In tema di condominio negli edifici le parti dell’edificio – muri e tetti (art. 1117 c.c., n. 1) – ovvero le opere ed i manufatti – fognature, canali di scarico e simili (art. 1117 c.c., n. 3) – deputati a preservare l’edificio condominiale dagli agenti atmosferici e dalle infiltrazioni d’acqua, piovana o sotterranea, rientrano, per la loro funzione, fra le cose comuni, le spese per la cui conservazione sono assoggettate alla ripartizione in misura proporzionale al valore delle singole proprietà esclusive ai sensi della prima parte dell’art. 1123 cod. civ., e non rientrano, per contro, fra quelle parti suscettibili di destinazione al servizio dei condomini in misura diversa ovvero al godimento di alcuni condomini e non di altri (art. 1123 c.c., commi 1 e 2)

(Nel caso di specie i tratti di fognatura ricadenti nei giardini di proprietà di un condomino, pur essendo in via prioritaria destinati a raccogliere l’acqua meteorica e quella proveniente dai balconi dell’edificio condominiale, costituiscono parte della rete fognaria dell’edificio condominiale e che hannopertanto una funzione di salvaguardia della statica del fabbricato condominiale. I detti tratti di fognatura, quindi, al pari dell’intero reticolo di tubazioni e fognature a servizio dell’edificio condominiale, rientrano tra le cose comuni, in relazione alle quali vigono le regole generali di ripartizione delle spese di manutenzione.)

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione notificata il 5 luglio 2000, C.V. G., P.F., P.C. e P. P. convenivano in giudizio, dinnanzi al Tribunale di Napoli, il Condominio di (…), chiedendo l’annullamento della deliberazione assunta dall’assemblea condominiale il (…), ovvero la dichiarazione di inefficacia della stessa.

Con tale delibera, assunta con la partecipazione di dieci condomini su tredici – e segnatamente con la presenza di P.P., quale rappresentante degli attori, che si era opposto all’approvazione -, si era deliberato che “le spese di riparazione e manutenzione dei tratti di condutture pluviali poste nei giardini … essendo poste a servizio esclusivo dei due appartamenti al piano terra, devono essere a carico dei rispettivi proprietari dei giardini”.

Gli attori sostenevano che erroneamente l’assemblea aveva ritenuto che essi avessero l’uso esclusivo delle condutture pluviali interrate nel loro giardino e aveva attribuito ad essi la spesa sostenuta per la riparazione. Ai sensi degli artt. 1 e 3 del regolamento condominiale, invece, le condutture pluviali e cloacali con rispettivi fognoli di smaltimento dovevano ritenersi comuni, sia perchè nelle terrazze e nei giardini dei terranei nn. 1 e 2 passavano le fognature e gli scoli dell’intero fabbricato, ivi comprese le acque piovane provenienti dalle ampie balconate degli appartamenti sovrastanti, sia perchè avevano la funzione di preservare l’edificio condominiale dalle infiltrazioni di acque pluviali.

Si costituiva il Condominio contestando la domanda.

Espletata una consulenza tecnica d’ufficio, l’adito Tribunale accoglieva la domanda, ritenendo che il regolamento condominiale includesse tira le cose comuni le condutture fognarie convoglianti gli scarichi di tutto il fabbricato e rilevando che la consulenza tecnica d’ufficio aveva altresì accertato la funzione di intercettazione e smaltimento delle acque meteoriche provenienti anche dalle balconate dei cinque piani, sì da assicurare l’equilibrio necessario per evitare il collasso del terrazzamento e del relativo muraglione di contenimento; si trattava dunque di opera infrastrutturale a servizio dell’intero fabbricato, le cui spese di manutenzione andavano ripartite ai sensi della prima parte dell’art. 1123 cod. civ..

Proponeva appello il Condominio e la Corte d’appello di Napoli, nella resistenza degli appellati, con sentenza depositata il 26 giugno 2008, rigettava il gravame.

La Corte d’appello, premesso che la domanda aveva ad oggetto esclusivamente la verifica della legittimità o no del criterio di ripartizione delle spese relative alla manutenzione dei tratti di tubazione orizzontali facenti parte delle condotte pluviali, adottato dall’assemblea del 19 giugno 2000 con la delibera impugnata, rilevava che effettivamente il consulente tecnico aveva riportato in modo impreciso il regolamento condominiale, nel quale non compariva nella elencazione delle parti comuni, e in particolare tra le condutture pluviali e cloacali con i rispettivi fognoli di smaltimento, l’inciso “anche per le parti sub orizzontali dei giardini”; riteneva, tuttavia, che tale imprecisione non comportasse significative conseguenze.

E ciò sulla base del rilievo che l’art. 1 del regolamento ricalcava sostanzialmente le previsioni dell’art. 1117 cod. civ., e che operava comunque il principio legislativo secondo cui sono comuni tutte le parti dell’edifico volte alla soddisfazione di esigenze collettive condominiali. E la destinazione funzionale, concernente l’intero edificio, costituiva il presupposto per l’attribuzione della proprietà comune, non risultando altrimenti dal titolo.

Anzi l’art. 3 del regolamento condominiale prevedeva a carico dei giardini di proprietà esclusiva dei proprietari delle due unità al piano terra una servitù avente ad oggetto il passaggio delle fognature e delle tubazioni destinate a convogliare gli scarichi dell’intero fabbricato.

Dalla espletata consulenza tecnica d’ufficio, poi, la Corte d’appello desumeva che titolare della servitù, dal lato attivo, fosse il condominio, atteso che i tratti fognari cui si riferivano le spese di manutenzione, oggetto della deliberazione impugnata, convogliavano oltre alle acque meteoriche direttamente ricadenti sul giardino anche quelle grondanti dagli aggetti (balconi) dell’edificio condominiale.

Peraltro, pur volendosi considerare che i balconi non rientravano tra le cose di proprietà comune, non poteva obliterarsi che l’art. 3 del regolamento, nel prevedere il passaggio nei giardini di fognature e tubazioni convoglianti gli scoli dell’intero fabbricato, consentiva di argomentare l’esistenza di una servitù anche a favore dei proprietari dei balconi; il che era sufficiente per affermare la erroneità del criterio di ripartizione delle spese adottato dall’assemblea del (…).

Ad avviso della Corte d’appello non poteva poi essere condiviso l’assunto dell’appellante, secondo cui sarebbe stato o-nere dei proprietari delle unità terranee di preservare la statica del fabbricato evitando dissesti ai fondi vicini per effetto di infiltrazioni. In proposito, la Corte territoriale osservava che ai proprietari gravati dalla servitù di passaggio delle fognature e delle tubazioni, proprio per evitare il rischio di infiltrazioni, era stato fatto divieto di piantare alberi di alto fusto e che, quindi, posto che la intera rete fognaria assolveva alla funzione di preservazione dell’equilibrio idrogeologico del sito, doveva ritenersi che oggetto della servitù di passaggio fosse l’intera rete degli scarichi dell’edificio condominiale, i quali dovevano ritenersi a loro volta rientranti, nel loro complesso, e quindi anche nel tratto collocato nei giardini dei proprietari degli appartamenti a piano terra, tra le cose comuni.

La Corte d’appello respingeva poi il motivo di gravame concernente il regime delle spese di c.t.u., poste interamente a carico del Condominio pur se il Tribunale aveva disposto la compensazione delle spese di lite.

Per la cassazione di questa sentenza il Condominio del fabbricato sito in (…), ha proposto ricorso sulla base di due motivi; gli intimati hanno resistito con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memoria in prossimità dell’udienza di discussione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente Condominio denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1123, 1117 e 1058 e ss. cod. civ., nonchè il vizio di motivazione insufficiente e contraddittoria.

Il Condominio rileva che l’unico argomento addotto nella sentenza impugnata consiste in ciò che i tratti di fognatura collocati nei giardini di proprietà degli intimati sarebbero utilizzati anche per lo smaltimento delle acque provenienti dai balconi; ma un simile rilievo risulta del tutto inadeguato a sostenere la decisione impugnata, atteso che la stessa Corte territoriale ha condiviso il principio per cui i balconi sono di proprietà esclusiva dei singoli condomini.

Pertanto, non essendo destinati i tratti di fognatura in questione a convogliare scarichi condominiali, la delibera assembleare impugnata doveva ritenersi del tutto legittima.

A conclusione del motivo il Condominio formula il seguente quesito di diritto: “Dica la Corte di Cassazione, in tema di condominio, quale sia il criterio di ripartizione delle spese di manutenzione dei tratti delle condutture pluviali interrate nel giardino di proprietà esclusiva nell’ipotesi in cui in tali tratti vengono convogliate le acque piovane ricadenti nel giardino di proprietà esclusiva e quelle grondanti dai balconi dell’edificio condominiale”.

2. Con il secondo motivo il Condominio lamenta omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione e violazione degli artt. 1123, 1117 e 1058 e ss. cod. civ..

La censura si riferisce all’affermazione della sentenza impugnata secondo cui l’intera rete fognaria avrebbe assolto alla funzione di preservazione dell’equilibrio idro-geologico del sito, e non vi sarebbero stati tratti o tronchi di tubazione superflui o quanto meno connotati da una limitata destinazione funzionale. Ad avviso del ricorrente, tali affermazioni contrasterebbero con le risultanze degli accertamenti del consulente tecnico d’ufficio, secondo cui i tratti fognari in questione erano destinati a convogliare oltre alle acque meteoriche direttamente ricadenti sui giardini anche quelle provenienti dai balconi; ed ancora, la Corte d’appello avrebbe omesso di valutare la portata delle indagini tecniche, confondendo tra la funzionalità dell’intero impianto fognario e i tratti ubicati sul giardino degli intimati, destinati unicamente a raccogliere le acque meteoriche e quelle provenienti dai balconi.

A conclusione del motivo, il Condominio formula il quesito di diritto volto ad affermare che, nell’ipotesi in cui tratti di fogna sottostanti ad un giardino di proprietà esclusiva svolgano la funzione di intercettazione delle acque meteoriche insistenti liberamente sulla superficie del giardino e provenienti dai balconi dell’adiacente fabbricato condominiale, le spese di manutenzione devono essere sostenute dal proprietario del giardino.

3. Il ricorso, i cui due motivi possono essere esaminati congiuntamente per ragioni di connessione, è infondato.

Occorre premettere che la Corte d’appello ha ritenuto che i tratti di fognatura ricadenti nei giardini di proprietà degli intimati, pur essendo in via prioritaria destinati a raccogliere l’acqua meteorica e quella proveniente dai balconi dell’edificio condominiale, costituissero parte della rete fognaria dell’edificio condominiale e che avessero una funzione di salvaguardia della statica del fabbricato condominiale. La Corte territoriale ha quindi ritenuto che la delibera impugnata fosse illegittima, non solo e non tanto perchè i tratti di fognatura erano destinati alla ricezione e allo smaltimento anche delle acque provenienti dai balconi dell’edificio condominiale, con conseguente configurabilità di una servitù di scolo che rendeva di per sè invalido il criterio di ripartizione delle spese di manutenzione di quei tratti di fognatura, ma anche e soprattutto perchè quei tratti di tubazione erano parte di un più complesso reticolo di tubazioni e fognature posto a servizio dell’intero edificio condominiale, in quanto volto a preservare l’equilibrio idro-geologico dell’area e quindi a prevenire il rischio di smottamenti.

La ratio decidendi della sentenza impugnata va quindi ravvisata nella accertata destinazione dei tratti di fogna ubicati nei giardini di proprietà degli intimati a servizio dell’intero edificio condominiale; i detti tratti di fognatura, quindi, al pari dell’intero reticolo di tubazioni e fognature a servizio dell’edificio condominiale, rientrano tra le cose comuni, in relazione alle quali vigono le regole generali di ripartizione delle spese di manutenzione.

Significativamente, la Corte d’appello ha affermato che i tratti di tubazione in questione non possono essere modificati o alterati dai proprietari, atteso che è il complesso della rete posta a servizio dell’edificio ad assicurare la sua funzione.

E tale affermazione scaturisce dall’indagine tecnica svolta nel corso del giudizio di primo grado, la quale ha consentito di rilevare che “il regime delle pendenze, la portata delle tubazioni, la dislocazione delle caditoie nonchè dei pozzetti di ispezione e raccolta, la geometria delle diramazioni interrate convergono e concorrono nell’assicurare la funzione di drenaggio protettivo delle strutture fondali del fabbricato, evitando una indiscriminata spinta del terrapieno, conseguente ad una incontrollata imbibizione del terreno, verso il muraglione di contenimento che sostenendo l’intero terrazzamento, vale a garantire la staticità dell’edificio tutto”.

Orbene, alla luce di tale accertamento di fatto, deve rilevarsi, da un lato, che entrambi i quesiti di diritto formulati dal Condominio ricorrente non appaiono correttamente impostati, atteso che essi postulano la proprietà eslcusiva delle tubazioni collocate nei giardini degli intimati, laddove la Corte d’appello ha invece accertato la natura comune, per la destinazione funzionale, anche di quei tratti di tubazione; dall’atro, che la Corte d’appello ha fatto corretta applicazione del principio di diritto per cui “in tema di condominio negli edifici le parti dell’edificio – muri e tetti (art. 1117 c.c., n. 1) – ovvero le opere ed i manufatti – fognature, canali di scarico e simili (art. 1117 c.c., n. 3) – deputati a preservare l’edificio condominiale dagli agenti atmosferici e dalle infiltrazioni d’acqua, piovana o sotterranea, rientrano, per la loro funzione, fra le cose comuni, le spese per la cui conservazione sono assoggettate alla ripartizione in misura proporzionale al valore delle singole proprietà esclusive ai sensi della prima parte dell’art. 1123 cod. civ., e non rientrano, per contro, fra quelle parti suscettibili di destinazione al servizio dei condomini in misura diversa ovvero al godimento di alcuni condomini e non di altri (art. 1123 c.c., commi 1 e 2)” (Cass. n. 11423 del 1990; Cass. n. 4403 del 1999).

4. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

In applicazione del principio della soccombenza, il ricorrente Condominio deve essere condannato alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 2.000,00 per onorar, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.

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