Tribunale Monza, civile – Sentenza 17 settembre 2012, n. 2261
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI MONZA
Il Tribunale di Monza, in composizione monocratica, nella persona del giudice dott.ssa Laura Bertoli
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nella causa promossa
DA
Ba.Ma. e Ab.E.Wa.Mo., rappresentati e difesi dall’avv. Ch.Lo. ed elettivamente domiciliati presso lo studio di quest’ultimo in Brugherio
– attori –
CONTRO
Di.Tu. s.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. Ev.Li.Si.Bo. e dall’avv. Sa.Di. ed elettivamente domiciliata presso l’avv. Fa.Gi.Co. in Desio (presso Bl.El. s.r.l.)
– convenuta –
E
CONTRO
Fr.Zu., rappresentata e difesa dall’avv. Ma.Ma. ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Monza
– terza chiamata
con
atto di citazione notificato in data 11 febbraio 2009 avente a oggetto: risarcimento danni da vacanza rovinata
MOTIVI DELLA DECISIONE
In data 10.7.2008 Ba.Ma., cittadina italiana, e Ab.E.Wa.Mo., cittadino egiziano, acquistavano presso l’agenzia di viaggi gestita da Fr.Zu. un pacchetto turistico del tour operator Di.Tu.. Il pacchetto turistico, di cui gli attori avrebbero dovuto usufruire per il loro viaggio di nozze, comprendeva un viaggio e soggiorno in Brasile con partenza prevista per il 15.8.2008.
Recatisi in aeroporto per la partenza, al signor Ab.E.Wa.Mo. veniva negata la possibilità di imbarcarsi in quanto, in veste di cittadino egiziano, per recarsi in Brasile avrebbe dovuto essere munito anche del visto, e non semplicemente passaporto e del permesso di soggiorno.
Nell’atto introduttivo, gli attori deducevano di avere avuto specifiche rassicurazioni da parte dell’agenzia di viaggi circa la sufficienza dei documenti in loro possesso. Riferivano in particolare che, all’atto della prenotazione del viaggio, in data 26.5.2008, la titolare dell’agenzia aveva chiamato in loro presenza il tour operator, parlando con la dipendente Pa.Pi., per avere rassicurazioni sul punto. Sostenevano di aver ricevuto dal tour operator erronea conferma della sufficienza del passaporto per l’ingresso in Brasile anche per i cittadini egiziani. Chiedevano quindi il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali. Parte convenuta, costituitasi, contestava la fondatezza delle domande attoree, evidenziando che:
1) ai sensi dell’art. 87 (ora abrogato) codice del consumo – applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame – non era previsto alcun obbligo di informazione a favore del cittadino extra-comunitario;
2) il contratto di acquisto espressamente informava l’acquirente cittadino extra-comunitario dell’onere di informarsi preventivamente su quali fossero i documenti necessari per l’espatrio;
3) la propria dipendente, interpellata dall’agenzia, aveva fornito informazioni corrette e non fuorviarti;
4) in ogni caso, per l’eventuale risarcimento doveva ritenersi responsabile l’agenzia, e non il tour operator.
La terza chiamata contestava la ricostruzione dei fatti effettuata dagli attori; negava la sussistenza di propria responsabilità; eccepiva il concorso di colpa degli attori; contestava la quantificazione del danno preteso.
Così brevemente riassunte le rispettive posizioni delle parti, le domande attoree devono essere accolte, entro i limiti di seguito precisati.
Risulta provata documentalmente l’avvenuta conclusione del contratto di viaggio indicato dagli attori (doc. 1 fascicolo convenuta).
Risulta altresì provato, in forza delle testimonianze assunte, che gli attori, recatisi tempestivamente in aeroporto il giorno previsto per la partenza, abbiano in quella occasione appreso che al cittadino egiziano era richiesto non solo il passaporto e il permesso di soggiorno, ma anche visto di ingresso per il Brasile. All’esito dell’istruttoria orale, quindi, è provato che gli attori non abbiano usufruito del pacchetto turistico acquistato a causa della insufficienza dei documenti di viaggio da loro detenuti.
Il tribunale ritiene anche provata la circostanza che, già prima dell’acquisto del pacchetto turistico, gli attori si fossero rivolti all’agenzia per avere indicazioni specifiche su quali fossero i documenti necessari per l’ingresso in Brasile, ottenendo dall’agenzia, all’esito di consultazione telefonica con dipendente del tour operator, un informazione erronea.
Il tribunale ritiene infatti di dover giungere a tale conclusione valutando unitariamente le seguenti circostanze:
1) la dichiarazione scritta e circostanziata rilasciata dalla terza chiamata a Ba.Ma. (doc. 4 fascicolo attori), nella quale si legge: “con la presente sono a confermarLe che in data 26.5.2008, all’atto della prenotazione del Suo viaggio di nozze a Natal, ho chiesto al tour operator Di.Tu., nella persona di Pa.Pi., i documenti necessari per la partenza di Suo marito, di nazionalità egiziana. Mi è stato comunicato che erano sufficienti i documenti già in Suo possesso, ovvero il permesso di soggiorno e il passaporto”;
2) è fatto pacifico che la telefonata sia stata effettivamente eseguita e che Pa.Pi. fosse, all’epoca, dipendente di Di.Tu. specificamente addetta a questo tipo di mansioni;
3) il fatto che la telefonata di cui si discute sia avvenuta in data 26.5.2008 (data della prenotazione del viaggio: doc. 2 convenuta), l’effettiva conclusione del contratto sia del 10.7.2008 (doc. 1 convenuta), il saldo prezzo sia stato versato con assegno tratto in data 28.7.2008 (doc. 2 attori), sono circostanze che portano a concludere che nel corso della telefonata non venne riferita la necessità del visto. Se così fosse stato, infatti, deve concludersi che, secondo Yid quod plerumque accidit, gli attori si sarebbero alternativamente premurati o di richiedere detto visto o, in caso di dubbio sul possibile esito di detta pratica, si sarebbero orientati verso diversa destinazione, evitando di sostenere l’esborso per l’acquisto di un viaggio non fruibile;
4) la non attendibilità del teste Pi., quale autrice materiale della telefonata contenente erronee informazioni. Ritenuta provato il fatto che gli attori abbiano tempestivamente richiesto all’agenzia di viaggi informazioni circa i documenti necessari per l’ingresso in Brasile e ritenuto provato che quest’ultima – a sua volta indotta in errore dal tour operator – abbia fornito loro informazioni erronee, deve ritenersi che ciò valga a fondare l’addebito di responsabilità a carico del tour operator per i danni patiti dai consumatori. A prescindere dalla questione se il tour operator e/o l’agenzia fossero o meno normativamente tenuti a fornire l’informazione richiesta, nel momento in cui il viaggiatore, rivoltosi ad operatore professionale che si presume esperto del settore, ottenga da questi una informazione specialistica erronea a causa della quale patisca danno, deve ritenersi sussistente la responsabilità del professionista che, invece di indirizzare il consumatore presso l’autorità competente, o di informare il consumatore di non essere tenuto a detta attività informativa o di non essere competente in materia, abbia indotto in errore il cliente fornendogli false informazioni.
Fornendo l’informazione richiesta dal cliente, infatti, l’operatore si assume l’onere (contrattuale) di adempiere correttamente alla richiesta o, quantomeno, di informare correttamente il cliente dei rischi connessi alla mancanza di qualificazione specifica circa la prestazione richiesta, e ciò nonostante dal dato testuale presente nel (peraltro successivo) contratto di viaggio (nel quale si legge che grava sul viaggiatore extracomunitario l’onere di verifica circa i documenti necessari per l’espatrio). Per queste ragioni, la domanda risarcitoria formulata dagli attori in via contrattuale nei confronti del tour operator deve essere accolta, ex art. 1228 c.c., posto che è risultato provato che sia stata la falsa informazione di un dipendente di quest’ultima, comunicata per il tramite dell’agenzia, a cagionare danno agli attori.
Deve invece considerarsi tardiva la domanda formulata dagli attori, in via contrattuale, nei confronti dell’agenzia, solo a seguito della chiamata in causa in manleva da parte del convenuto.
Peraltro, e anche ai fini della domanda di manleva, deve osservarsi che la condotta della terza chiamata va immune dalle considerazioni sopra riferite circa la responsabilità da false informazioni.
Scegliendo di rivolgersi, in presenza dei clienti, al tour operator, il venditore ha mostrato di comportarsi come mero nuncius, riconoscendo di non essere a conoscenza della informazione richiesta e prestandosi semplicemente a mettere in contatto l’utente con il soggetto reputato maggiormente qualificato.
Per queste ragioni, dei danni patiti dagli attori deve essere chiamato a rispondere la sola convenuta, con rigetto della domanda di manleva svolta nei confronti dell’agenzia. Venendo alla concreta liquidazione dei danni patiti dagli attori in conseguenza dell’illecito contrattuale per cui è causa, deve in primo luogo essere riconosciuto il risarcimento del danno patrimoniale, pari ai costi inutilmente sostenuti dalla coppia per l’acquisto del viaggio poi non effettuato, pari a Euro 3248,20, oltre interessi legali dalla data dell’esborso (28.7.2008) al saldo effettivo.
Per quanto riguarda la richiesta di risarcimento del danno non patrimoniale, il Tribunale presta adesione all’orientamento secondo il quale “la prova del danno non patrimoniale da “vacanza rovinata”, inteso come disagio psico-fisico conseguente alla mancata realizzazione, in tutto o in parte, della vacanza programmata, è validamente fornita dal viaggiatore mediante dimostrazione dell’inadempimento del contratto di pacchetto turistico, non potendo formare oggetto di prova diretta gli stati psichici dell’attore, desumibili, peraltro, dalla mancata realizzazione della “finalità turistica” e dalla concreta realizzazione della “finalità turistica” e dalla concreta regolamentazione contrattuale delle attività e dei servizi prestati, essenziali alla realizzazione dello scopo vacanziero” (Cass. 11.5.2012, n. 7256).
Considerata la peculiarità dell’occasione del viaggio (luna di miele) e la durata prevista per il soggiorno, dovendosi procedere ex art. 1226 c.c., il Tribunale ritiene di liquidare agli attori, in solido, la somma di Euro 6000,00 (tenendo conto anche del tempo decorso dai fatti), oltre interessi legali dalla sentenza al saldo.
Per il principio di soccombenza, le spese sostenute dagli attori – liquidate in dispositivo-devono essere poste a carico della convenuta; a carico della convenuta vanno poste anche le spese sostenute dalla terza chiamata, ex art. 91 c.p.c.
Sentenza esecutiva.
P.Q.M.
Il Tribunale di Monza, definitivamente pronunciando, ogni contraria domanda ed eccezione rigettata, così provvede:
1) condanna Di.Tu. s.r.l. a pagare a Ba.Ma. e Ab.E.Wa.Mo., in solido tra loro, la somma di Euro 3248,20, oltre interessi legali dalla data dell’esborso (28.7.2008) al saldo effettivo;
2) condanna Di.Tu. s.r.l. a pagare a Ba.Ma. e Ab.E.Wa.Mo., in solido tra loro, la somma di Euro 6.000,00, oltre interessi legali dalla sentenza al saldo;
3) condanna Di.Tu. s.r.l. a pagare a Ba.Ma. e Ab.E.Wa.Mo., in solido tra loro, le spese di lite, liquidate in Euro 180,00 per spese, Euro 1290,00 per diritti e Euro 2136,00 per onorari;
4) condanna Di.Tu. s.r.l. a pagare a Fr.Zu. la somma di Euro 1000,00 per diritti e Euro 1500,00 per onorari.
5) Sentenza esecutiva.
Così deciso in Monza, il 31 luglio 2012.
Depositata in Cancelleria il 17 settembre 2012.