Il più ampio uso del bene comune, da parte del singolo condomino, non configura ex se una lesione o menomazione dei diritti degli altri partecipanti, ove, ad esempio, esso trovi giustificazione nella conformazione strutturale del fabbricato. Pertanto, perché le opere realizzate dal singolo condomino sul lastrico solare comune, al servizio esclusivo del proprio appartamento, concretino un atto di utilizzazione della cosa comune non consentita dall’art. 1102 c.c., occorre accertare se la collocazione dei denunciati manufatti abbia comportato una definitiva sottrazione della relativa porzione di bene comune ad ogni possibilità di futura utilizzazione degli altri condomini, con limitazione del piano di calpestio e compromissione della sua funzione di copertura e protezione delle sottostanti unità immobiliari; ovvero se, al contrario, la non significativa portata delle modifiche realizzate e l’adeguatezza dell’intervento abbiano lasciato intatta la destinazione principale del bene.

 

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Condominio negli edifici – Uso del bene comune da parte del singolo condomino – Conformazione strutturale del fabbricato – Atto di utilizzazione della cosa comune non consentita – Criteri di valutazione

Corte di Cassazione, Sezione 6 2 civile
Ordinanza 28 giugno 2017, n. 16260

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17753-2016 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 645/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 01/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 31/05/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

(OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi (violazione e falsa applicazione dell’articolo 1102 c.c. e motivazione insufficiente o contraddittoria in merito ai presupposti di applicabilita’ dell’articolo 1102 c.c.) avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma n. 645/2016 del 1 febbraio 2016.

Resiste con controricorso il Condominio di (OMISSIS).

La decisione impugnata ha rigettato l’appello di (OMISSIS) avverso la sentenza n. 6204/2009 del Tribunale di Roma, che aveva dichiarato estinta, per mancata integrazione del contraddittorio, la domanda riconvenzionale di usucapione avanzata dalla medesima attuale ricorrente, ed aveva invece accolto la domanda formulata dal Condominio di (OMISSIS), diretta a condannare (OMISSIS) a rimuovere le ringhiere, le fioriere e le altre mobilie poste dalla convenuta sul lastrico solare di proprieta’ condominiale, costituente copertura degli edifici (OMISSIS) del complesso di (OMISSIS).

La Corte d’Appello di Roma ha osservato che la trasformazione di una finestra in porta finestra, esistente nell’appartamento di proprieta’ esclusiva della condomina (OMISSIS), in maniera da poter accedere al lastrico solare percorrendo tre scalini, l’installazione sul lastrico di una ringhiera ed il posizionamento di attrezzatura da giardino, abbiano trasformato la destinazione del bene condominiale, rendendolo di uso esclusivo dell’appellante, con conseguente privazione dell’utilizzo da parte degli altri condomini e correlata violazione dell’articolo 1102 c.c..

I due motivi di ricorso denunciano la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1102 c.c. ed il vizio di motivazione, adducendo che il lastrico solare e’ di proprieta’ condominiale, funge da copertura agli edifici (OMISSIS), e’ esteso mq. 43,35 e non e’ accessibile in alcun modo se non dall’appartamento della condomina (OMISSIS), la quale, del resto, ne utilizza, grazie ai contestati manufatti, solo una parte, senza arrecare pregiudizio agli altri partecipanti ne’ alterarne la destinazione di copertura.

Ritenuto che il ricorso potesse essere accolto per manifesta fondatezza, con la conseguente definibilita’ nelle forme di cui all’articolo 380 bis c.p.c., in relazione all’articolo 375 c.p.c., comma 1, n. 5), su proposta del relatore, il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

Le parti hanno presentato memorie ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c., comma 2.

Questa Corte ha piu’ volte affermato come l’uso della cosa comune da parte di ciascun condomino e’ sottoposto, secondo il disposto dell’articolo 1102 c.c., a due fondamentali limitazioni, consistenti nel divieto di alterare la destinazione della cosa comune e nell’obbligo di consentirne un uso paritetico agli altri condomini. Simmetricamente, la norma in parola, intesa, altresi’, ad assicurare al singolo partecipante, quanto all’esercizio concreto del suo diritto, le maggiori possibilita’ di godimento della cosa, legittima quest’ultimo, entro i limiti ora ricordati, a servirsi di essa anche per fini esclusivamente propri, traendone ogni possibile utilita’, non potendosi intendere la nozione di “uso paritetico” in termini di assoluta identita’ di utilizzazione della “res”, poiche’ una lettura in tal senso della norma “de qua”, in una dimensione spaziale o temporale, comporterebbe il sostanziale divieto, per ciascun condomino, di fare, della cosa comune, qualsiasi uso particolare a proprio vantaggio. I rapporti condominiali, invero, sono informati al principio di solidarieta’, il quale richiede un costante equilibrio fra le esigenze e gli interessi di tutti i partecipanti alla comunione. Ne consegue che qualora sia prevedibile che gli altri partecipanti alla comunione non possano fare un pari uso della cosa comune, la modifica apportata alla stessa dal condomino deve ritenersi legittima, dal momento che, in una materia in cui e’ prevista la massima espansione dell’uso, il limite al godimento di ciascuno dei condomini e’ dato dagli interessi altrui, i quali, pertanto, costituiscono impedimento alla modifica solo se sia ragionevole prevedere che i loro titolari possano volere accrescere il pari uso cui hanno diritto (Cass. Sez. 2, 14/04/2015, n. 7466; Cass. Sez. 2, 30/05/2003, n. 8808; Cass. Sez. 2, 12/02/1998, n. 1499; Cass. Sez. 2, 05/12/1997, n. 12344; Cass. Sez. 2, 23/03/1995, n. 3368).

La Corte d’Appello di Roma ha affermato che il sol fatto che la condomina, attuale ricorrente, avesse sostituito una finestra con una porta finestra, in maniera da poter accedere direttamente dall’appartamento di sua proprieta’ esclusiva al lastrico solare condominiale, ed avesse poi realizzato sul lastrico una ringhiera ed ivi riposto attrezzatura da giardino, valesse a mutare la destinazione del bene comune ed ad escluderne il pari uso da parte degli altri condomini.

Con cio’, i giudici del merito non hanno considerato che il piu’ ampio uso del bene comune, da parte del singolo condomino, non configura ex se una lesione o menomazione dei diritti degli altri partecipanti, ove, ad esempio, esso trovi giustificazione nella conformazione strutturale del fabbricato (giacche’, come sosteneva la stessa appellante, trattasi di lastrico solare al quale sia possibile accedere da uno solo degli appartamenti di proprieta’ esclusiva: cfr. Cass. Sez. 2, 09/06/1986, n. 3822). Perche’ poi le opere realizzate dalla condomina (OMISSIS) sul lastrico solare comune, al servizio esclusivo del proprio appartamento, concretino un atto di utilizzazione della cosa comune non consentita dall’articolo 1102 c.c., occorre accertare se la collocazione dei denunciati manufatti abbia comportato una definitiva sottrazione della relativa porzione di bene comune ad ogni possibilita’ di futura utilizzazione degli altri condomini con limitazione del piano di calpestio e compromissione della sua funzione di copertura e protezione delle sottostanti unita’ immobiliari; ovvero se, al contrario, la non significativa portata delle modifiche realizzate e l’adeguatezza dell’intervento abbiano lasciato intatta la destinazione principale del bene (arg. anche da Cass. Sez. 2, 03/08/2012, n. 14107; Cass. Sez. 6 – 2, 04/02/2013, n. 2500).

Il ricorso va pertanto accolto e va cassata la sentenza impugnata, con rinvio della causa ad altra sezione della Corte d’appello di Roma, che decidera’ tenendo conto dei richiamati principi e dei rilievi svolti.

Il giudice del rinvio provvedera’ anche alla pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa ad altra sezione della Corte d’appello di Roma anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.

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