In tema di uso della cosa comune, è illegittima l’apertura di un varco praticata nel muro perimetrale dell’edificio condominiale da un comproprietario al fine di mettere in comunicazione un locale di sua proprietà esclusiva, ubicato nel medesimo fabbricato, con altro immobile pure di sua proprietà ma estraneo al condominio, comportando tale utilizzazione la cessione del godimento di un bene comune in favore di soggetti non partecipanti al condominio, con conseguente alterazione della destinazione, giacché in tal modo viene imposto sul muro perimetrale un peso che dà luogo a una servitù, per la cui costituzione è necessario il consenso scritto di tutti i condomini.

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Corte di Cassazione, Sezione 2 civile

Sentenza 5 marzo 2015, n. 4501

Condominio – Edilizia – Lavori di trasformazione del tetto – Lastrico solare – Comproprietà – Articolo 117 cc – Presupposti – Usucapione – Criteri – Onere della prova – Presunzione di condominialità – Destinazione strutturale – Servitù di accesso – Esercizio indebito – Diritto di uso – Modalità – Articolo 1102 cc

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente

Dott. MATERA Lina – Consigliere

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere

Dott. ABETE Luigi – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7776/2009 proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliate in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentate e difese da (OMISSIS), quest’ultimo per proc. spec. del 13/10/2014 rep. 2118 n.27735;

– ricorrenti –

contro

(OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 145/2008 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI, depositata il 08/04/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21/10/2014 dal Consigliere Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

udito l’Avvocato (OMISSIS) con delega depositata in udienza dell’Avv. (OMISSIS) difensore delle ricorrenti che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1) (OMISSIS) ha agito nel dicembre 1998 contro le sorelle (OMISSIS) e (OMISSIS) per far accertare la proprieta’ comune del lastrico solare del fabbricato sito in (OMISSIS), nel quale ella e’ proprietaria dell’appartamento avente ingresso da via (OMISSIS), sottostante quello delle convenute, avente ingresso da via (OMISSIS).

Ha lamentato che dal 1991-92 le convenute avevano realizzato una scala per accedere al lastrico, impedendole di recarvisi. Le signore (OMISSIS) hanno resistito, proclamandosi costruttrici del lastrico in luogo dell’originario tetto in legno ed eccependo l’usucapione.

Il tribunale di Cagliari ha accolto la domanda principale, rilevando che l’opposizione all’accesso della (OMISSIS) risaliva a sei – sette anni prima dell’atto di citazione e che la costruzione della scala di accesso risaliva al 1980, epoca insufficiente al maturare dell’usucapione in favore delle (OMISSIS).

La Corte di appello l’8 aprile 2008 ha confermato la sentenza di primo grado.

Ha osservato che era irrilevante che l’attrice non avesse accesso diretto al lastrico, ma vi giungesse attraverso un edificio confinante di proprieta’ della sorella.

Le appellanti hanno proposto ricorso per cassazione, notificato il 10 aprile 2009, svolgendo 6 motivi.

Seminatore e’ rimasta intimata.

In vista dell’udienza, parte ricorrente ha nominato nuovo difensore che ha depositato procura notarile.

MOTIVI DELLA DECISIONE

2) Nel confermare la prima pronuncia, la sentenza impugnata trova il suo fondamento nella presunzione di comproprieta’ del lastrico solare posta dall’articolo 1117 c.c..

Ha ritenuto che tale presunzione non sia stata superata, neanche mediante prova dell’usucapione del bene.

Il primo e il secondo motivo di ricorso denunciano invano vizi di motivazione della sentenza, poiche’ non colgono la ratio decidendi sopra individuata.

In particolare il primo motivo si sofferma sul fatto che la Corte abbia giustificato il controllo dei lavori di trasformazione del tetto da parte della dante causa di (OMISSIS) (tale (OMISSIS)) con l’interesse alla copertura dell’edificio condominiale.

E il secondo motivo crede di individuare contraddizioni, nella motivazione della sentenza d’appello, sempre con riguardo a quanto da essa affermato a proposito dell’atteggiamento tenuto dalla (OMISSIS) in quella circostanza.

Erroneamente parte ricorrente deduce che la Corte di appello avrebbe da qui tratto la prova della comproprieta’ del lastrico in capo all’attrice.

Altro era infatti il costrutto argomentativo di riferimento, imperniato sull’articolo 1117 c.c., e sull’assenza di prova dell’usucapione.

3) Il terzo motivo denuncia contemporaneamente violazione e falsa applicazione degli articoli 2697 e 2729 c.c., e vizi di motivazione.

La tesi di parte ricorrente e’ che risulti in atti l’impossibilita’ della (OMISSIS) di accedere al lastrico e che l’attrice avrebbe dovuto dare la prova di un titolo acquisitivo della proprieta’ del bene conteso.

Secondo le ricorrenti, in favore della (OMISSIS) non avrebbe rilevanza “la presunzione legale ex articolo 1117 c.c.” in assenza di prova dei presupposti di fatto necessari.

La censura e’ manifestamente infondata.

Non e’ vero che quando vi sia impossibilita’ diretta di accedere al lastrico solare da parte di un singolo condomino, questi debba dare la prova dell’esistenza del titolo acquisitivo.

L’articolo 1117 c.c., con riferimento ai beni in esso indicati e a quegli altri che assolvano in vario modo alle medesime funzioni (tra i quali rientrano i tetti e i lastrici solari, v. articolo 1117 n. 1), atteso il carattere non tassativo dell’elencazione, non sancisce una mera presunzione di condominialita’, ma afferma In modo positivo detta natura condominiale, che puo’ essere esclusa non gia’ con qualsiasi mezzo di prova (come sarebbe nell’ipotesi di presunzione), ma solo in forza di un titolo specifico, inevitabilmente in forma scritta, riguardando beni immobili. Va quindi ripetuto che e’ corretto, di conseguenza, il criterio di giudizio adottato dal giudice del merito che, trascurando possibili elementi desumibili da meri comportamenti degli originare unici proprietari, concentri l’indagine sull’esistenza o meno di un titolo che riservasse la proprieta’ del lastrico solare ai danti causa nell’atto costitutivo del condominio (cosi’ utilmente Cass. n. 6005/08).

3.1) A parte ricorrente sfugge (lo sancisce anche la massima ufficiale della invocata sentenza 7449/93) che l’articolo 1117 c.c., non si limita a formulare, quanto alle terrazze di copertura, una mera presunzione di comune appartenenza a tutti i condomini, vincibile con qualsiasi prova contraria, ma formula l’espressa individuazione delle parti comuni, che puo’ essere superata soltanto dalle opposte risultanze di un determinato titolo e non opera con riguardo a cose che, per le loro caratteristiche strutturali, risultino destinate oggettivamente al servizio esclusivo dell’unita’ immobiliare.

Il diritto di condominio sulle parti comuni dell’edificio ha il suo fondamento nel fatto che tali parti siano necessarie per l’esistenza ovvero che siano permanentemente destinate all’uso o al godimento comune (Cass. 7889/00).

4) E’ quindi manifestamente infondato anche il quarto motivo, il quale assume che la (OMISSIS) non avrebbe contitolarita’ del lastrico solare dell’edificio condominiale poiche’ esso “dal punto di vista soggettivo e’ nel godimento esclusivo dei titolari del piano superiore”, mancando “possibilita’ di accesso dal piano terreno”.

Parte ricorrente non nega che il lastrico solare de quo esplichi la naturale funzione di copertura di un comune fabbricato condominiale, caratterizzato dalla sovrapposizione dei diversi piani.

E’ bene notare infatti che gia’ in principio di ricorso essa descrive le due unita’ immobiliari come una sovrastante l’altra.

Resta in tal modo escluso che sussistano obbiettive caratteristiche strutturali tali da far si’ che il bene serva in modo esclusivo all’uso o al godimento di una parte dell’immobile, giacche’ funge da copertura anche della porzione (OMISSIS).

Da tale conformazione del fabbricato discende la condominialita’ del lastrico solare, superabile solo con il titolo contrario.

Va dunque ribadito che, salve le risultanze del titolo, ben distinto e’ il profilo della destinazione strutturale di tetti e lastrici solari, che fonda la condominialita’, da quello del godimento di fatto, che esclude la condominialita’ solo se il bene non esplichi nel contempo funzione essenziale (es. di copertura) anche per la porzione di immobile dal quale non vi si acceda direttamente.

5) Il quinto motivo denuncia “violazione o falsa applicazione degli articoli 1102 e 1108 c.c.”.

Ancora una volta parte ricorrente si scaglia contro una affermazione non decisiva contenuta nella sentenza.

Quest’ultima ha rilevato che la tesi di parte (OMISSIS), secondo la quale (OMISSIS) non avrebbe accesso al lastrico, era contraddetta proprio da quanto affermato dalle stesse ricorrenti, riguardo al fatto che l’accesso veniva “effettuato tramite un edificio confinante di proprieta’ della sorella della appellata”.

Tale rilievo era puntuale, perche’ contribuiva a rintuzzare, con un argomento di fatto aggiuntivo, sia la tesi riproposta in sede di legittimita’ con terzo e quarto motivo, tesi esaminata supra, sia la prospettata usucapione della proprieta’ del lastrico solare.

Il motivo censura poi un obiter dictum contenuto nella sentenza di appello, la quale ha negato che l’accesso al lastrico solare tramite altro edificio confinante costituisca indebito esercizio di servitu’ a beneficio di detto edificio ed a carico di quello (OMISSIS)- (OMISSIS).

E’ vero che questa affermazione della sentenza di appello e’ errata e la motivazione va su questo punto corretta.

Vale infatti il principio pacifico (sancito da Cass. 2773/92, 1708/98 e Cass. 9036/06) in forza del quale e’ illegittima l’apertura di un varco praticata nel muro perimetrale dell’edificio condominiale dal comproprietario per mettere in comunicazione un locale di sua proprieta’1 esclusiva ubicato nel medesimo fabbricato con altro immobile pure di sua proprieta” estraneo al condominio; infatti, tale utilizzazione, comportando la cessione a favore di soggetti estranei al condominio del godimento di un bene comune, ne altera la destinazione, giacche’ in tal modo viene imposto un peso sul muro perimetrale che da’ luogo a una servitu’, per la cui costituzione e’ necessario il consenso scritto di tutti i partecipanti al condominio.

Tale precisazione non modifica in nulla, tuttavia, la ratio della decisione relativa alla proprieta’ condominiale del lastrico solare conteso.

6) Di ardua comprensione, attesa la genericita’ dell’esposizione, redatta senza il rispetto dei principi di specificita’ e completezza precisati dalla giurisprudenza di legittimita’ (vale il rinvio a Cass. 4741/05), e’ il sesto motivo.

Esso denuncia “nullita’ parziale della sentenza per omessa motivazione a sostegno della pronuncia di condanna delle appellanti a non impedire o limitare l’uso da parte dell’appellata della terrazza de qua. (articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e articolo 1118 disp. Att. c.p.c.)”.

Il motivo sembra ipotizzare che la condanna suddetta (quella “a non impedire o limitare l’uso da parte dell’appellata della terrazza de qua”) derivi automaticamente dal riconoscimento giudiziale del diritto di comproprieta’ della terrazza e dal diritto di accedervi anche da immobile appartenente a terzi.

Parte ricorrente lamenta che sarebbe statuizione (confermativa di quella di primo grado) priva di motivazione in relazione a una doglianza proposta in atto di appello, relativa al passaggio tramite la casa confinante. Cio’ comporterebbe nullita’ derivata, in quanto la statuizione non potrebbe reggersi sulla motivazione resa per altri capi della sentenza “allorche’ essi vengano annullati dalla Corte Suprema”.

Giova mettere ordine.

La sentenza di primo grado ha accolto la domanda di condanna delle convenute a consentire alla (OMISSIS) l’utilizzo del bene comune e ha stabilito che l’utilizzo dovra’ avvenire con le modalita’ e nei limiti precisti dall’articolo 1102 c.c..

La sentenza di appello rigettando il gravame ha confermato quella di primo grado – e quindi anche tale statuizione u’ senza aggiungere rilievi motivazionali.

E’ stato poi chiarito, con la correzione della motivazione resa nel paragrafo precedente, che erano errate le affermazioni della sentenza impugnata a proposito della servitu’ che si puo’ costituire se si accede da un edificio all’altro senza il consenso di tutti i proprietari.

Va precisato che la correzione suddetta e’ perfettamente compatibile con l’ineccepibile affermazione secondo cui, riconosciuta la comproprieta’ di un bene condominiale, va consentito al comproprietario di utilizzare il bene con le modalita’ di cui all’articolo 1102 c.c..

Va ulteriormente rilevato che parte (OMISSIS) non ha svolto una actio negatoria servitutis volta a sollecitare un apposito capo di pronuncia relativo all’accesso tramite la terrazza confinante.

Cio’ non risulta infatti ne’ dalla sentenza di appello, ne’ dall’atto di appello.

Resta dunque ferma la validita’ della generica condanna delle convenute a non impedire l’accesso, se ed in quanto esercitato con modalita’ compatibili con il disposto codicistico richiamato (articolo 1102 c.c.).

Risultano invece non pertinenti ne’ congrue le ipotesi oscuramente prospettate nel motivo di ricorso, che ha esposto, senza riscontro concreto, vizi ulteriori della sentenza di appello.

Discende da quanto esposto il rigetto del ricorso, senza condanna alla refusione delle spese di lite, in mancanza di costituzione dell’intimata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

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