In tema di condominio negli edifici, in sede di verifica, ex articolo 1120 c.c., comma 2, circa l’attitudine dell’opera di installazione di un ascensore a recar pregiudizio all’uso o godimento delle parti comuni da parte dei singoli condomini, e’ necessario tenere conto del principio di solidarieta’ condominiale, secondo il quale la coesistenza di piu’ unita’ immobiliari in un unico fabbricato implica di per se’ il contemperamento, al fine dell’ordinato svolgersi di quella convivenza che e’ propria dei rapporti condominiali, di vari interessi, tra i quali deve includersi anche quello delle persone disabili all’eliminazione delle barriere architettoniche, oggetto, peraltro, di un diritto fondamentale che prescinde dall’effettiva utilizzazione, da parte di costoro, degli edifici interessati

 

Condominio – Costruzione di un ascensore con riduzione della larghezza della scala condominiale – Impugnazione – Rigetto – Scala utilizzabile – Eliminazione delle barriere architettoniche – Deroga al regime delle maggioranze

Corte di Cassazione, Sezione 2 civile – Sentenza 5 agosto 2015, n. 16486

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BUCCIANTE Ettore – Presidente

Dott. NUZZO Laurenza – Consigliere

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22540 – 2010 R.G. proposto da:

(OMISSIS) – c.f. (OMISSIS) – (OMISSIS) – c.f. (OMISSIS) – (OMISSIS) – c.f. (OMISSIS) -elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) che congiuntamente e disgiuntamente all’avvocato (OMISSIS) li rappresenta e difende in virtu’ di procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS) – c.f. (OMISSIS) – in persona dell’amministratore pro tempore, autorizzato con delibera dell’assemblea condominiale in data 23.11.2011, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) che congiuntamente e disgiuntamente all’avvocato (OMISSIS) e (OMISSIS) li rappresenta e difende in virtu’ di procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 366 del 16/24.3.2010 della corte d’appello di Genova;

Udita la relazione della causa svolta all’udienza pubblica del 12 maggio 2015 dal consigliere Dott. Luigi Abete;

Udito l’avvocato (OMISSIS) per i ricorrenti;

Udito l’avvocato (OMISSIS), per delega dell’avvocato (OMISSIS), per il controricorrente;

Udito il Pubblico Ministero, in persona del sostituto procuratore generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO condominio ascensore

(OMISSIS), quale esercente la potesta’ genitoriale sulla figlia minore, (OMISSIS), nonche’ (OMISSIS), rispettivamente usufruttuario e proprietario di unita’ immobiliari ricomprese nel condominio sito in (OMISSIS), proponevano impugnazione innanzi al tribunale di Chiavari avverso la delibera assunta in data 23.10.1999 dall’assemblea condominiale.

Esponevano che con il voto favorevole di tanti condomini rappresentanti 608,33 millesimi e con il loro dissenso l’assemblea aveva deciso “la costruzione di un ascensore nel vano scale, mediante taglio e riduzione della larghezza della scala condominiale” (cosi’ sentenza d’appello, pag. 2).

Esponevano ulteriormente che “la costruzione dell’ascensore era un’innovazione delle parti comuni che avrebbe potuto essere decisa con la maggioranza qualificata di 666,6 millesimi, prevista dall’articolo 1136 c.c., comma 5, ed inoltre che la riduzione della scala la rendeva inservibile o comunque ledeva il decoro architettonico” (cosi’ sentenza d’appello, pag. 2).

Chiedevano pertanto che il tribunale invalidasse la delibera impugnata.

Costituitosi, il condominio instava per il rigetto dell’esperita impugnazione.

Deduceva che “la normativa sull’eliminazione delle barriere architettoniche permetteva di deliberare l’installazione” (cosi’ sentenza d’appello, pag. 2).

Disposta ed espletata c.t.u., con sentenza n. 485/2002 il tribunale adito rigettava l’impugnazione e condannava in solido gli attori a rimborsare a controparte le spese di lite e a farsi carico delle spese di c.t.u..

Interponevano appello gli originari attori.

Resisteva il condominio.

Disposto ed espletato supplemento di c.t.u., con sentenza n. 366 del 16/24.3.2010 la corte d’appello di Genova rigettava il gravame e condannava in solido gli appellanti a rimborsare a controparte le spese del grado e a farsi carico delle spese di c.t.u..condominio ascensore

Esplicitava la corte distrettuale che “l’installazione dell’ascensore, rientrando tra le opere dirette ad eliminare le barriere architettoniche di cui alla Legge n. 118 del 1971, articolo 27, comma 1 ed al Decreto del Presidente della Repubblica n. 384 del 1978, articolo 1, comma 1, costituisce innovazione (…) ai sensi della Legge n. 13 del 1989, articolo 2 ” (cosi’ sentenza d’appello, pag. 4).

Esplicitava altresi’ che “la delibera impugnata (…) risulta presa con la maggioranza (…) prescritta dalla Legge n. 13 del 1989, articolo 2 di cui all’articolo 1136 c.c., commi 2 e 3” (cosi’ sentenza d’appello, pag. 4); che “non puo’ quindi configurarsi una violazione dell’articolo 1120 c.c., poiche’ il detto Legge n. 13 del 1989, articolo 2 configura espressa deroga a tale norma, prevedendo le dette maggioranze anziche’ quella prevista dall’articolo 1136 c.c., comma 5” (cosi’ sentenza d’appello, pag. 4).

Esplicitava ulteriormente che “dall’espletata c.t.u. e’ risultato che la larghezza della scala che rimane a disposizione per il transito e’ pari a 0,72 m., e consente il passaggio di una persona, non rendendo inutilizzabili le scale” (cosi’ sentenza d’appello, pag. 4); che “neppure e’ risultato alcun pregiudizio per alterazione del decoro architettonico” (cosi’ sentenza d’appello, pag. 5); che “l’articolo 1120 c.c., comma 2 non prevede che debba derivare alcun vantaggio compensativo per taluno dei condomini, cui non giovi immediatamente e direttamente l’innovazione” (cosi’ sentenza d’appello, pag. 5); che “la prescrizione di larghezza minima della rampa di scale di m. 1,20 e’ applicabile nel caso di immobili di nuova costruzione, oppure di ristrutturazione di immobili, e cioe’ in casi diversi dalla fattispecie in esame” (cosi’ sentenza d’appello, pag. 5); che all’esito del supplemento di c.t.u. all’uopo disposto si era verificata l’insussistenza di qualsivoglia ostacolo all’eventuale passaggio di mezzi di soccorso.

Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS); ne hanno chiesto sulla scorta di un unico motivo la cassazione con ogni conseguente provvedimento in tema di spese di lite.

Il condominio di via (OMISSIS) ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile ovvero rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese del grado di legittimita’.

I ricorrenti hanno depositato memoria ex articolo 378 c.p.c..

Il condominio di via (OMISSIS), del pari ha depositato memoria ex articolo 378 c.p.c..

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo i ricorrenti deducono “violazione dell’articolo 1120 c.c., comma 2 ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione (articolo 360 c.p.c., n. 5) circa un punto decisivo della controversia” (cosi’ ricorso, pag. 4).

Adducono che “nel caso di specie la larghezza minima della scala sarebbe di 72 cm. (…), com’e’ pacifico” (cosi’ ricorso, pag. 5); che “e’ altrettanto pacifico (…) che una scala larga cm. 72 permetterebbe il passaggio di una sola persona, senza colli di dimensione anche minima” (cosi’ ricorso, pag. 5); che se e’ ragionevole supporre che “l’uso normale di una scala condominiale implica che sia possibile la discesa e la salita contemporanea di due persone, l’articolo 1120 c.c., comma 2 non potra’ che ritenersi violato” (cosi’ ricorso, pag. 6).

Adducono, al contempo, che “la scala del condominio deve sempre e comunque permettere il contemporaneo deflusso delle persone e l’accesso dei soccorritori” (cosi’ ricorso, pag. 8); che “una scala di tal fatta e’ inservibile all’uso o al godimento perche’ non permette il normale accesso di condomini o visitatori che vogliano contemporaneamente entrare o uscire dalle abitazioni, ma anche per la sua pericolosita’, visto il disagio che ne deriverebbe in caso di evacuazione forzata” (cosi’ ricorso, pag. 8).condominio ascensore

Il ricorso non merita seguito.

Si rappresenta che con l’esperita impugnazione i ricorrenti sollecitano, sostanzialmente, questa Corte di legittimita’ a rivisitare il giudizio “di fatto” espresso nel caso di specie dalla corte di merito.

Specificamente il giudizio formulato in relazione al limite – ex articolo 1120 c.c., comma 2, – per cui l’innovazione non ha da rendere la parte comune dell’edificio inservibile all’uso ed al godimento anche di un sol condomino, limite che – tra gli altri – circoscrive la possibilita’ di deroga che la Legge n. 13 del 1989, articolo 2 prefigura in rapporto alle maggioranze per le innovazioni imposte dal combinato disposto dell’articolo 1120 c.c., comma 1, e articolo 1136 c.c., comma 5, nel senso cioe’ che l’innovazione ex articolo 2 cit. puo’ essere deliberata con le maggioranze meno gravose di cui all’articolo 1136 c.c., commi 2 e 3.

Propriamente il motivo involge gli aspetti del giudizio – interni al discrezionale ambito di valutazione degli elementi di prova e di apprezzamento dei fatti – afferenti al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi del percorso formativo di siffatto convincimento rilevanti nel segno dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5).

In tal guisa si risolve in una improponibile richiesta diretta all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed alle finalita’ del giudizio di cassazione (cfr. Cass. 26.3.2010, n. 7394; altresi’ Cass. sez. lav. 7.6.2005, n. 11789), improponibile nei medesimi termini in cui questa Corte ebbe a reputare la richiesta sottesa alla propria pronuncia n. 12847/2007 che parte ricorrente cita a supporto della sua prospettazione (“la Corte di appello ha espresso un giudizio di merito incensurabile”, si legge testualmente nel corpo della motivazione della statuizione n. 12847/2008 di questa Corte).

In ogni caso si rappresenta che l’iter motivazionale che sorregge il dictum della corte distrettuale risulta in toto ineccepibile sul piano della correttezza giuridica ed assolutamente esaustivo e congruo sul piano logico – formale.

In particolare si evidenzia che questa Corte di legittimita’ spiega quanto segue.

Da un canto, che, in tema di condominio negli edifici, nell’identificazione del limite all’immutazione della cosa comune, disciplinato dall’articolo 1120 c.c., comma 2, il concetto di inservibilita’ della stessa non puo’ consistere nel semplice disagio subito rispetto alla sua normale utilizzazione – coessenziale al concetto di innovazione – ma e’ costituito dalla concreta inutilizzabilita’ della res communis secondo la sua naturale fruibilita’ (cfr. Cass. 12.7.2011, n. 15308).

Dall’altro, che in sede di verifica, ex articolo 1120 c.c., comma 2, circa l’attitudine dell’opera di installazione di un ascensore a recar pregiudizio all’uso o godimento delle parti comuni da parte dei singoli condomini, e’ necessario tenere conto del principio di solidarieta’ condominiale, secondo il quale la coesistenza di piu’ unita’ immobiliari in un unico fabbricato implica di per se’ il contemperamento, al fine dell’ordinato svolgersi di quella convivenza che e’ propria dei rapporti condominiali, di vari interessi, tra i quali deve includersi anche quello delle persone disabili all’eliminazione delle barriere architettoniche, oggetto, peraltro, di un diritto fondamentale che prescinde dall’effettiva utilizzazione, da parte di costoro, degli edifici interessati (cfr. Cass. 15.10.2012, n. 18334).

In questo quadro devesi rimarcare che la corte genovese ha fatto luogo a talune debite e concludenti puntualizzazioni.

Per un verso, ha dato atto che all’esito del supplemento di c.t.u. appositamente disposto si e’ acclarato che “una sedia a rotelle, con accompagnatore, potrebbe essere introdotta nell’ascensore; che una sedia a rotelle potrebbe anche essere trasportata lungo le scale; che una lettiga – barella potrebbe essere trasportata, senza danno per l’infermo, lungo le scale” (cosi’ sentenza d’appello, pagg. 5-6).

Per altro verso, ha dato atto che “dalle informazioni assunte dal c.t.u. e’ risultato che nello stabile vivano: condomini con disturbi alla deambulazione; una signora avanti con gli anni che non puo’ utilizzare il proprio appartamento all’ultimo piano, non potendo fare le scale; un condomino infartuato con protesi tutoria; una signora di anni 90 impossibilitata ad uscire per l’impossibilita’ di usare le scale” (cosi’ sentenza d’appello, pag. 4).

Il rigetto del ricorso giustifica la solidale condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’.

La liquidazione segue come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna in solido i ricorrenti a rimborsare al condominio controricorrente la somma di euro 3.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali, i.v.a. e cassa come per legge.

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