Il condominio non può procedere all’installazione dell’ascensore, quand’anche ciò serva a eliminare una barriera architettonica in favore di un portatore di handicap, qualora l’installazione comprometta il godimento della proprietà individuale di uno dei condomini. Ad affermarlo è la Cassazione che accoglie le ragioni del condomino proprietario di locali adibiti a box che con l’installazione dell’ascensore aveva visto limitata la possibilità di accedere alla sua proprietà. Per la Corte, prevale il diritto di proprietà sull’esigenza di eliminare gli ostacoli sul percorso dei portatori di handicap e il divieto di installazione scatta a prescindere dal fatto che il proprietario dei locali li abbia o meno usati per parcheggiarci la macchina.

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Corte di Cassazione, Sezione 2 civile
Sentenza 29 novembre 2016, n. 24235

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente

Dott. MATERA Lina – Consigliere

Dott. MANNA Felice – rel. Consigliere

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 213-2012 proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 120/2011 della CORTE D’APPELLO DI LECCE sezione distaccata di TARANTO, depositata il 05/04/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/07/2016 dal Consigliere Dott. MANNA FELICE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARDINO ALBERTO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nell’assemblea del 13.10.1999 il condominio di (OMISSIS), deliberava l’installazione di un ascensore all’interno dell’androne delle scale. Assumendosi proprietari esclusivi di un’area retrostante e dei box auto ivi esistenti, e lamentando che la realizzazione dell’ascensore avrebbe impedito loro l’accesso all’area anzi detta e ai box, (OMISSIS) e (OMISSIS) e (OMISSIS), comproprietari di unita’ singole al piano terra dell’edificio quali eredi di (OMISSIS), impugnavano detta delibera innanzi al Tribunale di Taranto.

Nel resistere in giudizio il condominio eccepiva la prescrizione della servitu’ di passo carraio, eccezione che l’adito Tribunale di Taranto accoglieva rigettando cosi’ la domanda.

L’impugnazione proposta avverso detta sentenza da (OMISSIS) e (OMISSIS), anche quali eredi di (OMISSIS), nel frattempo deceduta, era respinta dalla Corte d’appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto. Osservava detta Corte, per quanto ancora rileva in questa sede di legittimita’, che l’installazione dell’ascensore non impediva l’accesso degli appellanti all’area di loro proprieta’, lasciando libero a tal fine uno spazio di m. 1,12. Circa la dedotta violazione del godimento dei condomini appellanti, quale limite alle innovazioni di cui all’articolo 1120 c.c., comma 2, aggiungeva che i testi escussi avevano confermato che gli eredi (OMISSIS) non erano mai entrati con autoveicoli all’interno dell’area di loro proprieta’ e che i manufatti ivi esistenti non erano mai stati utilizzati quali box auto.

Per la cassazione di tale pronuncia il solo (OMISSIS) propone ricorso, affidato a due motivi, cui ha fatto seguito il deposito di memoria.

Resiste con controricorso il condominio di (OMISSIS).

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo denuncia la violazione o falsa applicazione dell’articolo 1120 c.c., comma 2, (nel testo anteriore alle modifiche apportate dalla L. n. 220 del 2012), in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3. Sostiene parte ricorrente che l’innovazione in oggetto viola l’articolo 1120 c.c., comma 2, perche’ lo spazio di mq. 1,12 lasciato libero per il passaggio menoma gravemente il godimento della stessa area comune e degli immobili di sua proprieta’. Cio’ si desume dal fatto che tale misura e’ inferiore a quella minima di m. 1,20 fissata dal Decreto Ministeriale n. 236 del 1989, articolo 4.1.10, relativamente al superamento delle barriere architettoniche, per la lunghezza delle rampe di scale, e impedisce il passaggio contemporaneo di due persone e quello di una barella con un’inclinazione massima del 15% lungo l’asse longitudinale.

1.1. – Il motivo e’ fondato.

Occorre premettere che in tema di deliberazioni condominiali, l’installazione dell’ascensore, rientrando fra le opere dirette ad eliminare le barriere architettoniche di cui alla L. n. 118 del 1971, articolo 27, comma 1, e al Decreto del Presidente della Repubblica n. 384 del 1978, articolo 1, comma 1, costituisce innovazione che, ai sensi della L. n. 13 del 1989, articolo 2 e’ approvata dall’assemblea con la maggioranza prescritta rispettivamente dall’articolo 1136 c.c., commi 2 e 3; tutto cio’ ferma rimanendo la previsione della citata L. n. 13 del 1989, articolo 2, comma 3, che fa salvo il disposto dell’articolo 1120 c.c., comma 2 e articolo 1121 c.c., comma 3 (Cass. n. 14384/04).

La condizione di inservibilita’ del bene comune all’uso o al godimento anche di un solo condomino, che, ai sensi dell’articolo 1120 c.c., comma 2, rende illegittima e quindi vietata l’innovazione deliberata dagli altri condomini, e’ riscontrabile anche nel caso in cui l’innovazione produca una sensibile menomazione dell’utilita’ che il condomino precedentemente ricavava dal bene (cfr. Cass. n. 20639/05, che in applicazione di tale principio ha ritenuto illegittima una delibera condominiale che, nel restringere il vialetto di accesso ai garages, rendeva disagevole il transito delle autovetture).

Dunque, le innovazioni dirette a eliminare barriere architettoniche, come appunto quelle che dispongano l’installazione di un ascensore, non derogano all’articolo 1120 c.c., comma 2 (vecchio testo), ma solo alla maggioranza che diversamente e’ prescritta dall’articolo 1136 c.c., comma 5, richiamato dall’articolo 1120 c.c., comma 1.

E di tali principi la giurisprudenza di questa Corte ha fatto applicazione, segnatamente, anche nell’ipotesi dell’installazione di un ascensore (Cass. n. 12930/12), ancorche’ volto a favorire le esigenze di condomini portatori di handicap, ove detta innovazione sia lesiva dei diritti di altro condomino sulla porzione di sua proprieta’ esclusiva, indipendentemente da qualsiasi considerazione di eventuali utilita’ compensative (Cass. n. 6109/94), ed ove l’installazione renda talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino (Cass. n. 28920/11).

1.1.1. – Di tali principi di diritto la sentenza impugnata mostra di aver operato una falsa applicazione, li’ dove, nel valutare se l’innovazione in oggetto avesse compromesso il godimento delle proprieta’ individuali degli attori, ha escluso ogni lesione sulla base dell’uso che negli anni questi ne avevano fatto, mentre l’apprezzamento avrebbe dovuto essere operato a stregua della natura e della destinazione economica dei beni stessi. In particolare, la circostanza, valorizzata dalla Corte territoriale, che gli eredi (OMISSIS) non fossero mai entrati con autoveicoli nell’area interna del palazzo e che non avessero mai utilizzato i manufatti di loro proprieta’ per il ricovero di autovetture, e’ del tutto priva di significato al fine di valutare la compromissione della facolta’ di godimento dei beni di proprieta’ esclusiva, facolta’ che, essendo inerente al contenuto del diritto di proprieta’, non si estingue per non uso.

2. – Il secondo motivo espone la violazione o falsa applicazione degli articoli 1027, 1073 e 1102 c.c., articolo 1120 c.c., comma 2, e articolo 1362 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3. Parte ricorrente sostiene che l’accesso carrabile al proprio cortile attraverso l’androne condominiale rientra tra le destinazioni normali della cosa, e pertanto “non puo’ pregiudicare o menomare in alcun modo la normale fruizione degli stessi da parte degli altri condomini per accedere ai loro rispettivi appartamenti siti ai piani superiori, con la quale e’ perfettamente compatibile, di modo che deve escludersi che il transito carrabile attraverso l’androne a favore dell’odierno ricorrente sia stato previsto a titolo di servitu’”. Da cui l’imprescrittibilita’ dell’azione esperita.

2.1. – Il motivo e’ inammissibile.

Ne’ dalla sentenza impugnata ne’ dal ricorso si ricava che sia stata trattata e decisa anche la questione della natura del passaggio (iure comproprietatis o iure servitutis) attraverso l’androne condominiale (anche se la sentenza d’appello, ad altri fini come s’e’ detto, ha ritenuto rilevante che gli appellanti non fossero mai transitati con autoveicoli attraverso l’androne per raggiungere i box di loro proprieta’ esclusiva). La controversia, infatti, ha avuto ad oggetto solo la legittimita’ della delibera impugnata.

3. – In conclusione, la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio, anche per le spese di cassazione, ad altra sezione della Corte d’appello di Lecce, che nel rivalutare il merito della domanda si atterra’ ai principi di diritto sopra enunciati.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo, respinto il secondo, cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Lecce, che provvedera’ anche sulle spese del giudizio di cassazione.

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