Il conduttore rimane detentore qualificato dell’immobile di cui continua a mantenere la disponibilità, pur dopo la scadenza del contratto, come tale è legittimato a ricorrere alla tutela possessoria, ex art. 1168, secondo comma, cod. civ.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 15 maggio – 1 settembre 2014, n. 18486
Presidente Piccialli – Relatore Picaroni
Ritenuto in fatto
1. – È impugnata la sentenza della Corte d’appello di Brescia, depositata il 14 settembre 2007, di conferma della sentenza del Tribunale di Brescia che aveva respinto la DOMANDA proposta da T.A. nei confronti dell’INA s.p.a. (ora CONSAP s.p.a.).
1.1. – Nel 1997 il sig. T. aveva agito dinanzi alla Pretura di Brescia esponendo di essere conduttore di un immobile di proprietà dell’INA, sito in Brescia, alla via Creta n. 78, locato con contratto 1 giugno 1990-31 maggio 1994; che, in data 12 aprile 1994, era stata convalidata l’intimazione di rilascio dell’immobile, con termine fino al 31 maggio 1995; che, nonostante il regolare PAGAMENTO del canone, la proprietà non aveva provveduto ad eliminare le infiltrazioni provenienti dal tetto, che rendevano l’immobile inutilizzabile, al punto che il conduttore si era trasferito altrove. Era poi accaduto che, nel mese di settembre 1997, la proprietà aveva sostituito le chiavi alle porte del terrazzo e della cantina, dove erano riposti beni dell’attore, impedendogli in tal modo di accedere ai predetti locali, ed aveva chiuso l’erogazione dell’acqua calda.
Tanto premesso, e ritenendo che il comportamento della proprietà concretasse spoglio, il sig. T. aveva chiesto di essere reintegrato nel possesso degli immobili e di ottenere l’erogazione dell’acqua calda.
Si era costituita l’INA s.p.a. ed aveva contestato la sussistenza dei presupposti per l’esercizio dell’azione di reintegra, concludendo per il rigetto della domanda.
1.2. – Con ordinanza in data 22 aprile 1998, il Pretore di Brescia aveva rigettato il ricorso del sig. T. e disposto la prosecuzione del giudizio di merito.
Con sentenza in data 24 gennaio 2001, il Tribunale di Brescia aveva rigettato la domanda e condannato l’attore alle spese di lite.
1.3. – Avverso la decisione di primo grado, proponeva appello il sig. T. ; l’INA si costituiva per chiedere il rigetto del gravame.
2. – Con la sentenza oggetto dell’odierno ricorso, la Corte d’appello di Brescia confermava il rigettp della domanda proposta dal sig. T. sulla base delle seguenti considerazioni.
Emergeva, dagli atti, che alla data del deposito del ricorso per reintegra il sig. T. era detentore senza titolo dell’immobile, poiché il contratto di locazione era scaduto e la scadenza era stata convalidata il 12 aprile 1994, con ciò escludendosi il tacito rinnovo del contratto.
Al momento dell’asserito spoglio, dunque, il sig. T. non era più detentore qualificato dell’immobile, e neppure poteva considerarsi possessore, posto che non aveva dimostrato l’interversione del possesso, che presuppone, accanto alla disponibilità del bene, la manifestazione dell’animas possidenti. Come aveva confermato lo stesso appellante, l’interversione del possesso si era verificata nel mese di ottobre 1998, con la stipula del preliminare di acquisto dell’immobile e delle sue pertinenze. Non poteva pertanto riconoscersi in capo al sig. T. la legittimazione ad agire ai sensi dell’art. 1168 cod. civ..
3. – Per la cassazione della sentenza d’appello ha proposto ricorso T.A. , sulla base di un motivo.
Resiste con controricorso la CONSAP s.p.a. (già INA s.p.a.).
La parte ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ. e, in esito all’udienza, note di replica all’intervento del Procuratore generale.
Considerato in diritto
1. – Il ricorso è fondato e va accolto.
1.1. – Con l’unico motivo di ricorso è dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 1168, secondo comma, cod. civ..
Si assume l’erroneità dell’affermazione della Corte d’appello secondo cui, al momento del deposito del ricorso per reintegra del possesso. T.A. non fosse legittimato ad agire in via possessoria in quanto il CONTRATTO di locazione dell’immobile di proprietà dell’INA era scaduto e la SCADENZA era stata convalidata.
Al contrario, il ricorrente sostiene che l’art. 1168, secondo comma, cod. civ. consente l’esercizio dell’azione di spoglio a chi abbia la detenzione della cosa, tranne che si tratti di detenzione per ragioni di servizio e di ospitalità, e che il conduttore CONTINUA ad essere detentore qualificato anche nella fase successiva alla scadenza del contratto, fino a quando il locatore abbia posto in esecuzione il provvedimento di rilascio.
In ossequio al disposto dell’art. 366 bis cod. proc. civ., applicabile ratione temporis, il ricorrente ha formulato il quesito di diritto nei seguenti termini: “se il soggetto che sia conduttore di un bene immobile in virtù di un contratto di locazione conservi la veste e la qualità di detentore qualificato – legittimato alla proposizione dell’azione di reintegrazione ex art. 1168, secondo comma, cod. civ. in caso di spoglio violento e clandestino posto in essere dal proprietario – locatore – anche dopo la scadenza del contratto di locazione, ove egli occupi l’immobile e ne abbia la DISPONIBILITÀ di fatto”.
2. – La doglianza è fondata.
2.1. – L’art. 1168, secondo comma, cod. civ. esclude dal novero dei detentori legittimati alla proposizione dell’azione di spoglio soltanto coloro i quali detengono per ragioni di servizio o di ospitalità.
Non sembra dubitabile che la situazione del conduttore di immobile, nella fase successiva alla scadenza del contratto di locazione, sia differente da quella del detentore per ragioni di servizio o di ospitalità.
Neppure si può ritenere che il conduttore, a seguito e per effetto della scadenza del contratto di locazione, divenga un occupante senza titolo dell’immobile. Alla scadenza del contratto, ovvero del diverso termine fissato per il rilascio nel provvedimento di convalida, senza che il conduttore abbia rilasciato l’immobile, si determina una situazione di inadempimento contrattuale, espressamente prevista dall’art. 1591 cod. civ. che in proposito stabilisce che “il conduttore in mora a restituire la cosa è tenuto a dare al locatore il corrispettivo convenuto fino alla riconsegna, SALVO l’obbligo di risarcire il maggior danno”.
Come reso evidente dal testo della norma richiamata, il conduttore che si trovi nella detenzione dell’immobile dopo la cessazione di efficacia del contratto di locazione mantiene la veste e la qualità di conduttore, peraltro inadempiente all’obbligo di restituzione dell’immobile.
2.2. – La giurisprudenza di questa Corte ha affermato, sin da epoca risalente, che nella fase successiva alla scadenza del contratto, e fintanto che il locatore non proceda all’esecuzione del provvedimento di rilascio, il conduttore che continui ad occupare l’immobile è soggetto ad una serie di obblighi, collegati al contratto, dovendo tra l’altro corrispondere al locatore il canone, fino alla riconsegna (art. 1591 cod. civ.), salvo il maggior danno, anch’esso di natura contrattuale (ex plurimis, Cass., Sez. II, sentenza n. 2672 del 1981; Sez. III, sentenza n. 1133 del 1999; Sez. III, sentenza n. 19139 del 2005; Sez. III, sentenza n. 2525 del 2006).
Non sussiste peraltro contrasto, ai fini che qui interessano, tra il principio indicato e le affermazioni contenute in alcune pronunce di questa Corte, nelle quali si legge che “il conduttore rimasto nella detenzione dell’immobile dopo la cessazione del contratto (nella specie, accertata giudizialmente) è tenuto al PAGAMENTO, da tale momento, dell’indennità di occupazione ai sensi dell’art. 1591 cod. civ., e non già del canone secondo le scadenze pattuite, perché, cessato il rapporto di locazione, la protrazione della detenzione costituisce inadempimento dell’obbligo di restituzione della cosa locata, anche quando è consentita dalla legge di sospensione degli sfratti” (Cass., Sez. III, sentenza n. 4484 del 2009; sentenza n. 11373 del 2010). Le pronunce da ultimo indicate fanno riferimento a casi in cui il legislatore è intervenuto a bloccare le procedure di rilascio, e in questo differente contesto qualificano come indennità il quantum dovuto dal conduttore ai sensi dell’art. 1591 cod. civ..
2.2. – Il conduttore, dunque, rimane detentore qualificato dell’immobile di cui continua a mantenere la disponibilità, pur dopo la scadenza del contratto, come tale è legittimato a ricorrere alla tutela possessoria, ex art. 1168, secondo comma, cod. civ..
Considerato poi che la RATIO storica della tutela possessoria risponde ad esigenze di ORDINE pubblico, essendo diretta ad evitare che i cittadini si facciano ragione da sé medesimi (ex plurimis, Cass., Sez. III, sentenza n. 8628 del 2003), si deve ritenere che il locatore, il quale abbia ottenuto in sede giurisdizionale il titolo esecutivo per il rilascio dell’immobile, non possa agire direttamente, con azioni violente o clandestine, per privare, in tutto o in parte, il conduttore, della disponibilità dell’immobile e delle sue pertinenze.
Il titolo esecutivo, infatti, riconosce il diritto di una parte contro l’altra e consente di realizzare il passaggio dal dover essere (diritto contenuto nel titolo) all’essere (realtà materiale corrispondente al diritto consacrato nel titolo), all’interno delle regole della convivenza civile.
La scelta del locatore di non azionare il titolo esecutivo è perfettamente legittima, ma, in caso di mancato rilascio, non è ammissibile altro modo per interrompere il rapporto tra il conduttore e l’immobile e recuperare la disponibilità di quest’ultimo.
2.3. – In conclusione si deve affermare che, dopo la scadenza del contratto di locazione, il ricorso del locatore alla tutela giurisdizionale esecutiva costituisce l’unico modo per ottenere la disponibilità dell’immobile, con la conseguenza che l’intervento finalizzato ad interrompere il rapporto tra il conduttore e la res, con azioni violente o clandestine, integra attività di spoglio.
3. – All’accoglimento del ricorso segue la cassazione senza rinvio della sentenza impugnata, e la decisione nel merito, in applicazione dell’art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto.
4. – La particolarità della questione controversa giustifica la compensazione tra le parti delle spese dell’intero procedimento.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, pronunciando nel merito, accoglie la DOMANDA. Spese dell’intero procedimento compensate tra le parti.