti dei terzi o di un singolo condomino senza dovere preventivamente ricevere il consenso degli altri (Cass. civ. ord. 1650 del 28 gennaio 2015).
Se ciò vale per il singolo condomino a maggiore ragione vale per il condominio relativamente ad altri condomini per la difesa di beni in comune.
Infine, sempre relativamente alle questioni preliminari in rito, con la memoria depositata il 21 settembre 2015, il controinteressato ha formulato richiesta di sospensione dell’odierno giudizio, in attesa della definizione del procedimento giurisdizionale da lui incardinato e pendente dinanzi al Tribunale Civile di Napoli, per l’annullamento della delibera condominiale del 9 luglio 2015.
In via subordinata, chiede una decisione in via incidentale, ai sensi dell’art. 8 cod. proc. amm., sull’illegittimità ovvero l’inefficacia delle più volte menzionate delibere dell’assemblea condominiale del 4 febbraio 2014 e del 9 luglio 2015 e, per l’effetto, dichiarare l’inammissibilità o l’improcedibilità dell’odierno ricorso per carenza d’idonea legittimazione processuale dell’amministratore del condominio ricorrente.
7.- La richiesta di sospensione non può essere presa in considerazione. Ed invero, con la stessa il controinteressato pretende in sostanza di subordinare l’odierna pronuncia agli esiti del giudizio civile sulla legittimità della delibera assembleare del 9 luglio 2015, senza che quest’ultima possa considerarsi elemento condizionante la decisione dell’odierna controversia (art. 295 cod. proc. civ.), posto che, a tacere d’altro, rimarrebbe sempre in piedi la delibera preesistente, quella del 4 febbraio 2014; quest’ultima, per le ragioni sopra illustrate, fonda la legittimazione ad agire dell’amministratore del condominio.
Questa considerazione è spendibile anche per la seconda richiesta, relativa al giudizio incidentale sulle due delibere assembleare, la quale si traduce in un’inammissibile domanda di disapplicazione delle delibere condominiali suindicate. Sul punto, in senso contrario alla richiesta, si osserva preliminarmente che la prima delle delibere non risulta essere stata impugnata davanti al competente giudice civile e che, pertanto, la disapplicazione della stessa finirebbe col sostituirsi ad un mancato giudizio impugnatorio, per il quale l’art. 1137, comma 3, cod. civ., fissa anche precisi termini di decadenza. In ogni caso, la disapplicazione di una delibera assembleare di condominio non rientra nei poteri del giudice amministrativo, trattandosi di un giudizio su una materia che esula dall’ambito della sua giurisdizione, posto che il legislatore ha previsto un giudizio di carattere impugnatorio su un atto, la delibera assembleare, davanti al giudice civile.
8.- Risolte quindi le questioni in rito, può passarsi al merito della controversia.
Il condominio ricorrente deduce sotto diversi profili i seguenti motivi di censura:
– violazione degli art. 21 quinquies e 21 nonies L. n. 241/1990;
– violazione dell’art. 21 septies L. n. 241/1990 per violazione ed elusione del giudicato di cui alla sentenza del Tar Campania, Napoli n. 4538/2013;
– violazione degli artt. 22 e 23, comma 6, d.p.r. 380/2001;
– violazione degli artt. 19, comma 1, e 23, comma 1, L. n. 241/1990;
– violazione del DPGRC n. 381/2003 combinati con l’art. 19, commi 3, 6-bis e 6-ter, L n. 241/90 e 21 nonies L n. 241/90;
– eccesso di potere per difetto assoluto d’istruttoria; travisamento dei fatti; illogicità; – – contraddittorietà, violazione del giusto procedimento.
9.- Il ricorso merita accoglimento per le ragioni di seguito esposte.
Con la sentenza n. 4538/2013, resa sul ricorso R.G. n. 1043/2013, instaurato tra le medesime parti del presente ricorso, questo TAR accertava l’illegittimità del silenzio-inadempimento serbato dal Comune di San Giorgio a Cremano sull’istanza proposta dal condominio ricorrente in merito alla conclusione del procedimento di verifica sui requisiti relativi al consolidamento degli effetti della DIA, prot n. 10559 del 4 marzo 2010, inoltrata dal controinteressato, -OMISSIS-.
La sentenza n. 4538/2013 seguiva alla precedente sentenza n. 4196/2010 (ricorso R.G. n. 6241/2008) resa sempre inter partes (oltre al condominio d cui al civico n. 61), con la quale questo TAR aveva rigettato il ricorso proposto dall’odierno controinteressato, -OMISSIS-,-OMISSIS-, avverso la diffida del Comune di San Giorgio a Cremano a non avviare i lavori di realizzazione del varco carrabile e del cancello sul muro condominiale.
Ebbene, in quest’ultima sentenza, il TAR aveva statuito che, nella documentazione da allegare alla D.I.A., per opere da compiersi nella regione Campania – analiticamente indicate nell’art.2 del menzionato DPGRC n.381/2003 (regolamento attuativo della Legge Urbanistica della Regione Campania, n.19/2001) – è richiesta, tra gli altri la “dichiarazione comprovante la disponibilità dell’immobile ai fini della realizzazione degli interventi indicati nella denuncia” (lett. a).
L’aspetto è del tutto trascurato nell’impugnata nota del comune di San Giorgio a Cremano; questa carenza sotto il profilo istruttorio, ne inficia irrimediabilmente la legittimità.
10. – Vi è poi un ulteriore profilo di illegittimità che affligge la nota impugnata.
Quest’ultima chiarisce testualmente che “all’esito dell’esame della documentazione in atti si conclude che l’intervento in parola è sostanzialmente una richiesta di abbattimento delle barriere architettoniche che, ai sensi dell’art. 6, comma 1, d.p.r. 380/2001 rientra nella fattispecie dell’attività libera”.
La sopra indicata disposizione del testo unico dell’edilizia, al comma 1, lett. b) consente la realizzazione, senza alcun titolo edilizio preventivo, degli “interventi volti all’eliminazione di barriere architettoniche che non comportino la realizzazione di rampe o di ascensori esterni, ovvero di manufatti che alterino la sagoma dell’edificio”.
11. – Invero, dalla visione dell’originaria D.I.A. n. 41/2010 e dei relativi allegati grafici e descrittivi non s’individua alcuna esplicita indicazione né relazione descrittiva – neanche in sede di richiesta di parere paesaggistico a corredo della predetta D.I.A. – in merito alla normativa derogatoria di cui alla Legge 9 gennaio 1989 n. 13, contenente “Disposizioni in favore del superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati”.
E’ chiaro che l’eventuale applicazione dell’appena menzionata L n. 13/1989 avrebbe richiesto la verifica della sussistenza di un formale riferimento, nel testo della documentazione descrittiva ed anche grafica allegata alla predetta D.I.A. n. 41/2010, alla menzionata normativa che deroga alle ordinarie prescrizioni edilizie, circostanza quest’ultima che non si riscontra.
Deve al contrario constatarsi che il richiamo ad una “sostanziale” riconducibilità della D.I.A. n. 41/2010 alla tipologia di un intervento per l’abbattimento di barriere architettoniche, ai sensi dell’art. 6 d.p.r. 380/2001, non è sorretto da alcuna evidenza documentale; né sembra tantomeno emergere dalla fase istruttoria del relativo procedimento.
Siffatta indicazione non era infine ricavabile neanche dalla richiamata sentenza n. 4538/2013.
12. – In ogni caso, anche laddove dovesse ritenersi implicito alla predetta D.I.A. n. 41/2010 il riferimento alla normativa di cui all’art. 6, comma 1, d.p.r. 380/2001 ed all’art.2 Legge 9 gennaio 1989 n. 13 – contenente “Disposizioni in favore del superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati”- l’apertura del varco carrabile non rientra tra gli interventi liberi realizzabili in deroga.
L’art. 2, comma 1, L. n. 13/1989 precisa infatti che “Le deliberazioni che hanno per oggetto le innovazioni da attuare negli edifici privati dirette ad eliminare le barriere architettoniche di cui all’articolo 27, primo comma, della legge 30 marzo 1971, n. 118, ed all’articolo 1, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1978, n. 384, nonché la realizzazione di percorsi attrezzati e la installazione di dispositivi di segnalazione atti a favorire la mobilità dei ciechi all’interno degli edifici privati, sono approvate dall’assemblea del condominio, in prima o in seconda convocazione, con le maggioranze previste dal secondo comma dell’ articolo 1120 del codice civile.
A questo scopo, l’approvazione delle delibere è assunta con le maggioranze indicate all’art. 1136, commi 2 e 3, cod. civ., in deroga quindi all’art. 1120, comma 1, cod. civ. che, nel richiamare l’art. 1136, comma 5, cod. civ., richiede le più ampie maggioranze ivi contemplate.
Resta comunque fermo il disposto dell’art. 1120, comma 4, cod. civ. secondo cui sono vietate le innovazioni che rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso e al godimento anche di un solo condomino, questo perché producono una sensibile menomazione dell’utilità comune, secondo l’originaria costituzione della comunione (cfr., Cass. Civ. sent n. 12930/2012 nonchè Cass. Civ. sent n. 18334/2012).
Nel caso specifico, anche alla luce delle puntuali descrizioni contenute nella stessa relazione tecnica esibita dal controinteressato, emerge l’oggettiva inutilizzabilità, per gli altri condomini, del cancello preteso dal controinteressato, -OMISSIS-, della parte di muro condominiale sul quale il cancello insiste nonché dell’area condominiale retrostante. Ne discende che alla fattispecie in esame risultano inapplicabili le agevolazioni previste dalla menzionata L. n. 13/1989.
13. – Per quanto sopra, con rilievo assorbente il ricorso merita accoglimento.
Le spese seguono la soccombenza e sono determinate nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania – Sezione Terza –
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Condanna il comune di San Giorgio a Cremano e -OMISSIS- al pagamento, in favore del ricorrente, ciascuno senza vincolo di solidarietà, di Euro 1.000,00 (mille/00), oltre accessori come per legge e rimborso, in parti uguali, del contributo unificato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art.22, comma 8 D.Lgs. 196/2003, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 22 ottobre 2015 con l’intervento dei magistrati:
Fabio Donadono – Presidente
Gianmario Palliggiano – Consigliere, Estensore
Alfonso Graziano – Primo Referendario
Depositata in Segreteria il 16 dicembre 2015.

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