L’identificazione degli elementi conoscitivi necessari e sufficienti onde possa individuarsi la “scoperta” del vizio ai fini del computo dei termini deve effettuarsi con riguardo tanto alla gravità dei vizi quanto al collegamento causale di essi con l’attività espletata, sì che, non potendosi onerare il danneggiato di proporre senza la dovuta prudenza azioni generiche a carattere esplorativo o comunque suscettibili di rivelarsi infondate, la conoscenza completa, idonea a determinare il decorso del termine, dovrà ritenersi conseguita, in assenza di convincenti elementi contrari anteriori, solo all’atto dell’acquisizione d’idonei accertamenti tecnici; per il che, nell’ipotesi di gravi vizi la cui entità e le cui cause, a maggior ragione ove già oggetto di contestazioni tra le parti, abbiano, anche per ciò, rese necessarie indagini tecniche, è consequenziale ritenere che una denunzia di gravi vizi possa implicare un’idonea ammissione di valida scoperta degli stessi tale da costituire il dies a quo per la decorrenza del termine ed, a maggior ragione, tale da far supporre una conoscenza dei difetti di tanto antecedente da implicare la decadenza, solo quando, in ragione degli effettuati accertamenti, risulti dimostrata la piena comprensione dei fenomeni e la chiara individuazione ed imputazione delle loro cause, per l’un effetto, alla data della denunzia e, per l’altro, a data ad essa convenientemente anteriore (cfr. Cass. 9.3.99 n. 1993, 18.11.98 n. 11613, 20.3.98 n. 2977, 94 n. 8053).
La sentenza ha correttamente indicato il dies a quo nell’acquisizione di un grado apprezzabile di conoscenza non solo dell’entità dei vizi ma soprattutto delle cause tecniche e, nella specie, attesa la particolare natura dei vizi, chiarita a seguito di approfondite e non semplici indagini tecniche, tale momento coincide con quello del deposito della ctu.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 14 novembre – 17 dicembre 2013, n. 28202
Presidente Triola – Relatore Correnti

Svolgimento del processo

Con sentenza 20.4.2003 il Tribunale di Arezzo in accoglimento della domanda dei proprietari di appartamenti di uno stabile costruito in appalto dalla “La Costruzione di Pietrini Luciano e Cappini Ernesto & C.” snc condannava detta società in solido con l’arch. R.M. , direttore dei lavori, al pagamento di Euro 59.504, 38 oltre accessori per danni per gravi vizi nell’esecuzione, decisione appellata con separati atti, poi riuniti, dai convenuti.
La Corte di appello di Firenze, con sentenza 20.11.2006, dichiarava cessata la materia del contendere tra la società e gli appellati per un intervenuto accordo e rigettava l’appello del R. sul presupposto che la prima decisione non meritava censura. Bene aveva fatto il primo giudice ad applicare l’art. 1669 cc anzicché l’art. 1667 cc attesa la indubitabile gravità dei vizi risultanti con chiarezza dalla espletata consulenza. La diligenza del direttore dei lavori si esprime anche attraverso una valutazione preventiva della serietà ed affidabilità delle ditte fornitrici dei materiali. Ricorre R. con cinque motivi e relativi quesiti, illustrati da memoria, resiste La Costruzione snc.

Motivi della decisione

Premesso l’errore nella qualificazione di gravi difetti di costruzione, col primo motivo si denunzia violazione dell’art. 1669 cc, con richiami all’art. 1667 cc, alla prima ctu geom. Ma. su assenza di gravi difetti, alla seconda ctu ing. Ca. col quesito se possono essere definiti gravi difetti quelli non compromettenti la staticità alla luce della integrità da oltre dieci anni e se sia stato correttamente applicato l’art. 1669 anzicché l’art. 1667 cc.
Col secondo motivo si lamenta violazione dell’art. 1669 cc sul dies a quo per la denuncia dei gravi difetti col quesito se, posto che la denuncia può essere contenuta anche nella domanda giudiziale, quando, come nella specie, la prova di un apprezzabile grado di conoscenza è anteriore alla proposizione del giudizio, il giudice possa
conferire efficacia di dies a quo al deposito della relazione ovvero se non debba dichiarare la decadenza per decorso ultra annuale.
Col terzo motivo si denunzia violazione dell’art. 1669 cc col quesito se possa attribuirsi efficacia di termine decadenziale ad un fatto successivo alla proposizione della domanda.
Col quarto motivo si denunzia violazione dell’art. 1669 cc col quesito se anche in caso di successiva chiamata in garanzia del direttore dei lavori debba operare in favore del terzo, in assenza di previ atti interruttivi, la prescrizione decennale.
Col quinto motivo si lamentano vizi di motivazione sulla diligenza del professionista in relazione a presunzioni o ipotesi alternative.
Osserva questa Corte Suprema:
La sentenza impugnata ha dedotto la gravità dei difetti sulla scorta della ctu, definendoli difetti strutturali la cui eliminazione dovrebbe comportare la demolizione e ricostruzione dei solai, intervento costoso e disagevole; l’eccezione di decadenza era stata tardivamente proposta in appello onde sarebbe inammissibile ed in ogni caso per giurisprudenza costante il termine di un anno per la denunzia non coincide con la manifestazione esteriore bensì col momento in cui il danneggiato acquisisce un apprezzabile grado di conoscenza non solo dell’entità ma soprattutto delle cause tecniche al fine di individuare le responsabilità.
Ciò premesso le odierne censure sono generiche e non risolutive non attaccando la complessiva ratio decidendi sopra riportata anche in ordine alla tardività dell’eccezione. La giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto tempestiva la denunzia successiva ad una ctu che accerti il vizio.
L’identificazione degli elementi conoscitivi necessari e sufficienti onde possa individuarsi la “scoperta” del vizio ai fini del computo dei termini deve effettuarsi con riguardo tanto alla gravità dei vizi quanto al collegamento causale di essi con l’attività espletata, sì che, non potendosi onerare il danneggiato di proporre senza la dovuta prudenza azioni generiche a carattere esplorativo o comunque suscettibili di rivelarsi infondate, la conoscenza completa, idonea a determinare il decorso del termine, dovrà ritenersi conseguita, in assenza di convincenti elementi contrari anteriori, solo all’atto dell’acquisizione d’idonei accertamenti tecnici; per il che, nell’ipotesi di gravi vizi la cui entità e le cui cause, a maggior ragione ove già oggetto di contestazioni tra le parti, abbiano, anche per ciò, rese necessarie indagini tecniche, è consequenziale ritenere che una denunzia di gravi vizi possa implicare un’idonea ammissione di valida scoperta degli stessi tale da costituire il dies a quo per la decorrenza del termine ed, a maggior ragione, tale da far supporre una conoscenza dei difetti di tanto antecedente da implicare la decadenza, solo quando, in ragione degli effettuati accertamenti, risulti dimostrata la piena comprensione dei fenomeni e la chiara individuazione ed imputazione delle loro cause, per l’un effetto, alla data della denunzia e, per l’altro, a data ad essa convenientemente anteriore (cfr. Cass. 9.3.99 n. 1993, 18.11.98 n. 11613, 20.3.98 n. 2977, 94 n. 8053).
Ciò non significa, come pure ha evidenziato questa Corte con decisioni del tutto coerenti con i principi sopra richiamati, che il ricorso ad un accertamento tecnico possa giovare al danneggiato quale escamotage onde essere rimesso in termini quando dell’entità e delle cause dei vizi avesse già avuta idonea conoscenza, ma solo che compete al giudice del merito accertare se la conoscenza dei vizi e della loro consistenza fosse stata tale da consentire una loro consapevole denunzia prima ed una non azzardata iniziativa giudiziale poi, anche in epoca precedente, pur senza l’ulteriore supporto del parere d’un perito (cfr. Cass. 9.3.99 n. 1993, 2.9.92 n. 1016). Sulla specifica responsabilità del direttore dei lavori per colpa professionale in concorso con l’appaltatore cfr. Cass. 23.7.2013 n. 17874 e Cass. 27.8.2012 n. 14650. Nella specie l’azione è stata svolta per gravi vizi nell’esecuzione dei lavori, confermati dalla espletata consulenza ed i quesiti, così come proposti, sono inidonei a ribaltare la corretta decisione adottata.
In particolare, sul primo motivo va osservato che la gravità dei vizi emerge dalla ctu. In ordine al secondo ed al terzo motivo è sufficiente osservare che la sentenza ha correttamente indicato il dies a quo nell’acquisizione di un grado apprezzabile di conoscenza non solo dell’entità dei vizi ma soprattutto delle cause tecniche e, nella specie, attesa la particolare natura dei vizi, chiarita a seguito di approfondite e non semplici indagini tecniche, tale momento coincide con quello del deposito della ctu. Sulla doglianza di cui al quarto motivo la sentenza ha richiamato l’indirizzo giurisprudenziale secondo il quale la domanda proposta nei confronti dell’appaltatore deve intendersi estesa anche al direttore dei lavori chiamato in causa dal convenuto quando si tratti di individuare il responsabile nel quadro di un rapporto oggettivamente unico (Cass. 30.5.2003 n. 8811), mentre generica è la censura di cui al quinto motivo. Tra l’altro si ripropongono i motivi di appello sui quali la sentenza ha ampiamente risposto o si introducono questioni nuove non precedentemente dedotte.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, liquidate in Euro 3200, di cui 3000 per compensi, oltre accessori.

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