L’obbligo di rendere il conto tra eredi si basa sul possesso esclusivo del bene ereditario da parte di uno di essi, senza che rilevi la mera detenzione che di quel bene abbia avuto un altro erede ancorché in virtù di un titolo contrattuale con il possessore, come nel caso della locazione, dove il locatore non perde il possesso del bene che viene dato in detenzione al terzo/conduttore.

 

Corte d’Appello Roma, Sezione 3 civile – Sentenza 13 novembre 2012, n. 5672

DIVISIONE EREDITARIA, RENDICONTO – DIVISIONE EREDITARIA – POSSESSO ESCLUSIVO DEL BENE DA PARTE DI UN EREDE – OBBLIGO DI RENDICONTO – SUSSISTENZA – LOCAZIONE DEL BENE AD ALTRO EREDE – MERA DETENZIONE – OBBLIGO DI RENDICONTO – ESCLUSIONE

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE D’APPELLO DI ROMA
TERZA SEZIONE CIVILE
composta dai signori magistrati
Dr. Antonio Azara – Presidente –
Dr.ssa Filomena Ruta – Consigliere –
Dr. Giuseppe Losinno – Consigliere relatore ed est. –
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di secondo grado iscritta al n. 5159/2009 del Reg. Sen. Affari Contenziosi posta in decisione all’udienza collegiale del 19.10.2012 e vertente
tra
Fo.Vi., nata (…), e Fo.Al., nato (…), rapp.ti e difesi dagli avv.ti An., Ma.La. e Lu.Pi. del foro di Latina ed elettivamente dom.ti presso lo studio dell’avv.to Em.Ca. in Roma, via (…), giusta delega in atti;
appellanti
c/
Fo.Gr., nata (…), rappresentata e difesa dagli avv.ti Gi.Di. e Mi.Ma. del foro di Latina ed elettivamente domiciliata in Latina, viale (…), presso lo studio dei medesimi avvocati, per delega in atti;
appellata
e
Se.St., nata (…), rapp.ta e difesa dall’avv. Bi.Pa. del foro di Latina e domiciliata in Roma, via (…), presso l’avv. Lu.D’A., giusta delega in atti;
appellata e appellante incidentale
e
Fo.Si., nato (…),
Fo.Gi., nato (…), e
Ia.An., nata (…), rapp.ti e difesi dall’avv. En.De. del foro di Cassino ed elettivamente dom.ti presso lo studio dell’avv.to Lu.D’A. in Roma, via (…), giusta delega in atti;
appellati
Oggetto: Appello a sentenza del Tribunale di Latina n. 848/09 (divisione ereditaria).
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione notificata in data 6.10.2009 Fo.Vi. e Fo.Al. hanno proposto appello avverso la sentenza n. 848 – 09 emessa in data 28.04.2009 dal Tribunale di Latina con la quale, non definendo il giudizio di divisione ereditaria tra i sigg. Fo.Vi., Fo.Al. e Ia.An. (anche quale genitore dei minori Fo.Si. e Fo.Gi.) – attori con citazione notificata il 10.03.1994 nei confronti di Fo.Gr. e Se.St., previa dichiarazione di apertura della successione del defunto sig. Fo.Na., era stato ordinato lo scioglimento della comunione ereditaria con assegnazione ai singoli coeredi dei cespiti ereditari (indicati con il LOTTI A – B – C – della c.t.u. in atti); e ulteriore ordine di vendita del lotto D (terreno con sovrastante rudere sito in Sabaudia censito al fg. (…)) con delega ad un notaio e successiva suddivisione del ricavato tra i due eredi Fo.Vi. e Fo.Al.; determinando i conguagli secondo la ctu in atti; e, poi ancora, ordinando a Se.St. di pagare agli attori la somma di Euro 74.495.665 come individuata dalla ctu del 9.4.2004; ed ordinando ai coeredi di corrispondere a Fo.Gr. la somma di Euro 9.976,00, ciascuno per la sua quota ereditaria, come da consulenza del 19.7.2005; e finale revoca del sequestro giudiziario e del nominato custode; con spese del giudizio compensate.
Con il proposto appello si deduce la nullità ed erroneità della sentenza chiedendo la sua riforma con dichiarazione di collazione dei beni donati a Fo.Si. e Fo.Gi., revoca delle assegnazioni compiute dal tribunale e conseguente disposizione di vendita all’incanto di tutti i beni caduti in successione (in quanto non comodamene divisibili), e divisione del ricavato tra tutti gli eredi pro quota; con condanna di Fo.Gr. a pagare la somma di Euro 74.495,66 quale reddito del locale commerciale; il tutto previo supplemento di CTU per l’accertamento delle stato attuale del terreno agricolo e delle costruzioni sullo stesso realizzate da Fo.Gr.
Si è costituita Fo.Gr. per contestare l’appello proposto, ritenuto infondato, e per chiederne il rigetto.
Si è costituita Se.St. per contestare l’appello proposto; ed proponendo appello incidentale al fine di sentir dichiarare che i beni assegnati erano situati nel Comune di Pontinia (e non Sabaudia) e per la condanna della sola Fo.Gr., in virtù della detenzione esclusiva del locale commerciale, a rifondere ai coeredi la somma complessiva di Euro 74.495,665 oltre interessi come calcolati nella sentenza quale reddito locatizio; ed in subordine per vedere affermato che la Se. era tenuta alla corresponsione della detta somma in solido con Fo.Gr.
Si sono costituiti anche Fo.Gi., Fo.Si. e Ia.An. per contestare l’appello e chiederne il rigetto.
Sull’istanza di correzione della sentenza di primo grado, proposta da Fo.Gr. con ricorso in data 19.5.2010, la Corte – dopo aver sentito le parti in camera di consiglio – ha provveduto con ordinanza in data 7.01.2011 con la quale ha respinto l’istanza.
Quindi precisate le conclusioni avanti al Consigliere Istruttore (secondo le norme di rito vigenti anteriormente all’1.05.1995), la causa passava al collegio che all’udienza del 19.10.2012 l’ha trattenuta in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di appello (sub. A) riguarda l’errore commesso dal tribunale nell’identificare i beni caduti in successione come ubicati nel Comune di Sabaudia anziché in quello di Pontinia (come risultava anche dalle ctu del geom. Vo. e del geom. Zo.); motivo che va accolto con conseguente correzione del dispositivo della sentenza.
Inoltre si deduce che il tribunale, prendendo come base i valori di stima del geom. Vo. (al 2005), aveva assegnato il LOTTO C (stimato in Euro 136.365,00) a Fo.Gr. titolare della quota ereditaria (pari ai 2/12) di valore pari a Euro 48.391,00, senza onerarla della differenza (Euro 87.974,00) a titolo di conguaglio a favore degli altri eredi.
Tale motivo è fondato perché non par dubbio che si sia trattato di una mera dimenticanza del primo giudice che, attribuendo alla coerede Gr.Fo. un bene di valore superiore (Euro 136.365,00) alla sua quota ereditaria (pari a Euro 48.391,00), non l’aveva onerata del pagamento del c.d. conguaglio a favore degli altri coeredi – secondo le loro quote ereditarie (limitandosi ad indicare nel dispositivo la frase “determina i conguagli secondo la C.T.U. in atti”).
La somma in eccedenza – pari a Euro 87.974,00 – andava ripartita tra gli altri coeredi secondo le loro quote, per i dodicesimi già indicati in sentenza (Euro 7.331,17 x le quote dei singoli); e di ciò si tratterà nell’esame dell’ulteriore motivo di appello principale.
Si deduce ancora, da parte degli appellanti, che il tribunale aveva commesso un ulteriore errore non avendo assegnato alcun bene in natura agli appellanti limitandosi ad attribuire loro il ricavato della disposta vendita del LOTTO b (terreno agricolo – stimato dal ctu in Euro 14.166,00) senza tenere conto del valore della quota (pari a 2/12′) spettante a ciascuno degli eredi appellanti (per valore di Euro 43.391,00 ciascuno); e non tenendo conto che su quel terreno Fo.Gr. aveva edificato abusivamente un manufatto che rendeva non commerciabile il lotto di terreno in questione (che il ctu geom. Vo. non aveva adeguatamente descritto con riferimento alle costruzioni esistenti).
Ancora si sostiene che il tribunale abbia omesso di disporre la collazione dei beni donati a Fo.Si. e Fo.Gi. in quanto presupposto necessario per la esatta ricostruzione dell’asse ereditario della successiva divisione che, per la diversità delle quote e per la non comoda divisibilità dei beni, doveva avvenire mediante messa in vendita di tutti i beni e successiva ripartizione del ricavato.
L’appello è in parte fondato.
L’infondatezza riguarda la parte del proposto motivo riferito alle modalità seguite dal Tribunale di Latina per pervenire allo scioglimento della comunione tra le parti coeredi del defunto sig. Fo.Na., ed in particolare l’attribuzione di beni immobili ai singoli eredi piuttosto che procedere con una vendita totale dell’asse ereditario e successiva attribuzione del denaro proveniente dalla vendita.
Non condivisibile è la sentenza appellata, e fondato l’appello, relativamente alla scelta finale di ordinare la vendita a mezzo notaio delegato del lotto b con successiva suddivisione del ricavato tra eredi qui appellanti.
Poiché è noto che in materia di scioglimento delle comunioni ereditarie lo scopo precipuo del procedimento di scioglimento è quello di favorire la divisione in natura, in difetto di accordo tra le parti, è compito del Giudice fare la scelta tenuto conto dei dati di fatto forniti dalle parti e delle norme in materia di divisione (articoli 713 e seguenti del c.c. richiamati dall’art. 116 c.c. in tema di comunione) sul presupposto, oggettivo, della divisibilità o meno dei singoli beni e di situazioni di fatto che orientino la scelta a favore di uno degli eredi piuttosto che di altro.
Il principio generale è posto dall’art. 718 c.c., il quale attribuisce a ciascun coerede il diritto di conseguire in natura la parte dei beni a lui spettanti con le modalità stabilite dai successivi art. 726, 727 e 728 c.c.; ne consegue che ove le quote siano diverse tra loro ed i beni in natura non siano sufficienti a soddisfare il diritto alla divisione in natura paritaria (art. 718 c.c.) soccorre il criterio finale disciplinato dall’art. 728 c.c. (“l’ineguaglianza in natura nelle quote ereditarie si compensa con un equivalente in danaro”): di tal che, operata la scelta di dividere la massa con attribuzione ai singoli di beni pur tra loro diversi e non omogenei per valore e/o caratteristiche, il conguaglia in danaro rappresenta la forma di tutela dell’erede sfavorito dall’attribuzione in natura (cfr. Cass. civ., sez. II, 12/03/2010, n. 6134: “in tema di divisione ereditaria, rientra nei poteri del giudice di merito, ed è perciò incensurabile in cassazione, accertare se, nell’ipotesi in cui nel patrimonio comune vi siano più immobili da dividere, il diritto del condividente sia meglio soddisfatto attraverso il frazionamento delle singole entità immobiliari oppure attraverso l’assegnazione di interi immobili ad ogni condividente, salvo il conguaglio in favore degli altri”).
Ritiene la Corte, tanto premesso, che la scelta operata dal Tribunale, nei confronti degli appellanti, sia errata e vada riformata dovendosi attribuire il Lotto D) ai sigg. Fo.Vi. e Fo.Al. (in comunione tra loro) al valore stimato dal CTU geom. An.Vo. di Euro 14.166,00; con loro diritto al conguaglio in danaro derivante dalla inferiorità della loro quota (unitariamente pari a 4/12) stimata di valore pari a Euro 48.391,00 x 2 = 96.782,00.
Il conguaglio è pari a Euro 82.616,00, da dividere per i due appellanti (titolari di pari quota), con una somma di Euro 41.308,00 a favore di ciascuno dei medesimi che essi dovranno vedersi corrisposta per una parte da Fo.Sim. (Euro 8.000,00) e da Fo.Gi. (Euro 8.000,00) ed per altra parte da Fo.Gr. (Euro 66.616,00); cioè dai coeredi che risultano aver ricevuto beni di valore superiore alla loro quota (come da tabella alla penultima pagina della ctu geom. Vo. del 5.3.2004) ed in proporzione alla differenza da dare agli appellanti.
Sul motivo di appello relativo all’asserita omessa collazione del bene donato in vita dal nonno ai nipoti Si. e Gi., la Corte rileva che il tribunale, con ordinanza in data 8.02.2003, aveva rimesso la causa sul ruolo proprio sul presupposto che il nominato C.T.U. geom. Zo. non aveva tenuto conto del bene oggetto della donazione; in seguito le nuove c.t.u., nell’eseguire la ricostruzione dell’asse ereditario, avevano tenuto conto di quell’immobile stimandolo e descrivendolo (quale lotto A).
Peraltro, non va trascurato che in primo grado gli odierni appellanti avevano agito con un atto di citazione insieme alla sig.ra Ia.An. (anche quale esercente la potestà sui figli minori Gi. e Si.Fo.) senza sollevare alcuna contestazione sulla questione sollevata con il presente gravame; al contrario, nella comparsa conclusionale di prime cure essi avevano esplicitato (a pag. 2) che il defunto era stato proprietario di vari beni tra cui “3) appartamento nella stessa località e distinto nel N.C.E.U. al foglio (…) particella n. (…) sub. 2, cat. A/4 vani 4. Detto cespite era stato donato dal de cuius ai nipoti Fo.Si. e Gi. (jr), figli dell’altro suo figlio Fo.Gi., a lui premorto, con atto pubblico del notaio Ma. del 13/02/1985”.
L’infondatezza, e pretestuosità, del motivo appare oltremodo palese anche tenuto conto che quel bene, in sede di divisione, è stato assegnato proprio ai nipoti del defunto quale lotto A di cui alla CTU (venendo così a far parte dell’asse relitto e, quindi, conferito dai donatari).
Con il motivo sub. B) si contesta la decisione del tribunale di condannare la sig.ra Se. a pagare agli altri eredi la somma di Euro 74.495,665, oltre interessi, quale reddito locatizio dell’immobile commerciale per il periodo 1/06/1991 – 31/03/2004, poiché quei canoni erano dovuti da Gr.Fo. che aveva occupato ed utilizzato il locale traendone il relativo utile senza corrispondere nulla agli altri eredi; e la Se. poteva essere considerata soltanto tenuta in solido, per aver consentito l’utilizzo del bene, ma non avendolo utilizzato personalmente. Sul motivo relativo al soggetto tenuto al pagamento dell’indennità per mancato utilizzo di beni ereditari (per l’importo calcolato dal CTU), la Corte rileva che il primo giudice aveva posto tali somme a carico della sig.ra Se. (moglie del defunto) così motivando: “.. con riferimento al locale commerciale, vi è in atti documentazione attestante la detenzione del medesimo immobile da parte della moglie del de cuius Se.St. e la concessione in locazione del medesimo immobile alla Fo.Gr., che lo ha effettivamente detenuto. Questo Collegio, ciò esposto, ritiene che il reddito derivante dalla locazione sia stato riscosso dalla Se., avendo la Fo., in vista di questo contratto, autonomamente richiesto ed ottenuto la licenza commerciale, ed avendo la stessa svolto attività indipendente, non si ritiene sia tenuta al rendiconto richiesto da parte attrice”; motivazione che risulta condivisibile in quanto correttamente basata sulla valutazione del soggetto che aveva effettivamente posseduto e goduto del bene ricavandone il suo “naturale” frutto (che trattandosi di “locale commerciale” non era altro che il canone locatizio e non il reddito d’azienda ricavato dal terzo detentore).
E’ noto, infatti, che l’obbligo di rendere il conto tra eredi si basa sul possesso esclusivo del bene ereditario da parte di uno di essi, senza che rilevi la mera detenzione che di quel bene abbia avuto un altro erede ancorché in virtù di un titolo contrattuale con il possessore (come per il contratto di locazione, dove il locatore non perde il possesso del bene che viene dato in detenzione al terzo/conduttore; cfr. Cass. civ., sez. trib., 25/05/2007, n. 12268: “la stipulazione di un contratto di locazione non comporta la perdita del possesso, da parte del locatore, dell’unità immobiliare, in quanto il locatario avrebbe la mera detenzione dell’unità medesima; perciò non può usufruire delle agevolazioni tributarie “prima casa” l’acquirente che già possieda un immobile idoneo ad abitazione, pur non avendo la materiale disponibilità del bene per averlo dato in locazione”).
La parte obbligata a rendere il conto ed a corrispondere le rendite dell’immobile comune era, quindi, la sola sig.ra Se.St. che aveva concesso il bene in locazione alla figlia Gr. ed aveva incassato i relativi canoni locatizi.
Il motivo di appello (anche incidentale) va, quindi, disatteso. Pertanto, in conclusione, va riformata la sentenza di primo grado confermando le attribuzioni a tutti i condividenti dei beni facenti parte della massa da dividere (con conguaglio in danaro a favore dei soli appellanti non essendovi stata impugnazione incidentale da parte degli altri coeredi che, in merito, si sono accontentati dal mero richiamo operato dal tribunale ai conguagli secondo la ctu).
Valutato l’esito complessivo del presente grado di giudizio reputa la Corte che le spese debbano gravare sulle parti appellate soccombenti a vantaggio degli appellanti; con spese liquidate da questa Corte tenuto conto del valore della controversia e della complessiva attività posta in essere dal procuratore della parte vittoriosa nel presente giudizio secondo i parametri ministeriali attualmente in vigore.
Infatti, l’art. 9 del d.l. n. 1/2012, convertito nella legge n. 27/2012, ha abrogato la tariffa forense di cui al dm n. 127/2004, statuendo, al comma 2, che nel caso di liquidazione da parte di un organo giurisdizionale, il compenso dell’avvocato sia determinato sulla base di parametri stabiliti con decreto del Ministro della Giustizia; parametri che sono stati approvati con decreto n. 20.07.2012 n. 140 (in G.U. n. 195 del 22.8.2012), ed in vigore dal 23.8.2012, come statuito espressamente dal l’art. 42 del decreto.
Per le cause avanti alla Corte di Appello i parametri prevedono: “Valore medio di liquidazione corrispondente a quello dello scaglione previsto per il tribunale, aumentato del 20%”.
Nel caso in esame – trattandosi di controversia con valore indeterminato – lo scaglione è quello tra 50.001 e 100.000 euro; con importo risultante pari a Euro 5.500,00, da ridurre del 50% (= 2.750) per il “valore medio”. Sulla somma così ottenuta (2.750,00) si applica l’aumento del 20% per il grado di appello e si ottiene il compenso spettante alla parte vittoriosa di Euro 3.300,00.
P.Q.M.
La Corte di Appello di Roma – Terza Sezione Civile – definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione respinta, sull’appello avverso la sentenza del Tribunale di Latina emessa in data 28.04.2009 (depositata il 3.06.2009 con il n. 848/09) proposto da Fo.Vi. e Fo.Al. nei confronti di Fo.Gr., di Se.St. (appellante incidentale), Ia.An., Fo.Gi. e Fo.Si., così decide:
A) a correzione della appellata sentenza, dichiara che i beni caduti in successione di Fo.Na. e di cui al dispositivo della sentenza n. 848/09 del Tribunale di Latina sono siti in “PONTINIA” (Latina) e non in Sabaudia;
B) in parziale accoglimento dell’appello principale ed in parziale riforma della sentenza appellata, revoca l’ordine di vendita del lotto b) e la conseguente delega al notaio Ce. di Latina; ed in conseguenza del già ordinato scioglimento la comunione ereditaria tra le parti in causa, assegna la piena proprietà del lotto D (terreno agricolo di are 38.74,con sovrastante rudere, sito in Pontinia – LT – censito al N.C.T. al foglio (…)) – pro indiviso – ai sigg. Fo.Vi. e Fo.Al. (valore stimato Euro 14.166,00), con diritto al conguaglio per la somma totale di Euro 82.616,00;
C) Condanna, in conseguenza, Fo.Gr. a pagare a Fo.Vi. la somma di Euro 33.308,00, ed a Fo.Al. la somma di Euro 33.308,00, con maggiorazione degli interessi legali dalla data della domanda sino al saldo;
D) Condanna. in conseguenza, Fo.Si. a pagare a Fo.Vi. la somma di Euro 4.000,00, ed a Fo.Al. la somma di Euro 4.000,00, con maggiorazione degli interessi legali dalla data della domanda sino al saldo;
E) Condanna, in conseguenza, Fo.Gi. a pagare a Fo.Vi. la somma di Euro 4.000,00, ed a Fo.Al. la somma di Euro 4.000,00, con maggiorazione degli interessi legali dalla data della domanda sino al saldo;
F) Ordina al Competente Conservatore dei RR. II. di Latina procedere alla trascrizione della presente sentenza;
G) conferma nel resto l’appellata sentenza;
H) condanna gli appellati, in solido tra loro, alla rifusione delle spese di questo grado del giudizio sostenute dagli appellanti liquidandole in Euro 400,00 per spese e Euro 3.300,00 per compenso professionale (oltre IVA e CAP come per legge).
Così deciso in Roma il 19 ottobre 2012.
Depositata in Cancelleria il 13 novembre 2012.

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