La TIA ha natura tributaria e quindi non è soggetta ad IVA, dal momento che l’Iva come qualsiasi altra imposta deve colpire una qualche capacità contributiva. Ed una capacità contributiva si manifesta quando un soggetto acquisisce beni o servizi versando un corrispettivo, non quando paga un’imposta, sia pure “mirata” o “di scopo” cioè destinata a finanziare un servizio da cui trae beneficio il soggetto stesso. Per quanto attiene poi all’Iva, il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 3, puntualizza che sono soggette a tale imposta solo le prestazioni di servizi “verso corrispettivo” e non quelle finanziate mediante imposte. Dunque solo ove sussista un “corrispettivo” sarà applicabile il n. 127 sexiesdecies della Tabella A parte terza allegata al D.P.R. n.633 del 1972, e dovrà essere applicata l’iva sulle “prestazioni di gestione, stoccaggio e deposito temporaneo, di rifiuti urbani e di rifiuti speciali nonché sulle prestazioni di gestione di impianti di fognatura e depurazione.
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Corte di Cassazione, Sezione 6 civile – Sentenza 2 marzo 2015, n. 41
TIA (tariffa igiene ambientale) – Natura tributaria – Assoggettabilità ad Iva – Esclusione – Assoggettabilità delle prestazioni di servizi verso corrispettivo
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Gli atti del giudizio di legittimita’.
E’ stato notificato a (OMISSIS) un ricorso della ” (OMISSIS)” per la cassazione della sentenza descritta in epigrafe, che ha respinto l’appello della predetta societa’ contro la sentenza n. 1289/2013 del Tribunale di Venezia con la quale – in parziale riforma della decisione del locale Giudice di Pace con cui era stata accolta la domanda del (OMISSIS) volta ad ottenere la condanna alla restituzione dell’IVA gia’ versata sulla TIA – tassa di igiene ambientale prevista dal Decreto Legislativo n. 22 del 1997, articolo 49 – e’ stata confermata la condanna della (OMISSIS) spa alla restituzione delle somme pretese all’anzidetto titolo (con gli interessi legali dall’intervenuto pagamento al saldo) ed e’ stata disposta la compensazione integrale tra le parti delle spese di entrambi i gradi rispetto alla regolazione disposta dal giudice di primo grado in ragione del criterio della soccombenza.
Il (OMISSIS) si e’ difeso con controricorso e ricorso incidentale.
La (OMISSIS) spa ha depositato, a sua volta, controricorso al ricorso incidentale.
La parte ricorrente ha formulato istanza di rimessione alle Sezioni Unite di questa Corte, istanza sulla quale il Consigliere delegato del Primo Presidente ha disposto che si rimettano le valutazioni al Collegio della sezione di competenza.
Sia la ricorrente principale che la ricorrente incidentale hanno depositato memorie illustrative.
La controversia e’ stata discussa alla pubblica udienza del 5.2.2015.
2. La motivazione della sentenza impugnata.
Il giudice dell’appello – dopo avere confermato la giurisdizione del giudice ordinario, alla luce della natura della domanda proposta, e dopo avere ribadito la natura tributaria della Tariffa di cui si tratta, in relazione alla disciplina previgente al Decreto Legge n. 78 del 2010, siccome mera variante della TARSU, di cui conserva la qualifica di tributo attribuitole dalla concorde giurisprudenza di legittimita’ e dall’ordinanza n. 64/2010 della Corte Costituzionale – ha escluso che esista una norma di legge che espressamente assoggetti ad IVA le prestazioni del servizio di smaltimento dei rifiuti. D’altronde, anche la ratio del prelievo conforta nella medesima direzione, dovendosi escludere un nesso diretto tra il servizio e l’entita’ dello stesso che e’ commisurato a mere presunzioni forfetarie di producibilita’ dei rifiuti ed al costo complessivo dell’attivita’ di smaltimento, cio’ che impedisce di configurare l’esistenza di una relazione sinallagmatica quale necessaria ai fini dell’assoggettamento ad IVA, a termini del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articoli 3 e 4. Infine, anche nell’ottica eurounitaria, si configura nella specie in esame l’esistenza di uno di quei “diritti, canoni, contributi” esclusi dall’assoggettamento ad IVA perche’ percepiti da enti pubblici (o, per essi, da concessionari) per le attivita’ che esercitano in quanto pubbliche autorita’. Il Tribunale ha anche disatteso le tesi di parte appellante circa l’insussistenza di un debito e circa l’applicabilita’ alla specie di causa della disciplina della prescrizione e della decadenza rilevanti ai fini tributari (attesa la natura civilistica dell’azione di ripetizione esercitata in giudizio), cosi’ come della durata quinquennale del termine Prescrizionale. Per ultimo, il Tribunale ha accolto la tesi di parte appellante secondo cui gli interessi legali sulla somma ripetibile vanno computati dal momento della richiesta, dovendosi escludere che la (OMISSIS) fosse in mala fede al momento della percezione dell’IVA, alla luce della originaria controvertibilita’ della questione giuridica.
3. Il ricorso per cassazione.
Il ricorso principale per cassazione e’ sostenuto con quattro motivi e si conclude – previa indicazione del valore della lite in euro 355,45 – con la richiesta che sia cassata la sentenza impugnata, con ogni consequenziale pronuncia anche in ordine alle spese di lite. Il ricorso incidentale e’ sostenuto con due motivi e si conclude – previa indicazione del valore della lite fino ad euro 1.100,00 – con la richiesta che sia cassata la sentenza impugnata nella parte relativa alla decorrenza degli interessi ed in quella relativa alla regolazione delle spese di lite.
MOTIVI DELLA DECISIONE
4. Il primo ed il secondo motivo dell’impugnazione principale.
Con il primo motivo di impugnazione (fondato sulla violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articoli 1, 3, 4 e del Decreto Legge n. 557 del 1993, articolo 4) la parte ricorrente principale si duole dell’erronea affermazione da parte del giudicante circa l’inesistenza di una disciplina normativa di assoggettamento ad IVA delle prestazioni del servizio di smaltimento dei rifiuti, nel mentre alla voce 127-sexdecies della Parte Terza della Tabella A del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 (con le conseguenti previsioni del regolamento attuativo Decreto Ministeriale 24 ottobre 2000, n. 370) si legge che sono soggette ad IVA le prestazioni di gestione, stoccaggio e deposito temporaneo di rifiuti urbani. D’altronde, e’ erronea supposizione che le attivita’ di raccolta e smaltimento dei rifiuti necessitino di essere ricondotte nel campo di applicazione IVA da apposite previsioni (speciali), nel mentre la previsione generale dell’articolo 1 del menzionato Decreto del Presidente della Repubblica individua gia’, in via generale ed astratta, il presupposto di imposta i soggetti e la base imponibile, senza che rilevi in contrario il Decreto Legge n. 557 del 1993, articolo 4 con il quale il legislatore ha inteso abrogare una eccezionale esenzione dall’IVA delle prestazioni di gestione dei rifiuti che – di per se’ – sono perfettamente idonee a ricadere nella fattispecie impositiva astratta.
Con il secondo motivo (fondato sulla violazione del Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, articolo 4 nonche’ del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articoli 1, 3 e 4) la parte ricorrente principale si duole anche del fatto che il giudicante abbia escluso l’applicabilita’ dell’IVA alla TIA (a motivo del fatto che l’importo della tariffa potrebbe essere commisurato a presunzioni forfettarie di producibilita’ dei rifiuti interni ed al costo complessivo dello smaltimento anche dei rifiuti esterni), senza considerare che il sinallagma tra la prestazione del servizio e la controprestazione che lo remunera prescinde dalla modalita’ di determinazione del corrispettivo stesso. Infatti, nella disciplina relativa all’IVA la nozione di corrispettivo non evoca quella civilistica di rapporto sinallagmatico ma deve intendersi quale “collegamento economicamente valutabile tra servizio e controprestazione pecuniaria gravante sul beneficiario”.
I due motivi (tra loro intimamente connessi ed abbisognevoli di congiunta trattazione) appaiono infondati e da disattendersi.
Questa Corte, infatti, in plurime occasioni (si vedano, per tutte, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 3294 del 2012 e n. 3293 del 2012) ha avuto modo di chiarire che: “Si deve – invece – qui soltanto dar atto che la TIA di cui si discute ha natura tributaria e quindi non e’ soggetta ad IVA, dal momento che l’Iva come qualsiasi altra imposta deve colpire una qualche capacita’ contributiva. Ed una capacita’ contributiva si manifesta quando un soggetto acquisisce beni o servizi versando un corrispettivo, non quando paga un’imposta, sia pure “mirata” o “di scopo” cioe’ destinata a finanziare un servizio da cui trae beneficio il soggetto stesso. Per quanto attiene poi all’Iva, il Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 3, puntualizza che sono soggette a tale imposta solo le prestazioni di servizi “verso corrispettivo” e non quelle finanziate mediante imposte. Dunque solo ove sussista un corrispettivo sara’ applicabile il n. 127 sexiesdecies della Tabella A parte terza allegata al Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, e dovra’ essere applicata l’Iva sulle prestazioni di gestione, stoccaggio e deposito temporaneo, di rifiuti urbani e di rifiuti speciali nonche’ sulle prestazioni di gestione di impianti di fognatura e depurazione. Ne’ appare rilevante la tesi della ricorrente secondo cui la natura tributaria di un’entrata non escluderebbe di per se’ l’applicazione dell’Iva (un cenno dubitativo in questo senso si puo’ leggere nella sentenza n. 5298 del 5 marzo 2009 della prima sezione civile della Corte); per giungere al risultato cui mira la ricorrente, risultato che si porrebbe in contrasto con i principi che regolano la materia, sarebbe infatti necessaria una esplicita disposizione legislativa (che trasformerebbe l’IVA in una sorta di “soprattassa”); ma tale elemento normativo non e’ reperibile nel Decreto Legge n. 78 del 2010, ne’ in altre disposizioni di legge” (adde: Cass. 5833/2012; Cass. 3756/2012; Cass. 7335/2012 e molte altre nel corso dell’anno 2012; piu’ di recente Cass. Sez. 5, Sentenza n. 8383 del 2013).
Si tratta di argomenti pienamente fondati e condivisibili, sicche’ occorre darvi seguito (senza nessuna precisazione ed integrazione) anche nella presente vicenda processuale, con conseguente rigetto dei motivo di impugnazione ora in esame.
5. Il terzo motivo di impugnazione principale.
Con il terzo motivo (centrato sulla violazione dell’articolo 13 della Direttiva 2006/112/Ce del 28.11.2006) la parte ricorrente principale si duole del fatto che il giudicante abbia ritenuto che le entrate derivanti dalla TIA siano da ricondursi al novero di quei diritti, canoni, contributi, che la normativa comunitaria esclude in via generale dall’assoggettamento ad IVA (perche’ percepiti da enti pubblici per le attivita’ ed operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorita’), senza considerare che la disciplina in questione non e’ applicabile alla specie di causa perche’ l’esenzione soggettiva prevista dal menzionato articolo 13 si applica esclusivamente in riferimento alle attivita’ che presentino un obiettivo carattere pubblico-autoritativo, quale qui non ricorre: a) trattandosi di atti che, pur rientrando nelle prerogative della pubblica autorita’, vengono affidati ad un terzo indipendente o direttamente esercitati da enti non integrati nell’organizzazione della P.A. (in termini Corte di Giustizia 12.6.2008 in causa C-462/05; Corte di Giustizia 25.7.1991 in causa C-202/90) e cioe’ appunto a (OMISSIS) che e’ terzo costituito in forma di societa’ per azioni, con assunzione del rischio di impresa; b) trattandosi di atti non connessi a prerogativa di pubblica autorita’ e dovendosi a tale riguardo avere mente non all’oggetto o allo scopo dell’attivita’, ma all’insieme delle modalita’ di svolgimento dell’attivita’ previste dal diritto nazionale onde acclarare se essa sia svolta alle stesse condizioni giuridiche degli operatori economici privati, come e’ appunto per ” (OMISSIS) spa” che non e’ provvista di poteri o prerogative autoritative esercitabili nell’ambito della propria attivita’ di impresa.
Il motivo di impugnazione appare infondato e da disattendersi.
Ed invero, anche volendosi prescindere dal sottoporre, anzitutto, a verifica di ammissibilita’ in questa sede, la tematica proposta dalla parte ricorrente (circa l’inapplicabilita’ dell’esenzione soggettiva prevista dall’articolo 13, commi 1 e 3 della Direttiva 2006/112/CE del 28.11.2006, nell’ottica della affermata, e fortemente dubbia, equiparazione alle condizioni giuridiche degli operatori economici privati delle modalita’ di svolgimento dell’attivita’ espletata dalla ” (OMISSIS) spa” e qui presa in considerazione), cio’ che appare assorbente ai fini di escludere la ricorrenza dei presupposti indicati dalle pronunce della Corte di Giustizia ai fini dell’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto a prestazioni pecuniarie di diritto pubblico e’ lo stesso requisito oggettivo, imprescindibile ai fini della sottoposizione ad imposizione, con conseguente irrilevanza della questione dell’esenzione.
In termini, basta soltanto la considerazione – gia’ autorevolmente espressa in Cass. sez. 5 sentenza n. 5362 del 7.3.2014, in motivazione – del fatto che e’ stata la stessa Corte di Giustizia ad avere posto in chiara luce che: “affinche’ imposte, dazi, tasse e prelievi possano rientrare nella base imponibile dell’IVA, pur non rappresentando un valore aggiunto e non costituendo il corrispettivo economico della cessione del bene, essi devono presentare un legame diretto con tale cessione” (Corte di Giustizia 28.7.2011 in causa C-106/10; Corte di Giustizia 22.12.2010 in causa C-433/09), principio che non puo’ non predicarsi anche in relazione alla prestazione di servizi.
Nella specie di causa, il pagamento della “Tariffa” non va ad integrare un elemento di costo direttamente connesso con la prestazione del servizio poiche’ si tratta di un servizio (quello di raccolta dei rifiuti urbani di cui la (OMISSIS) e’ concessionaria anche ai fini della riscossione, in forza del Decreto Legislativo n. 22 del 1997, articolo 49, comma 13) per il quale la legge prevede un “finanziamento”, a favore dell’ente pubblico territoriale che se ne avvale per adempiere all’onere normativamente imposto, necessariamente preventivo e parametrato all’esigenza di garantire la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio (articolo 49, comma 4), sicche’ e’ del tutto estraneo al sistema di organizzazione e gestione del servizio medesimo il criterio della diretta correlazione tra la prestazione individualmente goduta e la corresponsione versata dal singolo fruitore.
In quest’ottica, il solo fatto che il corrispettivo del servizio possa essere liquidato e riscosso (per quanto in piu’ soluzioni rateali) prima ancora che il servizio sia erogato e fruito costituisce sintomo evidente del disallineamento programmatico tra le reciproche prestazioni, anche in termini di correlazione genetica prima ancora che di effettivo controvalore del rapporto servizio-corrispettivo.
L’interesse collettivo ed impersonale all’erogazione del servizio e l’ordinamento eurounitario (dir. 75/442/CEE, dir. 2006/112/CE, dir. 2008/98/CE) sorreggono, d’altronde, un sistema di finanziamento che prescinde dalla concreta fruizione del servizio e, percio’, dalla verifica della concreta integrazione dei presupposti individuali che abilitano alla soggezione al pagamento della Tariffa, integrandosi il presupposto di soggezione per il solo fatto della potenziale idoneita’ a produrre rifiuti oggetto di smaltimento (“paga anche chi non inquina”).
L’evidente insussistenza di un rapporto di corrispettivita’ diretta tra servizio e prestazione pecuniaria correlata, imposta per legge, consente a questa Corte di prescindere dalla richiesta di parte ricorrente principale, volta ad ottenere la formulazione di un quesito pregiudiziale da proporre alla Corte di Giustizia ai sensi dell’articolo 267 TFUE, non emergendone i presupposti necessitanti.
Neppure appare producente l’eventualita’ di una rimessione della causa alle Sezioni Unite di questa Corte, non ravvisandosi l’esistenza del dedotto contrasto giurisprudenziale in ordine alla natura della TIA atteso che la pronuncia della prima sezione civile richiamata dalla parte ricorrente (Cass. n. 17994/2014) – non attiene direttamente al tema dell’assoggettabilita’ ad IVA del tributo anzidetto e contiene un mero “obiter dictum” circa la natura non privatistica della TIA ai fini, del tutto disomogenei da quelli qui in argomento, della disciplina speciale in tema di crediti privilegiati.
6. Il quarto motivo di ricorso principale.
Con il quarto motivo (centrato sulla violazione dell’articolo 13 della dianzi menzionata direttiva) la parte ricorrente principale si duole del fatto che la sentenza impugnata non abbia tenuto conto della condizione ostativa all’applicazione del regime di non assoggettamento ad IVA prevista nel menzionato articolo 13 e cioe’ la distorsione della concorrenza di una certa importanza.
Trattasi di motivo che appare formulato in termini di inammissibilita’, per non avere la parte ricorrente fornito autosufficiente delineazione del fatto che non si tratti di questione ex novo introdotta nel presente grado di giudizio (non essendovi accenno alcuno alla questione medesima nella pronuncia impugnata): invero, la questione implica la necessita’ di nuovi accertamenti di fatto che impediscono la eventuale rilevabilita’ ex officio di questioni relative al diritto comunitario (cfr. in termini, Cass. n. 3796/2013).
7. Il primo motivo di ricorso incidentale.
Con il primo motivo di ricorso (centrato sulla violazione dell’articolo 2033 c.c.) la parte ricorrente in via incidentale si duole per avere la sentenza impugnata escluso che la decorrenza degli interessi dovesse avvenire “dal momento del dovuto al saldo”, dovendo, invece, detta decorrenza coincidere con la data della prima domanda, anche stragiudiziale, di ripetizione. A questo proposito, la parte ricorrente aveva sin dal primo grado di giudizio fornito la dimostrazione che il comportamento di (OMISSIS) spa integrava gli estremi della mala fede, per la presenza di “elementi di colpa grave in violazione della diligenza richiesta”. In calce alle fatture per la riscossione della Tariffa risultava infatti la seguente frase: “Attenzione (OMISSIS) applica l’IVA sulla Tariffa di Igiene Ambientale, in base a quanto stabilito dalla Circolare n. 3/DF dell’11.11.2010 …. del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Quando e se lo Stato – che incamera l’IVA – decidera’ di rimborsarla, sara’ cura di (OMISSIS) calcolare gli importi e restituirla direttamente a tutti i cittadini, senza bisogno di richieste o istanze”. Da qui la prova della consapevolezza di (OMISSIS) in ordine all’irregolarita’ di una richiesta, ancor prima della emanazione della sentenza della Corte Costituzionale dell’anno 2009.
Il motivo appare inammissibilmente formulato.
Con esso, infatti, non si prospetta – in concreto – alcuna violazione di diritto (nella specie: della norma dell’articolo 2033 c.c.) commessa dal giudice di appello ma si formula una libera critica alle ragioni sulle quali il giudicante ha fondato il proprio convincimento, critica che stimola la revisione del ragionamento decisorio ma non ne assume ne’ la incompatibilita’ con il disposto normativo ne’ la intrinseca illogicita’.
In tal modo la parte ricorrente incorre nella violazione del risalente principio secondo cui: “In tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa e’ esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura e’ possibile, in sede di legittimita’, sotto l’aspetto del vizio di motivazione. Il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – e’ segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, e’ mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa” (per tutte, Cass. Sez. L, Sentenza n. 16698 del 16/07/2010).
8. Sul secondo motivo di ricorso incidentale.
Con il secondo motivo di impugnazione incidentale (centrato sulla violazione dell’articolo 92 c.p.c.), la parte ricorrente incidentale si duole del fatto che il giudice del merito (peraltro riformando sul punto la decisione di primo grado) abbia compensato le spese di giudizio sulla scorta del semplice richiamo alle complessita’ delle questioni trattate e della loro controvertibilita’, e percio’ con motivazione infondata, siccome la questione risultava gia’ adeguatamente delineata a seguito della sentenza n. 238/2009 della Corte Costituzionale, nonche’ con argomento contraddetto dal fatto stesso che il Giudice di prime cure avesse, in ragione dell’istanza di parte contribuente, concesso un decreto ingiuntivo.
Anche detto motivo appare inammissibilmente formulato per ragioni analoghe a quelle del motivo che precede.
E cioe’, perche’ non postula alcuna violazione di diritto (nella specie: della norma dell’articolo 92 c.p.c.) commessa dal giudice di appello ma risulta centrato sulla libera critica alle ragioni sulle quali il giudicante ha fondato il proprio convincimento, critica che stimola la revisione del ragionamento decisorio ma non ne assume ne’ la incompatibilita’ con il disposto normativo ne’ la intrinseca illogicita’.
9. Conclusioni.
L’infondatezza o inammissibilita’ di tutti i motivi articolati dalle parti nei rispettivi ricorsi determina la Corte al loro integrale rigetto.
Le spese di lite sono regolate secondo il criterio della soccombenza che grava sulla parte ricorrente principale che ha dato luogo alla genesi del presente giudizio.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso principale e quello incidentale. Condanna la parte ricorrente principale a rifondere le spese di lite di questo giudizio, liquidate in euro 1.500,00 oltre accessori di legge ed oltre euro 100,00 per esborsi.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater la Corte da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e di quello incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale-ricorso incidentale, a norma del cit. articolo 13, comma 1-bis.