La spesa per la riparazione o la ricostruzione del lastrico solare va sopportata, ai sensi dell’art. 1126 cod. civ., per un terzo da coloro che ne hanno l’uso esclusivo e per due terzi da tutti i condomini dell’edificio o della parte di questo a cui il lastrico serve da copertura.
Pertanto, non solo bisogna separare i condomini che hanno l’uso esclusivo del lastrico solare, per porre a loro carico un terzo dell’onere della riparazione o della ricostruzione, ma, nell’ambito dei rimanenti condomini, va fatta un’ulteriore distinzione fra coloro che hanno e coloro che non hanno appartamenti nella zona dell’edificio coperta dal lastrico.
Risulta evidente dal principio sopra enunciato che nella ripartizione dei restanti due terzi della spesa (una volta detratto il terzo dovuto da chi ha l’uso esclusivo del lastrico) la qualità di partecipante al condominio genericamente intesa non ha un rilievo di per sé determinante. Quello che importa, ai fini dell’obbligo della contribuzione alla spesa effettuata per la riparazione o la ricostruzione della terrazza, è che il condomino sia proprietario di una unità immobiliare sita nella zona dell’edificio coperta dal lastrico e, cioè, che tale unità sia compresa nella colonna sottostante al lastrico.
Solo nel caso che colui che abbia l’uso esclusivo del lastrico sia anche proprietario di una delle unità ad essi sottostante, si verifica l’obbligo della doppia contribuzione alla spesa: per un terzo, quale utente esclusivo del lastrico o della terrazza, e per i rimanenti due terzi, in proporzione del valore millesimale dell’unità compresa nella colonna sottostante al lastrico.

 

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 10 – 23 gennaio 2014, n. 1451
Presidente Triola – Relatore Giusti

Svolgimento del processo

1. – F.A. , proprietario, nell’edificio condominiale di via (omissis) , di un appartamento strutturato su due livelli, il quarto ed il quinto, e fruente, al piano superiore, del calpestio sul terrazzo-lastrico di copertura del fabbricato, impugnò, in data 15 aprile 2002, la delibera dell’assemblea nella seduta del 7 marzo 2002 che, a suo dire, aveva illegittimamente ripartito la spesa per il rifacimento del lastrico, accollando ad esso istante, oltre al terzo per calpestio, anche la quota di partecipazione sui restanti 2/3 a titolo di copertura del fabbricato.
Nella resistenza del Condominio, il Tribunale di Napoli, con sentenza in data 7 febbraio 2005, rigettò, spese rifuse la domanda.
Nel pervenire a tale decisione il giudice stabili: (a) che il cespite dell’attore partecipa per millesimi 89,82 come unità immobiliare unica benché strutturata a livelli in sovrapposizione; (b) che, a norma dell’art. 1126 cod. civ., i 2/3 della spesa del lastrico vanno ripartiti pro quota fra tutti i condomini che si giovano della relativa copertura; (c) che conseguentemente sono esclusi dalla contribuzione soltanto i condomini delle unità non coperte dal lastrico perché non ad esso sottostanti.
2. – Con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 19 marzo 2008, la Corte d’appello di Napoli ha accolto il gravame del F. e, in riforma della impugnata pronuncia, ha accolto per quanto di ragione la domanda e, per l’effetto, ha annullato la delibera dell’assemblea del convenuto Condominio quanto al capo relativo al riparto della spesa di rifacimento del lastrico, ponendo a carico del Condominio le spese del doppio grado.
Secondo la Corte territoriale, il Tribunale “ha ritenuto senza ragionevole e chiara motivazione… che ambo le parti dell’appartamento unico millesimato con valore unitario seppur strutturate in sovrapposizione con la parte superiore non coperta dal lastrico partecipino indistintamente”. Una conclusione siffatta “è evidentemente contraddittoria con la premessa del Tribunale che ha escluso in genere dalla partecipazione alla spesa le unità non coperte dal lastrico”. E poiché la parte sovrastante dell’unità immobiliare del F. gode del calpestio ma non della copertura, il riparto “si sarebbe dovuto effettuare, per non violare altrimenti il diritto singolare del F. , escludendo la parte superiore dell’appartamento dell’attore e all’uopo mediante un semplice calcolo matematico ragguagliato alla relativa superficie e decurtando una quota rappresentativa dai millesimi di appartenenza e accollandola agli altri condomini, oppure con altro equivalente criterio”.
3. – Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello, notificata il 7 aprile 2008, il Condominio ha proposto ricorso, con atto notificato il 28 maggio 2008, sulla base di sette motivi.
L’intimato, costituitosi per mezzo del procuratore generale F.M. , ha resistito con controricorso.

Considerato in diritto

1. – La difesa del controricorrente ha eccepito l’inammissibilità del ricorso, sul rilievo che l’amministratore sarebbe privo di legittimazione ad impugnare la sentenza senza la preventiva autorizzazione, nella specie mancante, dell’assemblea condominiale.
1.1. – L’eccezione è infondata.
In base al disposto degli artt. 1130 e 1131 cod. civ., l’amministratore del condominio è legittimato ad agire in giudizio per l’esecuzione di una deliberazione assembleare o per resistere all’impugnazione della delibera stessa da parte del condomino senza necessità di una specifica autorizzazione assembleare, trattandosi di una controversia che rientra nelle sue normali attribuzioni, con la conseguenza che in tali casi egli neppure deve premunirsi di alcuna autorizzazione dell’assemblea per proporre le impugnazioni nel caso di soccombenza del condominio (Sez. 2, 15 maggio 1998, n. 4900; Sez. 2, 20 aprile 2005, n. 8286).
A questa conclusione non è di ostacolo il principio, enunciato dalle Sezioni Unite (sentenza 6 agosto 2010, n. 18331), secondo cui l’amministratore del condominio, potendo essere convenuto nei giudizi relativi alle parti comuni ma essendo tenuto a dare senza indugio notizia all’assemblea della citazione e del provvedimento che esorbiti dai suoi poteri, ai sensi dell’art. 1131, secondo e terzo comma cod. civ., può bensì costituirsi in giudizio e impugnare la sentenza sfavorevole senza la preventiva autorizzazione dell’assemblea, ma deve, in tale ipotesi, ottenere la necessaria ratifica del suo operato da parte dell’assemblea stessa, per evitare la pronuncia di inammissibilità dell’atto di costituzione ovvero di impugnazione.
L’ambito applicativo del dictum delle Sezioni Unite – con la regola, da esse esplicitata, della necessità dell’autorizzazione assembleare, sia pure in sede di successiva ratifica – si riferisce, espressamente, a quei giudizi che esorbitano dai poteri dell’amministratore ai sensi del secondo e del terzo comma dell’art. 1131 cod. civ..
Ma non è questo il caso di specie, posto che eseguire le deliberazioni dell’assemblea e difendere le stesse dalle impugnative giudiziali del singolo condomino rientra nelle attribuzioni proprie dell’amministratore.
In siffatta direzione è indirizzata la giurisprudenza (Sez. II, 25 ottobre 2010, n. 21841), quando riconosce che l’amministratore di condominio, essendo tenuto a curare l’osservanza del regolamento di condominio (art. 1130, primo comma, n. 1, cod. civ.), è legittimato ad agire e a resistere in giudizio per ottenere che un condomino non adibisca la propria unità immobiliare ad attività vietata dal regolamento condominiale contrattuale, senza la necessità di una specifica deliberazione assembleare assunta con la maggioranza prevista dall’art. 1136, secondo comma, cod. civ., la quale è richiesta soltanto per le liti attive e passive esorbitanti dalle incombenze proprie dell’amministratore stesso.
Pervero, non è mancato un orientamento di segno diverso, essendosi talora ritenuto, sulla scorta di una lettura ampia della pronuncia delle Sezioni Unite, che, anche nell’ambito della propria sfera di competenza, l’amministratore debba premunirsi di apposita autorizzazione dell’assemblea, avendo, in mancanza, l’onere di far ratificare il proprio operato dall’assemblea, pena la inammissibilità della costituzione da lui autonomamente effettuata, o la inammissibilità dell’impugnazione da lui proposta: e cosi – in controversia riguardante l’impugnazione di delibera assembleare da parte del condomino – si è assegnato (Sez. II, 25 febbraio 2011, n. 4733) un termine al condominio controricorrente, ai sensi dell’art. 182, secondo comma, cod. proc. civ., al fine di consentirgli la produzione dell’autorizzazione dell’assemblea, considerata necessaria per la valida costituzione del condominio stesso.
Il Collegio è invece dell’avviso che, nella propria sfera di competenze (ordinarie o incrementate dall’assemblea), l’amministratore è munito di poteri di rappresentanza processuale ad agire e resistere senza necessità di alcuna autorizzazione. Come ha osservato il pubblico ministero in sede di discussione del ricorso, sarebbe infatti veramente defatigatorio, nell’ottica di un assurdo “iperassemblearismo”, che l’amministratore fosse costretto a convocare ogni volta i condomini al fine di ottenere il nulla osta, ad esempio, per agire o resistere al monitorio sul pagamento degli oneri condominiali, o al giudizio per far osservare il regolamento, o all’impugnativa di una statuizione assembleare, oppure al fine di sperare nella ratifica riguardo ad un procedimento cautelare volto a conservare le parti comuni dello stabile.
2. – Passando all’esame del ricorso, è preliminare, in ordine logico, l’esame del sesto motivo, che pone l’interrogativo se la domanda proposta nella memoria ex art. 183 cod. proc. civ. di partecipazione parziale ai 2/3 della spesa di rifacimento del terrazzo, sia nuova rispetto a quella, formulata in citazione, di esenzione integrale dalla partecipazione ai 2/3.
2.1. – Il motivo è infondato.
Risultano dagli atti – ai quali è possibile accedere, essendo denunciato un vizio in procedendo – le seguenti circostanze:
– con l’atto di citazione il F. – premesso di essere condomino e proprietario di una unità immobiliare posta al quarto e al quinto piano del fabbricato condominiale e che la delibera relativa al riparto delle spese si riferiva ai lavori di rifacimento del lastrico solare, al quinto livello, di copertura della palazzina – ha contestato la validità, in riferimento all’art. 1126 cod. civ., del riparto delle spese allegato al verbale dell’assemblea condominiale del 7 marzo 2002, essendo stato addossato ad esso condomino, proprietario esclusivo della terrazza a livello posta al quinto piano, oltre al terzo della spesa, anche la quota millesimale generale afferente il suo appartamento sui residui due terzi;
– con la comparsa di costituzione e risposta il Condominio ha chiesto il rigetto della domanda rilevando che – poiché “fra gli appartamenti ubicati nella verticale dell’edificio coperta dal terrazzo a livello in questione c’è anche l’appartamento di…proprietà [del F. ] che come precisato dallo stesso attore si sviluppa su due livelli, al quarto ed al quinto piano” – “la partecipazione del condomino… F. alla spesa relativa alla parte millesimale dei due terzi è consequenziale alla deliberazione assembleare che, rifacendosi all’art. 1126 cod. civ., ha disposto il riparto, prendendo in considerazione l’unico criterio previsto dalle tabelle millesimali”;
con la memoria ex art. 183 cod. proc. civ. l’attore – oltre a ribadire “che l’appartamento di proprietà F. costituisce una unica unità anche se posta su due livelli”, con la conseguenza che “la detta unità deve contribuire solo per il terzo alla spesa occorsa per i lavori di rifrazione ex art. 1126 cod. civ.” – ha altresì evidenziato che “ove dovesse ritenersi che essendo l’unità posta su due livelli, la terrazza costituisca anche copertura dei piani sottostanti e quindi dell’appartamento stesso, non vi è dubbio che il condominio è in errore quando applica alla stessa unità immobiliare, oltre che il terzo, anche l’intero valore millesimale attribuito per gli altri due terzi” (con la conseguenza che nella specie, dove il valore millesimale di 89,89 afferisce a tutto l’appartamento di circa 200 mq., di cui mq. 120 per il quarto piano e mq. 80 per il quinto piano, il valore millesimale andrebbe quanto meno ridotto del 40% pari al valore del quinto piano).
Ora, mentre il Tribunale ha dichiarato “inammissibile in quanto nuova la domanda proposta in via gradata con la memoria ex art. 183, ultimo comma, cod. proc. civ.” (giacché in corso di causa sarebbe stato richiesto “l’accertamento e la determinazione del valore millesimale dell’appartamento posto al quarto piano, in relazione al quale il terrazzo assolve funzione di copertura, invocando in concreto una modificazione delle tabelle millesimali”), la Corte d’appello ha, sul punto, accolto il motivo di gravame del F. .
Tanto premesso, ritiene il Collegio che la sentenza impugnata sfugga alle censure del Condominio ricorrente.
Con la memoria ex art. 183 cod. proc. civ. l’attore ha proceduto ad una, consentita, emendatio libelli: non ha affatto modificato la causa petendi, consistente nella contestazione del deliberato assembleare per la violazione dei criteri di riparto di cui all’art. 1126 cod. civ., né ha introdotto un nuovo tema d’indagine (posto che la deduzione che l’unico appartamento è strutturato su due livelli e ha l’uso esclusivo, al livello superiore, il quinto, del calpestio sul terrazzo-lastrico di copertura del fabbricato, era già contenuta nell’atto di citazione), ma si è limitato a invocare, in via subordinata, un esonero parziale nella relativa contribuzione anziché un esonero totale, precisando, in replica alle obiezioni formulate dal convenuto con la comparsa di risposta, che, se compartecipazione per i due terzi della copertura doveva esserci, tale criterio era destinato a trovare applicazione solo con riferimento alla porzione dell’unità immobiliare alla quale il lastrico serve da copertura.
3. – Con il primo motivo si deduce violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, n. 4, cod. proc. civ., perché la sentenza ha annullato la delibera assembleare che ha recepito il riparto in contestazione, laddove la domanda proposta era di annullamento del riparto, dichiarato ed effettivamente redatto dall’amministratore successivamente alla delibera.
3.1. – Il motivo è infondato.
Nessun vizio di ultrapetizione è configurabile, posto che la sentenza della Corte d’appello ha “annulla[to] la delibera dell’assemblea del…Condominio nella tornata del 7 marzo 2002 sul capo relativo al riparto della spesa di rifacimento del lastrico”, mantenendosi in linea con la richiesta dell’attore che, sin dall’atto introduttivo del giudizio di primo grado, aveva domandato che venisse “dichiara[ta] la nullità del riparto delle spese allegato al verbale della assemblea condominiale del 7 marzo 2002, nella colonna denominata Terrazzi a Livello SC. A1, per essere in violazione al dettato del codice civile art. 1126”.
4. – A questo punto occorre prendere in esame, sempre per ragioni di ordine logico, il quarto ed il quinto motivo: l’uno, nel denunciare violazione e falsa applicazione degli artt. 68 e 69 disp. att. cod. civ., pone l’interrogativo se debba essere pronunciata in contraddittorio di tutti i condomini la sentenza che, pronunciando sul riparto di una spesa condominiale, imponga – anche se per il caso singolo – di derogare o modificare le tabelle vigenti, esonerandone anche parzialmente un condomino; l’altro lamenta che la Corte d’appello abbia imposto la modifica delle tabelle millesimali al di fuori delle ipotesi di modifica di cui all’art. 69 disp. att. cod. civ..
4.1. – L’uno e l’altro motivo sono infondati, perché ove un condomino impugni una delibera assembleare con la quale gli siano state addebitate spese asseritameli te in violazione dei criteri legali di riparto o in misura eccedente rispetto alla propria quota millesimale, tale giudizio non esige la pregiudiziale revisione della relativa tabella – che deve avvenire con deliberazione unanime dei condomini o con provvedimento dell’autorità giudiziaria – né, di conseguenza, la necessaria estensione del contraddittorio a tutti i condomini, essendo legittimato passivo il solo amministratore (Sez. II, 5 giugno 2008, n. 14951).
5. – Con il secondo mezzo si deduce che la delibera impugnata sarebbe intrinsecamente legittima, facendo riferimento al criterio legale di ripartizione delle spese dettato dall’art. 1126 cod. civ., in assenza di criteri convenzionali di riparto della spesa. Con il terzo motivo si sostiene che qualora, come nella specie, un appartamento in un fabbricato condominiale sia strutturato su due livelli, di cui il superiore munito di terrazzo che funga da copertura del livello inferiore, ed abbia una millesimazione unitaria riferita all’appartamento nel suo complesso, la partecipazione ai due terzi residui della spesa, ai sensi dell’art. 1126 cod. civ., in aggiunta al terzo dello stesso articolo, deve avvenire con l’intera quota millesimale e non con una porzione di essa, rapportata al solo livello coperto dal terrazzo. Poiché il regolamento e le tabelle millesimali fanno dell’appartamento del F. una considerazione unitaria, è con tale quota millesimale, rappresentativa del valore dell’appartamento rispetto alle altre unità, che esso deve partecipare alla spesa del terrazzo che anche solo parzialmente lo copra.
5.1. – Il motivo è infondato.
Come questa Corte ha ripetutamente affermato (Sez. II, 9 novembre 2001, n. 13858; Sez. II, 15 luglio 2003, n. 11029; Sez. II, 28 settembre 2012, n. 16583), la spesa per la riparazione o la ricostruzione del lastrico solare va sopportata, ai sensi dell’art. 1126 cod. civ., per un terzo da coloro che ne hanno l’uso esclusivo e per due terzi da tutti i condomini dell’edificio o della parte di questo a cui il lastrico serve da copertura.
Pertanto, non solo bisogna separare i condomini che hanno l’uso esclusivo del lastrico solare, per porre a loro carico un terzo dell’onere della riparazione o della ricostruzione, ma, nell’ambito dei rimanenti condomini, va fatta un’ulteriore distinzione fra coloro che hanno e coloro che non hanno appartamenti nella zona dell’edificio coperta dal lastrico.
Risulta evidente dal principio sopra enunciato che nella ripartizione dei restanti due terzi della spesa (una volta detratto il terzo dovuto da chi ha l’uso esclusivo del lastrico) la qualità di partecipante al condominio genericamente intesa non ha un rilievo di per sé determinante. Quello che importa, ai fini dell’obbligo della contribuzione alla spesa effettuata per la riparazione o la ricostruzione della terrazza, è che il condomino sia proprietario di una unità immobiliare sita nella zona dell’edificio coperta dal lastrico e, cioè, che tale unità sia compresa nella colonna sottostante al lastrico (Sez. II, 15 aprile 1994, n. 3542).
Solo nel caso che colui che abbia l’uso esclusivo del lastrico sia anche proprietario di una delle unità ad essi sottostante, si verifica l’obbligo della doppia contribuzione alla spesa: per un terzo, quale utente esclusivo del lastrico o della terrazza, e per i rimanenti due terzi, in proporzione del valore millesimale dell’unità compresa nella colonna sottostante al lastrico (Sez. II, 29 gennaio 1974, n. 244; Sez. II, 16 luglio 1976, n. 2821; Sez. II, 19 ottobre 1992, n. 11449).
E poiché il criterio che appunto rileva, per il riparto del carico dei restanti due terzi fra tutti i condomini dell’edificio o della parte di questo a cui il lastrico solare serve, è quello, dettato dall’art. 1126 cod. civ., della “proporzione del valore di piano o della porzione di piano di ciascuno”, il concorso nella suddetta quota – là dove, come nella specie, l’appartamento unitario sia strutturato su due livelli, fruente, al piano superiore, del calpestio sul lastrico solare e, al piano inferiore, della copertura – si ha avendo riguardo al valore dell’unità immobiliare compresa nella colonna sottostante al lastrico, non già all’intero valore millesimale attribuito all’appartamento anche per la parte che non trae utilità dalla copertura, fermo restando l’obbligo di contribuire alla spesa per un terzo quale utente esclusivo del lastrico al livello della parte superiore dell’appartamento.
A tale principio di diritto si è correttamente attenuta la Corte territoriale, escludendo che, con riferimento al riparto della spesa di rifacimento del lastrico, l’appartamento del F. debba partecipare in relazione ai due terzi con una quota millesimale rappresentativa dell’intera superficie dell’appartamento, anche per la parte superiore non coperta dal lastrico solare.
6. – Il settimo motivo è relativo al regolamento delle spese. Secondo il ricorrente, poiché ci si troverebbe di fronte ad una soccombenza reciproca, il Condominio non poteva essere condannato al pagamento integrale delle spese.
6.1. – La censura è infondata. In tema di regolamento delle spese processuali, il sindacato della Corte di cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, sicché esula da tale sindacato e rientra nel potere discrezionale del giudice del merito la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, e ciò sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca, sia nell’ipotesi di concorso di altrui giusti motivi (Sez. lav., 5 aprile 2003, n. 5386; Sez. V, 19 giugno 2013, n. 15317).
7. – Il ricorso è rigettato.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dal controricorrente, che liquida in complessivi Euro 1.400, di cui Euro 1.200 per compensi, oltre ad accessori di legge.

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