Il diritto all’uso della cosa comune da parte del condomino non può estendersi fino al punto di determinare una consistente alterazione delle ordinarie modalità di uso delle restanti cose comuni. La trasformazione di un locale destinato ad autorimessa privata (con il conseguente limitato e specifico uso) in un’uscita di sicurezza di un locale pubblico determina tale grave alterazione. Infatti, così operando, si finisce per cedere in favore di soggetti estranei al condominio, il godimento di un bene comune e, di fatto, la costituzione a suo carico di una servitù, per ottenere la quale sarebbe invece stato necessario un consenso scritto di tutti i partecipanti al Condominio.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 30 maggio – 27 settembre 2013, n. 22275
Presidente Bursese – Relatore Parziale
Svolgimento del processo
1. I signori B.B. , P.A. e P.C. sono proprietari di un grande edificio ubicato in (omissis) , un tempo adibito a palestra. Tale edificio confina ad ovest con altra area sulla quale insistono il fabbricato costituente il Condominio … (di via (omissis) ) ed alcune autorimesse, poste a ridosso della palestra dei signori B. – P. . Tali autorimesse hanno accesso alla via pubblica … tramite un cortile e successivamente attraverso l’androne del Condominio.
2. Per poter locare l’ex palestra alla società Bingo Como di Marcotti Alice & C. s.n.c. (d’ora in avanti denominata, per brevità, “Bingo Como”) e renderla idonea ad ospitare una “sala Bingo” dotata delle prescritte uscite di sicurezza, i sig.ri B. – P. acquistavano una delle autorimesse poste nell’area confinante e contigua al loro edificio, praticavano all’interno della stessa un’apertura nel muro perimetrale, realizzando così l’uscita di sicurezza”, attraverso l’autorimessa, per la via … in favore del loro immobile, già adibito a palestra. L’ex palestra e l’autorimessa venivano locate alla Bingo Como per la apertura di una “sala Bingo”.
3. Il confinate “Condominio …” proponeva nel giugno 2002 ricorso ex art. 703 cod. proc. civ., chiedendo che si ordinasse ai signori B. – P. “la riduzione in pristino del muro di confine del Condominio nella parte costituente anche muro perimetrale del box di loro proprietà così reintegrando il compossessore nel legittimo possesso di quella porzione del muro perimetrale di cui era stato spogliato” in conseguenza dell’avvenuta apertura nell’autorimessa in questione con richiesta di rimessione in pristino.
4. Costituitisi in giudizio i sig.ri P. e B. negavano il compossesso del muro di confine e la sussistenza del lamentato spoglio. Chiarivano che, nel frattempo, l’autorimessa era stata concessa in locazione alla società Bingo Como, che, costituitasi, negava la proprietà e/o il compossesso del muro in questione da parte del Condominio ….
5. La disposta CTU concludeva per la comproprietà del muro su cui erano stati compiuti i lavori, trattandosi dell’originario muro di recinzione a confine tra le due proprietà, preesistente alla costruzione della palestra B. – P. e delle autorimesse.
4. Il Tribunale di Como, con sentenza depositata il 18.9.2003, accoglieva le domande del Condominio …., disponendo la sua immediata reintegrazione nel compossesso della porzione di muro in questione e riteneva inammissibili le domande in petitorio avanzate dai convenuti.
5. Con atto notificato il 7 aprile 2004 i signori B. e P. appellavano la sentenza del Tribunale di Como, chiedendone l’integrale riforma. Bingo Como si costituiva in giudizio, proponendo appello incidentale e chiedendo la riforma della sentenza impugnata e il rigetto delle domande del Condominio ….
Nel giudizio d’appello interveniva la SE.DI.L. srl, nel frattempo subentrata nella posizione contrattuale di Bingo Como, proponendo appello incidentale, chiedendo l’integrale riforma della sentenza ed il rigetto delle domande del Condominio ….
Il Condominio … resisteva all’appello.
5.1 In particolare gli appellanti contestavano il compossesso del muro in questione in capo al Condominio, negando la natura di muro di recinzione a confine tra le originarie proprietà, costituendo esso muro portante dell’edificio B. – P. e non essendo provato che il muro corresse sull’effettivo confine tra le due aree originarie, risultando al riguardo contraddittoria la CTU. In ogni caso, l’eventuale compossesso poteva essere ritenuto sussistente solo in favore del distinto e autonomo (rispetto al Condominio …) Condominio dei boxes di via C. , formatosi fin dal 1977, anno nel quale fu venduto il primo dei boxes in questione. Ciò in conseguenza della corretta interpretazione dell’atto di trasferimento e delle relative clausole, sostanzialmente riportate negli atti successivi fino a quello col quale i B. – P. avevano acquistato il loro box. Sulla base di tali considerazioni, gli appellanti sollevavano anche eccezione di difetto di legittimazione del Condominio.
5. La Corte d’Appello di Milano, con sentenza del 4 ottobre 2006, rigettava gli appelli, confermando la sentenza del Tribunale di Como. Riteneva la Corte di merito infondate tutte le argomentazioni avanzate dagli appellanti, sia quanto all’eccepito difetto di legittimazione attiva del condominio, che alla dedotta esclusione del compossesso del muro di recinzione in questione.
Al riguardo osservava in fatto che, sulla base dei plurimi accertamenti espletati dal CTU, si poteva concludere che il muro in questione era “parte del vecchio muro di recinzione”, perché “ne costituisce la naturale prosecuzione in linea retta, come evidenziato dalla foto n. 15, all. 8 della CTU” e ne ha “il medesimo spessore (35 centimetri)”. Tale muro è “da ritenere preesistente rispetto al predetto edificio B. / P. ”- Conseguentemente, secondo la Corte di merito, “deve ritenersi che il muro nel quale è stata praticata l’apertura sia ancora esistente (ancorché su di esso siano poi stati appoggiati altri edifici e, cioè, l’edificio B. / P. e i boxes fra cui quello di cui si discute) e che, in ragione della sua natura di muro di recinzione e, quindi, di delimitazione del confine dell’area ad esso spettante, il Condominio Cartoni ne deve ancora essere ritenuto (quanto meno) compossessore (indifferente essendo, a questo punto, la sussistenza o meno di un Condominio … Boxes, peraltro formalmente costituito solo nel 2002, distinto dal Condominio …, giacché la presenza di un muro di recinzione sul quale i boxes sono appoggiati non esclude la sussistenza del muro in sé, ontolgicamente differenziato dalle costruzioni realizzate in appoggio e degli enti rappresentativi di esse)”.
6. Impugna tale decisione con ricorso n. 17379 del 2007 la Bingo Como, che articola nove motivi di ricorso. Parimenti propone ricorso (n. 17380 del 2007), da qualificarsi come incidentale, la SE.DI.L srl, che articola censure identiche a quelle del ricorrente principale. Resiste con controricorso e propone ricorso incidentale condizionato (rubricato al n. 20610 del 2007) il Condominio di via …. I signori B. – P. aderiscono con controricorso al ricorso principale e a quello incidentale di SE.DI.L srl.
Motivi della decisione
1. I ricorsi, in quanto proposti avverso la medesima sentenza, vanno riuniti ai sensi dell’art. 335 cpc. Il ricorso principale e l’incidentale della srl SE.DI.L possono essere trattati congiuntamente, avendo entrambe le parti proposto identici motivi di impugnazione.
2.1 motivi del ricorso principale e del ricorso incidentale SE.DI.L.
2.1 – Col primo motivo si deduce: “violazione e/o falsa applicazione delle norme di cui agli artt. 1140, 1168 e 2697 c.c. (art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c.)”.
Le ricorrenti lamentano la violazione delle regole in materia di prova del possesso, che prescinde dalla prova sulla proprietà, non potendosi dedurre il primo dalla prova della seconda. Ciò la Corte territoriale aveva fatto, avendo dedotto il compossesso dall’accertamento della comproprietà del muro attraverso l’identificazione della linea di confine.
Viene formulato il seguente quesito di diritto: “Atteso che la Corte territoriale ha dedotto dalla assunta contiguità tra la proprietà Condominio XXXXXXX e la proprietà B. e P. , la prova del compossesso del muro posto tra dette proprietà in capo al Condominio XXXXXXX e ai sigg. B. e P. , a prescindere da ogni altro assunto in fatto o in diritto, dica l’Ecc.ma Corte se l’accertamento della contiguità di diverse proprietà immobiliari costituisca di per sé prova del compossesso del muro posto tra dette proprietà, in capo al soggetto titolare dell’una proprietà ed in capo al soggetto titolare dell’altra proprietà”.
2.2 — Col secondo motivo di ricorso si deduce: “Violazione e/o falsa applicazione delle norme di cui agli artt. 1362, 1363, 2702, 2703 e 2697 c.c. (art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c.). Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudico (art. 360, co. 1, n.5, c.p.c.)”. Nell’esaminare lo stato dei luoghi, la Corte territoriale ha errato nel negare l’esistenza del Condominio delle autorimesse, distinto dal condominio XXXXXXX, così giungendo alla conclusione secondo la quale “la proprietà condominio XXXXXXX e la proprietà B. – P. sono contigue tra loro”. Di qui l’affermazione del compossesso sul muro. L’esistenza del Condominio delle autorimesse, questo sì contiguo all’edificio B. – P. , risultava invece, in particolare, dalla corretta interpretazione degli atti di trasferimento (1977, 1981, 2002), nei quali si fa riferimento alla esistenza di servitù di passo pedonale a favore del Condominio e di servitù per destinazione del padre di famiglia a carico dell’androne del condominio XXXXXXX e del cortile per consentire il diritto di “passo pedonale e carraio”. La previsione di specifiche servitù necessariamente richiedeva l’affermazione dell’esistenza di due distinte entità, appunto i due condomini, non potendosi ritenere compatibile l’esistenza di una servitù a carico o a favore del proprietario del medesimo bene. L’errore della Corte territoriale era derivato anche dalle affermazioni del CTU, che aveva concluso nel senso di escludere l’esistenza dei due Condomini, senza neanche tener conto della dichiarazione confessoria resa dallo stesso Amministratore del Condominio XXXXXXX all’udienza del 5 novembre 2002 nel giudizio di prime cure, secondo il quale “si è costituito un mini-condominio” tra le autorimesse le quali “non rientrano nella gestione del condominio principale, cioè non si tiene conto della superficie dei box stessi ai fini del conteggio delle spese”.
Le ricorrenti, dopo aver riportato testualmente le clausole pertinenti degli atti di trasferimento richiamati, pongono il seguente quesito di diritto:
“Atteso che, con riguardo al caso di specie, all’esito della applicazione della regola dell’interpretazione letterale e della regola dell’interpretazione complessiva ai sensi degli artt. 1362 e 1363 c.c. in relazione alla clausola dell’art. 1 dell’atto di compravendita 17.1.2002, (…), alla clausola dell’art. 1 dell’atto di compravendita 8.10.1981, (…) ed alla clausola dell’art. 2 dell’atto di compravendita 8.10.1981, risulta che il Condominio delle autorimesse esiste almeno dall’anno 1977, dica l’Ecc.ma Corte se nella interpretazione del contratto devono essere applicate primariamente la regola dell’interpretazione letterale e la regola dell’interpretazione complessiva ai sensi delle previsioni degli artt. 1362 e 1363 c.c. secondo il principio del gradualismo”.
2.3 – Col terzo motivo di ricorso si deduce: “Violazione e/o falsa applicazione delle norme di cui all’artt. 1362, 1363 e 2730 c.c. (art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c.). Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudico (art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c.)” Secondo le ricorrenti, la Corte territoriale non solo ha violato le regole ermeneutiche di cui agli artt. 1362 e 1363 c.c., ma anche le regole dell’art. 2730 c.c., posto che non ha considerato le ammissioni confessorie fatte in primo grado dal Rag. Be. , amministratore del Condominio XXXXXXX, che, in sede di interrogatorio aveva dichiarato: “I box nel condominio sono circa 15, mentre i condomini sono molti di più (cioè sessantaquattro). In occasione dei lavori di rifacimento della pavimentazione si è costituito un mini-condominio per gestire quel lavoro dei box. In ogni caso essi non rientrano nella gestione del condominio principale, cioè non si tiene conto della superficie dei box stessi ai fini del conteggio delle spese”.
Di qui l’ammissione dell’esistenza del “Condominio delle autorimesse”, collocato tra la “proprietà” dei signori B. e P. e la “proprietà” del Condominio XXXXXXX.
Viene, inoltre, lamentata l’omessa motivazione sull’avvenuta costituzione – soltanto dal 2002 – del “Condominio delle autorimesse”, posto che l’esistenza di tale Condominio discendeva dalla corretta interpretazione degli atti e delle clausole contrattuali, così come illustrato nel precedente motivo.
Viene quindi formulato il seguente quesito, dopo aver riportato testualmente le clausole degli atti già citate, che correttamente interpretate avrebbero condotto a ritenere che “risulta che il Condominio delle autorimesse esiste almeno dall’anno 1977″, “dica l’Ecc.ma Corte se nella interpretazione del contratto devono essere applicate primariamente la regola dell’interpretazione letterale e la regola dell’interpretazione complessiva ai sensi delle previsioni degli artt. 1362 e 1363 c.c. secondo il principio del gradualismo”.
2.4 – Col quarto motivo di ricorso si deduce: “Violazione e/o falsa applicazione delle norme di cui agli artt. 1062, 1117, 1362 e 1363 c.c. (art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c.) omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360, co. 1, n.5, c.p.c.)”.
La Corte territoriale ha escluso la rilevanza dell’eventuale esistenza del “Condominio delle autorimesse”, ritenendo che, anche dimostrata l’esistenza di tale Condominio, il decisum sul compossesso del muro in capo al Condominio XXXXXXX non avrebbe subito alcun pregiudizio. La Corte è, quindi, incorsa nella denunciata violazione di legge delle norme in materia di interpretazione dei contratti, non avendo tenuto conto della presenza, negli atti di trasferimento, della servitù per “destinazione del padre di famiglia”, che presuppone che: a) i fondi erano stati posseduti, prima della loro divisione, da un unico proprietario; b) l’esistenza di una pregressa relazione di subordinazione (che corrisponde, de facto, al contenuto di una servitù apparente) tra i fondi. Da ciò non poteva che derivare la certezza della previa separazione dei fondi, ossia la separazione della “proprietà Condominio delle autorimesse” dalla “proprietà Condominio XXXXXXX”.
Inoltre, dagli stessi titoli risultava che ciascuna autorimessa “ha diritto alla proporzionale quota di comproprietà… sulle parti comuni del fabbricato ad uso boxes, di cui la stessa è parte”, così ulteriormente riconoscendosi l’esistenza di due Condomini. Inoltre, il “muro” che la Corte territoriale ha denominato “muro di recinzione” era ed è oggettivamente e materialmente separato dall’edificio del Condominio XXXXXXX, e, quindi, non apparteneva e non appartiene strutturalmente a tale edificio, non essendo tra le parti comuni del Condominio stesso, ai sensi dell’art. 1117 cod. civ., non essendo necessario all’esistenza delle unità immobiliari che costituiscono il Condominio XXXXXXX e comunque “non (essendo, ndr) legato ad una destinazione di servigio rispetto all’edificio condominiale”. In definitiva, non vi è alcuna “relazione di accessorietà rispetto ai piani e alle porzioni di piano” dei “due fabbricati” che costituiscono il Condominio XXXXXXX.
Le ricorrenti formulano, quindi, le seguenti argomentazioni conclusive:
a) “il Condominio delle autorimesse esiste almeno dall’anno 1977 e… almeno da tale data il fondo identificato dall’autorimessa oggetto della compravendita…e, comunque, dal Condominio delle autorimesse, è stato separato dal fondo identificato con il Condominio XXXXXXX”; b) “…il muro di cui trattasi, è, in sostanza il vecchio muro di recinzione edificato all’inarca sul confine fra le due proprietà (B. – P. Condominio XXXXXXX), poi divenuto muro con funzione portante… sia con riguardo all’autorimessa di proprietà B. / P. che all’adiacente fabbricato (sala Bingo)”; c) l’autorimessa dei sigg. B. – P. è portone del “Condominio delle autorimesse”; d)… il muro portante dell’autorimessa dei sigg. B. – P. è muro portante del “Condominio delle autorimesse”.
Tali conclusioni vengono poste a base del seguente quesito di diritto: “dica l’Ecc.ma Corte: – se nella interpretazione del contratto devono essere applicate primariamente la regola dell’interpretazione letterale e la regola dell’interpretazione complessiva ai sensi delle previsioni degli artt. 1362 e 1363 c.c. secondo il principio del gradualismo; – se il muro portante di un edificio condominiale è “muro maestro” dell’edificio condominiale medesimo e se con riguardo al muro portante opera la presunzione della proprietà comune ai sensi dell’art. 1117 c.c.; – se la costituzione della servitù di passaggio a favore di un fondo e a carico del fondo contiguo per destinazione del padre di famiglia presuppone che i fondi in questione siano stati posseduti dal medesimo proprietario e che poi da questo siano stati divisi, ponendo o lasciando le cose nello stesso stato dal quale risulta la servitù”.
2.5 – Col quinto motivo di ricorso si deduce: “Illogicità e nullità della sentenza (art. 360, co. 1, n.4, c.p.c.) omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c.)”. La Corte territoriale ha fondato la propria decisione su un’errata e comunque contraddittoria analisi delle risultanze della CTU svolta nel giudizio di primo grado. La contraddittorietà viene indicata in alcuni passaggi della parte motiva della sentenza aventi ad oggetto le risultanze della CTU, nelle quali si riferisce “che il muro di cui trattasi era parte del vecchio muro di recinzione edificato all’inarca sul confine fra le due proprietà” e che tale muro è “poi divenuto muro con funzione portante…tale funzione portante si estrinseca sia con riguardo all’autorimessa di proprietà B. / P. che all’adiacente fabbricato (sala Bingo)”. Se il muro de quo è muro perimetrale e portante dell’edificio dei i signori B. – P. , un tempo adibito a palestra, allora proprio e solo ai signori B. – P. spetterebbe il possesso del muro in questione. Tale conclusione escludeva l’esigenza di accertare la linea di confine, di per sé estranea alla questione possessoria. Il CTU senza alcuna motivazione aveva accertato che la linea di confine corrispondeva all’incirca alla mezzeria del “vecchio muro di recinzione”, che “a tale confine appare allineato (dunque è costruito a confine) anche il muro (…) perimetrale della costruzione B. – P. ” e che “il muro è allineato con la linea di mezzeria se si prescinde dalle lesene, che sporgono oltre detta linea di confine”. Di qui il non allineamento dei muri (di recinzione e de quo), perché la linea “ideale di confine in relazione al vecchio muro di recinzione coincide con la mezzeria del detto muro, mentre invece, in relazione al muro perimetrale essa coincide con il filo esterno di detto muro…. i due muri non combaciano”. Quindi, il “vecchio muro di recinzione” ed il “muro de quo” non risultavano “allineati”. Ciononostante, la Corte territoriale aveva affermato che il muro de quo “costituisce la naturale prosecuzione in linea retta del vecchio muro di recinzione”, senza considerare che il confine era collocato nella mezzeria del muro di recinzione e, invece, quanto al muro de quo, a filo esterno “del muro perimetrale B. – P. (filo interno lesene) e non al filo esterno delle lesene”, che sporgevano oltre la linea di confine.
2.6 – Col sesto motivo di ricorso si deduce: “Violazione e/o falsa applicazione delle norme di cui agli artt. 880 e 881 c.c. (art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c.). Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c.)”.
La Corte territoriale ha errato per aver acriticamente aderito alle conclusioni del CTU, senza tener conto che l’ausiliare dapprima aveva posizionato in modo arbitrario la linea di confine e poi aveva cercato di dare una giustificazione alla sporgenza delle lesene presenti “oltre la linea di confine”, senza tener conto del chiaro disposto degli artt. 880 e 881 c.c.. Il CTU avrebbe dovuto prima rilevare i dati oggettivi costituiti dalla posizione delle lesene e delle scossaline e poi, sulla base di tali dati, posizionare il confine. La Corte d’Appello, quindi, conformandosi alle considerazioni del CTU, aveva violato l’art. 881 cod. civ., che, alla presunzione di comunione del muro divisorio (art. 880), contrappone la presunzione di proprietà esclusiva del muro divisorio posta a favore di uno dei proprietari confinanti, verso il cui fondo siano rivolti “sporti, come cornicioni, mensole e simili”, chiarendo che, se “risultano costruiti col muro stesso, si presume che questo spetti al proprietario dalla cui parte gli sporti o i vani si presentano, anche se vi sia soltanto qualcuno di tali segni”. Si articola il seguente quesito di diritto: “Atteso che la Corte territoriale ha dato atto della presenta delle lesene e delle scossaline e che le scossaline (…) poste sopra il muro B. – P. e sopra le relative lesene hanno pendenza verso la proprietà B. – P. (cfr. relazione CTU, pag. 11, righe 15-18), dica l’Ecc.ma Corte se, ai sensi dell’art. 881 c.c., elementi di un muro divisorio quali lesene, pioventi e scossaline (e cioè lastre di lamiera fincata che sporgono come riparo dalla parete esterna di un manufatto specie al di sopra dei giunti d’impermeabilizzazione, per impedire le infiltrazioni di acqua piovana) con pendenza verso una proprietà giustificano la presunzione di proprietà del muro relativo in favore del titolare di quella proprietà”.
2.7 – Col settimo motivo di ricorso si deduce: “violazione e/o falsa applicazione della norma 878 c.c. (art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c.)”. La Corte territoriale ha errato nel qualificare il muro de quo come “muro di recinzione”, difettando i requisiti indicati dall’art. 878 c.c., posto che la stessa Corte l’ha definito “muro portante”, da un lato, dell’edificio dei i signori B. e P. , e dall’altro del “fabbricato ad uso boxes”.
Si articola il seguente quesito di diritto: “In relazione al caso di specie, atteso che, secondo l’assunto della Corte territoriale, il muro de quo (del cui spoglio si tratta) è muro portante, da un lato, dell’edificio dei sigg. B. e P. e dall’altro del fabbricato ad uso boxes, vale a dire dell’edificio del Condominio delle autorimesse, che a tale muro, secondo l’assunto della Corte medesima, si sono “appoggiati altri edifici e, cioè, l’edificio B. / P. e i boxes fra cui quello di cui si discute, e che infine tale muro è superiore a tre metri, dica l’Ecc.ma Corte se il muro di recinzione ai sensi dell’art. 878 c.c. debba essere: a) isolato, nel senso che le facce di esso emergano dal suolo e siano distaccate da ogni altra costruzione; b) destinato alla demarcazione della linea di confine e alla separazione e chiusura delle proprietà limitrofe; c) avere un’altezza non superiore ai tre metri”.
2.8. Con l’ottavo motivo di ricorso si deduce: “Violazione e/o falsa applicazione delle norme degli artt. 1102 e 1122 c.c. (art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c.)”. Le ricorrenti osservano che, se anche il muro in questione appartenesse o, comunque, fosse nel compossesso del Condominio XXXXXXX, non per questo la realizzazione dell’apertura nel muro avrebbe comportato uno spoglio del compossesso. L’apertura era comunque un’attività lecita. Posto che i sigg. B. – P. sono proprietari sia dell’edificio adibito a “sala Bingo” (ex palestra), sia della autorimessa messa in collegamento con la “sala Bingo”, l’apertura di una porta da parte di un condomino (tali sono, nel caso di specie, i sigg. B. e P. ) mediante abbattimento del corrispondente tratto di muro perimetrale, non costituisce abuso della cosa comune idoneo a ledere il compossesso del muro che farebbe capo come ius possidendi a tutti i condomini (si cita, Cass. 29 aprile 1994 n. 4155 Cass. 25 settembre 1991 n. 10008; Cass. 4 febbraio 1988, n. 1112; Cass. 28 novembre 1987, n. 8861). Né l’apertura aveva comportato pregiudizio alla statica dell’edificio, o alterazione dell’estetica o del decoro architettonico del medesimo, o limitazione della fruizione di aria e luce da parte degli altri condomini, oppure il mancato rispetto delle distanze legali.
Si formula il seguente quesito di diritto: “Atteso che nel caso di specie, in cui è stato assunto che il Condominio XXXXXXX ed i sigg. B. e P. abbiano la comproprietà ed il compossesso del muro de quo, l’apertura realizzata nel muro de quo, integrante il preteso spoglio lamentato dal Condominio XXXXXXX, non ha comportato pregiudizio alla statica dell’edificio, o alterazione dell’estetica o del decoro architettonico del medesimo, alterazione alla destinazione del muro, o limitazione della fruizione di aria e luce da parte degli altri condomini, oppure il mancato rispetto delle distanze legali, dica l’Ecc.ma Corte se ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto”.
2.9. Con il nono motivo di ricorso si deduce: “violazione e/o falsa applicazione della norme di cui all’art. 112 c.p.c. (art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c.)”. La Corte d’appello di Milano ha violato il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, sancito dall’art. 112 c.p.c., avendo preso posizione, oltre che sulla questione di cui alla domanda proposta ex art. 703 c.p.c. dal Condominio XXXXXXX, anche su un’altra questione, non oggetto di specifica domanda del Condominio XXXXXXX, relativa all’eventuale aggravamento della servitù di passaggio dell’autorimessa dei sigg. B. e P. a carico dell’androne Condominiale e in conseguenza dell’utilizzazione del box come uscita di sicurezza della sala Bingo.
In ogni caso il decisum della Corte territoriale, secondo le argomentazioni del ricorrente, sarebbe errato nel merito. Ciò sia perché l’autorimessa ha accesso alla proprietà del “Condominio delle autorimesse” e non al Condominio XXXXXXX, mai soggetto ad un “passaggio” e, quindi, ad un aggravamento della “servitù di passaggio” che spettava ad origine all’autorimessa e sia perché l’apertura realizzata, costituisce una “uscita di sicurezza” da usare solo per le emergenze, secondo la normativa che riguarda i pubblici esercizi. Si articola il seguente quesito di diritto a norma dell’art. 366 bis c.p.c. “Atteso che il Condominio XXXXXXX ha proposto domanda di reintegra dello spoglio in relazione al compossesso del muro de quo con ricorso ex art. 703 c.p.c. e che non ha proposto domanda di negatoria servitutis in relazione al preteso esercito del potere di fatto corrispondente alla servitù di passaggio pedonale con riguardo alle parti comuni ex art. 1117 c.c. da parte della ricorrente, dica l’Ecc.ma Corte se il Giudice, ex art. 112 c.p.c., può pronunciare su domande che le parti non hanno proposto”.
3. Il ricorso incidentale del Condominio XXXXXXX.
3.1 – Con l’unico motivo di ricorso si deduce “violazione e/o falsa applicazione della norma di cui all’art. 345 c.p.c. e degli artt. 100 e 112 c.p.c. (art. 360 n. 3 e 4 c.p.c.)”.
I signori B. – P. , con l’appello principale, e la Bingo Como e Sedil, rispettivamente con l’appello incidentale e la comparsa di intervento con appello incidentale, avevano chiesto la dichiarazione di carenza di legittimazione attiva del Condominio XXXXXXX, il quale ne aveva eccepito l’inammissibilità ex art. 345 c.p.c. in quanto “domande nuove”.
La Corte di Appello di Milano ha dichiarato l’infondatezza dell’eccezione di difetto di legittimazione attiva in capo al Condominio XXXXXXX. Dichiarata la sussistenza della legittimazione attiva, la Corte ha, tuttavia, rilevato “che l’autentica questione di legittimazione (ovviamente diversa da quella della titolarità effettiva del diritto sostanziale) può essere rilevata anche d’ufficio in ogni grado e stato del giudico (Cass. 5 novembre 1997 n. 10843, salvo solo l’effetto preclusivo del giudicato interno, ove sia stata già oggetto di specifica pronuncia) (p. 13 sentenza impugnata)”.
La Corte d’Appello di Milano ha errato nel rigettare l’eccezione d’inammissibilità ex art. 345 c.p.c. avanzata dal Condominio XXXXXXX, perché la questione sottoposta dagli appellanti alla Corte di Appello riguardava la diversa questione della titolarità effettiva del diritto sostanziale, non rilevabile d’ufficio. È, infatti, principio consolidato quello secondo il quale “(…) A differenza della legitimatio ad causam, intesa quale diritto potestativo ad ottenere dal giudice, in base alle sole allegazioni della parte, una decisione di merito, il cui difetto è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, l’accertamento in concreto se l’attore e il convenuto siano, rispettivamente dal lato attivo e dal lato passivo, effettivamente titolari del rapporto dedotto in giudizio forma invece oggetto di una eccezione di merito che, in quanto tale, non è rilevabile d’ufficio e deve essere tempestivamente formulata dalla parte. (…) (Cass. Civ. n.2326/04; conf. Cass. Civ. n. 13403/05, Cass. Civ. n. 4121/04 e Cass. Civ. n. 10843/97)”.
Ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., vengono formulati i seguenti quesiti di diritto: “se sia vero o meno che la questione inerente la titolarità effettiva del diritto sostanziale attiene al merito della lite e non è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio; se sia vero o meno che ai sensi dell’art. 345 la Corte di cassazione può procedere all’esame della domanda onde accertare se le richieste formulate con l’atto di appello integrassero gli estremi di una domanda diversa, e, quindi, nuova, rispetto a quella avanzata nella precedente fase di giudico, e, come tale, inammissibile ai sensi dell’art. 345 c.p.c.”.
3. I ricorsi sono infondati e vanno respinti per quanto di seguito si chiarisce.
4 – Prima di esaminare i motivi dei ricorsi, appare opportuno richiamare il percorso logico seguito dal giudice dell’appello nel motivare la sua decisione.
In primo luogo, la Corte territoriale ha chiaramente affermato di operare all’interno di un giudizio possessorio e ha, quindi, enucleato dalla disposta CTU gli accertamenti di fatto utili a dirimere la controversia esclusivamente sotto tale profilo. Controversia che si incentra sulla natura e funzione del muro de quo.
Al riguardo, come pacificamente riconosciuto dagli stessi ricorrenti, il muro in questione si trova tra l’edificio costituente palestra e quello adibito ad autorimessa, collocati questi ultimi in due distinte aree tra loro confinanti e certamente in origine divise da un muro di recinzione, come lo era (ed è) la restante area nella quale si trovano il Condominio XXXXXXX e le relative autorimesse. Tale muro, a seguito della costruzione delle autorimesse da un lato, e della ex palestra B. – P. dall’altro, risultava far parte dei due edifici contigui, costituendone “muro portante” per entrambi, per essere stati gli edifici in questione costruiti in appoggio, in epoca successiva a quella di realizzazione del muro in questione.
In tale situazione era necessario individuare (e questo è stato uno degli accertamenti espletati dal CTU) la relazione esistente tra il restante muro perimetrale della proprietà XXXXXXX, ancora chiaramente individuabile, e il muro de quo, dovendosi stabilire se esso fosse, o meno, quello di recinzione originario. In tal caso, una volta accertata la perdurante esistenza del muro di recinzione tra le due aree originarie, da epoca anteriore rispetto a quella di realizzazione delle altre costruzioni, si sarebbe dovuto concludere per la sua autonoma individuazione rispetto alle parti restanti, così potendosi decidere la res controversa.
E tale percorso la Corte territoriale ha seguito, basandosi sugli accertamenti di fatto operati dalla disposta CTU, compiendo al riguardo un accertamento di merito, incensurabile in questa sede, se adeguatamente valutato.
La Corte territoriale ha, quindi, rilevato in primo luogo che, nell’ispezionare i confini del Condominio con le proprietà adiacenti, al fine di rilevare la continuità del muro in questione, si era constatato che “nel cortile interno del Condominio XXXXXXX ha inizio un muro di recinzione edificato prevalentemente in pietra… che è almeno parzialmente visibile sino alla linea dei boxes)…. del quale fa parte il box dove è stata praticata l’apertura di cui è causa”. Ha rilevato poi che, secondo il CTU, a) “i confini… sono identificabili all’inarca lungo la linea di mezzeria di detto vecchio muro di recinzione, che ha spessore di cm 35 circa, alla quale appare allineato (dunque è costruito a confine) anche il muro perimetrale della costruzione B. / P. , se si prescinde dalle lesene…”; b) “il muro dove è stata realizzata l’apertura è…posto tra il box mapp. NCEU 2922 sub 2 e l’immobile al NCEU contraddistinto dal mappale n.1994 sub 5… detto muro si presenta come un normale muro portante di fabbricato, avente spessore di cm. 35 circa…; il muro di cui è causa…è… edificato per 13,5 centimetri… sull’area del Condominio XXXXXXX e per la rimanenza di 21,5 cm sull’area della proprietà B. / P. ”; c) “…il muro di cui trattasi è in sostanza il vecchio muro di recinzione edificato all’inarca sul confine fra le due proprietà (B. – P. / Condominio XXXXXXX), poi divenuto muro con funzione portante… tale funzione portante si estrinseca sia con riguardo all’autorimessa di proprietà B. / P. che all’adiacente fabbricato (sala Bingo)”.
Sulla base di tali accertamenti la Corte territoriale ha poi affermato (pag. 6 della motivazione): “La descrizione del CTU, avvalorata da molteplici rilevazioni tecniche, quali l’esecuzione di un foro praticato nella copertura del box e la misurazione di distanze orizzontali sopra e sotto il suddetto foro, consente di ritenere accertato che il muro di cui trattasi era parte del vecchio muro di recinzione. Ciò perché: – esso ne costituisce la naturale prosecutnone in linea retta, come evidenziato dalla foto n. 15, all. 8 della CTU; – ne ha il medesimo spessore (35 centimetri): – le lesene del muro perimetrale dell’edificio B. / P. sono state erette su tale muro (pag.10, in centro), come rilevato a seguito di una ispezione ravvicinata al filo ancora visibile della muratura non più esistente di una costruzione demolita (Le considerazioni che precedono consentono di escludere rilevanza alla presenza delle lesene e, a maggior ragione, delle scossaline pendenti dalla parte del Condominio XXXXXXX). Il muro di cui trattasi è, alla luce di quanto sopra esposto, da ritenere preesistente rispetto al predetto edificio B. / P. ( v. anche doc. 3 allegato dal Condominio XXXXXXX nel procedimento incidentale ex art. 351 cpc)”.
Concludendo poi come segue: “Sulla base delle predette osservazioni, deve ritenersi che il muro nel quale è stata praticata l’apertura sia ancora esistente (ancorché su di esso siano poi stati appoggiati altri edifici e, cioè, l’edificio B. / P. e i boxes fra cui quello di cui si discute) e che, in ragione della sua natura di muro di recinzione e, quindi, di delimitazione del confine dell’area ad esso spettante, il Condominio XXXXXXX ne deve ancora essere ritenuto (quanto meno) compossessore (indifferente essendo, a questo punto, la sussistente o meno di un Condominio Cartoni Boxes, peraltro formalmente costituito solo nel 2002, distinto dal Condominio XXXXXXX, giacché la presenzia di un muro di recinzione sul quale i boxes sono appoggiati non esclude la sussistenza del muro in sé, ontolgicamente differenziato dalle costruzioni realizzate in appoggio e degli enti rappresentativi di esse)”.
La motivazione della Corte territoriale, quindi, si fonda sull’accertamento in fatto della esistenza di un muro di recinzione tra le due aree (che come tale doveva aver anche la funzione di delimitazione tra le stesse con conseguente tendenziale collocazione sul confine), muro risultato ancora esistente nella sua originaria conformazione, ancorché all’attualità utilizzato come muro portante di entrambe le costruzioni, di cui ne costituiva parte. Una volta stabilito che il muro oggetto dell’apertura era appunto il muro di recinzione originario, occorreva solo individuare chi ne avesse il possesso, facendo riferimento, stante la peculiarità della situazione ed in mancanza di specifiche prove, alla funzione originaria del muro, conservato nella sua struttura e presuntivamente adibito alla medesima originaria funzione.
Tanto premesso, si può passare all’esame dei motivi.
5. — Il ricorso principale (Como Bingo) e il ricorso incidentale SE.DI.L..
5.1 – È infondato il primo motivo. Una volta chiarito, al punto 4, il percorso logico-giuridico seguito dalla Corte territoriale, la dedotta violazione di legge non sussiste, posto che in questo caso la Corte di merito ha indagato sulla esistenza o meno di un originario muro di recinzione tra le proprietà, e, una volta accertata tale esistenza sia antecedentemente alle costruzioni che all’esito delle stesse, non ha fatto altro che applicare il seguente condiviso principio di diritto “costituisce prova presuntiva del compossesso di un muro, ai fini della tutela possessoria, l’accertata funzione divisoria di esso” (Cass. n. 13275 del 1999, Rp. 531583; Cass. n. 1348 del 1990; Cass. 16496 del 2005).
5.2 – Il secondo, il terzo e il quarto motivo riguardano tutti la questione dell’esistenza o meno del distinto Condominio dei boxes XXXXXXX, se pure sotto diversi profili. Stante la stretta interconnessione, tali motivi possono essere trattati congiuntamente, iniziando dal quarto, che affronta direttamente la ratio decidendi della Corte di merito, che ha affermato, all’esito del percorso logico descritto al punto 4, la sostanziale irrilevanza della esistenza o meno del Condominio Boxes XXXXXXX.
Nella prospettazione dei ricorrenti, infatti, l’esistenza di un autonomo Condominio quanto all’area occupata dalle autorimesse, posizionato nell’ambito di quella originaria più ampia sulla quale insiste anche il Condominio XXXXXXX, ma esclusivamente confinante con l’edificio B. – P. , avrebbe consentito di far ritenere il muro in questione, al massimo, in compossesso tra quest’ultimo e il Condominio Boxes XXXXXXX.
Le considerazioni svolte dei ricorrenti a favore della tesi dell’esistenza di due Condomini sono fondate su di una serie di consistenti argomenti e trovano persino conferma nella circostanza che, se pure successivamente alla introduzione della causa, il condominio tra i soli boxes è stato formalmente costituito. Ma gli argomenti spesi, tutti pregevoli, non sono sufficienti ad intaccare il nucleo della decisione della Corte di merito, che è fondato, come si è visto, sulla puntuale ricostruzione della originaria (e cioè prima delle costruzioni attuali) esistenza del muro in questione, della sua sostanziale funzione di delimitazione delle due aree confinanti, appartenenti a diversi proprietari, della sua permanenza all’attualità, seppure con l’ulteriore e distinta funzione di appoggio per le nuove costruzioni. In tale situazione, ai soli fini del possesso, non rileva l’esatta individuazione del confine e la relativa posizione del muro di recinzione (aspetti questi che possono invece aver rilievo in sede di petitorio), dovendosi aver riguardo invece, soltanto alla funzione di fatto svolta dal muro di recinzione, in origine e all’attualità. La Corte non ha fatto altro che rilevare che la funzione originaria del muro di recinzione, conservata senza dubbio per le altre parti del muro ancora esistenti quanto all’area “XXXXXXX”, lo era ancora, in mancanza di prova contraria, quanto alla parte del muro utilizzata in appoggio dalle autorimesse e dalla ex palestra.
Ciò, ai soli fini del possesso, anzi compossesso (ai sensi dell’art. 880 cod. civ.), risultava sufficiente rendendo ininfluenti le questioni in ordine alla esistenza o meno del Condominio boxes XXXXXXX. Di qui il rigetto del quarto motivo e l’assorbimento del secondo e del terzo.
5.3 – È infondato il quinto motivo col quale, nella sostanza, si contestano le risultanze della CTU e l’uso che la Corte territoriale ne ha fatto. I ricorrenti, con ampie e pregevoli argomentazioni, valorizzano alcune imprecisioni linguistiche, cercando di dimostrare l’illogicità e la contraddittorietà del percorso motivazionale, nonché errori tali da mettere in discussione la funzione del muro in relazione al suo posizionamento rispetto alla linea di confine, indicata come incerta e mal motivata dal CTU. Ma, nella sostanza, non riescono a prospettare un vizio della motivazione della Corte di merito ai sensi del n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ., vizio che deve riguardare il percorso logico e non l’approdo del ragionamento dei giudici di merito.
Come si è detto, la Corte territoriale, ai soli fini del possesso, ha individuato la preesistenza del muro perimetrale di recinzione rispetto alle costruzioni realizzate e ne ha accertato l’esistenza all’attualità, presumendone, in mancanza di prova contraria, il compossesso originario ed attuale. Le argomentazioni dei ricorrenti non risultano decisive rispetto al nucleo decisionale appena indicato.
5.4 – Non è fondato nemmeno il sesto motivo, posto che la Corte territoriale ha esaminato in dettaglio tutti gli elementi di fatto disponibili, facendosi carico anche della questione relativa alle lesene, giungendo alla conclusione di far ricorso alla presunzione di cui all’art. 880 cod. civ., piuttosto che a quella dell’art. 881 cod. civ., posto che gli elementi ulteriori (appunto lesene e scossaline) non sono risultati decisivi, perché in fatto si è ritenuto che le stesse erano state erette sul muro perimetrale e non in epoca coeva alla costruzione del muro.
5.5. – Parimenti è infondato il settimo motivo, circa l’assenza, nel muro in questione, dei requisiti necessari per essere qualificato come “muro di recinzione”. A parte la novità della questione, che non appare specificamente trattata dalla Corte territoriale, basta qui osservare che la questione da risolvere — ai soli fini possessori — non era la qualificazione all’attualità del muro in questione, ma la sua esistenza e consistenza originarie (considerata la seconda omogenea al restante muro perimetrale delimitante l’area XXXXXXX dalle proprietà circostanti), nonché la sua funzione sempre originaria, potendosi così giungere alla valutazione della situazione possessoria all’attualità, in mancanza, come già detto, di prove al riguardo.
5.6 – L’ottavo motivo è anch’esso infondato. Il diritto all’uso della cosa comune da parte del condomino non può estendersi, come correttamente affermato dalla Corte territoriale, fino al punto di determinare una consistente alterazione delle ordinarie modalità di uso delle restanti cose comuni. La trasformazione di un locale destinato ad autorimessa privata (con il conseguente limitato e specifico uso) in un’uscita di sicurezza di un locale pubblico determina tale grave alterazione. Infatti, come pure osservato, sia pure incidentalmente, dalla Corte territoriale, così operando, si finisce per cedere “in favore di soggetti estranei al condominio, il godimento di un bene comune e, in realtà, costituendosi a suo carico una servitù, per ottenere la quale sarebbe invece stato necessario un consenso scritto di tutti i partecipanti al Condominio… così determinandosi anche .. un’inammissibile aggravamento della servitù di passo – consentita ai proprietari dei boxes – in danno del Condominio XXXXXXX, nel caso in cui il varco praticato nel muro continuasse ad esplicare la sua funzione di uscita di sicurezza della Sala Bingo”.
5.7. Infine, è infondato anche il nono motivo, che deduce la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. quanto alle considerazioni svolte dalla Corte territoriale sull’aggravamento della servitù di passaggio. Nessuna pronuncia vi è stata sul punto da parte della Corte territoriale, ma soltanto un argomentare per rendere ancor più evidente la situazione pregiudizievole per gli interessi del Condominio, che l’attività posta in essere da B. – P. avrebbe determinato. Di qui l’insussistenza del denunciato vizio.
6. Il ricorso incidentale del Condominio.
Anche il ricorso del Condominio è infondato posto che nella sostanza censura la qualificazione che la Corte di merito ha fatto della domanda degli appellanti, qualificazione che si traduce in questione di merito, censurabile in questa sede sotto il profilo del vizio di motivazione, che appare insussistente.
7. La reciproca soccombenza determina l’integrale compensazione delle spese tra tutte le parti.
P.Q.M.
La Corte, riuniti i ricorsi, li rigetta. Spese compensate.

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