Cass. civ. Sez. III, Sent., 07-07-2010, n. 16011 |
La disposizione dell’art. 1130 cod. civ., comma 1, n. 4), obbligando l’amministratore ad eseguire gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio, ha inteso chiaramente riferirsi ai soli atti materiali (riparazioni di muri portanti, di tetti e lastrici) e giudiziali (azioni contro comportamenti illeciti posti in essere da terzi) necessari per la salvaguardia dell’integrità dell’immobile, tra i quali non può farsi rientrare il contratto dì assicurazione, perchè questo non ha gli scopi conservativi ai quali si riferisce la suddetta norma avendo, viceversa, come suo unico e diverso fine, quello di evitare pregiudizi economici ai proprietari dell’edificio danneggiato.
Motivi della decisione
1.- I ricorsi vanno riuniti, in quanto proposti avverso la stessa sentenza.
2. Con i primi due motivi – congiuntamente illustrati – il ricorrente deduce violazione o falsa applicazione degli artt. 1130, 1131, 1135 e 1136 c.c., in relazione alla reiezione dei motivi di appello coi quali aveva dedotto che l’amministratore era privo di poteri rappresentativi in ordine alla sottoscrizione di un contratto ultranovennale e che l’assemblea non avrebbe potuto ratificarlo.
Sostiene l’erroneità in diritto dell’opinione del Tribunale che il contratto assicurativo di durata pluriennale stipulato dall’amministratore del condominio non è un atto eccedente l’ordinaria amministrazione perchè non è tale da intaccare il patrimonio del condominio; nonchè di quella ulteriore che era intervenuta, comunque, la successiva ratifica da parte dell’assemblea.
Sotto il primo profilo, desume dalla annualità della gestione del patrimonio comune prevista dalla legge l’inefficacia di un contratto che impegni il condominio (per una durata superiore) senza il supporto dell’unanime volontà dei condomini.
Sotto il secondo, nega che l’assemblea riunita in convocazione ordinaria possa ratificare la conclusione di un contratto che non avrebbe avuto il potere di autorizzare; e, ancora, che una ratifica possa essere integrata dalla mera approvazione del bilancio annuale, se la ratifica non sia stata espressamente posta all’ordine del giorno dell’assemblea.
A sostegno dei propri assunti invoca una diversa sentenza dello stesso tribunale (che aveva conformemente deciso, richiamandosi a Cass., n. 7706/96), nonchè i principi enunciati da Cass., nn. 3159/93, 1640/97, 4831/94, 1286/97, 1720/81), concludendo nel senso che l’assemblea convocata “per l’approvazione del rendiconto annuale non ha il potere, a maggioranza, di ratificare un atto che presupponga poteri di amministrazione straordinaria”. 2.1.- Il primo profilo di censura è manifestamente infondato laddove si assume che per la conclusione di un contratto di durata ultrannuale occorra l’unanimità dei consensi dei partecipanti alla comunione.
E’ invece corretto (ma infruttuosamente, come di seguito si chiarirà) l’assunto che, per la conclusione di un contratto di assicurazione, l’amministratore deve essere autorizzato dall’assemblea. Tanto alla luce del principio – enunciato da Cass., 2′ sez. civ., 03/04/2007, n. 8233 – secondo il quale “l’amministratore del condominio non è legittimato a stipulare il contratto d’assicurazione del fabbricato se non era stato autorizzato da una deliberazione dell’assemblea dei partecipanti alla comunione.
Infatti, la disposizione dell’art. 1130 cod. civ., comma 1, n. 4), obbligando l’amministratore ad eseguire gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio, ha inteso chiaramente riferirsi ai soli atti materiali (riparazioni di muri portanti, di tetti e lastrici) e giudiziali (azioni contro comportamenti illeciti posti in essere da terzi) necessari per la salvaguardia dell’integrità dell’immobile, tra i quali non può farsi rientrare il contratto dì assicurazione, perchè questo non ha gli scopi conservativi ai quali si riferisce la suddetta norma avendo, viceversa, come suo unico e diverso fine, quello di evitare pregiudizi economici ai proprietari dell’edificio danneggiato”. 2.2.- Resta peraltro da stabilire se possa riguardarsi come ratifica del contratto concluso dall’amministratore non investito del relativo potere dall’assemblea la circostanza che per molti anni il premio fosse stato regolarmente pagato (il contratto risale al 1995) mediante l’approvazione annuale dei rendiconti di spesa da parte dell’assemblea dei condomini.
Soccorre in proposito – e va riaffermato – il principio secondo il quale, se il negozio da ratificare non richiede la forma scritta, la ratifica stessa può consistere in qualsiasi atto o comportamento da cui risulti in maniera chiara ed univoca la volontà del dominus di far proprio il negozio concluso in suo nome e per suo conto da chi era privo di poteri rappresentativi (cfr., ex coeteris, Cass., nn. 408/06, 6937/04, 12750/03, 3071/98, 249/97, 9638/94). Il relativo accertamento spetta al giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione congrua ed esente da vizi logici e giuridici Nella specie, è implicito che ricorra anche l’ulteriore requisito della conoscenza da parte dell’altro contraente della intervenuta ratifica (così, tra le altre, Cass., n. 15699/06), giacchè la reiterata esecuzione del contratto coi pagamenti periodici del premio era ovviamente nota all’assicuratore, cui il premio veniva versato sulla scorta di (non contestate) conformi deliberazioni dell’assemblea.
Nè, vertendosi in ipotesi di ratifica tacita, sarebbe stato necessario che l’argomento fosse espressamente posto come tale all’ordine del giorno dell’assemblea dei condomini (si sarebbe in tal caso trattato di ratifica esplicita);
così come va radicalmente escluso – secondo quanto s’è sopra accennato – che la conclusione di un contratto di assicurazione di un fabbricato da parte dell’amministratore richieda il consenso di tutti i condomini, potendo invece essere deliberato dall’assemblea, anche se di durata ultranovennale, con la maggioranza qualificata di cui all’art. 1136 c.c., commi 2 e 4 (dunque, con la stessa maggioranza sia in prima che in seconda convocazione) giacchè, pur eccedendo l’ordinaria amministrazione, non rientra nell’ambito delle innovazioni, per le quali soltanto l’art. 1136 c.c., comma 5, prevede una maggioranza ancora più qualificata.
Il ricorrente non sostiene che i bilanci condominiali (preventivi o consuntivi) siano stati approvati con maggioranza semplice, anzichè con quella qualificata cui si è fatto appena riferimento (maggioranza degli intervenuti ed almeno la metà del valore dell’edificio ex art. 1136 c.c., commi 2 e 4), – che è diversa da quella di cui all’art. 1136, comma 5 (maggioranza dei partecipanti al condominio e due terzi del valore dell’edificio), sicchè non offre concreti elementi per escludere che la ratifica per fatti concludenti sia concretamente intervenuta, come ritenuto dal giudice del merito con apprezzamento che non è fatto segno di censura sotto il profilo del vizio della motivazione. E neppure si fa specificamente carico dell’affermazione del tribunale relativa al contenuto del verbale del 13.12.1995 (“viene esaminata l’assicurazione; l’assemblea è favorevole alla regolazione del premio con conseguente aumento della somma assicurata”) .
Ne consegue che la parziale correttezza del primo profilo di censura è irrilevante, essendo infondato il secondo profilo, attinente alla assorbente ratio decidendi relativa alla intervenuta ratifica, che comunque comporta l’efficacia del contratto nei confronti del condominio e, dunque, il rigetto del motivo.
3.- Col terzo e col quarto motivo – anch’essi congiuntamente illustrati – è denunciata violazione o falsa applicazione degli artt. 1469 bis e 1899 c.c., per avere il tribunale ritenuto che la prima disposizione non potesse trovare applicazione in quanto introdotta successivamente alla data di conclusione del contratto.
Si sostiene che l’art. 1469 bis, si applichi anche ai contratti di durata conclusi antecedentemente alla sua entrata in vigore ma i cui effetti permangono al tempo di vigenza della novella, come ritenuto dalla giurisprudenza di merito.
E si afferma, in secondo luogo, che l’art. 1899 c.c., prevedendo che dopo un decennio le parti possono recedere dal contratto d’assicurazione nonostante patto contrario, non intende con questo prescrivere che le polizze assicurative debbano avere necessariamente durata decennale.
3.1.- L’ultimo assunto è puntuale ma assolutamente inidoneo a travolgere l’affermazione del tribunale – del tutto corretta in diritto – che l’art. 1899 c.c., disciplina la durata del contratto, sicchè la clausola che quella durata contempla non ha carattere vessatorio ai sensi dell’art. 1341 c.c., comma 2.
Il primo assunto è, invece, in deciso contrasto col principio – che va riaffermato – secondo il quale l’art. 1469 bis cod. civ., e segg., con esclusione delle disposizioni che pongono regole processuali, non sono applicabili ai contratti stipulati prima della loro entrata in vigore, in virtù del generale principio della irretroattività della legge (Cass., nn. 13339/99, 11200/2003, 10086/01, la quale chiarisce come le nuove regole sostanziali poste dalle disposizioni introdotte dalla L. 6 febbraio 1996, n. 52, art. 25, sono applicabili solo ai contratti rinnovatisi tacitamente nella vigenza della legge stessa).
A sostegno dell’opposta tesi non vengono dal ricorrente prospettate ragioni diverse da quelle già in precedenza esaminate e disattese da questa corte.
4.- Col ricorso incidentale la società assicuratrice si duole, deducendo violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., in riferimento agli artt. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, che il tribunale abbia, in accoglimento del relativo motivo di appello del condominio, compensato le spese del primo grado sul rilievo, del tutto insufficiente a giustificare la decisione anche in relazione alle tensioni già instauratesi tra le parti, che sulle questioni prospettate erano intervenute difformi pronunce di merito.
Sostiene che l’affermazione rappresenta una mera formula di stile, priva riscontro negli atti di causa.
4.1.- Il motivo è infondato, avendo la sentenza espressamente affermato che la difformità tra le pronunce di merito, era documentata dalle sentenze prodotte dalle parti.
L’eventuale erroneità dell’affermazione avrebbe evidenziato un errore percettivo, suscettibile di essere fatto valere solo col mezzo della revocazione.
Difetta, dunque, lo stesso presupposto di fatto sul quale il ricorso si fonda.
5.- I ricorsi sono conclusivamente respinti.
Le spese seguono la prevalente soccombenza del condominio, stante il carattere secondario della questione posta col ricorso incidentale.
Svolgimento del processo
1.- Con decreto ingiuntivo n. 112 del 2005 il giudice di pace di Bassano del Grappa ingiunse al condominio “(OMISSIS)” di pagare all’Ina Assitalia s.p.a. la somma di Euro 1.859,21 quale rata di premio scaduta il (OMISSIS), relativa ad una polizza assicurativa del ramo globale fabbricati civili conclusa il (OMISSIS).
Il condominio propose opposizione deducendo:
a) di essere receduto dal contratto con lettera raccomandata del 28.7.2001 e di averlo efficacemente fatto prima della scadenza decennale; tanto perchè doveva considerarsi inefficace, ex art. 1469 bis c.c., l’art. 7 delle condizioni generali di assicurazione laddove prevedeva che il solo assicuratore e non anche l’altro contraente potesse recedere anticipatamente dal contratto (in caso di sinistro);
b) che l’amministratore aveva concluso il contratto di assicurazione in difetto di rappresentanza, giacchè si verteva in ipotesi di contratto di durata ultranovennale, riconducibile agli atti di straordinaria amministrazione, per i quali occorre una deliberazione assembleare che li autorizzi;
c) che, in ogni caso, le spese processuali si sarebbero dovute compensare in ragione del difetto delle sollecitazioni di pagamento che la società assicuratrice aveva invece sostenuto di aver fatto;
d) che l’entità del premio era sproporzionata rispetto al costo di ricostruzione dell’immobile (circa 2,5 milioni di euro) e che ne era stata inutilmente richiesta la riduzione.
La società assicuratrice resistette all’opposizione, sostenendo:
al) l’inapplicabilità dell’art. 1469 bis c.c., in quanto introdotto da una legge (6 febbraio 1996, n. 52) successiva alla conclusione del contratto;
b1) la non qualificabilità della conclusione di un contratto di assicurazione come atto di straordinaria amministrazione e, comunque, l’intervenuta ratifica del contratto da parte dell’assemblea per facta concludentia, essendo stati approvati i rendiconti annuali prevedenti la relativa spesa per i premi assicurativi, peraltro regolarmente pagati per anni.
2.- Il giudice di pace respinse l’opposizione con sentenza n. 1196 del 2005 ed il tribunale di Bassano del Grappa ha rigettato l’appello del condominio con sentenza n. 716/08, avverso la quale il condominio ricorre per cassazione affidandosi a quattro motivi.
Resiste con controricorso l’Ina Assitalia, che propone ricorso incidentale fondato su un unico motivo ed illustrato anche da memoria.
P.Q.M.
LA CORTE DI CASSAZIONE riunisce i ricorsi, li rigetta e condanna il ricorrente principale alle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 1.200,00 di cui Euro 1.000,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori dovuti per legge.