Il contratto di locazione non è invalido in caso di abuso edilizio, venendo a riverberare la condizione giuridica predetta sulla qualità del bene immobile, e non anche sulla eseguibilità della prestazione del locatore avente ad oggetto la concessione del pieno e continuato godimento del bene.

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Tribunale Roma Sezione 6 Civile Sentenza 12 dicembre 2019 n. 23896

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA

SESTA CIVILE

Il Tribunale in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott. Daniele D’Angelo, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 41783/2018 promossa da:

(…) (C.F.(…)), elettivamente domiciliato in Roma, Piazza (…), presso lo studio dell’Avv. Ca.Or. che lo rappresenta e difende giusta procura a margine del ricorso introduttivo del presente giudizio

RICORRENTE

contro

(…) s.r.l.s (C. F. (…)), in persona del legale rapp.te p.t., elettivamente domiciliata in Roma, Via (…), presso lo studio dell’Avv. Ra.Gl. che la rappresenta e difende giusta procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta

RESISTENTE

OGGETTO: azione di esatto adempimento in materia locatizia

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Conclusioni delle parti ed esposizione dei fatti

Con ricorso depositato in data 21.06.2018 (…) ha chiesto di vocare in giudizio la società (…). s.r.l.s rassegnando le seguenti conclusioni: “Voglia l’Ill.mo Tribunale adito, condannare la suddetta società al pagamento in favore del dott. (…) della complessiva somma che alla data della pubblicazione della sentenza risulterà dovuta a titolo di morosità per la locazione dell’immobile sito in R., Via (…), angolo (…), e che alla data odierna ammonta ad Euro 15.030,00 oltre interessi moratori e/o in subordine legali dalle singole scadenze sino al di del pagamento”. Con vittoria delle spese di lite.

Si è costituita la società (…) s.r.l.s con comparsa di costituzione e risposta depositata in data 12.02.2019 nella quale ha rassegnato le seguenti conclusioni: “Voglia l’Ill.mo Tribunale di Roma, dichiarare improcedibile la causa per mancato esperimento della mediazione; in via gradata e subordinata, accertare la carenza di legittimazione passiva o in ogni caso la non opponibilità degli atti del presente giudizio per mancanza di vincolo contrattuale tra la (…) s.r.l.s ed il (…); in via gradata e subordinata, accertare non dovute comunque le somme richieste a titolo di canone di locazione a far data dal 29.03.2018 poiché caducato in ogni caso da tale data il contratto di locazione (…); in via subordinata e gradata, ove ritenuto efficace il subentro nel contratto di locazione pur denegato dal (…), accertare e dichiarare la nullità del contratto stipulato in data 26.04.2012 per illiceità della causa, ed in via ancor più gradata la validità della risoluzione del contratto di affitto (…) per grave inadempimento del (…), dalla data della nota raccomandata di contestazione del 13.06.2017, o, in via ancor più gradata dichiarare ed accertare l’annullamento o la nullità contrattuale stante la palese difformità dei locali e l’abuso edilizio presente all’uso previsto in contratto; in tutti i casi indicati, rigettare le avverse domande, accertare non dovute le somme ex adverso richieste mancando il vincolo contrattuale posto alla base del ricorso introduttivo. In via incidentale, gradata e subordinata accertare quale legittima la sospensione dei pagamenti tra la (…) e la (…) e quindi con il (…), relativamente alla quota del canone di locazione, stante l’intervenuta risoluzione per grave inadempimento, o l’annullamento o nullità della locazione ed in considerazione della fondatezza dei fatti descritti dalla (…) con nota racc. del 13.06.2017, o in via ancor più gradata, dalla data della tentata mediazione del 08.11.2017, e quindi non dovute le somme ex adverso richieste. In via ancor più gradata, accertare e dichiarare non dovute le somme richieste,o ove dovute, dichiarare legittima la compensazione con l’importo di Euro 22.200,00 quale somma portata dal contratto di locazione registrato in data 25.07.2018 quale importo sostenuto dalla (…) per nuovo contratto necessario per il trasferimento dell’attività e quindi opposto in questa sede a titolo di compensazione indennitaria e risarcitoria all’importo ex adverso richiesto”.

Espone il ricorrente: a) di aver stipulato in data 26.04.2012 con la società (…) s.r.l contratto di locazione ad uso commerciale della durata di anni sei con decorrenza dal 26.04.2012 avente ad oggetto l’immobile di sua proprietà sito in R., Via di (…), angolo V. C. al canone mensile di Euro 1.670,00; b) che, successivamente, con atto di cessione sottoscritto in data 31.12.2014, la (…) s.r.l cedeva l’azienda alla sig.ra (…); c) che, quest’ultima a sua volta, con contratto del 03.11.2016 affidava la gestione dell’azienda di cui era divenuta titolare per effetto della cessione, alla società (…) s.r.l.s per la durata di mesi trenta; d) che, quest’ultima non ha adempiuto le obbligazioni previste contrattualmente nella misura in cui ha omesso di versare il corrispettivo per la locazione relativo alle mensilità di settembre, ottobre, novembre e dicembre 2017, gennaio, febbraio, marzo, aprile, maggio 2018 maturando così una morosità complessiva pari ad Euro 15.030,00; e) che, in seguito al procedimento di sfratto per morosità incardinato presso il Tribunale di Roma nei confronti della sig.ra (…) in qualità di proprietaria dell’azienda e della società (…) s.r.l.s in qualità di gestore della stessa, veniva emessa ordinanza di rilascio dell’immobile condotto in locazione.

La resistente, contestando le deduzioni ex adverso formulate eccepisce in via preliminare: a) la carenza di legittimazione passiva nel presente giudizio, stante l’assenza di un vincolo contrattuale intercorrente fra la stessa e il locatore, sig. (…); nel merito: a)la legittimità della sospensione del pagamento del canone stante l’inidoneità dell’immobile locato all’uso convenuto e la conseguente impossibilità di godimento dello stesso a causata dalla presenza di un ingente abuso edilizio consistito nella mutazione della destinazione d’uso del locale il quale, a differenza di quanto dichiarato nel contratto, non rientrerebbe interamente nella categoria catastale C/1, ma per oltre la metà nella categoria catastale C/2; b) che, tale circostanza, è stata confermata all’esito dell’accertamento tecnico preventivo promosso dal locatore presso il Tribunale di Roma (r.g. n. 69171/2017) dal quale è invero emerso che l’abuso edilizio era stato eseguito antecedentemente all’ingresso della (…) s.r.l.s ed è stato tale da inficiare la valenza della locazione; c) che, tale difformità ha comportato l’impossibilità di ottenere la certificazione di agibilità dei locali, precludendone dunque l’utilizzazione per motivi di sicurezza; d) che, inoltre, al fine di evitare l’interruzione dell’attività commerciale, la stessa informava con racc. del 26.06.2017 il locatore della circostanza, precisando che in difetto di regolarizzazione avrebbe caducato il rapporto in essere e trasferito l’azienda in altra sede; e) che, il locatore, con nota del 14.07.2017 comunicava il proprio dissenso in merito alla proposta di sanatoria, specificando che la variazione della destinazione d’uso non era a lui ascrivibile essendo stata effettuata dal precedente conduttore, società (…) S.r.l. e di non essere peraltro mai stato informato dei vari subentri nella gestione del locale; f) che, in data 15.07.2017, al fine di poter proseguire l’attività commerciale è stata costretta ad affittare un nuovo immobile; La causa, istruita con produzione documentale è pervenuta all’odierna udienza per la decisione.

2. In rito

In rito deve essere dichiarata la improcedibilità delle domande riconvenzionali avanzate dalla resistente nella memoria di costituzione per la mancanza dell’istanza di cui all’art. 418 c.p.c. espressamente prevista dal legislatore a pena di decadenza. Dunque le domande di nullità, annullabilità e accertamento della risoluzione, in quanto nuove e ampliative del thema decidendi, devono essere considerate come riconvenzionali. Le stesse, allora, potranno essere valutate unicamente quali eccezioni.

3. Nel merito della controversia

Occorre in via preliminare evidenziare che l’eccezione di carenza di legittimazione passiva sollevata dalla odierna resistente è priva di fondamento e pertanto deve essere respinta. Come si evince dalla documentazione prodotta in atti, infatti, la società (…) s.r.l.s ha stipulato, in data 31.12.2014, contratto di affitto di azienda assumendo la gestione dell’attività commerciale di cui era titolare la sig.ra (…), la quale era divenuta conduttrice dell’immobile di cui è causa per effetto della cessione d’azienda effettuata in suo favore dalla (…) S.r.l., originaria conduttrice. Come si evince chiaramente dalla disposizione contenuta nell’art.2 del contratto di gestione d’azienda, “sono a carico della (…) s.r.l.s i canoni mensili di locazione del locale, le utenze, le tasse e tutto quanto inerente l’attività. I canoni di locazione verranno pagati dalla (…). s.r.l.s direttamente al locatore a partire dal 5 novembre 2016 fino al 5 maggio 2019” (cfr. art. 2 all.6 comparsa di costituzione e risposta). Pertanto, deve rilevarsi come, per effetto della sottoscrizione del contratto di gestione d’azienda, l’odierna resistente abbia assunto l’obbligazione principale gravante sulla conduttrice rappresentata dal versamento del corrispettivo per il godimento dell’immobile in favore del locatore e sia, pertanto, tenuta all’adempimento della stessa ex art. 36 della L. n. 392 del 1978.

Tanto ciò premesso, deve rilevarsi che la domanda avanzata dall’odierno ricorrente è fondata per quanto di seguito esposto.

Come noto, “in tema di prova dell’inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per l’adempimento o il risarcimento del danno deve soltanto provare la fonte del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento” (così le Sezioni Unite n.13533.2001 e tutta la giurisprudenza successiva: v. da ultimo Cass. n. 826.2015; Cass. n.15659.2011; Cass. n.3373.2010; Cass. n.9351.2007). In materia di responsabilità contrattuale pertanto, il paciscente che agisce per l’esatto adempimento ha solo l’onere di provare il fondamento del suo diritto mentre può semplicemente allegare l’altrui condotta inadempitiva. In questo caso sarà onere della controparte dimostrare in giudizio l’esattezza e completezza dell’adempimento posto in essere. Orbene, nella fattispecie de qua deve rilevarsi come il ricorrente, abbia assolto al proprio onere probatorio, attraverso la produzione del titolo giuridico fondante la pretesa creditoria azionata, rappresentato dal contratto di locazione stipulato con la società (…) s.r.l originaria conduttrice, contenente l’obbligo per il conduttore di versare il corrispettivo per la locazione pari ad Euro 1670,00 mensili (doc.4 ricorso introduttivo) nonché dei successivi atti che provano l’avvenuta cessione dello stesso congiuntamente all’azienda in favore della sig.ra (…) e l’affidamento in gestione dell’attività da parte di quest’ultima alla odierna resistente. Dedotto dunque l’inadempimento, rappresentato nel caso di specie, dal mancato pagamento del canone relativo alle mensilità di settembre, ottobre, novembre, dicembre 2017, gennaio, febbraio, marzo, aprile e maggio 2018 nel termine pattuito, spettava alla società resistente, onde paralizzare la domanda della controparte, dimostrare fatti modificativi, impeditivi o estintivi del diritto azionato. Nessuna prova dell’esatto adempimento è invece pervenuta dalla stessa, la quale, invero, non ha negato l’omissione contestatale, ma si è limitata ad addurre, al fine di giustificare la propria condotta, l’inidoneità dei locali all’uso pattuito a causa della presenza di un grave abuso edilizio, circostanza che avrebbe, in tesi, precluso l’ottenimento del certificato di agibilità e, per l’effetto, determinato l’impossibilità di esercitare l’attività commerciale cui era destinato l’immobile.

Al riguardo, deve in primo luogo segnalarsi che “nei contratti con prestazioni corrispettive, quando le parti si addebitino inadempimenti reciproci, proponendo l’una contro l’altra vicendevolmente domande contrapposte, come del resto nel caso in cui il convenuto si limiti a contrastare la domanda di risoluzione o di adempimento, giustificando la propria inadempienza con l’inadempienza dell’altro contraente, il giudice del merito, ai fini della decisione, deve procedere ad una valutazione unitaria e comparativa dei rispettivi inadempimenti e comportamenti dei contraenti, che, al di là del pur necessario riferimento all’elemento cronologico degli stessi, li investa nel loro rapporto di dipendenza (sul piano causale) e di proporzionalità, nel quadro della funzione economico-sociale del contratto, in maniera da consentire di stabilire su quale dei contraenti debba ricadere l’inadempimento colpevole che possa giustificare l’inadempimento dell’altro, in virtù del principio inadimplenti non est adimplendum. Il suddetto giudizio comparativo dei rispettivi comportamenti delle parti contraenti deve riguardare questi fino al momento della proposizione delle domande giudiziali e delle eccezioni” (cfr. Cass. 1077/95).

Nel caso di specie, la società resistente lamenta la sussistenza di un abuso edilizio nell’immobile in cui esercita la propria attività commerciale derivante dal cambio di destinazione d’uso di una parte dello stesso effettuato antecedentemente al proprio ingresso che avrebbe reso quest’ultimo inidoneo all’uso pattuito nel contratto. Precisa invero che, i locali in oggetto, a differenza di quanto dichiarato nel contratto, il quale configurava gli stessi nella categoria catastale C/1, erano per oltre la metà nella categoria catastale C/2. Tale circostanza, avrebbe comportato l’impossibilità di ottenere il certificato di agibilità e, per l’effetto, l’impossibilità per la (…). s.r.l.s di svolgere al proprio interno l’attività commerciale cui era convenzionalmente destinato l’immobile (nella specie attività commerciale e artigianale di somministrazione di cibi e bevande).

Con riguardo all’eccezione formulata dall’odierna resistente secondo la quale il mancato rilascio del certificato di agibilità costituirebbe inadempimento ascrivibile al locatore e pertanto circostanza idonea a legittimare l’inadempimento delle obbligazioni contrattualmente assunte dal conduttore deve rilevarsi quanto segue. Sul punto, la Suprema Corte appare oscillare tra due orientamenti. Secondo il primo, più rigoroso, “Nei contratti di locazione relativi ad immobili destinati ad uso non abitativo, grava sul conduttore l’onere di verificare che le caratteristiche del bene siano adeguate a quanto tecnicamente necessario per lo svolgimento dell’attività che egli intende esercitarvi, nonché al rilascio delle necessarie autorizzazioni amministrative; ne consegue che, ove il conduttore non riesca ad ottenere tali autorizzazioni, non è configurabile alcuna responsabilità per inadempimento a carico del locatore, e ciò anche se il diniego sia dipeso dalle caratteristiche proprie del bene locato. La destinazione particolare dell’immobile, tale da richiedere che lo stesso sia dotato di precise caratteristiche e che attenga specifiche licenze amministrative, diventa rilevante, quale condizione di efficacia, quale elemento presupposto o, infine, quale contenuto dell’obbligo assunto dal locatore nella garanzia di pacifico godimento dell’immobile in relazione all’uso convenuto, solo se abbia formato oggetto di specifica pattuizione, non essendo sufficiente la mera enunciazione, in contratto, che la locazione sia stipulata per un certo uso e l’attestazione del riconoscimento dell’idoneità dell’immobile da parte del conduttore” (Corte di Cassazione, Sez. III, ord. n. 14731/2018). Dunque, secondo tale filone esegetico, la semplice indicazione di una specifica destinazione d’uso non rileverebbe quale assunzione di espresso obbligo da parte del locatore. Inoltre, il conduttore avrebbe l’onere di verificare se le caratteristiche del bene siano adeguate a quanto tecnicamente necessario per lo svolgimento dell’attività che intende esercitarvi.

Secondo altra interpretazione invece, “Su tale specifico punto, la giurisprudenza di questa Corte, pur a seguito di talune oscillazioni nel tempo, si è da ultimo attestata nell’affermazione del principio in forza del quale il locatore è chiamato a rispondere del mancato conseguimento dei titoli amministrativi e/o abilitativi per l’esercizio dell’attività dedotta in contratto esclusivamente nel caso in cui abbia espressamente assunto l’impegno di conseguire detti titoli, ovvero nel (solo) caso in cui il conseguimento di tali titoli debba ritenersi totalmente e definitivamente impossibile in ragione delle caratteristiche intrinseche del bene concesso in godimento (Sez. 3, Sentenza n. 13651 del 16/06/2014, Rv. 631823-01; Sez. 3, Sentenza n. 26907 del 19/12/2014, Rv. 633840-01; Sez. 3, Sentenza n. 666 del 18/01/2016, Rv. 638364-01; Sez. 3, Sentenza n. 15377 del 26/07/2016, Rv. 641148-01)” (Corte di Cassazione, Sez. III, sen. n. 20796/2018, parte motiva).

Sia per l’uno che per l’altro filone esegetico, quindi, la validità del contratto di locazione non è inficiata dall’eventuale condizione di abuso edilizio così che tutte le eccezioni relative alla nullità e annullabilità del contratto devono essere rigettate. La Cassazione ha chiarito che “il carattere “abusivo” di una costruzione concretandosi in una illiceità dell’opera, può costituire fonte della responsabilità dell’autore nei confronti dello Stato ma non comporta la invalidità del contratto di locazione della costruzione stipulato tra privati, trattandosi di rapporti distinti e regolati ciascuno da proprie norme, venendo e riverberare la condizioni giuridica predetta sulla qualità del bene immobile, e non anche sulla eseguibilità della prestazione del locatore avente ad oggetto la concessione del pieno e continuato godimento del bene (cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 583 del 29/01/1982 che ha esaminato il caso di abuso edilizio consistente nella costruzione fatta dal privato su terreno demaniale. Vedi giurisprudenza sopra richiamata: Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 583 del 29/01/1982; id. Sez. 3, Sentenza n. 4228 del 28/04/1999; id. Sez. 3, Sentenza n. 19190 de/ 15/12/2003; id. Sez. 3, Sentenza n. 22312 del 24/10/2007; id. Sez. 3, Sentenza n. 12983 del 27/05/2010; vedi Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 11964 del 16/05/2013)” (Corte di Cassazione, Sez. III, sen. n. 9558/2017, parte motiva).

Orbene nel caso di specie, la società (…) s.r.l.s asserisce che la presenza dell’abuso edilizio relativo all’immobile condotto in locazione dalla sig.ra (…) avrebbe determinato l’impossibilità di conseguire la certificazione di agibilità e, dunque, precluso l’esercizio dell’attività commerciale cui era destinato il locale, senza, a ben vedere, fornire alcuna prova in ordine a tale circostanza.

Ed invero, come evidenziato precedentemente, il locatore può considerarsi inadempiente solo ove non abbia ottenuto, in presenza di un espresso obbligo contrattuale, le autorizzazioni amministrative che condizionano la regolarità del bene sotto il profilo edilizio ovvero quando le carenze intrinseche o le caratteristiche proprie del bene locato ostino in misura oggettiva all’adozione di tali atti e all’esercizio dell’attività del conduttore. Al riguardo, deve rilevarsi come, tali condizioni non appaiano sussistere nel caso di specie. Dalla documentazione prodotta in atti, invero, non si evince alcun obbligo contrattualmente assunto a carico del locatore in merito all’adempimento degli obblighi amministrativi necessari all’esercizio legittimo dell’attività (cfr. art.5 contratto locazione). Allo stesso modo, alcun nesso eziologico appare sussistere tra la difformità edilizia lamentata e il mancato conseguimento del certificato di agibilità dei locali. La società resistente non dimostra, a ben vedere, che il mancato rilascio del certificato di agibilità è dipeso dalla presenza di una carenza intrinseca o dalle caratteristiche proprie dell’immobile locato ossia, nel caso di specie, dalla situazione di difformità dello stesso alle norme urbanistiche ed edilizie così come, non fornisce alcuna prova in ordine all’oggettiva impossibilità di ottenere detta certificazione per effetto della carenza lamentata. Al riguardo, inconferente risulta, sul piano probatorio, il riferimento effettuato dalla resistente, al contenuto dell’accertamento tecnico preventivo promosso dal locatore nei confronti della (…) s.r.l., della (…) e della (…) s.r.l.s presso il Tribunale di Roma (cfr. doc. 4 comparsa di costituzione e risposta) nel quale sarebbe stata accertata la presenza di un grave abuso edilizio eseguito anteriormente all’ingresso della stessa nell’immobile tale da inficiare la valenza della locazione atteso che, detto accertamento, a ben vedere, aveva ad oggetto l’indagine circa l’esistenza, l’entità, la tipologia e la natura delle opere realizzate all’interno dell’immobile locato dalla originaria conduttrice, (…) s.r.l. e non, la valutazione della sussistenza e dell’incidenza sulla res locata dell’abuso edilizio lamentato dalla (…). s.r.l.s nel presente giudizio consistito, invero, nel mutamento della destinazione d’uso dei locali.

Ciò premesso, deve inoltre evidenziarsi come sia principio acclarato in giurisprudenza quello secondo cui “in tema di locazione, al conduttore non è consentito di astenersi dal versare il canone, ovvero di ridurlo unilateralmente, nei casi in cui si verifichi una riduzione o una diminuzione nel godimento del bene, e ciò anche quando si assume che tale evento sia ricollegabile al fatto del locatore, atteso che la sospensione totale o parziale dell’adempimento dell’obbligazione del conduttore è legittima soltanto qualora venga completamente a mancare la controprestazione da parte del locatore, costituendo altrimenti un’alterazione del sinallagma contrattuale che determina uno squilibrio tra le prestazioni delle parti” Cass. n. 1317 del 2015 (v., tra le altre, Cass. 10 gennaio 2008, n. 261, e l’ord. 23 giugno 2011, n. 13887). Come si evince chiaramente, al conduttore non è consentito astenersi dal versare il corrispettivo per il godimento del bene o determinarne unilateralmente la riduzione nel caso in cui si verifichi una riduzione o diminuzione del godimento del bene, anche quando si assuma che tale evento sia ricollegabile ad una condotta inadempiente posta in essere dal locatore. La sospensione totale o parziale dell’adempimento di detta obbligazione ai sensi dell’art.1460 c.c è invero legittima solo allorquando venga integralmente a mancare la prestazione della controparte. Pertanto, in virtù del principio di diritto sopra enunciato, solo il conduttore che non abbia potuto godere integralmente dell’immobile locato per fatto imputabile al locatore può legittimamente sospendere, ai sensi dell’art. 1460 c.c. il versamento del corrispettivo.

Ebbene, nel caso di specie, deve evidenziarsi come l’asserito vizio dell’immobile non sia stato, in ogni caso, tale da determinare la totale impossibilità di fruizione della res locata da parte della (…) s.r.l.s.. La resistente invero, non fornisce alcuna prova dell’incidenza del vizio lamentato sull’integrale effettivo godimento del bene locato (ordini di inibizione o dinieghi di autorizzazioni). L’assenza di una preclusione totale nel godimento dell’immobile nonostante la sussistenza dell’abuso edilizio è, del resto, confermata dal pagamento del canone avvenuto sino al mese di agosto 2017 (cfr. doc. 6 ricorso). Pertanto, in assenza di elementi probatori da cui desumere l’assenza integrale della prestazione da parte del locatore, la sospensione dell’obbligazione primaria del conduttore costituita dalla corresponsione del canone di locazione deve ritenersi illegittima.

L’accertata illegittimità della condotta posta in essere dalla resistente conduce all’accoglimento della domanda di pagamento avanzata dal ricorrente. Per tali motivi, la (…) s.r.l.s deve essere condannata alla corresponsione della somma complessiva di Euro 15.030,00 a titolo di canoni di locazione, oltre interessi legali dalle singole scadenze al saldo, in favore del sig. (…). Non può tenersi conto, invece, delle morosità maturate successivamente alla data di introduzione del presente giudizio (12.06.2018) in quanto fondate su circostanze di fatto ulteriori e successive all’introduzione nel presente contenzioso. Ciò determina la maturazione delle preclusioni di cui all’art. 414 c.p.c.

4. Sulle spese

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in conformità al D.M. n. 55 del 2014 in relazione ai procedimenti di cognizione innanzi al Tribunale di valore ricompreso tra Euro 5.200,00 ed Euro 26.000,00 eliminando la fase istruttoria che nel caso di specie non si è tenuta. Pertanto la società (…) s.r.l.s, deve essere condannata alla rifusione delle spese di lite in favore di (…) che si liquidano in Euro 3.235,00 per compensi ed Euro 485,25 per spese generali, oltre IVA, CPA e tutti gli ulteriori oneri di legge.

P.Q.M.

Il Giudice definitivamente pronunciando sulla causa specificata in epigrafe, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, così provvede:

condanna la (…) s.r.l.s al pagamento, in favore di (…), della somma complessiva di Euro 15.030,00 a titolo di canoni non corrisposti oltre interessi nella misura legale dalle singole scadenze al saldo;

condanna la (…) s.r.l.s alla rifusione di lite in favore di (…) che si liquidano in Euro 3.235,00 per compensi ed Euro 485,25 per spese generali, oltre IVA, CPA, oneri riflessi e tutti gli ulteriori oneri di legge.

Così deciso in Roma il 12 dicembre 2019.

Depositata in Cancelleria il 12 dicembre 2019.