Nel caso di pluralità di edifici, costituiti in distinti condomini, ma compresi in una più ampia organizzazione condominiale, (cosiddetti “supercondomini”), legati tra loro dalla esistenza di talune cose, impianti e servizi comuni (quali il viale d’accesso, le zone verdi, l’impianto di illuminazione, la guardiola del portiere, il servizio di portierato, etc.), in rapporto di accessorietà con i fabbricati, si applicano a dette cose, impianti, servizi le norme sul condominio negli edifici, e non quelle sulla comunione in generale (Cass. n. 9096 del 2000).

 
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 3 ottobre 2013 – 19 settembre 2014, n. 19800
Presidente Bursese – Relatore Petitti

Svolgimento del processo

Con atto di citazione, notificato il 27 luglio 2001, B.V. conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Milano, il Condominio di Via (omissis) , perché fosse dichiarata la nullità della deliberazione dell’assemblea del 26 giugno 2000 del medesimo condominio, con la quale era stato approvato il consuntivo 1999/2000.
L’attrice lamentava, in particolare, la mancanza di titoli giustificativi di spese e l’inserimento, nel rendiconto, di quote di supercondominio, eccependo, altresì, che il rendiconto portava dei carichi personali che non potevano essere oggetto di approvazione dell’assemblea.
Nella regolare costituzione del convenuto, il Tribunale adito, con sentenza n. 11794/04, annullava la delibera di approvazione del consuntivo 1999/2000, condannando il Condominio al pagamento delle spese di lite.
Interposto appello da parte del Condominio con atto di citazione notificato il 13 dicembre 2004, la Corte d’Appello di Milano, nella costituzione dell’appellata, con sentenza n. 2009/07, depositata il 10 luglio 2007 e notificata il 5 settembre 2007, respingeva l’appello confermando, per l’effetto, l’impugnata sentenza; condannava, inoltre, il Condominio alla rifusione delle spese di lite del secondo grado.
La Corte territoriale, a sostegno della sua decisione, riteneva che l’amministratore non avesse acquisito la documentazione relativa alle spese dedotte in controversia, sostenendo che il fatto che tale documentazione potesse aver riguardo a spese del supercondominio o, comunque, a spese comuni a più Condomini, non escludeva affatto il diritto del singolo partecipante a ciascun condominio di rivolgersi al proprio amministratore per prendere contezza dei giustificativi inerenti a tali spese.
Il Condominio di Via (omissis) ha impugnato tale sentenza con ricorso per cassazione, articolato in quattro motivi, illustrati da successiva memoria.
B.V. ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo il Condominio ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 1137 cod. civ. e 112 cod. proc. civ., nonché per omessa, contraddittoria ed insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, il tutto in relazione all’art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ., formulando, ai sensi dell’art. 366-bis cod. proc. civ. (ratione temporis applicabile alla fattispecie in esame, posto che la sentenza impugnata è stata pubblicata il 10 luglio 2007), il seguente quesito di diritto: “dica codesta Ecc.ma Corte se nullità e annullabilità delle delibere assembleari del Condominio siano forme di invalidità nettamente distinte e se, pertanto, debba escludersi che l’una azione sia compresa nell’altra e, conseguentemente, se proposta dalla parte esclusivamente l’azione di nullità, il Giudice che dichiari l’annullamento della delibera assembleare esorbiti dai suoi poteri”.
1.1. Il motivo è infondato.
Se è vero, infatti, che alle delibere condominiali si applica il principio dettato in materia di contratti, secondo cui il potere attribuito al giudice dall’art. 1421 cod. civ. di rilevarne d’ufficio la nullità deve necessariamente coordinarsi con il principio della domanda ex art. 112 cod. proc. civ., sicché il giudice non può dichiarare d’ufficio la nullità della delibera sulla base di ragioni diverse da quelle originariamente poste dalla parte a fondamento della relativa impugnazione (Cass. n. 13732 del 2005; Cass. n. 4973 del 2007), è altresì vero che, nella specie, il Tribunale, prima, e la Corte d’appello, poi, non hanno accolto una domanda diversa da quella proposta dalla odierna resistente, ma si sono limitati ad attribuire alle deduzioni della parte il loro significato giuridico, nel senso che le ragioni per le quali veniva chiesta la dichiarazione di nullità della delibera assembleare rientravano appieno nella azione di annullamento.
D’altra parte, che, nella specie, sulla base delle violazioni denunciate dalla B. , si fosse in presenza di una ipotesi di annullabilità della delibera condominiale per mancanza di giustificativi sulle voci di bilancio riguardanti la quota supercondominiale di pulizia del palazzo e le spese bancarie, risulta evidente sol che si consideri quanto affermato in proposito dalla giurisprudenza di questa Corte: “in tema di condominio negli edifici, debbono qualificarsi nulle le delibere dell’assemblea condominiale prive degli elementi essenziali, le delibere con oggetto impossibile o illecito (contrario all’ordine pubblico, alla morale o al buon costume), le delibere con oggetto che non rientra nella competenza dell’assemblea, le delibere che incidono sui diritti individuali sulle cose o servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini, le delibere comunque invalide in relazione all’oggetto; debbono, invece, qualificarsi annullabili le delibere con vizi relativi alla regolare costituzione dell’assemblea, quelle adottate con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale, quelle affette da vizi formali, in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari, attinenti al procedimento di convocazione o di informazione dell’assemblea, quelle genericamente affette da irregolarità nel procedimento di convocazione, quelle che violano norme richiedenti qualificate maggioranze in relazione all’oggetto. Ne consegue che la mancata comunicazione, a taluno dei condomini, dell’avviso di convocazione dell’assemblea condominiale comporta, non la nullità, ma l’annullabilità della delibera condominiale, la quale, ove non impugnata nel termine di trenta giorni previsto dall’art. 1137, terzo comma, cod. civ. (decorrente, per i condomini assenti, dalla comunicazione, e, per i condomini dissenzienti, dalla sua approvazione), è valida ed efficace nei confronti di tutti i partecipanti al condominio” (Cass., S.U., n. 4806 del 2005).
Nessun vizio di ultrapetizione, dunque, è ravvisabile nella specie, essendo consolidato nella giurisprudenza di questa Corte il principio per cui “nel giudizio di legittimità, va tenuta distinta l’ipotesi in cui si lamenti l’omesso esame di una domanda da quella in cui si censuri l’interpretazione che ne ha dato il giudice del merito. Nel primo caso, si verte propriamente in tema di violazione dell’articolo 112 cod. proc. civ. e si pone un problema di natura processuale per la soluzione del quale la Corte di cassazione ha il potere-dovere di procedere all’esame diretto degli atti onde acquisire gli elementi di giudizio necessari ai fini della pronuncia richiestale. Nel secondo caso, invece, poiché l’interpretazione della domanda e l’individuazione del suo contenuto integrano un tipico accertamento di fatto riservato, come tale, al giudice del merito, in sede di legittimità va solo effettuato il controllo della correttezza della motivazione che sorregge sul punto la decisione impugnata (Cass. n. 15603 del 2006; Cass. n. 7932 del 2012).
E, nella specie, la motivazione svolta sul punto dalla Corte d’appello, che ha confermato la sentenza di primo grado, condividendo la soluzione adottata dal Tribunale, nel senso che la domanda proposta dalla B. dovesse essere qualificata come di annullamento della delibera condominiale, è del tutto congrua e immune da vizi logici o giuridici.
2. Con il secondo motivo il Condominio ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1130 cod. civ., nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi, il tutto in relazione all’art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ., ponendo il seguente quesito di diritto: “dica codesta Ecc.ma Corte se sussista o meno l’obbligo per un amministratore di un Condominio di tenere e mostrare ai condomini che ne facciano richiesta, giustificativi di spese sottratte alla sua amministrazione e conferite invece all’amministrazione di altro Condominio che ha l’obbligo di consentire l’uso perpetuo dei servizi, cui le spese afferiscono”.
3. Con il terzo motivo il Condominio prospetta omessa, contraddittoria ed insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360, n. 5, cod. proc. civ.; nello specifico lamenta che l’esistenza degli obblighi in capo alla B. era stata accertata in considerazione del fatto che la motivazione della sentenza n. 2476/2003 della Corte d’Appello di Milano, precedente a quella impugnata con il presente ricorso, era stata richiamata e trascritta nella decisione ivi impugnata.
4. Con il quarto ed ultimo motivo il Condominio ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1117 cod. civ., nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi, il tutto in relazione all’art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ., formulando il seguente quesito di diritto: “dica codesta Ecc.ma. Corte se nell’ipotesi in cui un Condominio possa usufruire, in perpetuo dell’androne, della guardiola e dell’abitazione del portiere, locali tutti di proprietà di altro Condominio, partecipando alle spese di illuminazione e pulizia dell’androne stesso ed alle spese di sgombero immondizie e di portierato, non si configuri il fenomeno giuridico del supercondominio”.
5. Il Collegio ritiene che l’esame del quarto motivo sia logicamente preliminare a quello del secondo e del terzo motivo.
5.1. Il quarto motivo di ricorso è infondato.
La Corte d’appello ha ravvisato la sussistenza, nel caso di specie, di un supercondominio, adottando una motivazione per relationem ad una precedente sentenza emessa dalla medesima Corte distrettuale in una analoga controversia tra le medesime parti.
In sintesi, la Corte d’appello ha ritenuto sussistente il supercondominio in considerazione della accertata comunanza, tra i Condominii di via (omissis) e di viale (omissis) , “dei servizi di portierato, sgombero di immondizie e illuminazione e pulizia degli androni, nel che si concreta quel fenomeno giuridico che, sia in dottrina sia in giurisprudenza, viene qualificato come supercondominio”.
L’obiezione sostanziale che il Condominio ricorrente muove alla sentenza impugnata è quella di aver ritenuto sussistente un supercondominio in difetto dell’elemento essenziale di tale “fenomeno giuridico”, e cioè la comunanza dei beni, che nel caso di specie non sussisterebbe, essendo i beni utilizzati per i servizi considerati dalla Corte d’appello di proprietà esclusiva del Condominio di viale Certosa 123-125.
L’obiezione non può essere condivisa, posto che, nella giurisprudenza di questa Corte, si è affermato che “nel caso di pluralità di edifici, costituiti in distinti condomini, ma compresi in una più ampia organizzazione condominiale, (cosiddetti “supercondomini”), legati tra loro dalla esistenza di talune cose, impianti e servizi comuni (quali il viale d’accesso, le zone verdi, l’impianto di illuminazione, la guardiola del portiere, il servizio di portierato, etc.), in rapporto di accessorietà con i fabbricati, si applicano a dette cose, impianti, servizi le norme sul condominio negli edifici, e non quelle sulla comunione in generale (Cass. n. 9096 del 2000).
Come si vede, dall’indicato principio, del quale la Corte d’appello ha fatto applicazione, discende che, ai fini della configurabilità del supercondominio, non è indispensabile la esistenza di beni comuni, essendo invece sufficiente l’esistenza di servizi comuni a più edifici.
Ed è, appunto, questa la situazione che si verifica nel caso di specie, nel quale alcuni servizi, e segnatamente i servizi di illuminazione, di rimozione rifiuti e di portineria, secondo un accertamento di fatto congruamente motivato e perciò insindacabile in sede di legittimità, erano certamente in comune tra il Condominio di via (omissis) e il Condominio di viale (omissis) .
5.2. A fronte di tale accertamento, non colgono nel segno le deduzioni del Condominio ricorrente. Non quella per cui la inesistenza di un supercondominio sarebbe stata desumibile dal fatto che nel verbale di assemblea del Condominio di via (omissis) , del 2 giugno 1998, alla voce varie ed eventuali, l’assemblea ebbe a deliberare l’inserimento all’ordine del giorno della successiva assemblea ordinaria “un punto per la discussione di una eventuale azione per costituire un supercondominio finalizzato alla gestione del Portierato e delle parti comuni”. In proposito, si deve rilevare che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, “ai fini della costituzione di un supercondominio, non è necessaria né la manifestazione di volontà dell’originario costruttore, né quella di tutti i proprietari delle unità immobiliari di ciascun condominio, venendo il medesimo in essere ipso iure et facto, se il titolo o il regolamento condominiale non dispongono altrimenti. Si tratta di una fattispecie legale, in cui una pluralità di edifici, costituiti o meno in distinti condomini, sono ricompresi in una più ampia organizzazione condominiale, legati tra loro dall’esistenza di talune cose, impianti e servizi comuni in rapporto di accessorietà con i fabbricati, cui si applicano in pieno le norme sul condominio, anziché quelle sulla comunione” (Cass. n. 19939 del 2012; in senso sostanzialmente analogo, Cass. n. 17332 del 2011).
Escluso, quindi, che l’esistenza di un supercondominio debba risultare da una esplicita manifestazione di volontà in tal senso, deve anzi rilevarsi che la proposta di inserimento all’ordine del giorno di una possibile azione per la costituzione del supercondominio in relazione al servizio di portierato e di altre parti comuni, conferma che la situazione di fatto era già connotata nel senso della esistenza di un supercondominio. Del resto, non può ritenersi una mera inesattezza linguistica il fatto che, nel consuntivo, fosse presente una voce denominata “spese del supercondominio”, alla quale, proprio perché inserita in una documento contabile consuntivo nella gestione del singolo condominio, non può non riconoscersi il significato tecnico giuridico suo proprio.
Né, una volta accertata l’esistenza di servizi comuni ai due Condomini, può avere rilievo la deduzione del Condominio ricorrente fondata sugli atti di provenienza, dai quali si pretende desumere la inesistenza di beni comuni, atteso che, ai fini della configurabilità e della esistenza di un supercondominio, è sufficiente la previsione, e lo svolgimento, di servizi comuni essenziali. In proposito, si deve solo aggiungere che la valutazione espressa dalla Corte d’appello sulla portata degli atti di provenienza, nel senso che gli stessi erano idonei a prefigurare e a disciplinare servizi comuni tra i vari edifici interessati, integra accertamento demandato al giudice di merito, sindacabile in sede di legittimità solo per violazione delle regole di ermeneutica contrattuale, nella specie non dedotta, o per vizio di motivazione, nella specie insussistente, attesa la congruità della motivazione esibita dalla sentenza impugnata.
Il quarto motivo è quindi infondato.
6. Anche il secondo e il terzo motivo di ricorso, che per ragioni di connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati.
Occorre premettere che, in tema di diritto del partecipante ad un condominio di edifici a consultare la documentazione di spesa recepita nel consuntivo destinato ad essere approvato in assemblea, questa Corte ha avuto modo di affermare che “in tema di comunione dei diritti reali, ciascun comproprietario ha la facoltà (di richiedere e) di ottenere dall’amministratore del condominio l’esibizione dei documenti contabili in qualsiasi tempo (e non soltanto in sede di rendiconto annuale e di approvazione del bilancio da parte dell’assemblea) e senza l’onere di specificare le ragioni della richiesta (finalizzata a prendere visione o estrarre copia dai documenti), purché l’esercizio di tale facoltà non risulti di ostacolo all’attività di amministrazione, non sia contraria ai principi di correttezza, e non si risolva in un onere economico per il condominio (dovendo i costi relativi alle operazioni compiute gravare esclusivamente sui condomini richiedenti)” (Cass. n. 8460 del 1998; in senso sostanzialmente conforme, Cass. n. 15129 del 2001; Cass. n. 19210 del 2011). In particolare, si è chiarito che “la mancata disponibilità della documentazione contabile in sede di approvazione del consuntivo da parte dei condomini comporta la violazione, da parte dell’amministratore, dell’obbligo di rendiconto e la conseguente invalidità della delibera di approvazione, ciò che non si verifica quando la disponibilità della documentazione manchi in sede di approvazione del preventivo dove, normalmente, l’approvazione della previsione di spesa viene fatta sulla base della gestione dell’anno precedente, e dove, soprattutto, la documentazione sulle spese potrà essere conseguita una volta che esse siano state effettuate, e non in via preventiva” (Cass. n. 11940 del 2003).
In sintesi, può affermarsi che, in materia condominiale, il condomino ha senz’altro il diritto di accedere alla documentazione contabile in vista della consapevole partecipazione all’assemblea condominiale e a tale diritto corrisponde l’onere dell’amministratore di predisporre un’organizzazione, sia pur minima, che permetta l’esercizio del suddetto diritto, della cui esistenza i condomini vanno informati. Pertanto, deve ritenersi che, a fronte della richiesta di un singolo condomino di accedere alla predetta documentazione in funzione, appunto, della partecipazione informata all’assemblea condominiale in cui si deve deliberare su aspetti contabili della gestione condominiale, l’onere della prova della inesigibilità della richiesta e della sua incompatibilità con le modalità previamente comunicate incombe sull’amministratore e, perciò, in sede di impugnazione della delibera assembleare, spetta al Condominio, ove intenda resistere all’azione del condomino dissenziente.
La Corte d’appello si è attenuta a tali principi, atteso che ha rigettato il sostanzialmente uguale motivo di gravame osservando che “il fatto che la documentazione di cui si discute potesse avere riguardo a spese di supercondominio o comunque a spese comuni a più condominii non escludeva affatto il diritto del singolo partecipante a ciascun condominio di rivolgersi al proprio amministratore per prendere contezza dei giustificativi inerenti a tali spese, atteso che sulle stesse verteva appunto nel caso di specie il rendiconto soggetto ad approvazione, e sarebbe stato quindi onere dell’amministratore che tale rendiconto aveva predisposto munirsi preventivamente, come per ogni altra fonte di spesa, della documentazione giustificativa da esibire ai condomini prima o durante l’assemblea. Il fatto che, poi, nella lettura datane dall’appellante, vi fossero clausole del regolamento condominiale del Condominio di viale Certosa nn. 123 e 125 che prevedessero la conservazione della documentazione de qua presso lo studio del relativo amministratore, non poteva certamente valere come fattore idoneo a mutare la detta conclusione, anche tenuto conto che, come non ha mancato di segnalare il primo Giudice, tale regolamento sarebbe stato inopponibile ai terzi componenti di altri condominii, mentre la documentazione giustificativa delle spese fondate sulle dette clausole era una richiesta non diversa da quella pertinente alle altre voci di spesa, del tutto identici essendo, in entrambi i casi, i diritti di informativa e di controllo spettanti ad ogni singolo condomino”.
6.1. Le deduzioni del Condominio ricorrente non risultano idonee ad evidenziare errori nella motivazione ora richiamata. La circostanza che le spese oggetto di contestazione, e in relazione alle quali la condomina intendeva evidenziare la mancanza di ogni documentazione, fossero riferibili alla gestione svolta dall’amministratore del Condominio di viale Certosa nn. 123-125, non faceva venir meno la necessità, in capo all’amministratore del Condominio di via (omissis) , di documentare le spese inserite nel rendiconto del medesimo condominio, e ciò con riferimento alla possibilità di verificare sia gli importi spesi per i titoli evidenziati, sia i criteri di imputazione al singolo Condominio.
Né appare censurabile l’affermazione della Corte d’appello, secondo cui non era configurabile un onere della condomina B. di rivolgersi all’amministratore del Condominio di via (omissis) , in quanto il regolamento di tale Condominio non le era opponibile. Invero, in mancanza di assemblee del supercondominio finalizzate all’approvazione delle spese per le voci relative ai servizi condominiali comuni ai Condomini di via (omissis) e di viale (omissis) – il che costituisce di per sé ragione di invalidità dell’approvazione e della ripartizione delle dette spese (Cass. n. 15476 del 2001) – non vi è dubbio che per il singolo condomino del Condominio di via (omissis) l’unico interlocutore e l’unico soggetto obbligato a esibire i giustificativi delle spese fosse l’amministratore di quel Condominio. Né può sostenersi che un simile obbligo in capo all’amministratore del Condominio di viale (omissis) discendesse dagli atti di provenienza richiamati in ricorso, atteso che il necessario concorso dei condomini dell’altro complesso condominiale alle spese per i servizi comuni non comporta la eliminazione del dovere dell’amministratore di tale complesso condominiale di porre a disposizione dei condomini la documentazione delle spese inserite nel consuntivo che quei condomini vengono chiamati ad approvare.
Nessuna contraddizione nella motivazione della sentenza impugnata è quindi riscontrabile sul punto, posto che la indicazione contenuta negli atti di provenienza non è stata ritenuta dalla Corte d’appello, ancorché implicitamente, significativa nel senso della instaurazione di un rapporto diretto tra i singoli condomini del Condominio di via (omissis) e l’amministratore del Condominio di viale (omissis) .
7. In definitiva, alla stregua delle complessive ragioni esposte, il ricorso deve essere integralmente respinto.
In applicazione del criterio della soccombenza, il Condominio ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, come liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta, il ricorso; condanna il Condominio ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 2.500,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi e agli accessori di legge.

 

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