Il danno da fermo tecnico ha come presupposto che il danneggiato per un certo periodo abbia sopportato le spese di gestione dell’auto, pur senza poterla utilizzare, poiché la stessa era in riparazione. In altri termini la locuzione individua uno stato transeunte dell’auto che procura danni al suo proprietario o utilizzatore che ne sopporta i costi inutilmente.
Se, invece, l’auto è definitivamente inservibile, è integrata una perdita definitiva per il patrimonio del danneggiato ed allora non vi è più un problema di fermo tecnico del veicolo, ma solo di liquidazione del danno per la definitiva perdita del bene.

 

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 4 dicembre 2013 – 30 gennaio 2014, n. 2070
Presidente Segreto – Relatore D’Amico

Svolgimento del processo

D.S.L. convenne in giudizio, dinanzi al Pretore di Velletri, S.O. e S. e la Winterthur Assicurazioni s.p.a. esponendo di essere rimasto coinvolto in un incidente stradale cagionato a suo avviso da colpa esclusiva dell’auto di proprietà di S.O. , condotta da S.S. .
Per tale ragione chiese il ristoro dei danni subiti a persone e cose, quantificati in L. 37.335.700, oltre accessori.
In corso di giudizio venne chiamata in causa la Autostrade s.p.a..
Con sentenza del 21 novembre 2001, dichiarata la esclusiva responsabilità di S.S. nella produzione del sinistro, il Tribunale di Velletri, in composizione monocratica, condannò i convenuti al risarcimento dei danni in favore dell’attore nella complessiva misura di L. 17.414.000, oltre accessori, a titolo di danno biologico, danno da inabilità temporanea, danno morale, danno per spese mediche e danni materiali.
La chiamata in causa Autostrade s.p.a. venne condannata a rimborsare alla Winterthur le somme da quest’ultima versate al D.S. .
Questi ha proposto appello dolendosi della quantificazione dei danni, chiedendo la riforma dell’impugnata sentenza e la ulteriore somma di Euro 16.625,63, oltre accessori ed oltre il danno ex art. 96 c.p.c..
La Winterthur e la società Autostrade hanno chiesto, per ragioni diverse, il rigetto del gravame. In particolare la Winterthur ha chiesto dichiararsi la intempestività della pretesa ex art. 96 c.p.c..
La società Autostrade ha proposto appello incidentale chiedendo il rigetto della pretesa restitutoria della Winterthur.
La Corte d’Appello di Roma ha respinto l’appello principale e condannato l’appellante D.S. alla rifusione delle spese processuali del grado in favore dell’appellata Winterthur spa. Ha confermato la statuizione che aveva posto a carico della società Autostrade l’obbligo di rimborsare la Winterthur delle somme erogate al danneggiato.
Propone ricorso per cassazione D.S.L. con quattro motivi assistiti da memoria.
Resiste con controricorso la Unipol Assicurazioni s.p.a., già Aurora Assicurazioni s.p.a. che a sua volta incorporò la Winterthur Assicurazioni s.p.a. La stessa presenta memoria.
Gli altri intimati non svolgono attività difensiva.

Motivi della decisione

Con il primo motivo si denuncia “Violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e di ogni altra norma in tema di risarcimento del danno per fermo tecnico di autovettura e di prova dello stesso. Insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo (art. 360 n. 3, 4 e 5 c.p.c.)”.
Secondo parte ricorrente l’impugnata sentenza ha errato nell’escludere il risarcimento dei danni per il fermo tecnico dell’autoveicolo ritenendo inadeguate le deduzioni sul prodursi di un pregiudizio direttamente collegabile alla indisponibilità dell’autovettura. Ricorda in tal senso il D.S. di aver dedotto e documentato che l’autovettura di sua proprietà era rimasta a lungo inutilizzata, comprimendo così la quotidianità della sua vita di relazione con le modalità tipiche dei tempi attuali.
Il motivo è infondato.
L’attore nello svolgimento del fatto dichiara che l’auto era divenuta inservibile e la stessa cosa ha accertato la sentenza impugnata, liquidando il danno come relitto inutilizzabile.
Orbene il danno da fermo tecnico ha come presupposto che il danneggiato per un certo periodo abbia sopportato le spese di gestione dell’auto, pur senza poterla utilizzare, poiché la stessa era in riparazione. In altri termini la locuzione individua uno stato transeunte dell’auto che procura danni al suo proprietario o utilizzatore che ne sopporta i costi inutilmente.
Se, invece, l’auto è definitivamente inservibile, è integrata una perdita definitiva per il patrimonio del danneggiato ed allora non vi è più un problema di fermo tecnico del veicolo, ma solo di liquidazione del danno per la definitiva perdita del bene. Va solo specificato che, sotto questa diversa ottica, il danneggiato potrà richiedere non solo il danno da perdita dell’autoveicolo, ma anche il diverso danno relativo alle spese di gestione dell’auto nella parte in cui essa non è stata utilizzata (a titolo esemplificativo: residuo del bollo di circolazione, o del premio assicurativo, fino al momento in cui non sia stata richiesta la sospensione della copertura assicurativa). Nella fattispecie è stato richiesto, invece, solo il danno da fermo tecnico dell’autoveicolo.
Con il secondo motivo si denuncia “Insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo (art. 360 n. 5 c.p.c.), relativo al risarcimento del danno per beni trasportati”.
Secondo il ricorrente la Corte territoriale ha errato nel ritenere che la sua domanda, relativa al risarcimento dei danni per i beni trasportati o danneggiati a seguito del tamponamento non possa trovare accoglimento per insufficienza della documentazione prodotta a documentare il valore effettivo di quegli oggetti, indicato in L. 1.500.000 nell’elenco. Ad avviso del D.S. risulta invece, nel fascicolo di primo grado, che il capo pattuglia della polizia stradale, intervenuta sul luogo dell’incidente, scriveva sul modello 360 di aver provveduto “alla rimozione della merce… e di altro materiale consistente in generi alimentari e collettame vario”.
La Corte, prosegue il ricorrente, avrebbe dovuto procedere alla quantificazione del relativo danno, anche eventualmente in via equitativa, a fronte della specifica richiesta dello stesso attore.
Con il terzo motivo si denuncia “Insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia: quantificazione e liquidazione del danno alla autovettura incidentata (art. 360 n. 5 c.p.c.)”.
Sostiene il ricorrente che la Corte territoriale, pur dando atto che l’autovettura era assicurata presso la Milano Assicurazioni per un valore di L. 15.000.000, non spiega perché si discosta da tale parametro ed in base a quali elementi ha determinato l’entità del risarcimento in misura diversa da quella richiesta, incorrendo così nel vizio di motivazione.
Entrambi i motivi sono infondati.
Alla cassazione della sentenza, per vizi della motivazione, si può giungere infatti solo quando essi emergano dall’esame del ragionamento svolto dal giudice del merito, quale risulta dalla sentenza, che si riveli incompleto, incoerente e illogico, e non già quando il giudice del merito abbia semplicemente attribuito agli elementi valutati un valore e un significato difformi dalle aspettative e dalle deduzioni di parte (Cass. 15 aprile 2004, n. 7201; Cass. S.U. 27 dicembre 1997, n.13045; Cass. 14 febbraio 2003, n. 2222 ; Cass. 25 agosto 2003, n.12467; Cass. 15 aprile 2000, n. 4916).
Ne consegue che il controllo di legittimità da parte della Corte di cassazione non può riguardare il convincimento del giudice di merito sulla rilevanza probatoria degli elementi considerati, ma solo il fatto che questi abbia indicato le ragioni del proprio convincimento con una motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici.
Nella fattispecie non si ravvisa detto vizio motivazionale ed i motivi si risolvono in una richiesta di diversa valutazione, nel merito, delle circostanze fattuali che non può trovare ingresso in questa sede di sindacato di legittimità.
Con il quarto motivo si denuncia “Erronea e falsa applicazione delle disposizioni di legge in materia di aggravamento delle lesioni subite a seguito di incidente stradale e di assolvimento del relativo onere della prova. Contraddittoria od insufficiente motivazione circa un punto decisivo (art. 360 n. 3 e 5 c.p.c.)”.
Lamenta il ricorrente che la Corte d’Appello, in contraddizione con i certificati medici i quali evidenziavano un processo degenerativo ricollegabile alle lesioni subite dal ricorrente nell’incidente stradale, non ha riaperto la fase istruttoria per accertare, attraverso una consulenza tecnica, il lamentato aggravamento dello stato di salute.
Osserva inoltre D.S.L. che la sentenza impugnata attesta, senza far menzione di alcun elemento sul piano probatorio, come l’autostrada ove si è verificato l’incidente per cui è causa non sia recintata e come da tale circostanza discenda la responsabilità del concessionario, mentre è accertata l’esistenza di una rete protettiva.
La censura si fonda sulla non decisività della relazione di consulenza di parte e sulla certificazione sanitaria prodotta.
Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza.
Qualora infatti, con il ricorso per Cassazione, venga dedotta l’omessa od insufficiente motivazione della sentenza impugnata per l’asserita mancata o errata valutazione di risultanze processuali (un documento, deposizioni testimoniali, dichiarazioni di parti, accertamenti del c.t., ecc), è necessario, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività della risultanza non valutata (o insufficientemente valutata), che il ricorrente precisi – ove occorra, mediante integrale trascrizione della medesima nel ricorso – la risultanza che egli asserisce decisiva e non valutata o insufficientemente valutata, dato che, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, il controllo deve essere consentito alla Corte di cassazione sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative (Cass., 23 marzo 2005, n. 6225; Cass. 23 gennaio 2004, n. 1170).
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato con condanna di parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che si liquidano come in dispositivo a favore della Unipol s.p.a..
Non vi è luogo a disporre sulle spese per gli altri intimati che non hanno svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che liquida in Euro 2.000 di cui Euro 200 per esborsi, oltre accessori di legge, in favore della Unipol s.p.a..
Non v’è luogo a disporre sulle spese per gli altri intimati.

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