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La costruzione di manufatti nel cortile comune di un fabbricato condominiale è consentita al singolo condomino solo se non alteri la normale destinazione di quel bene, non anche, pertanto, quando si traduca in corpi di fabbrica aggettanti (nella specie, ballatoio), con incorporazione di una parte della colonna d’aria sovrastante ed utilizzazione della stessa a fini esclusivi.

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Tribunale Catania, Sez. III, Sentenza, 04/03/2020

Con atto di citazione in riassunzione di un procedimento di denuncia di nuova opera e di danno temuto, depositato in data 26.04.2007, parte attrice citava in giudizio i convenuti al fine di ottenere sentenza che li condannasse all’abbattimento di tutte le opere abusive individuate nella relazione tecnica depositata nel giudizio di nuova opera e di danno temuto, nonchè al pagamento della somma di Euro 10.000,00 per i danni prodotti dalle infiltrazioni di acqua provenienti dall’esecuzione dei lavori abusivi.

In particolare parte attrice espone di essere proprietario di un immobile sito nel complesso condominiale di R., via P. n. 43/a, denominato ” B.I.”, di avere incoato nei confronti degli odierni convenuti un giudizio di nuova opera e danno temuto, denunciando l’abusiva realizzazione da parte degli stessi di opere non previste nel progetto originario dei lavori di ristrutturazione condominiale ed in particolare di avere realizzato un prolungamento del balcone esistente nell’immobile di loro proprietà, la realizzazione di una grondaia in cemento armato e l’innalzamento del tetto di copertura del palazzo condominiale, al fine di realizzare nel sottotetto un’abitazione, contravvenendo altresì all’atto di vincolo siglato dai convenuti, anche costruttori del detto immobile, con il Comune di Riposto, in data 19.05.1980.

Costituiti, i convenuti hanno eccepito che nel giudizio di nuova opera incoato da parte attrice il ctu nominato aveva accertato che, una parte delle infiltrazioni lamentate dagli attori, provenivano dai lavori eseguiti sul tetto di copertura condominiale e pertanto i convenuti hanno reiterato la loro eccezione di carenza di legittimazione passiva, in quanto, poichè la causa delle infiltrazioni lamentate da parte attrice vanno ricercate nei lavori di rifacimento eseguiti dal condominio nel tetto di copertura condominiale, legittimato passivo sarebbe il condominio.

In data 07.02.2011, la causa veniva dichiarata interrotta per morte del convenuto L.V., poi riassunta in data 18.03.2011.

Non essendo stata svolta alcuna attività istruttoria, la causa veniva posta in decisione con assegnazione dei termini di legge.

La domanda formulata da parte attrice è fondata e va accolta per quanto di ragione.

In via preliminare s osserva che l’eccezione sollevata da parte convenuta di nullità del ricorso introduttivo del giudizio cautelare va rigettata in quanto doveva essere il giudice della detta fase a pronunciarsi su tale eccezione.

Nel merito si osserva quanto segue.

Per risolvere la controversia oggetto di causa è necessario porre in evidenza la circostanza che la presente vicenda prende le mosse da un ricorso per danno temuto incoato da parte attrice e concluso con Provv. del 31 gennaio 2008,con il quale il Tribunale di Giarre accoglieva il ricorso cautelare richiesto dagli attori e per l’effetto condannava i convenuti alla realizzazione delle opere di impermeabilizzazione sul balcone realizzato dagli stessi, così come indicate dal CTU, Ing Paparo, nella relazione tecnica eseguita nell’ambito del procedimento cautelare.

L’unico accertamento tecnico svolto nel giudizio è quello effettuato proprio durante la fase cautelare a firma dell’Ing. Paparo.

Tale elaborato peritale, le cui conclusioni si condividono in quanto fondate su un’analisi attenta dei luoghi oggetto di causa, ha accertato che:

1) L’ampliamento del balcone è stato effettuato dai convenuti in assenza di calcoli strutturali;

2) E’ stata modificata la sagoma della copertura con la realizzazione di una nuova struttura portante in legno lamellare, in totale assenza di calcoli strutturali;

3) I danni presenti nella zona nord-ovest degli appartamenti, siti al pano terra, di proprietà degli attori, sono stati causati da infiltrazioni provenienti dal balcone ampliato.

4) I danni presenti nella zona centrale degli appartamenti, siti al piano terra, di proprietà A.-G. e degli immobili, siti al primo piano di proprietà L.-M., sono stati causati da infiltrazioni provenienti dal rifacimento del tetto. (CFR CTU ING. Paparo pagg 6-7)

Orbene il ctu ha indicato quali rimedi, il ripristino dell’ originaria ampiezza del balcone e successiva impermeabilizzazione dello stesso, nonché messa in sicurezza sismica della copertura e rifacimento della tinteggiatura degli immobili danneggiati. ( cfr Ctu Ing. Paparo pag. 7).

In sede cautelare, con Provv. del 31 gennaio 2008, il Tribunale di Giarre accoglieva il ricorso d’urgenza spiegato dagli attori e per l’effetto condannava i convenuti alla realizzazione delle opere di impermeabilizzazione sul balcone dagli stessi realizzato, così come indicate dal CTU, Ing Paparo, nella relazione tecnica eseguita nell’ambito del detto procedimento cautelare.

Non risulta provato in atti che i convenuti abbiano realizzato le opere di impermeabilizzazione disposte in sede cautelare.

Alla luce delle risultanze peritali si evince che le domande spiegate da parte attrice relativamente ai lavori effettuati sul tetto di copertura vanno rigettate per carenza di legittimazione passiva, in quanto doveva essere convenuto il condominio, perché trattasi di lavori su parti di proprietà condominiale e di lavori commissionati dallo stesso, in quanto parte attrice non ha dato prova dei soggetti che abbiano eseguito detti lavori.

In merito alla domanda inerente l’ampliamento e l’allungamento del balcone si fa rilevare che la S.C. ha statuito che “La costruzione di manufatti nel cortile comune di un fabbricato condominiale è consentita al singolo condomino solo se non alteri la normale destinazione di quel bene, non anche, pertanto, quando si traduca in corpi di fabbrica aggettanti (nella specie, ballatoio), con incorporazione di una parte della colonna d’aria sovrastante ed utilizzazione della stessa a fini esclusivi. (Cass. 3098/2005)

Pertanto l’allungamento del balcone da parte dei convenuti costituisce violazione del diritto di parte attrice al pari uso del bene comune e soprattutto incorporazione della colonna d’aria sovrastante con uso esclusivo della stessa e violazione del pari diritto dell’attore.

In conseguenza di ciò, i convenuti vanno condannati a ripristinare il balcone, così come individuato nella consulenza dell’Ing. Paparo, a pagina 7 della stessa, nella sua originaria estensione e, dopo, ad eseguire i lavori di impermeabilizzazione, di cui non vi è prova che siano stati eseguiti.

L’esistenza di una sanatoria di natura amministrativa concessa dall’ente comunale, non può incidere sulla circostanza che l’allungamento del balcone da parte convenuta implichi un’alterazione della normale destinazione del bene, come sopra detto e pertanto è irrilevante ai fin di causa.

Quindi, alla luce di quanto sopra, parte convenuta va condannata a ripristinare l’originaria estensione del ballatoio e dopo all’esecuzione dei lavori di impermeabilizzazione.

In conseguenza di ciò il provvedimento cautelare del Tribunale di Giarre va revocato in quanto si limitava a disporre l’esecuzione dei soli lavori di impermeabilizzazione.

La richiesta di risarcimento danni causati dalla riduzione della luce naturale, formulata da parte attrice in comparsa conclusionale, va rigettata in quanto tardiva, perché non è stata formulata in seno all’atto di citazione in riassunzione (cfr pag 7- 8 del detto atto).

Sulla domanda di risarcimento dei danni subiti a causa delle infiltrazioni di umidità si osserva che parte attrice ha prodotto in atti un fattura di Euro 3.600,00, che sarebbe il corrispettivo pagato per l’esecuzione dei lavori di eliminazione dei detti danni, causati dalle infiltrazioni provenienti dall’immobile di proprietà dei convenuti.

Sul punto è necessario richiamare il consolidato orientamento della S.C. secondo il quale: “La fattura commerciale – se proviene dalla stessa parte che intende utilizzarla – non costituisce, di per sé, prova del danno, tanto più quando non sia accompagnata da quietanza o non risulti accettata dal destinatario.” (Cass. 3293/2018)

Infatti è consolidato principio di giurisprudenza che la semplice fattura non possa costituire prova del danno, tanto più se non accompagnata da una quietanza o accettazione.

Nella fattispecie in esame, pertanto, pur avendo il ctu della fase cautelare accertato la sussistenza dei danni, non vi è prova dello loro quantificazione, non potendo essere considerata tale, la fattura prodotta da parte attrice, per i motivi sopra esposti ed in conseguenza la relativa domanda di condanna al pagamento dei danni va rigettata.

Le spese seguono la parziale soccombenza e pertanto in misura di metà vengono compensate, mentre i convenuti, in solido, vanno condannati a rifondere a parte attrice la metà delle spese e compensi che si liquidano, in detta misura della metà, per la fase cautelare in Euro 1000,00 per compensi, oltre iva, cpa e spese generali al 15% ed Euro 40 per spese, mentre per la fase del presente giudizio si liquidano, sempre nella misura di metà, in Euro 50 per spese ed Euro 1.200,00 per compensi, oltre iva, cpa e spese generali al 15%

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, così dispone:

Revoca il provvedimento cautelare emesso dal Tribunale di Giarre in data 31.01.2008.

Condanna i convenuti a ripristinare l’originaria ampiezza del balcone nord-ovest del primo piano, così come indicato a pagina 7 della ctu del’Ing. Paparo e successivamente a realizzare i lavori di impermeabilizzazione indicati dallo stesso CTU, Ing. Paparo a pagina 7 della sua consulenza.

Rigetta le altre domande formulate da parte attrice.

Compensa per metà le spese e compensi, mentre condanna altresì la parte convenuta a rimborsare alla parte attrice le spese di lite, nella misura di ½ che in tale misura si liquidano, per la fase cautelare in Euro 1.000,00 per compensi, oltre iva, cpa e spese generali al 15% ed Euro 40 per spese, mentre per la fase del presente giudizio si liquidano, sempre nella misura di metà, in Euro 50 per spese ed Euro 1.200,00 per compensi, oltre iva, cpa e spese generali al 15%.

Così deciso in Catania, il 4 marzo 2020.

Depositata in Cancelleria il 4 marzo 2020.