L’orientamento del Tribunale di Verona (prima con la sentenza del Tribunale n. 2489/12, dott. Mirenda, recentemente confermata dalla sentenza n. 543/15 del Giudice di Pace, dott. Mutti) è che gli importi pretesti a titolo di T.I.A. non sono assoggettabili ad IVA, in quanto la T.I.A. ha natura tributaria; i pagamenti risultano non dovuti e pertanto, essendo privi di giustificazione, sono da qualificarsi come indebito oggettivo, con conseguente diritto alla restituzione.

Fatti di causa e decisione

Sin dalla sua introduzione la migliore dottrina si espresse inquadrando la T.I.A. come un vero e proprio tributo (cfr. Falsitta, Manuale di Diritto Tributario, Parte Speciale, Il Sistema delle Imposte, 2013, pag. 1090 e ss).

Ciononostante, presso molte amministrazioni comunali si instaurò negli anni la prassi – totalmente errata ed illegittima – degli Enti di gestione del servizio di applicare la tassazione IVA anche alla T.I.A.

Sin dalle prime pronunce, i Giudici chiamati ad esprimersi sul punto denunciarono la palese illegittimità di tale applicazione, salvaguardando, così, il diritto degli utenti alla restituzione delle somme indebitamente versate.

È sulla scorta di tali rilievi che l’attore, dopo aver inutilmente rivolto all’Ente di gestione del servizio istanza per la restituzione delle somme indebitamente versate, si vedeva costretto ad agire in giudizio per tutelare le proprie legittime pretese.

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