Rientra nelle attribuzioni dell’assemblea di condominio l’intera gestione delle cose e dei servizi comuni, “in modo dinamico”, nel senso, cioè, di un loro adattamento nel tempo al fine di una più razionale ed efficiente utilizzazione dei servizi stessi, con eventuale dismissione di alcuni beni comuni, e ciò anche se il servizio sia disciplinato dal regolamento contrattuale. Va aggiunto che hanno natura tipicamente regolamentare le norme riguardanti le modalità di uso della cosa comune e in genere le modalità di uso e funzionamento dei servizi condominiali, avendo natura contrattuale soltanto le disposizioni che incidono nella sfera dei diritti soggettivi e degli obblighi di ciascun condomino.

 

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 7 marzo – 16 maggio 2014, n. 10859
Presidente Triola – Relatore Nuzzo

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 18.9.2000 Sc.Et. ed E. convenivano in giudizio, innanzi al Tribunale di Roma, il Condominio di viale (omissis) , per sentire dichiarare la nullità della delibera assembleare del 26.6.2000, relativa alla ripartizione delle spese per lavori di ripristino intonaci, facciate e di trasformazione dell’impianto idrico, in quanto assunta in violazione del regolamento condominiale di natura contrattuale.
Il Condominio si costituiva eccependo l’infondatezza della domanda. Con sentenza 30.9.2003 il Tribunale rigettava la domanda degli attori condannandoli al pagamento delle spese di lite.
Avverso tale decisione i soccombenti proponevano appello cui resisteva il Condominio appellato. Nelle more del giudizio di appello si costituiva S.E. , in proprio e quale erede del defunto Sc.Et. .
Con sentenza depositata il 22.4.2009 la Corte d’Appello di Roma respingeva l’appello e condannava gli appellanti al pagamento delle spese del grado.
La Corte territoriale condivideva il giudizio espresso dal giudice di prime cure che aveva escluso la sussistenza di un’innovazione della cosa comune con riferimento alla disposta trasformazione dell’impianto idrico “da bocca tarata ad acqua diretta, con la installazione di contatori individuali”…., restando il servizio idrico assicurato, benché attraverso diverse modalità di erogazione e la creazione di un impianto con altre caratteristiche tecniche”; aggiungeva il giudice di appello che la disciplina dei beni e servizi comuni, demandata all’assemblea ex art. 1135 c.c., presuppone che possa essere deliberata l’eventuale dismissione di alcuni beni comuni, ai fini di una più efficiente utilizzazione del servizio anche se lo stesso sia disciplinato dal regolamento contrattuale; precisava poi che non era stata adeguatamente censurata la statuizione di primo grado in ordine alla inesistenza, nella delibera 26.6.2000, di una decisione su una diversa suddivisione dei consumi di acqua.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso S.E. formulando tre motivi illustrati da successiva memoria.
Resiste con controricorso il Condominio (omissis) .

Motivi della decisione

La ricorrente deduce:
1) violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 277 c.p.c.; falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c.; erroneamente la Corte di Appello aveva ritenuta del tutto nuova la deduzione secondo cui, con l’avvenuta trasformazione dell’impianto idrico, si sarebbe inciso sulla proprietà individuale dei singoli cassoni (uno per ogni utenza) di cui era stato deciso lo smantellamento (ad eccezione dei due cassoni appartenenti agli attori dichiaratisi contrari), trattandosi di questione affrontata sin dall’atto introduttivo;l’impianto idrico comprensivo dei 12 serbatoi, ciascuno di proprietà esclusiva di ogni singolo condomino, rientrava fra le parti comuni oggetto di proprietà dei condomini proprietari degli appartamenti e non era soggetto, quindi, a divisioni e modifiche;
2) violazione e falsa applicazione degli artt. 1109-1120-1126-1138-1139 c.c.; la rimozione dell’impianto idrico “a bocca tarata” ne escludeva il godimento da parte dei condomini appellanti ed era da ritenersi vietato, ex art. 1120 c.c., in assenza del consenso unanime dei condomini; peraltro detta trasformazione dell’impianto contrastava con il regolamento condominiale contrattuale in quanto vanificava la previsione della ripartizione delle spese in parti uguali per una loro commisurazione ai consumi di acqua individuali (“a contatori”);
3) violazione e falsa applicazione degli artt. 112-277 e 345 c.p.c. (error in procedendo), nonché violazione e falsa applicazione degli artt. 832-1138-1120-1135 c.c. (error in iudicando); contrariamente a quanto affermato nella sentenza impugnata, era stata censurata in appello detta diversa ripartizione di spesa, idonea ad incidere sulla proprietà individuale, sicché erroneamente la Corte di merito aveva affermato l’irrilevanza al riguardo di una contraria disposizione del regolamento. Il ricorso è infondato.
In ordine al primo motivo va rilevato che, secondo la sentenza impugnata, la deduzione della S. “che con l’avvenuta trasformazione dell’impianto si sarebbe inciso su proprietà individuale (i singoli cassoni)”, non era ammissibile ex art. 345 c.p.c. perché nuova; il ricorrente, sul punto, si è limitato a riportarsi genericamente al contenuto dell’atto introduttivo del giudizio in ordine al lamentato smantellamento del “serbatoio comune”, e non dei cassonetti di proprietà esclusiva; tale questione esula, quindi, dal sindacato di legittimità e, comunque, non è sorretta da un concreto interesse, posto che, come evidenziato nel controricorso ed ammesso dalla ricorrente (pag. 8 del ricorso), i cassoni di Ettore ed S.E. sono stati mantenuti in loco essendosi gli stessi opposti al loro smantellamento.
Con la seconda e terza censura, da esaminarsi congiuntamente perché connesse, si ripropongono questioni già disattese dalla Corte di merito con adeguata e corretta motivazione, laddove è stato ribadito, in linea con la giurisprudenza di questa Corte, che la mera sostituzione del precedente impianto idrico condominiale non costituiva “innovazione”, ai sensi dell’art. 1120 c.c., ma solo una modifica diretta ad un miglior godimento di esso, incidente sulle modalità di svolgimento del servizio, ma non sul diritto dei singoli condomini di usufruire del servizio (Cass. n. 2585/88: n. 6915/07).
Quanto poi alla lamentata diversa ripartizione dei consumi il Giudice di Appello ha evidenziato che non era stata adeguatamente censurata l’affermazione contenuta nella sentenza di primo grado in ordine alla inesistenza, nella delibera impugnata del 26.6.2000, di una decisione su una diversa suddivisione dei consumi e, quindi, sotto tale profilo, la generica riproposizione della questione è inammissibile e rimane, in ogni caso, superata dalla realizzazione del diverso impianto, comportante la ripartizione delle spese di consumo dell’acqua in misura proporzionale al consumo stesso, legittimamene deliberata dall’assemblea condominiale in quanto, secondo il principio affermato nella sentenza citata dal giudice di appello (Cass. n. 6915/2007), rientra nelle attribuzioni dell’assemblea di condominio l’intera gestione delle cose e dei servizi comuni, “in modo dinamico”, nel senso, cioè, di un loro adattamento nel tempo al fine di una più razionale ed efficiente utilizzazione dei servizi stessi, con eventuale dismissione di alcuni beni comuni, e ciò anche se il servizio sia disciplinato dal regolamento contrattuale. Va aggiunto che hanno natura tipicamente regolamentare le norme riguardanti le modalità di uso della cosa comune e in genere le modalità di uso e funzionamento dei servizi condominiali, avendo natura contrattuale soltanto le disposizioni che incidono nella sfera dei diritti soggettivi e degli obblighi di ciascun condomino (Cass. n. 12173/1991).
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
Consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che si liquidano in Euro 2.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge.

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