Il condomino, in via generale, deve contribuire nella spesa la cui necessità maturi e risulti quando egli è proprietario di un piano o di una porzione di piano facente parte del condominio. Orbene, dato che l’obbligo nasce occasione rei e propter rem, chi è parte della collettività condominiale in quel momento deve contribuire. All’uopo, risulta rilevante l’origine della spesa cui il condomino deve contribuire. Ed infatti, nell’ipotesi di spesa necessaria alla manutenzione ordinaria, alla conservazione, al godimento delle parti comuni dell’edificio od alla prestazione di servizi nell’interesse comune, l’obbligazione sorge ex lege unitamente alla necessità di provvedere ai predetti interventi od, al più, con l’esecuzione effettiva dell’attività gestionale mirante alla manutenzione, alla conservazione ed al godimento delle parti comuni dell’edificio od alla prestazione di servizi nell’interesse comune nel nome di un’esigenza collettiva apprezzata dall’amministratore che può erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell’edificio. Nell’ipotesi, invece, di spese per la manutenzione straordinaria e per le innovazioni, che devono essere preventivamente determinate dall’assemblea nella loro quantità e qualità e nell’importo degli oneri che ne conseguono, la delibera condominiale che dispone l’esecuzione dei predetti interventi, assume valore costitutivo della relativa obbligazione in capo a ciascun condomino, con la conseguenza che l’obbligo di contribuire alle spese deriva, non dall’esercizio della funzione amministrativa rimessa all’amministratore nel quadro delle appostazioni di somme contenute nel bilancio preventivo, ma direttamente dalla delibera dell’assemblea. In definitiva, in entrambi i casi, il soggetto tenuto al pagamento delle spese è titolare dell’immobile facente parte del condominio al momento del sorgere dell’obbligazione che, nella prima ipotesi, si verifica al momento in cui le opere si rendono necessarie, ovvero vengono realizzate direttamente dall’amministratore autorizzato dalla stessa legge in base all’art. 1135 c.c.; nella seconda ipotesi, trattandosi di opere non necessarie o, comunque, diversamente determinabili per qualità e quantità, sarà invece necessario il manifestarsi della volontà dell’assemblea per far sorgere l’obbligazione, cosicché la stessa graverà sul proprietario del bene al momento della delibera. A fronte di quanto detto, nel caso concreto, si è rilevato come tanto al momento della delibera quanto al momento dell’esecuzione dei lavori risultavano proprietari dell’immobile i venditori che, pertanto, erano responsabili per le relative obbligazioni nei confronti del codominio, in base all’art. 63 disp.att.c.c. che stabilisce la solidarietà tra venditore ed acquirente dell’unità immobiliare sita nel condominio limitatamente ai contributi relativi all’anno in cui è avvenuta la successione tra condomini ed a quello precedente. Tra l’altro, tale solidarietà opera esclusivamente tra condomino e condominio, essendo pacifico che tra acquirente e venditore opera, come ribadito nel caso concreto, il principio generale delle personalità delle obbligazioni, in base al quale il venditore risponde delle obbligazioni sorte quando era proprietario, salvo diversa pattuizione. Qualora poi ci sia un terzo che vanti un credito nei confronti del condominio, quale ente di gestione che opera in rappresentanza dei proprietari delle singole unità immobiliari, esso potrà agire nei confronti dei soggetti che, al momento in cui lo stesso creditore agisce hanno un diritto reale sull’immobile che fa parte dello stabile condominiale. In definitiva, il terzo creditore del condominio può agire in danno del condomino anche se quest’ultimo ha acquistato la qualifica di condomino dopo che la relativa obbligazione sorse, onde non pregiudicare il terzo che, certamente, avrebbe maggiori difficoltà laddove dovesse agire contro i proprietari dell’immobile all’epoca in cui l’obbligazione sorse.

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Tribunale Salerno, Sezione L civile – Sentenza 3 novembre 2014, n. 4216

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI SALERNO
TERZA SEZIONE CIVILE
Il Tribunale in composizione collegiale, riunito in camera di consiglio nelle persone dei seguenti Magistrali:
Dr. Salvatore Russo – Presidente
Dr. Mario Di Iorio – Giudice
Dr. Giovanni Galasso – Giudice relatore
Ha emesso la seguente ordinanza nel presente procedimento (n. 6831/14 R.G.) avente ad oggetto: reclamo avverso ordinanza di rigetto di istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo ex art. 615 comma 1 c.p.c. emessa dal Tribunale di Salerno, in data 7/7/14 e depositata il 9/7/14 nel giudizio n. 3503/14 R.G..
PROMOSSO DA
rappresentata e difesa in virtù di procura in calce al ricorso ex art. 669 terdecies c.p.c. dagli Avv.ti (…) e (…) ed elettivamente domiciliata presso lo studio di questi ultimi in Salerno alla Corso (…)
Reclamante
NEI CONFRONTI DI (…) S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, in virtù di procura a margine della comparsa di costituzione nella presente fase processuale dall’Avv. (…) unitamente al quale è elettivamente domiciliala in Salerno, al Corso (…) presso lo studio dell’Avv. (…)
Resistente
AVV. (…) in proprio
Resistente non costituito
(…) proponeva opposizione avverso due atti di precetto notificati in data 24/3/14, in forza del lodo arbitrale del 9/9/08 reso esecutivo in data 13/10/08, da parte della per Euro 101.870 oltre accessori e da parte dell’Avv. (…) in qualità di difensore antistatario per Euro 23.557,22.
Il lodo arbitrale era stato emesso al termine di un lunghissimo contenzioso relativo a lavori di straordinaria manutenzione dello stabile del condominio di Via (…) in Salerno, deliberali in data 3/1/91 e terminali nel marzo 1994, come si evince dal lodo arbitrale.
La (…) aveva acquistato l’immobile in data 3/1/O8, pertanto, ad avviso dell’opponente nulla sarebbe dovuto per i lavori deliberati nel 1991 e terminati nel 1994 non applicandosi al condominio la disposizione dell’art. 1104 c.c., ed operando invece l’art. 63 disp. att. c.c. (peraltro recentemente modificato), che pone a carico del l’acquirente i contributi non versati dal precedente proprietario nei soli limiti temporali nella norma indicati (ha richiamato a sostegno della propria posizione varie pronunce della S.C.).
Chiedeva, pertanto, che venisse sospesa l’efficacia esecutiva del titolo.
Si costituivano i convenuti i quali sollevavano alcune eccezioni preliminari circa l’ammissibilità dell’opposizione e sostenevano l’infondatezza nel merito della stessa. Osservavano, innanzi tutto, che ricorrerebbe, nel caso di specie, la figura dell’obbligazione propter rem caratterizzata dalla connessione ad un diritto reale di una obbligazione derivante dalla mera titolarità del diritto su un bene con la conseguenza che al diritto reale si accompagna necessariamente l’obbligazione. Le obbligazioni dei condomini relative alle spese per la manutenzione della parti comuni dell’edificio sarebbero considerate, generalmente, obbligazioni propter rem.
L’art. 63 disp. att. c.c., invece, riguarderebbe i soli rapporti tra condomini e condominio. Nei rapporti tra alienante ed acquirente, invece l’obbligazione permane in capo al soggetto che era titolare dell’immobile al momento in cui la stessa ebbe origine. Nei rapporti con i terzi creditori estranei ai condominio, il principio dell’obbligatio propter rem non subirebbe alcuna deroga; del resto, non sarebbe pensabile che il terzo debba porsi alla ricerca del soggetto che all’epoca in cui sorse l’obbligazione era proprietario dell’immobile condominiale.
Ove si ritenesse diversamente non avrebbero senso gli accordi intervenuti nell’atto di acquisto dell’immobile della (…) in ordine all’impegno, da parte dei venditori, di tenere indenne l’acquirente per gli obblighi condominiali oggetto di accertamenti ancora pendenti. Con l’ordinanza reclamata, il Giudice rigettava l’istanza di sospensione.
La (…) ha proposto reclamo, sostenendo che il Giudice ha fatto cattiva applicazione della giurisprudenza richiamata nell’ordinanza che, invece, conterrebbe principi condivisibili ed avrebbe dovuto condurre alla sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo.
Per il resto, ha riproposto le argomentazioni già svolte nell’atto di opposizione, specificando tuttavia che un conto è parlare di obbligazioni propier rem (che sorgono per il semplice rapporto del titolare del diritto con la cosa) altro è invece fare riferimento all’ambulatori età.
Ha concluso, quindi, per raccoglimento del reclamo e per la sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo.
Si è costituita la (…) anche nella fase relativa al reclamo, ribadendo le argomentazioni già svolte ed eccependo l’inammissibilità del reclamo, non essendo tale mezzo di impugnazione consentito avverso il provvedimento che dispone in ordine all’istanza di sospensione ex art. 615 comma 1° c.p.c..
All’udienza del 7710/14, il Tribunale si è riservato per la decisione. La preliminarmente osservato che il reclamo deve ritenersi ammissibile. Ed infatti se d.ibbi al riguardo potevano esservi in passalo, va evidenziato che, con L. 52/06 l’originaria formulazione dell’art. 624 c.p.c., introdotta unitamente alla sospensiva prevista dall’art. 615 comma 1° c.p.c., dalla legge 80/05, è stata modificata. Il primo comma dell’art. 624 c.p.c. infatti, in un primo tempo faceva espresso riferimento all’opposizione proposta “a norma degli articoli 615 secondo comma e 619” con la conseguenza che il secondo comma della richiamata norma, che prevede la possibilità di proporre reclamo, poteva ritenersi riferibile esclusivamente alle ordinanze pronunciate dal G.E. sulle istanze di sospensione promosse dopo l’inizio dell’esecuzione. L’eliminazione del riferimento al secondo comma dell’art. 615 c.p.c., avvenuta dopo l’introduzione del rimedio previsto dall’art. 615 comma 1° c.p.c. induce a ritenere senza ombra di dubbio che il reclamo sia proponibile anche avverso il provvedimento adottalo sull’istanza di sospensione ex art. 615 comma 1° c.p.c.. Del resto, pur non mancando decisioni di segno contrario, nel senso appena esposto è orientata la giurisprudenza di merito maggioritaria (cfr. ex multis Trib. Roma, sez. IV, 2 novembre 2006; Trib. Nola, sez. I, 12 dicembre 2008 in Giur. merito, 2010, 68; Trib. Genova, sez. fall., 5 aprile 2007, in Giur. merito, 2008, 2232; Trib. Mondovi 18 settembre 2006 e Trib. Lecco 6 luglio 2006, entrambe in Giur. merito, 2006, 2672; Trib. Biella 11 maggio 2006, in Giur. merito, 2007, 1657).
Tanto premesso in ordine all’ammissibilità, va osservato che il reclamo appare infondato.
La decisione del reclamo dipende, sostanzialmente, dalla soluzione della questione relativa alle modalità di individuazione del soggetto obbligato per le somme dovute dal condominio all’impresa creditrice.
La particolarità della fattispecie in esame è data certamente dalle seguenti circostanze: nella relazione con il bene si sono succeduti due soggetti: i venditori fino al 3/1/08 e l’acquirente (…) a partire da tale data; il titolo sul quale si fonda il precetto è intervenuto in data 9/9/2008, mentre la necessità di svolgere i lavori risale al 1991 e la loro esecuzione al marzo 1994.
Occorre, insomma, verificare se tenuta per le obbligazioni derivanti dal giudizio (e quindi anche per le spese dello stesso) è la proprietaria dell’appartamento al momento in cui le opere furono compiute e, successivamente, al momento in cui venne avviato il giudizio, ovvero la condomina a quest’ultima subentrata e proprietaria dell’appartamento al momento dell’emissione del provvedimento che si intende azionare in executivis.
La risposta da dare a tale problematica si complica ove si pensi che occorre anche esaminare se debbano operare diverse soluzioni con riguardo ai rapporti tra condomini e condominio ed ai rapporti tra condomini e terzo creditore.
Onde pervenire alla soluzione del problema deve innanzi tutto individuarsi il momento in cui e sorta l’obbligazione tenendo presente che, soprattutto in passato, sono state adattate soluzioni contrastanti in ordine all’individuazione di tale momento.
Secondo un orientamento, l’obbligo del condomino di pagare i contribuii per le spese di manutenzione delle parti comuni dell’edificio deriva, non dalla preventiva approvazione della spesa, ma dalla concreta attuazione dell’attività di manutenzione, e sorge, quindi, per l’effetto dell’attività gestionale concretamente compiuta, senza che rilevi la data della delibera di approvazione dell’opera, avente una funzione meramente autorizzativa del compimento di una determinata attività di gestione da parte dell’amministratore (Cass. 7 luglio 1988, n. 4467; Cass. 17 maggio 1997, n. 4393; Cass. 26 gennaio 2000, n. 857; Cass. 9 settembre 2008 n. 23345, in motivazione). Pertanto, “l’obbligazione di ciascun condomino di contribuire alle spese per la conservazione dei beni comuni nasce nel momento in cui è necessario eseguire le relative opere, mentre la delibera dell’assemblea di approvazione della spesa, che ha la funzione di autorizzarla, rende liquido il debito di cui in sede di ripartizione viene determinata la quota a carico di ciascun condomino, sicché, in caso di compravendita di un’unità immobiliare sita in edificio soggetto al regime del condominio, è tenuto alla spesa colui che è condomino al momento in cui si rende necessario effettuare la spesa” (Cass., Sez. 2A, 18 aprile 2003, n. 6323). spese condominiali
Un altro indirizzo, invece, identifica il momento di insorgenza dell’obbligo con la delibera della spesa da parte dell’assemblea condominiale: il condomino che vende l’immobile di sua esclusiva proprietà e tenuto a contribuire alle spese condominiali deliberate quando era ancora proprietario (Cass. Sez. 2A, 26 ottobre 1996, n. 9366; Cass., Sez. 2A, 2 febbraio 1998, n. 981).
In questa prospettiva, si precisa (Cass., Sez. 2 21 luglio 2005, n. 15288) che l’obbligo dei condomini di contribuire al pagamento delle spese condominiali sorge per effetto della delibera dell’assemblea che approva le spese stesse e non a seguito della successiva delibera di ripartizione, volta soltanto a rendere liquido un debito preesistente, e che può anche mancare ove esistano tabelle millesimali, essendo in tal caso l’individuazione delle somme concretamente dovute dai singoli condomini il trutto di una semplice operazione matematica.
Da quanto detto emerge tuttavia un dato chiaro e cioè che, in linea generale, “il condomino è tenuto a contribuire nella spesa la cui necessità maturi e risulti quando egli è proprietario di un piano o di una porzione di piano facente parte del condominio; e siccome l’obbligo nasce occasione rei e propier rem, chi è parte della collettività condominiale in quel momento deve contribuire”. Deve quindi ritenersi condivisibile la soluzione estremamente articolata adottata più recentemente dalla S.C. secondo la quale la soluzione al quesito di diritto dipende dalla diversa origine della spesa alla quale il condomino deve contribuire. Può trattarsi: (a) di spesa necessaria alla manutenzione ordinaria, alla conservazione, ai godimento delle parti comuni dell’edificio o alla prestazione di servizi nell’interesse comune; (b) di spesa attinente a favore che comportino una innovazione o che, seppure diretti alla migliore utilizzazione delle cose comuni od imposti da una nuova normativa, comportino, per la loro particolarità e consistenza, un onere rilevante, superiore a quello inerente alla manutenzione ordinaria dell’edificio “(cfr. Cass., 3/12/2010 n. 24654).
Nel primo caso l’obbligazione sorge ex lege unitamente alla necessità di provvedere air intervento o, al più, con il compimento effettivo dell’attività gestionale mirante alla manutenzione, alla conservazione, al godimento delle parti comuni dell’edificio o alla prestazione di servizi nell’interesse comune nel nome di un’esigenza collettiva apprezzata dall’organo – l’amministratore – nelle cui attribuzioni rientra “erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell’edificio e per l’esercizio dei servizi comuni” (art. 1130 c.c., n. 3).
“Diverso è il secondo caso (sub b). Per le opere di manutenzione straordinaria e per le innovazioni, le quali debbono essere preventivamente determinate dall’assemblea nella loro quantità e qualità e nell’importo degli oneri che ne conseguono, la delibera condominiale che dispone l’esecuzione degli interventi assume valore costitutivo della relativa obbligazione in capo a ciascun condomino. In tal caso, l’obbligo di contribuire alle spese discende, non dall’esercizio della funzione amministrativa rimessa all’amministratore nel quadro delle appostazioni di somme contenute nel bilancio preventivo, ma, direttamente, dalla delibera dell’assemblea”. spese condominiali
Insomma, in entrambi i casi, il soggetto tenuto al pagamento delle spese è il titolare dell’immobile facente parte del condominio al momento del sorgere dell’obbligazione che, nella prima ipotesi, si verifica al momento in cui le opere si rendono necessarie, ovvero vengono realizzate direttamente dall’amministratore a tanto autorizzato dalla stessa legge in base all’art. 1135 c.c. (e rivestendo in tal caso la delibera mero carattere di approvazione con natura soltanto dichiarativa); nel secondo, trattandosi di opere non necessarie o comunque, diversamente determinabili per qualità e quantità, sarà invece necessario il manifestarsi della volontà dell’assemblea per far sorgere l’obbligazione, cosi che la stessa graverà sul proprietario del bene al momento della delibera.
Nel caso di specie non vi è dubbio che tanto al momento della delibera quanto al momento dell’esecuzione dei lavori erano proprietari dell’immobile i sigg.ri (…) che, dunque, saranno sicuramente responsabili per le relative obbligazioni nei confronti del condominio, in virtù di quanto previsto dall’art. 63 disp. att. c.p.c. che stabilisce la solidarietà tra venditore ed acquirente dell’unità immobiliare sita nel condominio limitatamente ai contributi relativi all’anno in cui è avvenuta la successione tra condomini ed a quello precedente. Peraltro, tale limitata solidarietà, opera esclusivamente tra condomino e condominio, essendo invece pacifico che tra acquirente e venditore opererà il principio generale della personalità delle obbligazioni per cui il venditore risponderà delle obbligazioni sorte quando era proprietario (circa i criteri per l’individuazione del momento in cui sorgono le obbligazioni si rinvia ai principi sopra esposti), salvo diversa pattuizione (Cass. 1956/00). Ancora, il principio per il quale in caso di successione tra condomini, ciascuno risponderà delle obbligazioni sorte nel momento in cui era proprietario opera anche nel caso in cui il condominio sia citato in giudizio da uno dei condomini per i danni arrecati alla propria unità immobiliare.
In tal caso, infatti la S.C. ha osservato che: “In tema di spese necessarie per la conservazione e il godimento delle parti comuni, poiché l’obbligo di ciascun condomino di contribuirvi insorge nel momento in cui si rende necessario provvedere ai lavori che giustificano la spesa, e non quando il debito viene determinato in concreto, qualora sia pronunciata sentenza di condanna nei confronti del condominio per inosservanza dell’obbligo di conservazione delle cose comuni, il condomino creditore che intenda agire “in executivis” contro il singolo partecipante per il recupero del proprio credito accertato dalla sentenza deve rivolgere la propria pretesa, sia per il eredito principale, che per quello, accessorio relativo alle spese processuali, contro chi rivestiva la qualità di condomino al momento in cui l’obbligo di conservandone è insorto, e non contro colui che tale qualità riveste nel momento in cui il debito viene giudizialmente determinato” (Cass. 1/7/2004 n. 12013).
Chiariti i criteri attraverso i quali determinare il momento in cui sorge l’obbligazione ed i principi che regolano la responsabilità in caso di successione tra i condomini nei rapporti con il condominio o con altri condomini, occorre chiedersi se gli stessi siano applicabili anche nei confronti dei terzi.
Al riguardo deve innanzi tutto osservarsi che del tutto irrilevante è la pronuncia più volte richiamata dalla reclamante (Cass. 10235/13), atteso che la stessa riguarda i rapporti interni al condominio e quelli tra acquirente e venditore, ma non prende in considerazioni i rapporti tra questi ultimi ed il terzo creditore del condominio.
In tal caso appare preferibile la tesi che pone l’obbligazione a carico dell’attuale proprietario dell’unità immobiliare indipendentemente dal momento in cui la stessa sia sorta.
Ed infatti, il condominio non è un soggetto giuridico dotato di propria personalità distinta da quella di coloro che ne fanno parte, bensì un semplice ente di gestione, il quale opera in rappresentanza e nell’interesse comune dei partecipanti che vanno individuati in base al loro rapporto con le singole unità immobiliari site all’interno del condominio.
Proprio in tal senso appare opportuno fare riferimento al concetto di obligatio propter rem; il terzo che vanta un credito nei confronti del condominio, inteso quale ente di gestione che opera in rappresentanza dei proprietari delle singole unità immobiliari, potrà farlo valere nei confronti dei soggetti che, nel momento in cui lo stesso creditore agisce, vantano un diritto reale sull’immobile che fa parte dello stabile condominiale. Tale conclusione risponde innanzi tutto a criteri di certezza e di ragionevolezza e non e in contrasto, contrariamente a quanto sostenuto dalla reclamante, con i principi contenuti nell’art. 63 dispt. att. c.c..
Ed infatti, il terzo che vanta un credito verso il condominio può agevolmente individuare i soggetti che sono proprietari degli immobili nel momento in cui agisce per la soddisfazione del proprio credito; estremamente più difficile sarebbe per lo stesso individuare i proprietari degli immobili all’epoca in cui l’obbligazione sorse, soprattutto se, come nel caso di specie, l’azione viene promossa a distanza di molti anni. Del resto, una volta stabilito il principio della parzialità delle obbligazioni condominiali (sia pure temperato dalla modifica dell’art. 63 disp. att. cc.), ove si ritenesse che il terzo creditore del condominio possa agire solo nei confronti dei soggetti che erano proprietari delle singole unità immobiliari nel momento in cui sorse l’obbligazione, si graverebbe il creditore di un duplice e, tutto sommato, ingiustificato onere. Lo stesso, infatti non solo non può agire nei confronti di un singolo condomino per la soddisfazione dell’intero credito, dovendo promuovere singole azioni per ottenere il pagamento pro quota da parte di tutti i condomini, ma é tenuto anche a verificare per ciascuna unita immobiliare i singoli soggetti che si siano succeduti nel tempo nella titolarità del diritto di proprietà, al fine di individuare quello che era proprietario al momento in cui sorse la propria obbligazione. Ricerca che potrebbe rivelarsi quanto mai difficoltosa nel caso in cui si agisca a distanza di molto tempo dalla nascita delle obbligazioni o nel caso in cui siano intervenute più alienazioni del bene. Ovviamente le medesime difficoltà non sono riscontrabili ove i rapporti siano interni ai condominio e, dunque, creditore sia il condominio stesso ovvero un altro condomino.
Proprio nei confronti dei terzi le obbligazioni in esame dunque rivelano le proprie caratteristiche di obbligazioni propter rem (Cass. 6323/03; Cass. 8924/01; Cass. 19893/11) che, si caratterizzano non soltanto per il fatto che l’obbligato viene individuato in base al suo rapporto con la cosa, ma anche per il fatto che si trasferiscono unitamente ai diritti reali sul bene; secondo la giurisprudenza della S.C., infatti, l’obligatio propter rem “ha quale suo connotato qualificante l’indeterminatezza dei soggetti e l’individuazione di essi per il fatto di essere proprietari di una cosa o titolari di un diritto reale, sicché il trasferimento delle posizioni soggettive (sia attiva che passiva) del rapporto stesso ad altri soggetti si verifica come effetto del passaggio del diritto reale cui ciascuna posizione inerisce” (Cass. 6/6/1968 n. 1699).
Né la soluzione prospettata si risolverebbe in un pregiudizio eccessivo per l’acquirente, atteso che, come evidenziato, si ritiene pacificamente che quest’ultimo possa rivalersi sul venditore.
Infine essa non contrasta neppure con le norme fin qui prese in esame. Ed infatti, l’art. 63 disp. art. c.c., tanto nella vecchia quanto nella nuova formulazione, nel considerare i rapporti tra acquirente e venditore di una unità immobiliare in condominio prevede che “chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente la stessa è dunque limitata ai contributi, cosi che può riferirsi solo ai rapporti tra condomini e condominio e non anche a quelli con i terzi creditori.
Per tutto quanto esposto deve concludersi che il terzo creditore del condominio possa agire in danno del condomino anche qualora quest’ultimo abbia acquisito la qualifica di condominio dopo che la relativa obbligazione sorse. Per tutte le ragioni esposte, il reclamo deve essere rigettato.
In ordine alle spese della presente fase processuale va osservato che può disporre la compensazione tra le parti, in considerazione della particolare complessità della materia.
P.Q.M.
– rigetta il reclamo;
– compensa interamente tra le parti le spese della presente fase processuale;
Così deciso in Salerno, nella camera di consiglio del 3 novembre 2014.
Depositata in Cancelleria il 4 novembre 2014.

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