Cass. civ. Sez. Unite, 13/06/2005, n. 12705

La menomazione nel godimento di una cosa materiale prevale sull’handicap fisico. Nel caso di specie, una barriera architettonica condominiale – ad esempio la mancanza dell’ascensore che rende più difficile la vita ad un disabile – resta tale se la sua eliminazione determina impossibilità di uso di un bene comune da parte anche di un solo condomino.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CORONA Rafaele – Presidente

Dott. SCHETTINO Olindo – Consigliere

Dott. TRIOLA Roberto Michele – rel. Consigliere

Dott. CIOFFI Carlo – Consigliere

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

ROCCARO SALVATORE, elettivamente domiciliato in ROMA P.ZZA CAVOUR, presso la CORTE di CASSAZIONE, difeso dall’avvocato DI BENEDETTO MAURIZIO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

MONTAGNA CALOGERO, GUARINO MARIA CARMELA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 465/01 del Tribunale di AGRIGENTO, depositata il 04/06/01;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26/04/05 dal Consigliere Dott. Roberto Michele TRIOLA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARESTIA Antonietta che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Svolgimento del processo

Con ricorso in data 1′ giugno 1992 diretto al Pretore di Canicattì i coniugi Calogero Montagna e Maria Carmela Guarino, condomini di un fabbricato in Canicattì, via Carlo Alberto Dalla Chiesa n. 11, si dolevano del fatto che l’altro condomino Salvatore Roccaro, padre di due figli portatori di handicap, avesse iniziato la realizzazione, esternamente all’edificio, di un ascensore e chiedevano che venisse ordinata la sospensione dei lavori e la demolizione delle opere realizzate.

 

Il convenuto, costituitosi, invocava la legittimità della installazione dell’ascensore ai sensi della speciale normativa di cui alla legge 9 gennaio 1989 n. 13.

 

Con sentenza in data 12 luglio 1994 il Pretore di Canicattì accoglieva la domanda.

 

Salvatore Roccaro proponeva appello, che veniva rigettato dal Tribunale di Agrigento con sentenza in data 4 giugno 2002, in base alla seguente motivazione:

 

Relativamente all’ultimo motivo di gravame, col quale si critica l’impugnata sentenza per non avere considerato che l’opera denunciata è conforme alla normativa sulla eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati, è opinione del Collegio che sia anch’esso da rigettare.

 

L’art. 2, 3 co., della legge 9.1.1989, n. 13, prevede che, pur quando l’assemblea condominiale abbia autorizzato le innovazioni da attuare negli edifici privati dirette ad eliminare le barriere architettoniche (e tale l’ascensore esterno, come può argomentarsi dall’art. 7, 2′ co., della legge 13/89, in relazione agli artt. 7, 2′ co., e 2 della stessa legge), “resta fermo quanto disposto dagli articoli 1120, secondo comma, e 1121, terzo comma, del codice civile”. Il concetto di “inservibilità” di cui al citato art. 1120 c.c., va interpretato come sensibile menomazione dell’utilità che il condomino ritrae dal bene comune (Cass. 10445/98); e tale è – secondo il Tribunale – nella concreta fattispecie, l’assoluto e definitivo impedimento al passaggio per la striscia di terreno condominiale retrostante l’edificio, che il c.d. corpo ascensore finisce col determinare.

 

Ma quel che soprattutto osta all’accoglimento dell’appello è la indubbia violazione delle distanze legali previste dall’art. 907 c.c., che il manufatto in questione realizza. L’art. 3 della legge 13/89, infatti, introduce una deroga, alle norme sulle distanze previste dai regolamenti edilizi limitatamente alle opere di cui all’art. 1, ossia alla costruzione o alla, ristrutturazione di interi edifici. Nella concreta fattispecie, però, non di questo si tratta, ma di una innovazione apportata al preesistente edificio condominiale nell’interesse esclusivo di un solo condomino, rispetto al quale non sembra fondatamente contestabile l’operatività del disposto dell’art. 907 c.c. (v. Cass. 4190/00), date le caratteristiche dell’opera e la sua agevole riconducibilità alla categoria delle costruzioni (Cass. 5618/95). L’incondizionata applicabilità delle norme sulle distanze anche nell’ambito dell’immobile condominiale costituisce soluzione affermata dalla più recente giurisprudenza della Cassazione e condivisa dal Tribunale. A non diversa soluzione della lite condurrebbe, peraltro, l’accoglimento della recessiva tesi favorevole a considerare la normativa sui rapporti di vicinato subordinata alle norme che regolano l’uso delle cose comuni nel condominio (Cass. 724/95), posto quanto s’è detto circa l’impedimento che l’opera in contestazione ha comportato all’uso di una parte t non trascurabile del terreno condominiale.

 

Contro tale decisione ha proposto ricorso per Cassazione, con due motivi, Salvatore Roccaro.

 

Motivi della decisione

Con il primo motivo il ricorrente deduce che i giudici di merito non avrebbero considerato che nella specie l’ascensore nessuna menomazione aveva arrecato all’uso delle parti comuni, dal momento che era stato installato sul retro del fabbricato condominiale, ma in uno spazio non condominiale.

 

La doglianza è inammissibile, per la novità della questione che ne costituisce l’oggetto, dal momento che la sentenza impugnata si è basata sul fatto, che non risulta fosse contestato, che l’ascensore era stato posizionato su suolo condominiale.

 

Ciò a prescindere dalla considerazione che la doglianza è in contrasto con quanto sostenuto nel secondo motivo, nel quale, invece, si da atto che l’ascensore è stato realizzato “nell’ambito dello stesso edificio condominiale” e “su uno spazio di proprietà comune”.

 

Avendo i giudici merito basato la decisione impugnata su due autonome rationes decidendi, il rigetto del primo motivo, non diretto, come si è visto, contro la prima di esse, rende superfluo l’esame del secondo motivo, diretto contro la seconda, e con il quale si deduce che la sentenza impugnata ha erroneamente affermato che la deroga alle distanze legali prevista dall’art. 3 l. 9 gennaio 1989 n. 13 non sarebbe applicabile alle innovazioni come la realizzazione di un ascensore.

 

Il ricorso va, pertanto, rigettato.

 

Non avendo gli intimati svolto attività difensiva in questa sede, nessun provvedimento va emesso in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso.

 

Così deciso in Roma, il 26 aprile 2005.

 

Depositato in Cancelleria il 13 giugno 2005

 

 

 

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