Nell’affitto il conduttore non può pretendere un risarcimento danni dal condominio in funzione della mancata percezione dei canoni di affitto in ragione del fatto che l’affittuario avesse abbandonato in anticipo l’immobile per l’umidità dovuta a infiltrazioni.

 

Corte di Cassazione, Sezione 3 civile  Sentenza 16 maggio 2014, n. 10848

Condominio – Infiltrazione di umidità – Risarcimento danni – Presupposti – Cessazione anticipata del contratto di locazione – Oneri condominiali – Responsabilità del condominio – Ritardo nell’esecuzione dei lavori di manutenzione – Gravità delle infiltrazioni – Onere della prova – Rigetto

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere

Dott. RUBINO Lina – Consigliere

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6347/2012 proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO VIALE (OMISSIS) (OMISSIS), in persona dell’Amministratore sig. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1099/2011 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 09/12/2011 R.G.N. 1640/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/03/2014 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO;

udito l’Avvocato (OMISSIS);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. (OMISSIS), proprietaria di un volume tecnico sito sul lastrico solare dello stabile di Viale (OMISSIS), cito’ a giudizio, davanti al Tribunale di quella citta’, il Condominio dell’indicato numero civico allo scopo di sentirlo condannare al risarcimento dei danni patiti dall’immobile di sua proprieta’ a causa delle gravi infiltrazioni di umidita’ conseguenti al degrado dello stabile condominiale; preciso’, in proposito, che nei danni da risarcire rientrava anche la mancata percezione del canone di locazione dell’immobile di sua proprieta’, poiche’ il conduttore dello stesso lo aveva rilasciato in anticipo proprio a motivo delle infiltrazioni suddette.

Costituitosi il Condominio convenuto – il quale propose anche domanda riconvenzionale – il Tribunale di Bari, disposto l’espletamento di un’ulteriore c.t.u. che faceva seguito a quella gia’ svolta nel corso della fase preliminare conseguente alla denuncia di danno temuto, accolse la domanda della (OMISSIS), respinse la domanda riconvenzionale del Condominio e condanno’ quest’ultimo al pagamento della somma di euro 17.335,04, con gli interessi ed il carico delle spese.

2. Proposto appello dalla parte soccombente, la Corte d’appello di Bari, con sentenza del 9 dicembre 2011, in parziale accoglimento del gravame ha rideterminato la somma spettante alla (OMISSIS) nella minore di euro 250, ha compensato per meta’ le spese processuali e ha condannato il Condominio al pagamento dell’altra meta’.

Ha osservato la Corte territoriale, per quanto ancora di interesse in questa sede, che la (OMISSIS) aveva prodotto, a dimostrazione del preteso danno derivante dalla cessazione anticipata del contratto di locazione, una lettera del conduttore (OMISSIS) il quale dichiarava di lasciare l’appartamento a causa dell’intollerabile ritardo nella eliminazione delle gravi infiltrazioni di umidita’. Dalla relazione del c.t.u., pero’, risultava che l’appartamento in questione era in realta’ interessato da “lievi infiltrazioni di acqua piovana”, nonche’ da “modesti segni di umidita’ localizzati sulle pareti interne in basso, in prossimita’ del pavimento”.

Tali danni non sembravano alla Corte tali da giustificare l’inabitabilita’ dell’immobile, sicche’ dalla somma complessiva riconosciuta alla (OMISSIS) dal Tribunale dovevano essere tolte quelle relative alla mancata percezione del canone di locazione (euro 14.873,95) e quella relativa agli oneri condominiali che la proprietaria aveva sostenuto in luogo del conduttore (euro 2.231,09).

3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Bari propone ricorso (OMISSIS), con atto affidato a tre motivi.

Resiste il Condominio di Viale Einaudi 31 di Bari con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5), violazione e falsa applicazione degli articoli 115, 116 e 167 c.p.c., oltre ad omessa e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia.

Rileva la ricorrente che la Corte d’appello non avrebbe valorizzato gli elementi di cui disponeva per ritenere dimostrato il danno lamentato in tutte le sue componenti. Dalle due relazioni del c.t.u. emergeva con evidenza, infatti, l’evidente ritardo del Condominio nello svolgimento dei lavori necessari per evitare le infiltrazioni dannose nell’immobile di proprieta’ della ricorrente, con conseguente chiara inabitabilita’ del medesimo. Oltre a cio’, il Condominio convenuto non aveva mai contestato, ai sensi dell’articolo 167 c.p.c., i fatti storici e la documentazione prodotta dalla (OMISSIS), sicche’ la Corte d’appello avrebbe dovuto trarre da questo la prova del collegamento tra i danni da infiltrazione e la conclusione anticipata del contratto di locazione. La motivazione sarebbe, sul punto, viziata da evidente insufficienza.

2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5), violazione e falsa applicazione degli articoli 832 e 1223 c.c., oltre ad omessa e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia.

Rileva la ricorrente che la corretta applicazione dell’articolo 1223 cit., impone al soggetto inadempiente di risarcire i danni che siano conseguenza immediata e diretta della sua condotta; nella specie, al contrario, la Corte territoriale avrebbe erroneamente disatteso la domanda di risarcimento da lucro cessante conseguente al mancato utilizzo dell’immobile. In tal modo, la sentenza si sarebbe posta contro la consolidata giurisprudenza secondo cui il danno da mancato godimento dell’immobile e’ in re ipsa.

3. I due motivi, da scrutinare insieme siccome tra loro connessi, sono privi di fondamento.

La sentenza impugnata, con un accertamento in fatto congruamente motivato e privo di vizi logici, ha accertato, in sostanza, che – pur essendo indubbi l’esistenza delle infiltrazioni, il fatto che esse riguardassero anche l’immobile di proprieta’ della (OMISSIS), nonche’ il ritardo nell’adempimento da parte del Condominio – tuttavia mancava la prova del fatto che tali infiltrazioni fossero cosi’ cospicue da rendere inabitabile l’immobile. A tale conclusione la Corte d’appello e’ pervenuta richiamando gli esiti della relazione del c.t.u. accompagnata da “copiosa documentazione fotografica”.

A fronte di tale accertamento – sul quale questa Corte non ha titolo per intervenire, trattandosi di valutazione di merito sorretta, come si e’ detto, da adeguata motivazione – cadono tutte le critiche contenute nel ricorso: l’errata valutazione delle prove, la presunta violazione dell’articolo 1223 c.c., il danno da mancato godimento dell’immobile, asseritamente in re ipsa, e le altre censure contenute nei motivi in esame vengono meno in presenza delle conclusioni cui e’ giunta la Corte di merito.

D’altra parte, il punto centrale della doglianza sta nel mancato riconoscimento, in favore della (OMISSIS), del diritto a ricevere dal Condominio il corrispettivo della mancata percezione dei canoni di locazione del volume tecnico di cui la ricorrente e’ proprietaria; ma a tal fine non e’ sufficiente dimostrare che il conduttore dell’immobile abbia posto termine anticipatamente alla locazione a causa (a suo dire) delle infiltrazioni, ma occorre anche il riscontro obiettivo di tale dato, che nella specie e’ mancato. Nel momento in cui si vuole imputare al Condominio la mancata percezione del canone di locazione, occorre dimostrare l’effettiva gravita’ dei danni, punto sul quale il giudice di merito ha verificato la mancanza della prova.

Sotto questo profilo, dunque, l’accoglimento dei motivi in esame dovrebbe necessariamente presupporre un nuovo e non consentito esame del merito, precluso in sede di legittimita’.

4. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione dell’articolo 342 c.p.c., comma 1, e articolo 345 c.p.c., comma 2.

La ricorrente – dopo aver riportato integralmente il contenuto dell’atto di appello proposto dal Condominio – rileva che nel gravame veniva appena accennato, solo in via incidentale, che non vi fosse stato alcun accertamento circa l’effettiva inidoneita’ dell’immobile alla locazione. L’effetto devolutivo dell’appello di cui all’articolo 342 cit., comporta che e’ sempre necessario precisare le ragioni delle doglianze avanzate; nel caso, invece, la censura relativa alla inabitabilita’ dell’immobile non avrebbe rispettato l’onere di specificita’ richiesto dalla legge. La sentenza d’appello, inoltre, avrebbe violato anche l’invocato articolo 345 c.p.c., in quanto si e’ pronunciata su un punto non controverso che non ha formato oggetto di contestazione.

4.1. Il motivo non e’ fondato.

Risulta chiaramente dal testo dell’appello – che la ricorrente trascrive in parte nel ricorso – che la questione della mancanza della prova in ordine alla inidoneita’ del volume tecnico dato in locazione era stata specificata in modo sufficientemente chiaro, tanto che la Corte non ha avuto alcun problema nell’esaminarla.

D’altra parte, l’esistenza di un danno tanto grave da giustificare la risoluzione anticipata della locazione costituiva onere della prova a carico dell’attrice; sul punto non sussisteva la necessita’, per il Condominio convenuto, di fornire la prova contraria, potendo questi limitarsi a chiedere – come e’ avvenuto – il rigetto della domanda. E il fatto che l’indagine del c.t.u. si sia occupata anche di questo aspetto dimostra, in modo evidente, che il punto formava preciso oggetto del giudizio fin dal primo grado.

Non sussiste, percio’, neppure la lamentata violazione dell’articolo 345 c.p.c., perche’ se il convenuto, soccombente nel giudizio di primo grado, eccepisce in appello la mancanza della prova del diritto controverso, tale doglianza non costituisce eccezione in senso tecnico, bensi’ una sollecitazione rivolta al giudice affinche’ verifichi la mancanza della prova idonea a supportare l’accoglimento della domanda dell’attore, trattandosi di mera contestazione dei fatti costitutivi della domanda (v., sia pure in relazione a diverse fattispecie, le sentenze 3 luglio 2003, n. 10475, e 28 ottobre 2005, n. 21087).

5. In conclusione, il ricorso e’ rigettato.

A tale esito segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, liquidate in conformita’ ai soli parametri introdotti dal Decreto Ministeriale 20 luglio 2012, n. 140, sopravvenuto a disciplinare i compensi professionali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi euro 1.700, di cui euro 200 per spese, oltre accessori di legge.

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