È legittima la demolizione di una veranda abusiva realizzata 30 anni prima, se la p.a. è venuta a conoscenza dell’abuso solo recentemente ed in modo fortuito, e cioè mediante le fotografie allegate ad una s.c.i.a. per il consolidamento dei balconi del condominio. La sentenza ha precisato che sino a quando la P.A. non ha conoscenza dell’abuso, non si può ipotizzare un’inerzia della stessa

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Opere abusive – Demolizione di una veranda abusiva – Realizzazione 30 anni prima – Legittimità dell’ordine demolitorio – P.A. – Conoscenza dell’abuso solo di recente ed in modo fortuito

Tribunale Amministrativo Regionale PIEMONTE – Torino, Sezione 2
Sentenza 8 marzo 2017, n. 321

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

Sezione Seconda

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 278 del 2016, proposto da:

DE. ST., rappresentata e difesa dagli avvocati Cl. De. e An. Po., domiciliati ex art. 25 cpa presso la Segreteria del T.A.R. Piemonte in Torino, corso (…);

contro

COMUNE DI CUNEO, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Al. Pa., con domicilio eletto presso il suo studio in Torino, corso (…);

per l’annullamento

– dell’ordinanza prot. 1115 del 31.12.2015, sottoscritta dal Dirigente del Settore Ambiente e Territorio – Edilizia Privata, del Comune di Cuneo, notificata in pari data, con la quale si ordina alla ricorrente “l’immediata demolizione entro 90 giorni dalla data della presente ordinanza, della veranda realizzata abusivamente, ed il ripristino della stato dei luoghi, compreso lo sgombero dei materiali di risulta secondo la normativa vigente”, nonché “di trasmettere all’Ufficio scrivente debita documentazione fotografica attestante l’avvenuta demolizione della veranda abusiva”;

– di ogni altro atto preparatorio, discendente, conseguente e connesso.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Cuneo;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 15 febbraio 2017 il dott. Ariberto Sabino Limongelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Il 21 agosto 2014 il Comune di Cuneo acquisiva al proprio protocollo la SCIA presentata dall’amministratore del condominio Bo. di via (omissis) concernente la realizzazione di alcuni lavori di consolidamento dei balconi condominiali della manica di via (omissis), prospicente il cortile interno in via (omissis), in zona di PRG classificata “TS-2-Tessuti di matrice barocca (centro storico)”.

Dalla documentazione grafica e fotografica allegata alla SCIA, gli uffici comunali rilevavano la presenza di una veranda non autorizzata sul balcone di proprietà della sig.ra De. St. (residente a (omissis)), il che induceva gli uffici ad avviare il procedimento di repressione dell’abuso edilizio.

Non essendo pervenuto riscontro dall’interessata, in data 31 dicembre 2015 l’amministrazione comunale adottava l’ordinanza dirigenziale prot. 1115/15, notificata in pari data, con la quale ordinava alla proprietaria di provvedere alla demolizione della veranda abusiva e al ripristino dello stato dei luoghi, compreso lo sgombero dei materiali di risulta, entro 90 giorni dalla notifica del provvedimento, dandone riscontro fotografico all’amministrazione.

Nella motivazione del provvedimento, l’amministrazione rilevava che l’intervento contestato era stato effettuato “su immobile situato all’interno della Città Storica, così come definito nel Piano Regolatore Generale Comunale vigente e dalle Norme Tecniche di Attuazione agli artt. 28 e ss. “Tessuto di origine medioevale e di matrice barocca TS2 – Cellula edilizia classe tipologica A3 – per il quale gli interventi sono limitati alle sole manutenzioni MO, MS e Restauro e Risanamento conservativo RC – pertanto non sono consentiti ampliamenti di Superficie Utile Lorda”.

2. Con ricorso notificato in data 25 febbraio 2016 e depositato il 23 marzo successivo, l’intimata ha impugnato la predetta ordinanza e ne ha chiesto l’annullamento, previa sospensione, sulla base di due motivi, con i quali ha dedotto:

1) la violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della L. n. 241/90 per difetto assoluto di istruttoria e di motivazione, illogicità e perplessità;

2) il vizio di eccesso di potere per violazione dei principi di proporzionalità, tutela dell’affidamento e buona fede, travisamento per erronea valutazione dei presupposti: il Comune non avrebbe tenuto conto del lungo lasso di tempo trascorso dalla realizzazione delle opere (1983); l’ordinanza impugnata sarebbe priva di una specifica motivazione circa la persistenza dell’interesse pubblico alla demolizione di opere così risalenti nel tempo.

3. Il Comune di Cuneo si è costituito in giudizio depositando documentazione e difese di stile, svolgendo poi deduzioni orali nella camera di consiglio dedicata alla trattazione della domanda cautelare.

4. Con ordinanza n. 138/2016 del 7 aprile 2016, la Sezione ha respinto la domanda cautelare, non ravvisando profili di fumus boni iuris né di periculum in mora.

5. Con successiva ordinanza n. 3366/2016 del 5 agosto 2016, il Consiglio di Stato sez. VI ha accolto l’appello cautelare della ricorrente e sospeso l’esecuzione del provvedimento impugnato per consentire la definizione del merito “re adhuc integra”, sollecitando la fissazione dell’udienza di merito nel giudizio di primo grado.

6. E’ stata fissata udienza pubblica per il giorno 15 febbraio 2017, in prossimità della quale entrambe le parti hanno depositato memorie conclusive nei termini di rito.

7. All’udienza pubblica del 15 febbraio 2017, la causa è stata assunta in decisione.

8. Il ricorso è infondato e va respinto sotto entrambi i profili dedotti.

8.1. Con il primo motivo, la ricorrente ha dedotto la violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della L. n. 241/90 per difetto assoluto di istruttoria e di motivazione, illogicità e perplessità.

La censura non può essere condivisa.

E’ pacifico che la veranda realizzata sul balcone di proprietà della ricorrente non è mai stata autorizzata dall’amministrazione comunale, e pertanto è abusiva. Il provvedimento impugnato si sarebbe potuto limitare a tale rilievo per giustificare l’ordine demolitorio e ripristinatorio; l’amministrazione ha invece avuto cura di evidenziare anche la non sanabilità del manufatto, trattandosi di veranda realizzata su immobile sito nel Centro Storico cittadino, in zona di PRGC nella quale non sono consentiti ampliamenti di volumi e di superfici.

L’istruttoria che ha condotto all’adozione dell’atto impugnato è stata parimenti menzionata nel preambolo del provvedimento impugnato e, pur nella sua (inevitabile) semplicità, è stata senz’altro adeguata, essendosi articolata nel riscontro visivo della veranda sul balcone di proprietà della ricorrente, attinto dalla documentazione grafica e fotografica allegata alla SCIA per lavori condominiali, e dal successivo riscontro del suo carattere abusivo, non essendo stata reperito negli archivi comunali – né fornito dall’interessata – alcun atto autorizzatorio.

8.2. E’ infondato anche il secondo motivo.

8.2.1. La ricorrente ha esposto e documentato che la veranda fu realizzata nel 1983 dal proprio fratello El. St., deceduto nel 2010 e al quale ella è succeduta mortis causa; ha quindi evidenziato il lungo lasso di tempo trascorso dalla realizzazione dell’abuso e l’inerzia serbata in tale periodo dall’amministrazione preposta alla vigilanza edilizia, tale da ingenerare nel privato una posizione di affidamento tutelabile, che avrebbe imposto all’amministrazione un onere di motivazione rafforzata in ordine alla sussistenza dell’interesse pubblico alla repressione dell’abuso edilizio, diverso da quello al mero ripristino della legalità violata; tanto più che nel caso di specie l’abuso è di esigua entità e non è stato posto in essere dalla ricorrente, ma da suo fratello più di trent’anni fa, sicchè avrebbe dovuto essere considerata anche la buona fede della ricorrente.

8.2.2. Correttamente la difesa di parte ricorrente ha richiamato gli orientamenti giurisprudenziali, non univoci, che nel corso degli anni si sono formati sulla questione di diritto oggetto della censura:

– l’uno, più rigoroso, secondo cui “In materia di illeciti edilizi, la risalenza nel tempo della realizzazione dell’abuso è da considerare irrilevante rispetto all’adozione di un provvedimento di natura ripristinatoria dello stato dei luoghi in ragione della preminenza dell’interesse pubblico alla rimozione di opere abusive e al ripristino della legalità” (TAR Piemonte, sez. II, 19 settembre 2015 n. 1358; T.A.R. Lazio-Roma, sez. I, 13 giugno 2016 n. 6744; T.A.R. Napoli, sez. VI, 14 settembre 2016, n. 4279);

– l’altro, più propenso a tutelare l’affidamento del privato – e ovviamente invocato a proprio favore dalla difesa di parte ricorrente – secondo cui “Il notevole periodo di tempo trascorso tra la commissione dell’abuso e l’adozione dell’ordinanza di demolizione, e il protrarsi dell’inerzia dell’amministrazione preposta alla vigilanza, possono costituire indice sintomatico di un legittimo affidamento in capo al privato, a fronte del quale grava quantomeno sul Comune, nell’esercizio del potere repressivo-sanzionatorio, un obbligo motivazionale “rafforzato” circa l’individuazione di un interesse pubblico specifico alla emissione della sanzione demolitoria, diverso e ulteriore rispetto a quello al mero ripristino della legalità, idoneo a giustificare il sacrificio del contrapposto interesse privato, in deroga al carattere strettamente dovuto dell’ingiunzione a demolire” (Consiglio di Stato, sez. VI, 08 aprile 2016 n. 1393; T.A.R. Torino, sez. I, 29 luglio 2015 n. 1280).

8.2.3. Il collegio osserva che il contrasto giurisprudenziale richiamato dalla difesa di parte ricorrente – più apparente che reale, peraltro – merita una puntualizzazione, che assume un rilievo essenziale nella vicenda qui in esame.

L’orientamento giurisprudenziale che riconnette al decorso del tempo dalla commissione dell’abuso l’insorgere nel privato di una situazione di affidamento tutelabile alla conservazione dell’intervento abusivo, tale da imporre all’amministrazione che intenda invece reprimere quell’abuso un obbligo motivazionale rafforzato in ordine alla sussistenza di un concreto interesse pubblico all’adozione della misura ripristinatoria, diverso dal mero ripristino della legalità violata, fa derivare l’affidamento tutelabile dell’interessato non dal semplice decorso del tempo, ma dall’”inerzia” serbata dall’amministrazione in tale lasso temporale, la quale a sua volta presuppone necessariamente “la conoscenza” dell’abuso da parte dell’amministrazione, a cui tuttavia non fa seguito la dovuta attività repressiva e ripristinatoria.

In altre parole, non può esservi inerzia dell’amministrazione fin tanto che essa non abbia avuto conoscenza dell’abuso; e da tanto consegue che il semplice decorso del tempo dalla commissione dell’abuso edilizio – che costituisce un illecito permanente – non è di per sé idoneo ad ingenerare nel privato una situazione di legittimo affidamento sulla conservabilità dell’intervento abusivo, se non nel caso in cui l’amministrazione, pur avendo avuto in tale lasso temporale oggettiva conoscenza dell’abuso, abbia tuttavia omesso di esercitare la dovuta azione repressiva e ripristinatoria.

8.2.4. Nel caso di specie, l’amministrazione comunale è venuta a conoscenza (del tutto casualmente, peraltro) della veranda abusiva di proprietà della ricorrente soltanto nell’agosto 2014, allorquando, esaminando la documentazione grafica e fotografica allegata alla SCIA presentata dall’amministratore di condominio per alcuni lavori di consolidamento dei balconi, ha notato la presenza di quella veranda sulla facciata interna del condominio e, dopo aver svolto alcuni accertamenti, ha constatato che la stessa non era mai stata autorizzata. Una volta accertato l’abuso, gli uffici hanno attivato sollecitamente, il 29 maggio 2015, il procedimento di repressione, per poi concluderlo il 31 dicembre 2015 con l’atto impugnato nel presente giudizio.

Tra la conoscenza dell’abuso e l’avvio del procedimento di repressione sono decorse solo poche settimane, tempo certamente insufficiente a ingenerare nella ricorrente una situazione di affidamento tutelabile alla conservazione del manufatto.

In tale contesto, la circostanza che il manufatto fosse stato realizzato dal fratello della ricorrente più di trent’anni prima è del tutto inconferente, trattandosi di manufatto realizzato sulla facciata condominiale prospiciente il cortile interno, e come tale non visibile dall’esterno: tant’è che l’amministrazione ne ha potuto avere conoscenza solo nell’agosto 2014, nelle circostanze del tutto fortuite di cui si è detto sopra.

9. Alla luce di tali considerazioni, il ricorso va respinto.

10. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la ricorrente a rifondere al Comune di Cuneo le spese di lite, che liquida in € 3.000,00 (tremila), oltre IVA, CPA e ulteriori accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 15 febbraio 2017 con l’intervento dei magistrati:

Carlo Testori – Presidente

Savio Picone – Consigliere

Ariberto Sabino Limongelli – Primo Referendario, Estensore

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