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La mancata comunicazione a taluno dei condomini dell’avviso di convocazione dell’assemblea condominiale, in quanto vizio procedimentale, comporta l’annullabilità della delibera condominiale; ne consegue che la legittimazione a domandare il relativo annullamento spetta, ai sensi degli artt. 1441 e 1324 c.c., unicamente al singolo avente diritto pretermesso, sul quale grava l’onere di dedurre e provare, in caso di contestazione, i fatti dai quali l’omessa comunicazione risulti in coerenza con i principi generali in tema di annullamento dell’atto e con le regole di distribuzione del carico istruttorio poste dall’art. 2697 c.c.

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Corte di Cassazione Sezione 2 Civile Sentenza 10 marzo 2020 n. 6735

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere

Dott. VARRONE Luca – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22522-2015 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

(OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)

– intimati –

avverso la sentenza n. 946/2014 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 10/07/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/10/2019 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso;

uditi gli Avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS) propone ricorso articolato in undici motivi avverso la sentenza n. 946/2014 della Corte d’appello di Genova, pubblicata il 14 luglio 2014.

Resiste con controricorso il Condominio (OMISSIS).

Tutti i condomini individualmente intimati non hanno svolto attivita’ difensive nel giudizio di legittimita’.

La controversia ha come premessa storica le lamentele del condomino avvocato (OMISSIS) (il quale acquisto’ l’unita’ immobiliare di sua proprieta’ il (OMISSIS)) riguardo al funzionamento dell’impianto di riscaldamento centralizzato ed ebbe inizio con citazione del 13 ottobre 1994, allorche’ il ricorrente impugno’ le deliberazioni assunte dall’assemblea 20 settembre 1994 del Condominio (OMISSIS), quanto ai punti nn. 1, 2, 3, 9 e 10 all’ordine del giorno (approvazione superfici radianti riscaldamento, approvazione consuntivo 1993/1994 e preventivo 1994/1995, con riparto spese; esame stato dell’impianto, erogazione acqua, sostituzione valvole di sfiato, completamento lavori terrazzo a copertura). (OMISSIS) convenne l’amministratore del Condominio (OMISSIS), nonche’ (OMISSIS), presidente dell’assemblea (nei confronti del quale la domanda venne poi rinunziata). I due convenuti originari rimasero contumaci fino all’udienza del 24 ottobre 1996, dopo che erano state notificate loro nuove domande. Il giudice istruttore dispose, quindi, l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i condomini. La sentenza di primo grado resa dal Tribunale di Genova l’8 febbraio 2010 respinse o dichiaro’ inammissibili tutte le domande di (OMISSIS), ad eccezione di quella inerente ai criteri di ripartizione delle spese di riscaldamento, in ordine ai quali il Tribunale fece rinvio alla tabella elaborata dal CTU nominato. Propose appello in via principale (OMISSIS), mentre il Condominio, rappresentato dall’amministratore, avanzo’ appello incidentale quanto alla tabella millesimale delle spese di riscaldamento. Si costituirono in appello altresi’ i condomini (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)

La Corte di Genova, con la sentenza del 10 luglio 2014, accogliendo parzialmente il gravame incidentale del Condominio (OMISSIS), dichiaro’ che le tabelle millesimali per il riparto delle spese di riscaldamento dovessero essere quelle redatte dal geometra Juvara, riportate a pagina 9 della relazione di CTU, avendo il Tribunale fatto erroneo rinvio nella sua decisione non alle tabelle Juvara, ma a quelle elaborate dal consulente di parte attrice ingegner Turtula, queste ultime basate sulla non condivisibile esclusione dai valori proporzionali di un calorifero non funzionante nella proprieta’ (OMISSIS). La Corte d’appello accolse poi il gravame principale solo in punto di spese della CTU di primo grado, suddivise fra tutte le parti in misura uguale, rigettando ogni altra censura di (OMISSIS).

Ricorrente e controricorrente hanno presentato memorie ai sensi dell’articolo 378 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Quanto alle eccezioni pregiudiziali svolte nel controricorso, e’ infondata quella inerente all’articolo 348 ter c.p.c., comma 5, che esclude che possa essere impugnata ex articolo 360 c.p.c., n. 5 la sentenza di appello “che conferma la decisione di primo grado”, in quanto tale disposizione non trova applicazione nel caso in esame, agli effetti del Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, comma 2, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, visto che il giudizio di appello era stato introdotto con citazione di cui era stata richiesta la notificazione ben prima dell’11 settembre 2012. E’ altresi’ infondata l’eccezione di inammissibilita’ avanzata con riguardo al requisito imposto dall’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 3), in quanto il ricorso per cassazione contiene una sufficiente esposizione dei fatti di causa, dalla quale risultano le posizioni processuali delle parti, nonche’ gli argomenti dei giudici dei singoli gradi. In ordine, poi, alle ulteriori eccezioni che il Condominio (OMISSIS) formula nelle pagine da 6 a 14 del controricorso, l’accertamento dell’osservanza di quanto prescritto dall’articolo 366, comma 1, nn. 4) e 6), c.p.c. deve necessariamente compiersi con riferimento a ciascun singolo motivo di impugnazione, verificandone in modo distinto specificita’, completezza e riferibilita’ alla decisione impugnata, nonche’ l’analitica indicazione dei documenti sui quali ognuno si fondi, il che esclude che il ricorso possa essere dichiarato per intero inammissibile, ove tale situazione sia propria solo di uno o di alcuno dei motivi proposti (cfr. Cass. Sez. U, 05/07/2013, n. 16887).

I. Il primo motivo di ricorso di (OMISSIS) (pagina 19 e ss.) denuncia la nullita’ della sentenza per violazione del giudicato endoprocessuale formatosi in conseguenza dell’acquiescenza di tutti i condomini, parti in causa, alla statuizione del Tribunale, che aveva dichiarato corretta la tabella “Juvara/Turtula” allegata a pagina 119 del verbale d’udienza, e per “extra petizione in punto di ri-valutazione incidentale della legittimazione dell’Amministratore”.

II. Il secondo motivo di ricorso di (OMISSIS) (pagina 23 e ss.) denuncia la violazione di legge “in punto legittimazione ed interesse dell’amministratore del condominio a proporre impugnazione in tema di formazione tabelle millesimali”.

II.1. I primi due motivi di ricorso sono da esaminare congiuntamente e si rivelano infondati.

Il giudizio in esame atteneva originariamente alla impugnazione di una deliberazione adottata in data 20 settembre 1994 dall’assemblea del Condominio (OMISSIS), la quale aveva fra l’altro approvato le “superfici radianti riscaldamento” e la tabella millesimale “Rocca” per la ripartizione delle spese di riscaldamento. In corso di causa l’attore (OMISSIS) aveva poi domandato di “determinare le somme dovute” a titolo di spese di riscaldamento, in luogo di quelle indicate negli impugnati riparti.

Il tradizionale orientamento giurisprudenziale gia’ chiariva, a dispetto delle censure avanzate dal ricorrente circa la legittimazione processuale dell’amministratore (ed in particolare, circa la legittimazione del medesimo a spiegare appello incidentale), che la deliberazione dell’assemblea condominiale, la quale modifichi a maggioranza una tabella millesimale contrattualmente approvata ovvero fissi criteri di ripartizione delle spese comuni secondo criteri diversi da quelli stabiliti dalla legge – e’ inficiata da nullita’, per il cui accertamento sono legittimati, dal lato attivo, ciascun condomino e, passivamente, soltanto l’amministratore del condominio, senza necessita’ di partecipazione al giudizio dei singoli condomini (Cass. Sez. 2, 15/04/1994, n. 3542; Cass. Sez. 2, 11/07/2012, n. 11757).

Piu’ in generale, l’interpretazione di questa Corte sostiene che spetta in via esclusiva all’amministratore del condominio la legittimazione passiva a resistere nei giudizi promossi dai condomini per l’annullamento delle delibere assembleari, ove queste non attengono a diritti sulle cose comuni (Cass. Sez. 2, 20/04/2005, n. 8286; Cass. Sez. 2, 14/12/1999, n. 14037; Cass. Sez. 2, 19/11/1992, n. 12379). Essendo l’amministratore l’unico legittimato passivo nelle controversie ex articolo 1137 c.c., in forza dell’attribuzione conferitagli dall’articolo 1130 c.c., n. 1, e della corrispondente rappresentanza in giudizio ai sensi dell’articolo 1131 c.c., allo stesso spetta altresi’ la facolta’ di gravare la relativa decisione del giudice, senza necessita’ di autorizzazione o ratifica dell’assemblea (Cass. Sez. 2, 23/01/2014, n. 1451; Cass. Sez. 2, 20/03/2017, n. 7095).

Come puo’ ricavarsi dal recente insegnamento di Cass. Sez. U, 18/04/2019, n. 10934, soltanto nelle controversie condominiali che concernono il regime della proprieta’ e i diritti reali relativi a parti comuni del fabbricato ciascun condomino ha una “legittimazione alternativa individuale”, concorrente con quella dell’amministratore, a far valere autonomamente la situazione giuridica vantata, e quindi pure ad avvalersi personalmente dei mezzi d’impugnazione per evitare gli effetti sfavorevoli della sentenza pronunciata nei confronti del condominio, senza risentire dell’analoga difesa gia’ svolta dallo stesso. Viceversa, quando si tratti, come nel caso in esame, di impugnativa di deliberazione dell’assemblea condominiale relativa alla ripartizione di spese, fondata sull’assunta violazione dei criteri di suddivisione stabiliti dalla legge e quindi volta ad ottenere una pronuncia di invalidita’ della delibera, la legittimazione passiva esclusiva dell’amministratore del condominio discende dal fatto che la controversia ha per oggetto non i diritti su di un bene o un servizio comune, quanto un interesse gestorio collettivo dei condomini, ancorche’ in opposizione all’interesse particolare di uno di essi (Cass. Sez. 2, 29/10/2018, n. 27416; Cass. Sez. 2, 31/01/2018, n. 2411; Cass. Sez. 2, 12/12/2017, n. 29748; Cass. Sez. 2, 21/09/2011, n. 19223; Cass. Sez. 2, 04/05/2005, n. 9213; Cass. Sez. 2, 03/07/1998, n. 6480; Cass. Sez. 2, 12/03/1994, n. 2393; Cass. Sez. 2, 11/08/1990, n. 8198).

Per dimostrare l’infondatezza dei primi due motivi di ricorso e’ poi decisivo considerare come, alla stregua dell’interpretazione offerta da Cass. Sez. U, 09/08/2010, n. 18477, l’atto di approvazione delle tabelle millesimali, al pari di quello di revisione delle stesse, non deve essere approvato con il consenso unanime dei condomini, essendo a tal fine sufficiente la maggioranza qualificata di cui all’articolo 1136 c.c., comma 2, purche’ tale approvazione sia meramente ricognitiva dei valori e dei criteri stabiliti dalla legge, e quindi dell’esattezza delle operazioni tecniche di calcolo della proporzione tra la spesa ed il valore della quota o la misura dell’uso. Cass. Sez. 2, 04/08/2017, n. 19651, ha cosi’ tratto le dovute conseguenze di ordine processuale dall’insegnamento di Cass. Sez. U, 09/08/2010, n. 18477. Una volta affermato il fondamento assembleare, e non unanimistico, dell’approvazione delle tabelle, alcuna limitazione puo’ sussistere in relazione alla legittimazione dal lato passivo dell’amministratore per qualsiasi azione, ai sensi dell’articolo 1131 c.c., comma 2, volta alla determinazione giudiziale di una tabella millesimale che consenta la distribuzione proporzionale delle spese in applicazione aritmetica dei criteri legali. Si tratta, infatti, di controversia rientrante tra le attribuzioni dell’amministratore stabilite dall’articolo 1130 c.c. e nei correlati poteri rappresentativi processuali dello stesso, senza alcuna necessita’ del litisconsorzio di tutti i condomini. Riconosciuta, nella sostanza, la competenza gestoria dell’assemblea in ordine all’approvazione delle tabelle millesimali, non vi puo’ essere resistenza a ravvisare in materia altresi’ la rappresentanza giudiziale dell’amministratore (come del resto desumibile pure dall’articolo 69 disp. att. c.c., comma 2, nella riformulazione conseguente alla L. 11 dicembre 2012, n. 220, nella specie non applicabile ratione temporis).

Deve pertanto escludersi che, come sostiene il ricorrente nei primi due motivi, l’operata citazione individuale dei condomini nel giudizio di impugnazione della deliberazione assembleare, peraltro nella gran parte rimasti contumaci, abbia avuto l’effetto di limitare o negare la rappresentanza processuale dell’amministratore, occorrendo addirittura procedere all’estromissione dello stesso (cfr. Cass. Sez. 2, 18/01/1973, n. 184; Cass. Sez. 2, 28/03/2019, n. 8695). Ne’, in una controversia avente ad oggetto l’impugnativa di deliberazioni dell’assemblea condominiale, la legittimazione esclusiva ad agire e quindi a proporre gravame spettante all’amministratore puo’ essere percio’ inficiata dall’acquiescenza di uno o piu’ condomini evocati in giudizio.

III.Il terzo motivo di ricorso (pagina 25 e ss.) deduce l’omesso esame delle dichiarazioni rese dal CTU nel verbale delle udienze del 13 febbraio e del 4 giugno 2008 (insistendosi sul profilo che le tabelle “Juvara/Turtula” e “Juvara” erano alla fine identiche se non in un punto secondario, quello del consumo imputabile ad un calorifero non funzionante, che il CTU aveva rimesso alla decisione del giudice), nonche’ la violazione dell’articolo 2729 c.c., comma 1.

III.1. Il terzo motivo e’ infondato.

L’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 riformulato dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Nella specie, il ricorrente si duole dell’adesione che la Corte d’appello ha dato alla tabella redatta dal CTU Juvara, emendando il ragionamento svolto in proposito dal Tribunale e percio’ senza dar rilievo al mancato funzionamento di un calorifero nell’appartamento del (OMISSIS). Il terzo motivo di ricorso non indica, pertanto, un “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, ne’ la sua “decisivita’”, ma invoca dalla Corte di cassazione un “diverso” esame di un fatto comunque preso in considerazione dai giudici di merito, ovvero ipotizza una violazione dell’articolo 2729 c.c. (il che presupporrebbe l’attribuzione dei caratteri di gravita’, precisione, concordanza a fatti concreti privi di tali requisiti, e non la critica dell’inferenza di un fatto ignoto da fatti noti). Nella realta’ delle cose, il terzo motivo di ricorso critica l’adesione che la Corte d’appello ha prestato al parere del consulente tecnico d’ufficio, adesione che la sentenza impugnata (pagine da 12 a 14) ha motivato con una compiuta positiva valutazione del percorso argomentativo e dei principi e metodi seguiti dal consulente.

La presunzione di proprieta’ comune dell’impianto di riscaldamento di un immobile condominiale, ex articolo 1117 c.c., n. 3, non puo’ estendersi a quella parte dell’impianto ricompresa nell’appartamento dei singoli condomini, cioe’ nella sfera di proprieta’ esclusiva di questi e, di conseguenza, nemmeno ai componenti radianti che vengono installati nelle unita’ immobiliari di proprieta’ individuale, anche se collegati tramite tubi alla caldaia comune, sicche’ e’ il proprietario dell’appartamento che deve curarne la manutenzione.

A smentire, in ogni modo, la decisivita’ della questione dell’incidenza sulle tabelle millesimali del mancato funzionamento di un calorifero nella proprieta’ (OMISSIS), basta la considerazione che, poiche’ l’approvazione della tabella millesimale (di contenuto non convenzionale) deve determinare quantitativamente la portata dei rispettivi diritti ed obblighi di partecipazione alla vita del condominio, sulla base di un’obiettiva congruenza tra il valore effettivo delle singole unita’ immobiliari ed il valore proporzionale ad esse attribuito, la semplice circostanza che uno dei caloriferi dell’impianto centralizzato di riscaldamento non eroghi calore non puo’ giustificare una incidenza sull’obbligo del condomino di contribuire alle spese di esercizio dell’impianto, dato che il condomino non e’ titolare, nei confronti del condominio, di un diritto di natura contrattuale sinallagmatica (arg. da Cass. Sez. U, 26/11/1996, n. 10492).

IVA quarto motivo di ricorso (pagina 30 e ss.) denuncia la violazione dell’articolo 1123 c.c., comma 2, e della “normativa speciale nazionale e comunitaria sul risparmio energetico negli edifici condominiali”, da ultimo espressa nel Decreto Legislativo 4 luglio 2014, n. 102. Si argomenta che “un calorifero che, non scaldandosi, non cede calore all’ambiente e quindi non consuma, va considerato, ai fini della ripartizione della spesa per il consumo del combustibile, tamquam non esset”.

IV.1. Il quarto motivo e’ inammissibile. Esso poggia su una questione di diritto di cui non vi e’ cenno nella sentenza impugnata, e comunque postula indagini ed accertamenti non compiuti dai giudici di merito e non eseguibili nel procedimento di cassazione. Il ricorrente per cassazione, che, come nella specie, proponga questioni che implicano accertamenti di fatto e delle quali non si faccia menzione alcuna nella sentenza impugnata, ha l’onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilita’ per novita’ della censura, agli effetti dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 6, non solo di allegare l’avvenuta tempestiva deduzione delle questioni dinanzi al giudice di merito, nel rispetto dei termini di operativita’ delle preclusioni relative al “thema decidendum” previsti nell’articolo 183 c.p.c., ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto (e cioe’ di specificare il “dato”, testuale o extratestuale, da cui essa risulti devoluta, nonche’ il “come” e il “quando” tali questioni siano stata oggetto di discussione processuale tra le parti), onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare “ex actis” la veridicita’ di tale asserzione, prima di esaminare nel merito le questioni stesse. D’altro canto, la validita’ della deliberazione assembleare 20 settembre 1994 andava ovviamente valutata avendo riguardo alle norme vigenti al momento della sua approvazione.

La L. 9 gennaio 1991, n. 10, articolo 26, comma 5, applicabile ratione temporis (prima ancora delle modifiche apportate dalla L. n. 220 del 2012, articolo 28, comma 2), stabiliva la disciplina di approvazione delle innovazioni relative all’adozione di sistemi di termoregolazione e di contabilizzazione del calore, prescrivendo il conseguente riparto degli oneri di riscaldamento in base al consumo effettivamente registrato. La contabilizzazione dei consumi di calore di ciascuna unita’ immobiliare e la suddivisione delle spese in base ai consumi effettivi delle medesime sono state poi prescritte come obbligatorie soltanto dal Decreto Legislativo n. 102 del 2014, articolo 9, comma 5, modificato dal Decreto Legislativo n. 141 del 2016 e dal Decreto Legge n. 244 del 2016.

L’interpretazione giurisprudenziale ha cosi’ precisato che le spese del riscaldamento centralizzato possono essere validamente ripartite in base al valore millesimale delle singole unita’ immobiliari servite ove manchino sistemi di misurazione del calore erogato in favore di ciascuna di esse, che ne consentano il riparto in proporzione all’uso (Cass. Sez. 2, 07/11/2016, n. 22573; Cass. Sez. 2, 04/08/2017, n. 19651; Cass. Sez. 6-2, 09/03/2017, n. 6128; ma si veda gia’ Cass. Sez. 2, 17/09/1998, n. 9263). Ad avviso di Cass. Sez. 2, 26/01/1995, n. 946, ai fini della ripartizione delle spese di riscaldamento, prima dell’adozione dei sistemi di misurazione del calore, l’unico criterio base conforme al principio generale di cui all’articolo 1123 c.c., comma 2, doveva intendersi proprio quello della superficie radiante, seguito nella deliberazione assembleare 20 settembre 1994 del Condominio (OMISSIS).

V.Il quinto motivo di ricorso di (OMISSIS) (pagina 32 e ss.) denuncia l’omesso esame ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 con riferimento alle deduzioni circa la irregolarita’ della convocazione dell’assemblea. Ci si riferisce alla mancata convocazione di alcuni aventi diritto ed alla partecipazione all’assemblea come presidente dell’avvocato (OMISSIS), che non era condomino. La Corte d’appello ha risposto al riguardo che l’attore non aveva comunque dimostrato le irregolarita’ delle convocazioni e dello svolgimento della riunione assembleare. In proposito, il ricorrente richiama quanto dedotto nel verbale d’udienza del 16 maggio 1996, nella memoria istruttoria alle pagine da 2 a 6 (che interamente riporta nel corso della censura), nella comparsa conclusionale e nell’atto di appello.

V.1. Il quinto motivo di ricorso rivela profili di inammissibilita’ ed e’ comunque infondato. Esso e’ riferito al paradigma di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il quale pero’, come riformulato dall’articolo 54 del Decreto Legge n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, si riferisce all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, e non e’ percio’ utilizzabile allorche’ si voglia denunciare, come viene qui fatto, la omessa valutazione di deduzioni difensive (Cass. Sez. 1, 18/10/2018, n. 26305; Cass. Sez. 2, 14/06/2017, n. 14802). Ad eliminare ogni decisivita’ della censura, basta poi considerare l’orientamento giurisprudenziale secondo cui un condomino regolarmente convocato non puo’ impugnare la delibera per difetto di convocazione di altro condomino, trattandosi di vizio che inerisce all’altrui sfera giuridica, come conferma l’interpretazione evolutiva fondata sull’articolo 66 disp. att. c.c., comma 3, modificato dalla L. 11 dicembre 2012, n. 220, articolo 20, pur nella specie non applicabile ratione temporis (Cass. Sez. 2, 18/04/2014, n. 9082; Cass. Sez. 2, 13/05/2014, n. 10338; Cass. Sez. 2, 23/11/2016, n. 23903). Tale orientamento ha ricavato le conseguenze processuali della sistemazione della fattispecie dell’omessa convocazione nell’ambito dei rimedi sostanziali operata da Cass. Sez. U, 07/03/2005, n. 4806. Affermato il principio per cui la mancata comunicazione a taluno dei condomini dell’avviso di convocazione dell’assemblea condominiale, in quanto vizio procedimentale, comporta non la nullita’, ma l’annullabilita’ della delibera condominiale, e’ inevitabile concludere che la legittimazione a domandare il relativo annullamento spetti, ai sensi degli articoli 1441 e 1324 c.c., unicamente al singolo avente diritto pretermesso. L’interesse del condomino che faccia valere un vizio di annullabilita’, e non di nullita’, di una deliberazione dell’assemblea, non puo’, infatti, ridursi al mero interesse alla rimozione dell’atto, ovvero ad un’astratta pretesa di sua assoluta conformita’ al modello legale, ma deve essere espressione di una sua posizione qualificata, diretta ad eliminare la situazione di obiettiva incertezza che quella delibera genera quanto all’esistenza dei diritti e degli obblighi da essa derivanti: la delibera assembleare e’ annullabile sulla base del giudizio riservato al soggetto privato portatore di quella particolare esigenza di funzionalita’ dell’atto collegiale tutelata con la predisposta invalidita’, esigenza che si muove al di fuori del complessivo rapporto atto-ordinamento. Del pari, al condomino non ritualmente avvisato, il quale invochi l’annullamento, deve spettare l’onere di dedurre e provare, in caso di contestazione, i fatti dai quali l’omessa comunicazione risulti, in coerenza con i principi generali in tema di annullamento dell’atto e con le regole di distribuzione del carico istruttorio poste dall’articolo 2697 c.c..

Quanto all’ulteriore considerazione del ricorrente, circa la presenza all’assemblea 20 settembre 1994 dell’avvocato (OMISSIS), estraneo alla compagine condominiale, occorre solo richiamare l’interpretazione giurisprudenziale secondo cui la partecipazione ad un’assemblea di condominio di un soggetto estraneo, ovvero privo di legittimazione, non si riflette sulla validita’ della sua costituzione e delle decisioni in tale sede assunte, a meno che non si dimostri che tale partecipazione abbia influito sulla maggioranza richiesta e sul quorum prescritto, ovvero sullo svolgimento della discussione e sull’esito della votazione (Cass. Sez. 2, 30/11/2017, n. 28763; Cass. Sez. 2, 08/08/2003, n. 11943).

VIA sesto motivo di ricorso di (OMISSIS) (pagina 36 e ss.) denuncia la violazione del combinato disposto dell’articolo 8 del regolamento contrattuale di condominio e dell’articolo 1372 c.c., per aver la Corte di Genova ritenuto giustificata l’approvazione della tabella millesimale a maggioranza, ricorrendo l’ipotesi regolamentare delle variazioni delle superfici radianti da parte di singoli condomini, seppur nella specie non richieste ed autorizzate dall’assemblea, ma attuate “clandestinamente” dai singoli condomini. Secondo il ricorrente, oltre a mancare le condizioni preventive che giustificavano per il vigente regolamento l’approvazione a maggioranza delle nuove tabelle, la “tabella Rocca” approvata si era poi attenuta ad un inaccettabile criterio di rigida proporzionalita’ tra superfici radianti dei caloriferi e quote, senza tener conto del livello e della distanza di ciascun appartamento dalla centrale termica, trattandosi di stabile di sette piani.

VI.1. Anche il sesto motivo presenta aspetti di inammissibilita’ ed e’ comunque infondato.

Il regolamento di condominio non ha natura di atto normativo generale e astratto, ed e’ percio’ inammissibile il motivo del ricorso per cassazione col quale si lamenti la violazione o falsa applicazione delle norme di tale regolamento ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 (Cass. Sez. 2, 07/06/2011, n. 12291; Cass. Sez. 6 – 2, 07/08/2018, n. 20567).

Peraltro, proprio il gia’ richiamato insegnamento di Cass. Sez. U, 09/08/2010, n. 18477, induce ad affermare che l’atto di approvazione delle tabelle millesimali, al pari di quello di revisione delle stesse, non deve essere approvato con il consenso unanime dei condomini, essendo a tal fine sufficiente la maggioranza qualificata di cui all’articolo 1136 c.c., comma 2, ogni qual volta l’approvazione o la revisione avvengano con funzione meramente ricognitiva dei valori e dei criteri stabiliti dalla legge. I criteri legali di ripartizione delle spese condominiali, stabiliti dall’articolo 1123 c.c., possono essere derogati, come prevede la stessa norma, mediante convenzione, la quale puo’ essere contenuta o nel regolamento condominiale (che percio’ si definisce “di natura contrattuale”), o in una deliberazione dell’assemblea che venga approvata all’unanimita’. Viene, quindi, imposta, a pena di radicale nullita’ l’approvazione di tutti i condomini per le sole delibere dell’assemblea di condominio con le quali siano stabiliti i criteri di ripartizione delle spese in deroga a quelli dettati dall’articolo 1123 c.c., oppure siano modificati i criteri fissati in precedenza in un regolamento “contrattuale” (Cass. Sez. 2, 19/03/2010, n. 6714; Cass. Sez. 2, 27/07/2006, n. 17101; Cass. Sez. 2, 08/01/2000, n. 126). Proprio per quanto autorevolmente spiegato da Cass. Sez. U, 09/08/2010, n. 18477, di conseguenza, le tabelle millesimali non devono essere in origine approvate con il consenso unanime dei condomini, essendo a tale scopo sufficiente la maggioranza qualificata di cui all’articolo 1136 c.c., comma 2, mentre rivela comunque natura contrattuale soltanto la tabella da cui risulti espressamente che si sia inteso derogare al regime legale di ripartizione delle spese, ovvero approvare quella “diversa convenzione”, di cui all’articolo 1123 c.c., comma 1. Se dunque una tabella meramente ricognitiva dei criteri di ripartizione legali sia stata approvata, e se essa risulti viziata da errori originari o da sopravvenute sproporzioni, a tali situazioni puo’ rimediare la maggioranza dell’articolo 1136 c.c., comma 2, per ripristinarne la correttezza aritmetica (arg., di recente, da Cass. Sez. 6 – 2, 25/01/2018, n. 1848; Cass. Sez. 2, 25/10/2018, n. 27159).

Non rileva decisivamente, in tale quadro di sistema, quanto stabilisse l’articolo 8 del Regolamento del Condominio (OMISSIS), atteso che, a norma dell’articolo 1138 c.c., comma 4, e articolo 72 disp. att. c.c., le disposizioni di cui all’articolo 1136 c.c., in tema di costituzione delle assemblee condominiali e relative maggioranze, e di cui all’articolo 69 disp. att. c.c., in tema di modifica o revisione delle tabelle millesimali, sono inderogabili dal regolamento (arg. da Cass. Sez. 2, 18/03/2002, n. 3944; Cass. Sez. 2, 03/08/1966, n. 2155).

Deve infine evidenziarsi come, in ipotesi di adozione di tabelle millesimali per la ripartizione delle spese del riscaldamento centralizzato secondo il criterio della superficie radiante, mancando sistemi di misurazione del calore, spetta al giudice del merito verificare i valori delle quote, tenendo conto di tutti gli elementi oggettivi incidenti su di esse (posizione delle superfici radianti, struttura, esposizione e volumetria di ogni appartamento, ecc.) ed eliminando gli errori riscontrati, e la relativa decisione non e’ sindacabile in sede di legittimita’ sotto il profilo della violazione di legge, come auspica il sesto motivo di ricorso.

In alcuni remoti precedenti, questa Corte preciso’ anche che, in tema di ripartizione delle spese del servizio di riscaldamento in un edificio in condominio, una volta determinata la quantita’ dell’uso che un singolo appartamento puo’ fare del servizio di riscaldamento centralizzato stesso, a norma dell’articolo 1123 c.c., comma 2, secondo il criterio della superficie radiante, non puo’ apportarsi alcuna diminuzione alla correlativa spesa proporzionale per effetto di ragioni particolari (ad esempio: temperatura degli appartamenti dell’ultimo piano del fabbricato inferiore a quella degli altri che determinano quel fabbisogno o che lo aumentano rispetto ad appartamenti di eguale estensione od eguale cubatura: Cass. Sez. 2, 04/08/1978, n. 3839); ovvero che se le caratteristiche di posizione, struttura ed esposizione di un appartamento siano tali da determinare nelle ore di interruzione del funzionamento dell’impianto un calo della temperatura piu’ accentuato che negli altri appartamenti, il condomino interessato ha diritto di ottenere una maggiore fruizione del servizio comune di riscaldamento, restando a carico del richiedente la maggiore spesa derivante dal protratto o piu’ inteso funzionamento dell’impianto e quella che possa rendersi necessaria per la messa in opera di strumenti o l’adozione di accorgimenti tecnici atti ad evitare un eccesso di calore negli altri appartamenti (Cass. Sez. 2, 10/06/1981, n. 3775).

VII. Il settimo motivo di ricorso di (OMISSIS) (pagina 39 e ss.) e’ rubricato “violazione di legge (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) in merito al tipo di vizi che possono inficiare una tabella millesimale ed omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, con riferimento ai vizi di natura tecnica della tabella Rocca”. Si fa riferimento alla domanda di “illegittimita’ e/o inesistenza della tabella per la ripartizione delle spese ordinarie di riscaldamento pretesa approvarsi con la delibera 20/9/94”, lamentando il ricorrente la mancata dichiarazione di nullita’ dell’atto assembleare di approvazione della tabella Rocca, “superata” in giudizio con la tabella “Juvara/Turtula” e con la tabella “Juvara”. La censura contesta che la Corte d’appello non abbia riconosciuto “errata in se’” la tabella Rocca, e di conseguenza annullato la delibera impugnata.

VIII. L’ottavo motivo di ricorso di (OMISSIS) (pagina 42 e ss.) deduce la nullita’ della sentenza della Corte di Genova per una “serie di omesse pronunce in relazione ai capi 3, 4.1., 4.2 e 5 delle conclusioni”. Si ha riguardo alle domande che invocavano la invalidita’ delle delibere assembleari del 20 settembre 1994, dell’8 maggio 1996 e di tutte le successive delibere che avevano annualmente approvato le spese in base alla tabella Rocca.

IX.Il nono motivo di ricorso (pagina 45 e ss.) denuncia “violazione di legge (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) con riferimento sia ai principi di improduttivita’ di effetti di atti nulli o annullati, di estensione della nullita’ a cascata agli atti da essi dipendenti…, che di economia processuale, nonche’ nullita’ della sentenza (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4) in relazione alla decisione di inammissibilita’ per âEuroËœasserita genericita’ ed illogica anteriorita’ cronologica’ delle domande di declaratoria di illegittimita’/nullita’/annullamento di tutte le delibere di approvazione dei riparti spese condominiali applicative, quanto alla ripartizione dei riparti delle spese ordinarie di riscaldamento, della tabella Rocca”.

IX.1. E’ evidente la connessione dei motivi settimo, ottavo e nono di ricorso, tutti ruotanti intorno all’assunto della nullita’ della delibera di approvazione della “tabella Rocca”, sicche’ le tre censure vanno esaminate congiuntamente.

Anche questi motivi non possono essere accolti.

Si devono porre alcuni comuni rilievi di inammissibilita’. Settimo e nono motivo vengono riportati al parametro della violazione e falsa applicazione della legge di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 ma non osservano il disposto, prescritto dall’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 4, di indicare le norme di cui si denuncia la inosservanza, ne’ gli argomenti addotti dal ricorrente consentono, nel loro insieme, di individuare le disposizioni di legge che si assumono violate da determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata.

Ancora, le tre censure ora analizzate non considerano tutte le distinte “rationes decidendi” che la Corte di Genova ha esplicitato, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la pronuncia adottata in ordine al terzo motivo dell’appello (OMISSIS), di tal che la fondatezza dell’uno o dell’altro motivo non risulterebbe comunque idonea a determinare l’annullamento della sentenza impugnata.

La Corte di Genova ha affermato innanzitutto che la “quinta ragione” del terzo motivo di gravame inerente alla invalidita’ della delibera di approvazione delle superfici radianti riscaldamento del 20 settembre 1994, per l’assunta illegittimita’ o erroneita’ della “tabella Rocca”, era stata tardivamente aggiunta solo nelle conclusioni dinanzi al consigliere istruttore (pagine 15 e 17 di sentenza). “A voler superare il suddetto problema di ammissibilita’”, considerava peraltro la Corte d’appello, l’impugnazione della delibera sul punto 1 dell’ordine del giorno doveva rigettarsi in quanto: per il (OMISSIS) era erronea pure la tabella del CTU Juvara; “la differenza fra le varie tabelle dipende dai criteri utilizzati per la loro formazione e non da errori propri di una determinata tabella”, mancando percio’ vizi correlati della delibera di approvazione; non doveva dimenticarsi che la tabella Rocca era stata adottata in via provvisoria e che proprio il contenzioso instaurato dal condomino (OMISSIS) aveva imposto un intervento giudiziale di formazione di “nuove e stabili tabelle millesimali per la ripartizione delle spese di riscaldamento” (pagina 17 di sentenza). Avendo respinto la domanda di invalidita’ della delibera di approvazione della Tabella Rocca, la Corte di Genova ha conseguentemente negato l’invalidita’ “derivata” delle delibere di approvazione del consuntivo 1993/1994, del preventivo 1994/1995 e dei correlati stati di riparto 8 (pagine 17 e 18 di sentenza).

Ora, l’argomentare della Corte d’appello, che dapprima ha valutato l’inammissibilita’ della “quinta ragione” del terzo motivo di impugnazione, giacche’ aggiunta solo in sede di precisazione delle conclusioni, e poi ha comunque confutato la fondatezza di tale profilo, non si uniforma a quanto illustrato da Cass. Sez. U, 20/02/2007, n. 3840, nel senso che il giudice, dopo una statuizione di inammissibilita’, si spoglia della “potestas iudicandi” in relazione al merito della controversia, di tal che quanto lo stesso abbia poi impropriamente inserito nella sentenza, argomentando sul merito, rileva come motivazione svolta “ad abundantiam”, che la parte soccombente non ha ne’ l’onere ne’ l’interesse ad impugnare; con la conseguenza che e’ ammissibile l’impugnazione che si rivolga alla sola statuizione pregiudiziale ed e’ viceversa inammissibile, per difetto di interesse, l’impugnazione nella parte in cui si pretenda un sindacato in ordine alla motivazione sul merito (si veda da ultimo Cass. Sez. 2, 20/08/2019, n. 21514).

E’ peraltro evidente che non esista alcun omesso esame di fatti (i “vizi tecnici” della tabella Rocca), ne’ omessa pronuncia su domande, in quanto la lettura della sentenza impugnata sottolinea come sia insussistente un difetto di attivita’ dei giudici di secondo grado, avendo la Corte di Genova preso in esame le questioni oggetto di doglianza, risolvendole, piuttosto, in maniera che il ricorrente reputa non corretta.

Anche a voler considerare prevalenti ed assorbenti le rationes decidendi sul merito della validita’ della delibera 20 settembre 1994, punto 1 dell’ordine del giorno, le censure dei motivi settimo, ottavo e nono di ricorso non si dimostrano idonee a determinare la cassazione della sentenza impugnata. Il settimo motivo, in particolare, si articola sulla congettura che l’accoglimento della domanda di formazione giudiziale della tabella millesimale, avvenuto sulla scorta della espletata CTU (domanda peraltro proposta dallo stesso attore), non poteva non deporre per l’invalidita’ della “tabella Rocca” approvata in sede assembleare. Tale deduzione e’ resistita dall’affermazione della Corte d’appello secondo cui le divergenze tra la “tabella Rocca” approvata dall’assemblea e quella formata in giudizio con l’ausilio del CTU Juvara discendevano non da errori della prima nella identificazione del rapporto tra il valore dell’intero edificio e quello relativo alla proprieta’ del singolo (i quali avrebbero effettivamente condotto alla nullita’ della deliberazione dell’assemblea che avesse fissato a maggioranza criteri di ripartizione delle spese comuni diversi da quelli stabiliti dalla legge), quanto dalla differenza degli elementi di calcolo. Invero, la redazione di ogni tabella millesimale suppone il riferimento a dati oggettivi, quale la superficie o il volume della singola unita’ immobiliare, ma anche l’applicazione di coefficienti riduttori collegati a caratteristiche di destinazione, di piano, di orientamento, di prospetto, di luminosita’ o di funzionalita’ dell’alloggio. Due tabelle millesimali relative ad uno stesso immobile possono cosi’ rivelarsi diverse soltanto perche’ nell’una, e non nell’altra, e’ stato applicato uno dei suddetti coefficienti correttivi, pur senza che sia riscontrabile alcun “errore” nell’accertamento del valore proporzionale di una unita’ rispetto alle altre. L’errore che porta alla invalidita’ della delibera maggioritaria di approvazione della tabella e’ quello che incide sulla determinazione degli elementi necessari al calcolo del valore delle singole unita’ immobiliari. La divergenza tra i valori delle unita’ immobiliari di un edificio condominiale stimati in sede giudiziale e le tabelle millesimali approvate dall’assemblea, derivata unicamente dall’applicazione di determinati coefficienti riduttori riferiti alla superficie reale delle singole porzioni, non determina, dunque, ne’ la nullita’ della deliberazione assembleare, ne’ delle predette tabelle, ne’ delle delibere fondate sulle medesime per distribuire tra i condomini le spese e per regolare la costituzione e la votazione dell’assemblea.

Ribaltando la prospettiva avanzata dal ricorrente, non essendo stata fornita prova di una oggettiva divergenza tra valori effettivi e valori accertati nella “tabella Rocca”, approvata dall’assemblea 20 settembre 1994, era, al contrario, da respingere la domanda di revisione di quella tabella alla stregua dell’articolo 69 disp. att. c.c..

La portata non retroattiva della pronuncia di formazione giudiziale delle tabelle comporta, poi, che non possa affatto affermarsi l’invalidita’ di tutte le delibere approvate sulla base delle tabelle precedentemente in vigore, il che provocherebbe correlate pretese restitutorie relative alle ripartizioni delle spese medio tempore operate, in applicazione della cosiddetta “teoria del saldo” (arg. da Cass. Sez. 2, 24/02/2017, n. 4844; Cass. Sez. 3, 10/03/2011, n. 5690; Cass. gia’ Cass. Sez. U, 30/07/2007, n. 16794).

X.Il decimo motivo di ricorso di (OMISSIS) (pagina 48 e ss.) deduce, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’articolo 17 del regolamento di condominio e dell’articolo 1372 c.c., comma 1, nonche’ l’omesso esame di fatto decisivo, in relazione al mancato ripristino della pavimentazione a piastrelle del lastrico solare. La censura fa rinvio alla domanda del capo “7” delle conclusioni ed al punto 10 dell’ordine del giorno assembleare, e si riferisce alla pretesa di condanna del condominio a completare/ripristinare la copertura del terrazzo condominiale, fissando un termine di adempimento o altrimenti comminando un risarcimento, ed in ogni caso indennizzando l’attore anche dei danni per gli sbalzi termici subiti dal proprio appartamento. Si contesta il mancato esame delle doglianze del (OMISSIS) anche sul “caldo torrido” da “surriscaldamento estivo” e si afferma il “diritto soggettivo del condomino al rispetto del regolamento contrattuale di condominio”, il cui articolo 17 impediva la variazione delle linee costruttive del fabbricato.

X.I. Il decimo motivo di ricorso e’ del tutto infondato.

La Corte di Genova, in ordine al settimo ed all’ottavo motivo di appello, ha evidenziato, in sostanza, che: alcun intervento di riparazione potesse richiedersi al condominio per rimediare alla circostanza che l’appartamento del (OMISSIS) era posto all’ultimo piano, e quindi notoriamente risultava piu’ esposto al freddo invernale ed al caldo estivo; che la tabella Juvara aveva tenuto anche conto dell’altezza della proprieta’ (OMISSIS) nel determinare la caratura millesimale ai fini della contribuzione alle spese di riscaldamento; in ordine all’argomento numero 10 dell’ordine del giorno, l’assemblea del 20 settembre 1994 neppure aveva deliberato, rinviando l’esame della questione.

Non c’e’, quindi, alcun omesso esame, rilevante agli effetti dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, delle deduzioni difensive relative al “caldo torrido” che la mancata esecuzione della pavimentazione del lastrico solare avrebbe comportato.

Il (OMISSIS) ha ritenuto azionabile in via contrattuale nei confronti del condominio il proprio diritto a ripristinare la pavimentazione a piastrelle del terrazzo di copertura dell’edificio in forza dell’articolo 17 del regolamento, che vieta “qualsiasi variazione, sia pure lieve, alle linee costruttive ed estetiche del caseggiato”.

A proposito della questione posta al punto 10 dell’ordine del giorno dell’assemblea del 20 settembre 1994, i condomini avevano rinviato l’esame “data l’ora tarda”, e non dunque adottato una deliberazione avente contenuto negativo, la quale sarebbe stata legittimamente impugnabile dinanzi all’autorita’ giudiziaria al pari di tutte le altre, limitandosi l’articolo 1137 c.c. a stabilire la possibilita’ del ricorso all’autorita’ giudiziaria contro le delibere contrarie alla legge o al regolamento di condominio (cfr. Cass. Sez. 2, 14/01/1999, n. 313).

D’altro canto, una clausola regolamentare che prescriva, come il richiamato articolo 17 del Regolamento del Condominio (OMISSIS), un divieto di modificare le linee costruttive ed estetiche dell’edificio, fonda l’interesse processuale del singolo condomino a richiedere ed ottenere la demolizione delle eventuali opere lesive del decoro del fabbricato, ma non rende configurabile, come si assume a fondamento del decimo motivo di ricorso, un diritto di natura contrattuale di un condomino (nella specie, proprietario di un alloggio le cui caratteristiche di posizione sono tali da determinare un’incidenza della temperatura esterna piu’ accentuato che negli altri appartamenti) ad ottenere il ripristino delle adeguate condizioni termico-ambientali di isolamento del terrazzo comune sovrastante. Ove il proprietario del piano attico intenda denunciare il difetto di isolamento della superficie di copertura del terrazzo condominiale, tale da rendere lo stesso inidoneo a proteggere i vani sottostanti dagli agenti termici ed atmosferici, si rende piuttosto esperibile l’azione di responsabilita’ extracontrattuale ai sensi dell’articolo 2051 c.c..

XI.L’undicesimo motivo di ricorso di (OMISSIS) (pagina 54 e ss.) denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo e la violazione degli articoli 91 e 92 c.p.c..

La Corte d’appello non intese riformare la sentenza del Tribunale in punto di regolamentazione delle spese processuali, che erano state compensate per la meta’, ponendosene la frazione residua a carico dell’attore. I giudici di secondo grado evidenziarono come quasi tutte le domande del (OMISSIS) erano state respinte e la determinazione giudiziale delle nuove tabelle millesimali per le spese di riscaldamento non rendeva comunque preponderantemente vittorioso l’attore.

Il ricorrente espone che i giudici di appello avrebbero ignorato il ben significativo divario millesimale appurato fra la tabella Rocca e la tabella adottata dal Tribunale, sicche’ egli “era risultato effettivamente e largamente vittorioso”.

XI.1. L’undicesimo motivo di ricorso e’ infondato, giacche’ notoriamente la valutazione delle proporzioni della soccombenza reciproca e la determinazione delle quote in cui le spese processuali debbono ripartirsi o compensarsi tra le parti, ai sensi dell’articolo 92 c.p.c., comma 2, rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, che resta sottratto al sindacato di legittimita’, non essendo egli tenuto a rispettare un’esatta proporzionalita’ fra la domanda accolta e la misura delle spese poste a carico del soccombente (Cass. Sez. 2, 31/01/2014, n. 2149; Cass. Sez. 2, 20/12/2017, n. 30592).

XII. Il ricorso va percio’ rigettato, con condanna del ricorrente a rimborsare al controricorrente Condominio (OMISSIS), le spese del giudizio di cassazione nell’importo liquidato in dispositivo, mentre non occorre provvedere al riguardo per gli altri intimati, i quali non hanno svolto attivita’ difensive.

Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1-quater all’articolo 13 del testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 – dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione rigettata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dall’articolo 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.