In caso di vendita infraquinquennale, il conteggio parte non dalla data della cessione, ma dall’anno successivo
Nel caso di alienazione dell’abitazione acquistata con i benefici “prima casa” anteriormente al compimento del quinquennio, il termine triennale – previsto dall’articolo 76 del Dpr 131/1986 – per l’accertamento dell’intervenuta decadenza dalle predette agevolazioni fiscali non si determina a far data dalla cessione dell’immobile bensì dall’anno successivo alla data di registrazione dell’atto di compravendita senza che il contribuente abbia posto in essere un nuovo acquisto.

Questo il principio giuridico ribadito dalla Cassazione nell’ordinanza 3782 depositata lo scorso 15 febbraio, il cui esame, tuttavia, presuppone un breve ripasso delle disposizioni normative interessate.
La normativa di riferimento
Le agevolazioni per l’acquisto della “prima casa” hanno subìto, dalla loro introduzione con la legge 168/1982, notevoli modifiche ed evoluzioni.
Al riguardo, l’articolo 3, comma 131, della legge 549/1995, nel modificare la nota II-bis), all’articolo 1, parte I, della tariffa allegata al Testo unico dell’imposta di registro, ha introdotto il seguente periodo “…Le predette disposizioni non si applicano nel caso in cui il contribuente, entro un anno dall’alienazione dell’immobile acquistato con i benefici di cui al presente articolo, proceda all’acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale”.
Pertanto, nel caso di immobili acquistati con i benefici prima casa e rivenduti prima del decorso del termine di cinque anni dalla data del loro acquisto, l’Amministrazione finanziaria procede al recupero della differenza fra l’imposta calcolata in assenza di agevolazioni e quella risultante dall’applicazione dell’aliquota agevolata, nonché all’irrogazione della sanzione amministrativa pari al 30% della differenza medesima. Devono, inoltre, essere recuperate le maggiori imposte ipotecarie e catastali, anch’esse sanzionate al 30%.
La revoca dell’agevolazione non ha luogo, invece, come detto, nel caso in cui il contribuente, entro un anno dall’alienazione dell’immobile acquistato con i benefici prima casa, acquisti un altro immobile da adibire a propria abitazione principale.
Ciò vuol dire che – per impedire il verificarsi dell’ipotesi di decadenza dal regime agevolato prevista in caso di cessione infraquinquennale dell’immobile – il contribuente deve procedere all’acquisto di altro immobile da adibire ad abitazione principale (ovviamente il nuovo immobile acquistato deve essere utilizzato come dimora abituale del contribuente).
Al riguardo – dopo un’accesa querelle sul termine di decadenza per il recupero dell’imposta per indebita agevolazione “prima casa”, che ha visto la giurisprudenza di legittimità e l’Amministrazione finanziaria su posizioni non sempre allineate (termine triennale o decennale, ai sensi, rispettivamente, degli articoli 76 o 78 del Tur) – la Cassazione (sentenza 1196/2000) si è definitivamente pronunciata per l’operatività del termine triennale; principio a cui l’Agenzia si è uniformata (cfr circolare 69/2002) precisando che, per quanto riguarda il caso di specie, il termine decorre dallo spirare dell’anno successivo al trasferimento a titolo oneroso o gratuito dell’immobile acquistato se oggetto di accertamento è la rivendita infraquinquennale, non seguita da riacquisto.
In linea generale, quindi, si deve affermare che, relativamente all’imposta di registro, i termini entro i quali l’Amministrazione finanziaria deve, a pena di decadenza, richiedere il pagamento dell’imposta di registro, sono triennali (articolo 76 citato).
Trattandosi di termini di decadenza, essi non possono subire né cause di sospensione né cause di interruzione; di conseguenza, il loro decorso comporta la perdita del diritto senza che possano assumere rilievo circostanze ulteriori e diverse.
La vicenda all’esame della Cassazione
Una contribuente impugna una pronuncia con la quale i giudici di appello, in accoglimento del gravame proposto dall’Agenzia, hanno ritenuto legittima la pretesa impositiva azionata dal Fisco con la cartella di pagamento impugnata – relativa al recupero di imposta di registro e accessori a seguito di decadenza dalle agevolazioni concesse in sede di acquisto della prima casa, per alienazione del bene entro il quinquennio dall’acquisto, in assenza di nuova compravendita – e divenuta definitiva per mancata impugnazione dell’avviso di liquidazione, in precedenza regolarmente notificato.
La Cassazione, dopo aver rilevato numerosi elementi di inammissibilità del ricorso in quanto la formulazione dei motivi appare generica e inconferente, individua ulteriori profili di inammissibilità in ordine al primo mezzo di censura, dal momento che la decadenza dal beneficio era intervenuta a causa della rivendita dell’immobile prima del decorso del quinquennio e non già per il mancato trasferimento della residenza nel cespite acquistato entro il termine di 12 mesi (ora 18 mesi) dalla registrazione dell’atto di acquisto.
Proprio in merito alla questione relativa all’individuazione del termine da cui inizia a decorrere il termine decadenziale, la stessa, secondo i giudici di piazza Cavour non appare correttamente prospettata in ricorso, alla luce del principio secondo cui, in materia di agevolazioni tributarie per l’acquisto della prima casa, “…la decadenza dal beneficio, nell’ipotesi di vendita dell’immobile prima del compimento di un quinquennio dall’acquisto, è esclusa, nel caso di acquisto di altro immobile da adibire ad abitazione principale entro un anno dalla alienazione di quello acquistato fruendo dell’agevolazione in parola pertanto,…la decadenza dai benefici non decorre a far data dall’alienazione dell’immobile, ma a far tempo di un anno dalla data di registrazione del secondo atto di compravendita…”.
Ne consegue, secondo la Corte suprema, che l’atto impositivo con cui l’Amministrazione finanziaria recupera i benefici fiscali non più spettanti deve ritenersi tempestivo, qualora posto in essere entro il termine triennale di decadenza di cui al richiamato articolo 76 del Tur, termine che inizia a decorrere, a sua volta, non già dalla data della vendita del bene, bensì dalla scadenza dell’anno successivo a tale data.
In altri termini, la data della registrazione della compravendita segna il momento “…della possibilità (e del dovere) dell’Ufficio finanziario di acclarare la non spettanza dei beneficio, richiedendo il versamento della maggiore somma dovuta in applicazione dell’aliquota ordinaria (e della soprattassa); quella data è il giorno iniziale dei tre anni di decadenza” (cfrCassazione, sentenza 1196/2000).
Per completezza, si segnala che la presente pronuncia è in linea con un orientamento giurisprudenziale da considerarsi oramai consolidato (cfr Cassazione 26180/2010, 12416/2010, 28880/2008).

La sentenza per esteso:

Cassazione civile, 15 febbraio 2011, n. 3782

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

La Corte:

Considerato che nel ricorso iscritto al n. 4364/2009 R.G. è stata depositata la seguente relazione: “1 – E’ chiesta la cassazione della sentenza n. 140/34/2008, pronunziata dalla C.T.R. di Roma, Sezione n. 34, il 18.09.2008 e DEPOSITATA il 10 novembre 2008.

Con tale decisione, la C.T.R. ha accolto l’appello dell’Agenzia Entrate, ritenendo che la pretesa fiscale azionata con la cartella di pagamento impugnata, fosse divenuta definitiva per mancata impugnazione dell’avviso di liquidazione, in precedenza regolarmente notificato.

2 – Il ricorso di che trattasi, che riguarda impugnazione di cartella di pagamento per recupero di imposta di registro ed accessori a seguito di decadenza dalle agevolazioni concesse in sede di acquisto della prima casa, per alienazione del bene entro il quinquennio dall’acquisto.

3 – L’intimata, giusto controricorso, ha chiesto che l’impugnazione venga dichiarata inammissibile e, comunque, rigettata.

4 – Ai ricorsi proposti contro sentenze o provvedimenti pubblicati a partire dal 2.03.2006, data di entrata in vigore del D.Lgs. 15 febbraio 2006, n. 40, recante modifiche al codice di procedura civile in materia di ricorso per cassazione, si applicano le disposizioni dettate nello stesso decreto al Capo 1^.

Secondo l’art. 366 bis c.p.c. – introdotto dall’art. 6 del decreto – i motivi di ricorso debbono essere formulati, a pena di inammissibilità, nel modo descritto e, in particolare, nei casi previsti dall’art. 360, nn. 1), 2), 3) e 4), l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere con la formulazione di un quesito di diritto (Cass. SS.UU. n. 23732/2007, n. 23153/2007, n. 20360/2007, n. 19892/2007), mentre, nel caso previsto dall’art. 360, comma 1, n. 5), l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione (Cass. SS.UU. n. 20603/2007, n. 16002/2007).

5 – Si propone di trattare il ricorso in camera di consiglio e dichiararlo inammissibile, in quanto la formulazione dei motivi sembra generica ed inconferente, non soddisfacendo i requisiti postulati dall’art. 366 bis c.p.c., dal momento che gli stessi, non si concludono, nel caso del primo mezzo, con la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa, insufficiente o contraddittoria e, con riferimento al secondo motivo, con la esplicita formulazione di quesito, dando risposta al quale la decisione avrebbe dovuto essere cassata in base ad un corrispondente principio di diritto.

Ulteriori profili di inammissibilità sembra, pure, debbano cogliersi, in ordine al primo mezzo, per la novità della censura, dal momento che la decadenza dal beneficio era intervenuta a causa della rivendita dell’immobile, prima del decorso del quinquennio e non già per il mancato trasferimento della residenza nel cespite acquistato entro il termine di 12 mesi dalla registrazione dell’atto di acquisto, nonchè, in ordine al secondo motivo, perchè con lo stesso, lungi dal denunziare un vizio di legittimità, si prospettano questioni che, risolvendosi in una diversa lettura degli elementi, già esaminati e diversamente valutati, impingono, sia nel principio secondo cui la valutazione degli elementi probatori è attività istituzionalmente riservata al giudice di merito, non sindacabile in cassazione se non sotto il profilo della congruità della motivazione del relativo apprezzamento (Cass. n. 23286/2005, n. 12014/2004, n. 322/2003), sia pure nell’onere di evidenziare l’erroneità del risultato raggiunto dal giudice di merito attraverso l’allegazione e la dimostrazione dell’inesistenza o della assoluta inadeguatezza dei dati che egli ha tenuto presenti ai fini della decisione, o delle regole giustificative che da quei dati hanno condotto alla conclusione accolta (Cass. n. 3994/2005).

Peraltro, la questione relativa all’individuazione del termine da cui inizia a decorrere il termine decadenziale, non appare correttamente prospettata in ricorso, stante il principio secondo cui In tema di agevolazioni tributarie per l’acquisto della prima casa, ai sensi del D.L. 23 gennaio 1993, n. 16, art. 1, comma 2 convertito in L. 24 maggio 1993, n. 75, la decadenza dal beneficio, nell’ipotesi di vendita dell’immobile prima del compimento di un quinquennio dall’acquisto, è esclusa, nel caso di acquisto di altro immobile da adibire ad abitazione principale entro un anno dalla alienazione di quello acquistato fruendo dell’agevolazione in parola pertanto, nel caso in cui il contribuente acquisti l’immobile nel vigore della normativa sopra richiamata, la decadenza dai benefici non decorre a far data dall’alienazione dell’immobile, ma a far tempo di un anno dalla data di registrazione del secondo atto di compravendita, con la conseguenza che l’avviso di accertamento dell’Amministrazione deve ritenersi tempestivo, qualora posto in essere entro il termine triennale di decadenza del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, ex art. 76 che decorre dalla scadenza del predetto atto (Cass. n. 28880/2008).

Si propone, dunque, ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c., che il ricorso venga trattato in camera di consiglio, e dichiarato inammissibile, o, comunque, rigettato, per manifesta infondatezza.

Il Relatore Cons. Antonino Di Blasi”.

Vista la relazione, il ricorso, il controricorso e gli altri atti causa;

Considerato che in esito alla discussione del ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il Collegio, nel condividere i motivi, in fatto ed in diritto, esposti nella relazione, è dell’avviso che, alla relativa stregua, l’impugnazione va rigettata;

Considerato, altresì, che le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in complessivi Euro millecento, di cui Euro mille per onorario ed Euro cento per spese vive, oltre spese generali ed accessori di legge;

Visti gli artt. 375 e 380 bis del c.p.c..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la contribuente, al pagamento, in favore dell’Agenzia controricorrente, delle spese del giudizio, liquidate in complessivi Euro millecento, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2011


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