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Costituiscono grave difetto di costruzione, ai sensi dell’art. 1669 c.c., i ponti termici presenti nelle unità immobiliari di proprietà esclusiva dei condomini. Trattasi, infatti, della manifestazione di un difetto costruttivo nella realizzazione della coibentazione termica dell’edificio che, permettendo un’eccessiva dispersione termica, provoca l’inefficienza dell’impianto termico e, a sua volta, fenomeni di condensa e muffe alle pareti tali da incidere in misura rilevante sul normale godimento dell’immobile.

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Tribunale Busto Arsizio, Sez. III, Sentenza, 23/01/2020

Con atto di citazione ritualmente notificato il Condominio S., corrente in T., via S. n. 10/12, unitamente ai condomini sopra indicati, conveniva in giudizio la società Immobiliare E. S.r.l., quale società venditrice e costruttrice dell’edificio condominiale, lamentando gravi difetti di costruzione affliggenti sia parti comuni condominiali sia singole proprietà individuali ed esclusive dei condomini attori, puntualmente descritte nell’atto introduttivo e accertate dal proprio tecnico di fiducia con relazione del 19.3.2014.

Invocata la disposizione di cui all’art. 1669 c.c., gli attori chiedevano il risarcimento dei danni subiti, commisurati ai costi di emenda dei gravi difetti, per un ammontare complessivo di Euro 246.250,00. Inoltre, lamentavano gli attori il danno rappresentato dal minor valore dell’immobile derivante dalla sua appartenenza a classe energetica inferiore a quella promessa (B) e ne chiedevano il risarcimento.

La società convenuta, costituitasi in giudizio, eccepiva il difetto di legittimazione attiva del

Condominio in relazione al fatto che la delibera assembleare del 21.9.2013, con la quale era stata decisa la nomina del difensore per agire contro la convenuta, non recava indicazione delle domande da svolgere in giudizio mentre la successiva del 25.1.2014 incaricava il difensore solo di proporre ricorso per accertamento tecnico preventivo.

In ordine alla procura alle liti conferita al difensore degli attori, la convenuta eccepiva la nullità per la sua allegazione su foglio unito all’atto di citazione in posizione successiva alla relata di notifica anziché anteriore e per la sua genericità, in quanto priva di riferimenti al giudizio cui si riferiva, nonché in quanto fondata su delibera assembleare che autorizzava esclusivamente l’esperimento del diverso e più limitato ricorso per istruzione preventiva.

Nel merito, la convenuta negava di essere costruttrice dell’immobile ma di essere solo venditrice e committente dell’opera non soggiacendo, pertanto, alla disciplina di cui all’art. 1669 c.c. e precisava che una serie di vizi, tra quelli lamentati dagli attori, dovevano ritenersi ordinari vizi costruttivi privi della gravità necessaria a ricondurli al disposto di cui all’art. 1669 c.c.. Eccepita, in ogni caso, la decadenza e la prescrizione dell’azione risarcitoria proposta, sia ai sensi degli artt. 1667 e 1669 c.c. sia ai sensi dell’art. 1495 c.c., la convenuta contestava, comunque, la sussistenza dei vizi denunciati e chiedeva di essere autorizzata a chiamare in giudizio il direttore dei lavori e le imprese esecutrici delle opere nonché i professionisti progettisti o certificatori intervenuti nella costruzione, concludendo nel merito per il rigetto della domanda attorea.

La causa veniva istruita con l’acquisizione dei documenti prodotti dalle parti e l’espletamento di c.t.u. in corso di causa.

Le eccezioni preliminari di rito svolte dalla convenuta.

Del tutto superata deve ritenersi ogni questione inerente la richiesta di autorizzazione alla chiamata in causa dei terzi indicati dalla convenuta, rigettata dal giudice istruttore nelle fasi iniziali del presente giudizio. La reiterazione dell’istanza ancora in sede di precisazione delle conclusioni non può che trovare una decisione negativa, in considerazione dello stato conclusivo del procedimento. Del resto, la convenuta ben poteva e potrà svolgere in altro e distinto giudizio le sue domande contro i terzi ritenuti responsabili dei danni oggetto di causa.

Va rilevato che l’amministratore del condominio è legittimato a proporre l’azione di cui all’art. 1669 cod. civ., relativa ai gravi difetti di costruzione che possano porre in pericolo la sicurezza dell’edificio condominiale, anche senza preventiva autorizzazione da parte dell’assemblea condominiale, trattandosi di atto di natura conservativa, ai sensi dell’art. 1131 c.c. e dell’art. 1130, 4 comma c.c. (Cass., Sez. 2, Sentenza n. 17484 del 01/08/2006; Sez. 2, Sentenza n. 17038 del 03/08/2007).

Del tutto irrilevante, pertanto, è ogni questione inerente la portata e la validità delle delibere dell’assemblea condominiale relative al conferimento di incarico difensivo al legale.

Inoltre, il principio della c.d. rappresentanza reciproca e della legittimazione sostitutiva autorizzano ciascun singolo condomino ad agire a tutela di diritti comuni nei confronti di terzi (v. ex multis, Cass. civ., sez. II, 22/02/2018, n.4336

Cass. civ., Sez. II, Sent., (data ud. 21/12/2017) 22/02/2018, n. 4336

), ed è ciò che, nel presente giudizio, hanno fatto i singoli condomini attori.

Quanto alla procura alle liti, è sufficiente osservare che, ai sensi dell’art. 83 cod. proc. civ., come modificato dall’art. 1 della L. n. 141 del 1997, la procura si considera apposta in calce all’atto introduttivo del giudizio anche se, rilasciata su foglio separato congiunto materialmente a tale atto, non vi sia alcun riferimento al giudizio stesso in quanto la collocazione materiale della procura, in seguito alla citata novella, fa ritenere certa la provenienza del potere di rappresentanza e dà luogo alla presunzione di riferibilità della procura stessa al giudizio cui accede (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 28839 del 27/12/2011). A nulla rileva, invece, la collocazione topografica della procura rispetto alla relata di notifica, anche alla luce dell’incontestata notifica della procura medesima unitamente all’atto di citazione.

Nessun vizio di rappresentanza processuale né alcuna nullità della procura alle liti si ravvisa, dunque, nel presente giudizio con riguardo alla posizione processuale degli attori.

L’azione ex art. 1669 c.c..

L’azione di responsabilità per rovina e difetti di cose immobili, prevista dall’art. 1669 cod. civ., può essere esercitata anche dall’acquirente nei confronti del venditore che risulti fornito della competenza tecnica per dare direttamente, o tramite il proprio direttore dei lavori, indicazioni specifiche all’appaltatore esecutore dell’opera, gravando sul medesimo venditore l’onere di provare di non aver avuto alcun potere di direttiva o di controllo sull’impresa appaltatrice, così da superare la presunzione di addebitabilità dell’evento dannoso ad una propria condotta colposa, anche eventualmente omissiva (Cass., Sez. 2, Sentenza n. 9370 del 17/04/2013

Cass. civ., Sez. II, Sent., (data ud. 08/03/2013) 17/04/2013, n. 9370

; Sez. 2, Sentenza n. 467 del 13/01/2014).

L’azione ex art. 1669 c.c. è dunque proponibile nei confronti del venditore, non solo quando abbia provveduto alla costruzione con gestione diretta di uomini e mezzi, ma anche quando, essendosi avvalso di specifiche figure professionali quali il progettista od il direttore dei lavori, ovvero l’opera sia stata eseguita (in tutto od in parte) da un terzo su suo incarico, egli abbia comunque mantenuto il potere di impartire direttive od il potere di sorveglianza sullo svolgimento dell’attività altrui, cosicché l’opera sia comunque a lui riferibile (Cass., nn. 18891/2017; 2238/2012; 4249/2010; 16202/2007; 13158/2002; 12406/2002; 11947/2002; 12406/2001; 13003/2000; 7619/1997; 2805/1990), non quando sia mero venditore (Cass., n. 5514/1994).

Nel presente giudizio la società convenuta, venditrice dell’immobile, non ha provato di essere priva di poteri di controllo e direttiva sull’esecuzione dell’opera ed anzi risulta che la stessa Immobiliare E. S.r.l. ha direttamente commissionato ad un professionista di sua fiducia (arch. C.T.) la progettazione del compendio immobiliare ed ha incaricato un direttore lavori di sua fiducia (ancora l’arch. C.T.) affinchè vigilasse sulla corretta esecuzione delle opere, così come ha nominato un coordinatore per l’esecuzione dei lavori stessi. Tali figure professionali sarebbero state retribuite direttamente dalla stessa Immobiliare E. S.r.l., senza alcun onere a carico dell’appaltatrice.

Dall’esame del contratto d’appalto intercorso tra l’odierna convenuta e l’appaltatrice A.C. S.r.l. emerge che quest’ultima era tenuta all’esecuzione dell’opera come descritta negli elaborati progettuali fatti predisporre autonomamente dalla committente, la quale si riservava ogni facoltà di apportare variazioni ritenute opportune nonché di manifestare il necessario gradimento nell’ipotesi di subappalto ad altre imprese di talune opere da parte dell’appaltatrice. L’esame del capitolato dei lavori, parte integrante del contratto, denota altresì la puntuale determinazione delle tecniche costruttive e delle specifiche concernenti la tipologia dei materiali, sì da ridurre l’autonomia dell’appaltatore confinandola all’ambito della mera realizzazione dell’opera.

La corrispondenza invocata da parte convenuta a comprova dell’estraneità di essa alla gestione delle problematiche insorte, non vale a condurre ad una diversa conclusione. Infatti, la responsabilità ex art. 1669 c.c. del costruttore venditore non presuppone l’estraneità dell’appaltatore ad ogni problematica insorta nell’esecuzione dell’opera e non richiede di relegare l’appaltatore medesimo ad un ruolo meramente esecutivo e privo di rilievo nei rapporti con gli acquirenti finali degli immobili costruiti, nei confronti dei quali è pur’egli responsabile in base alla medesima norma appena citata. Del tutto fisiologico, pertanto, deve ritenersi il coinvolgimento dell’appaltatrice A.C. S.r.l. nelle problematiche inerenti l’esecuzione dell’opera e la stessa presenza di vizi e difetti nonché i rimedi necessari ad eliminare gli stessi.

Gli attori lamentano i seguenti vizi, con riguardo alle proprietà comuni:

a) infiltrazioni d’acqua al piano interrato, sia in alcuni box auto, che nelle parti comuni, da cui sarebbero derivate crepe sulle pareti;

b) scrostamento dei plafoni esterni delle gronde in cemento armato e segni d’infiltrazioni d’acqua nella parte inferiore della gronda che si sono manifestate in “carbonatazioni di calcio”;

c) infiltrazioni d’acqua e conseguenti formazioni di “carbonatazioni di calcio” in alcune porzioni della soletta del corsello di manovra posto al piano interrato ed in prossimità dell’ingresso esterno del locale caldaia;

d) infiltrazioni d’acqua sporca derivanti da tubi/sfiati presenti nelle murature perimetrali del locale spazzatura e persistente esalazione di odori di “fognatura” proveniente dalla caditoia posta all’interno del predetto locale;

e) formazioni di umidità e muffe verdi sulle pareti esterne in mattoni a vista;

f) cedimento di una porzione di pavimentazione in autobloccanti sul marciapiede esterno alla recinzione di proprietà del complesso condominiale;

g) posizionamento non a regola d’arte delle cassette postali situate sotto la pensilina d’ingresso delle palazzine “A” e “B” e formazione ivi di piccole crepe;

h) inidoneità dell’impianto antenna TV condominiale alla ricezione di tutti i canali digitali trasmessi in zona;

i) eccessivo dispendio di energia, sia per il riscaldamento dell’immobile, che per la produzione di acqua calda sanitaria.

Quanto alle proprietà individuali, sono oggetto di denuncia i seguenti vizi:

a) nella proprietà dei sig.ri D. – V.: presenza di ponti termici nella camera matrimoniale, nella cameretta ed in bagno;

b) nella proprietà dei sig.ri G. – F.: presenza di ponti termici nel locale bagno; rigurgiti, gorgogli e cattivi odori nei locali bagno;

c) nella proprietà dei sig.ri P. – S.: presenza di ponti termici in cucina, nella camera matrimoniale, nella cameretta, nel bagno e in sala; rigurgiti, gorgogli e cattivi odori nei locali bagno;

d) nella proprietà dei sig.ri S. – M.: presenza di ponti termici in cucina, nella camera matrimoniale, nella cameretta, nel bagno e in sala; formazione di condensa in corrispondenza della soglia verso il balcone;

e) nella proprietà dei sig.ri R.: mancato funzionamento del condizionatore D. e vizio costruttivo della botola di ispezione;

f) nella proprietà del sig. C.: presenza di ponti termici nella camera matrimoniale, della cameretta e in sala; malfunzionamento della cassetta del water che risulta rotta; malfunzionamento dell’impianto termico a causa dell’errata esecuzione dello stesso; ostruzione del filtro del modulo di contabilizzazione dell’impianto termico; infiltrazione d’acqua nel box auto;

g) nella proprietà della sig.ra S.: presenza di ponti termici in cucina, nella camera matrimoniale, nella cameretta e nel bagno

h) nella proprietà di sig.ri B. – J.: presenza di ponti termici in cucina e nella cameretta; mal funzionamento del condizionatore D.; fuoriuscite d’acqua dal controsoffitto a causa dell’errato collegamento dello scarico condensa del climatizzatore; infiltrazioni d’acqua sia nel box auto che nella cantina;

i) nella proprietà dei sig.ri C. – G.: presenza di ponti termici in cucina, nella camera matrimoniale, nella cameretta e nel bagno; infiltrazioni d’acqua nella cantina;

l) nella proprietà del sig. G.: non funzionamento del condizionatore D.;

m) nella proprietà dei sig.ri R. – F.: rigurgito, gorgoglio e cattivo odore nei bagni.

Va premesso che i gravi difetti che, ai sensi dell’art. 1669 c.c., fanno sorgere la responsabilità dell’appaltatore nei confronti dei committente e dei suoi aventi causa consistono in quelle alterazioni che, in modo apprezzabile, riducono il godimento del bene nella sua globalità, pregiudicandone la normale utilizzazione, in relazione alla sua funzione economica e pratica e secondo la sua intrinseca natura. A tal fine, rilevano pure vizi non totalmente impeditivi dell’uso dell’immobile, come quelli relativi all’efficienza dell’impianto idrico o alla presenza di infiltrazioni e umidità, ancorché incidenti soltanto su parti comuni dell’edificio e non sulle singole proprietà dei condomini (Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 24230 del 04/10/2018

Cass. civ., Sez. II, Ord., (data ud. 21/06/2018) 04/10/2018, n. 24230

).

I difetti lamentati devono agevolmente essere sussunti nella nozione di grave difetto di costruzione, ai sensi dell’art. 1669 c.c. e come sopra costantemente interpretato nella giurisprudenza di legittimità, con riguardo a tutti i vizi afferenti le parti comuni dell’edificio con esclusione di quelli concernenti le parti comuni sub g) e h) . Infatti, tutti i vizi denunciati, come accertato dalla c.t.u., discendono da errori di realizzazione delle impermeabilizzazioni di parti strutturali dell’edificio condominiale e sono causa di infiltrazioni di acqua le quali, notoriamente, concorrono al precoce logoramento delle strutture portanti dell’edificio stesso e sono potenzialmente pericolose per la stabilità del medesimo, oltre a rendere insalubri gli ambienti interessati e a comprometterne, pertanto, la normale utilizzabilità. Analogamente, le infiltrazioni, questa volta, di acque nere integrano profili di salubrità e igiene anch’essi idonei a compromettere seriamente il normale godimento delle parti interessate. Costituisce un grave difetto di costruzione la realizzazione di un impianto termico inefficiente e non in grado di assicurare il corretto riscaldamento degli ambienti abitativi, data la rilevanza di tale funzione in rapporto alla fruibilità, salubrità e abitabilità degli immobili residenziali.

Costituiscono senz’altro grave difetto di costruzione, ai sensi dell’art. 1669 c.c., i ponti termici presenti nelle unità immobiliari di proprietà esclusiva dei condomini attori. Si tratta, infatti, della manifestazione di un difetto costruttivo nella realizzazione della coibentazione termica dell’edificio che, permettendo un’eccessiva dispersione termica, provoca a sua inefficienza dell’impianto termico e, a sua volta, fenomeni di condensa e muffe alle pareti tali da incidere in misura rilevante sul normale godimento dell’immobile.

L’espletata c.t.u. ha accertato l’esistenza dei gravi difetti e la loro imputabilità ad errori di realizzazione della costruzione.

Quanto alle diffuse e gravi infiltrazioni manifestatesi nei locali interrati, di proprietà condominiali, queste sono abbondantemente dimostrate dalla documentazione fotografica allegata in atti, anche dal c.t.u. e sono state ricondotte dal c.t.u., sulla base degli scavi eseguiti e dell’esame diretto del manufatto, alla mancanza di guaina impermeabilizzante e alla riduzione dei presidi impermeabilizzanti alla sola membrana in pvc bugnato, del tutto inidonea ad assicurare tenuta all’acqua di infiltrazione presente nel terreno circostante le strutture fondative e perimetrali dello stabile. Del tutto sterile risulta ogni disquisizione sulle tecniche progettuali migliori per assicurare la corretta impermeabilizzazione del muro controterra. E’ bastevole considerare, infatti, l’esistenza e la vasta portata del fenomeno, non limitato a specifici punti ma diffuso sull’intera estensione delle murature, per ritenere che la tecnica in concreto adottata nel caso di specie sia stata inadeguata a garantire il risultato della tenuta all’acqua. Risulta riscontrato (a seguito di apposito supplemento di indagine anche mediante un esame ravvicinato del manufatto) anche lo scrostamento dei plafoni esterni degli aggetti di gronda, dovuto all’impermeabilizzazione non corretta per via della posa di guaina bituminosa non protetta ed esposta agli agenti atmosferici, con conseguenti ammaloramenti e fessurazioni, nonché all’errata pendenza e ai conseguenti ristagni d’acqua.

Parimenti inadeguata si è dimostrata l’impermeabilizzazione della soletta del corsello e del locale caldaia. In proposito, va osservato che la documentazione fotografica allegata dimostra l’esistenza di vistosi e sistemici fenomeni di carbonatazione e macchie di umidità, segno della presenza di infiltrazioni di acqua del tutto anomale e non giustificabili se non per la non corretta realizzazione dell’opera sotto il profilo dell’impermeabilizzazione. Nessun fattore estraneo all’attività costruttiva è stato ipotizzato dalla convenuta quale causa alternativa del fenomeno accertato, dovendosi pertanto imputare ad essa i difetti costruttivi in parola. In altri termini, l’esistenza del difetto costruttivo deve presumersi ragionevolmente dall’accertata inidoneità del manufatto ad assicurare tenuta all’acqua, mentre era onere della venditrice appaltatrice, stante la presunzione di responsabilità propria del regime di cui all’art. 1669 c.c., a dover dimostrarne l’imputabilità a fatti diversi.

Analoghe considerazioni devono formularsi con riguardo alle infiltrazioni di liquami provenienti dall’impianto fognario nel locale spazzatura, reso inutilizzabile dalle stesse. In tal caso, tuttavia, il c.t.u. ha eseguito una prova empirica di immissione di acqua in pressione che, seguita dal visibile incremento di infiltrazioni e percolazioni, ha dimostrato la mancanza di impermeabilizzazione del manufatto quale causa del fenomeno.

Il c.t.u. ha altresì accertato la presenza di umidità di risalita sulle murature perimetrali esterne in mattoni a vista, individuandone la causa empiricamente nella mancanza di adeguato isolamento delle pareti dalla superficie degli autobloccanti del marciapiede i quali, non essendo stuccati, trattengono l’acqua meteorica che ristagna e viene rilasciata verso le murature. Posto che la presenza di sintomi evidenti di umidità di risalita è attestata dall’esame delle fotografie in atti, e che tale fenomeno appare di per sé anomalo perché frutto della presenza di infiltrazioni di acqua all’interno delle strutture murarie, esso identifica di per sé un difetto costruttivo rispetto al quale la convenuta non ha fornito la necessaria prova liberatoria, ovvero la prova del fattore (invero mai nemmeno individuato) ad essa estraneo, imprevedibile e inevitabile, che avrebbe causato la predetta infiltrazione. Va comunque segnalato che il c.t.u. ha documentato fotograficamente l’errata posa della guaina impermeabilizzante delle murature perimetrali interrate, di altezza insufficiente e quindi non idonea ad impedire alle strutture murarie di imbibirsi d’acqua in occasione di precipitazioni.

Sulla base del medesimo ragionamento presuntivo deve imputarsi alla convenuta anche il cedimento del marciapiede in blocchetti autobloccanti, ricondotto dal c.t.u. all’errata tecnica costruttiva impiegata o, quantomeno, alle conseguenze della posa dei blocchetti direttamente su un letto in sabbia (in luogo di un massetto in cemento) e al cedimento del terreno sottostante. L’irrilevanza della possibile mancata manutenzione del manufatto da parte del Condominio (essendo buona norma spargere sabbia periodicamente sugli autobloccanti in modo da riempire le fughe tra un blocchetto e l’altro e assicurarne così la tenuta) è resa evidente dalla considerazione che gli attori non contestano un semplice dissesto del marciapiede ma un vero e proprio sprofondamento del medesimo dimostrato dalle fotografie allegate, segno del cedimento del terreno sottostante e della complessiva instabilità strutturale di tale elemento costruttivo.

Venendo all’esame dei difetti costruttivi riguardanti le singole unità immobiliari in proprietà esclusiva, il c.t.u. ha eseguito rilievi termografici che hanno evidenziato l’esistenza dei ponti termici denunciati e da ritenersi causa dei fenomeni di condensa e ammaloramento delle pareti interne degli appartamenti. In particolare, sono state registrate forti differenze di temperatura rivelatrici di discontinuità dell’isolamento termico, le quali sono da ritenersi causalmente determinanti i fenomeni denunciati e da rendere irrilevante l’apporto causale di un’eventuale insufficiente aerazione. Gli scavi e i carotaggi praticati a campione hanno confermato, in alcuni punti, l’assenza di isolamento termico (v. terrazzo sovrastante gli appartamenti L. e G.). Inesigibile è una verifica puntuale in ogni punto interessato da condensa e muffe, onde evitare la distruzione di ampia parte delle pareti esistenti. Gli elementi acquisiti dai rilievi termografici, coerenti con le rilevate carenze di isolamento direttamente riscontrate), conducono con sicurezza all’imputazione del difetto all’attività costruttiva della convenuta.

Quanto all’impianto di riscaldamento, il nominato c.t.u. ha accertato molteplici fattori in grado di inficiare l’efficacia dello stesso. I rilievi termografici hanno evidenziato la distribuzione eterogenea delle tubazioni del riscaldamento a pavimento mentre l’ispezione dell’impianto e, in particolare, dei filtri, ha evidenziato l’accumulo di detriti fangosi in grado di diminuire consistentemente la circolazione dell’acqua nelle tubazioni e, in tal modo, di ridurre fortemente la trasmissione del calore agli appartamenti.

Infine, il c.t.u. ha accertato gravi anomalie di funzionamento dell’impianto fognario, manifestantesi nell’emissione di esalazioni maleodoranti in alcuni degli appartamenti dei singoli condomini. Si tratta di fenomeno imputato dal c.t.u. a fattori alternativi quali il non corretto funzionamento della fossa biologica, la mancanza dei tubi di esalazione con sfiato sul tetto, la non appropriata esecuzione, secondo quanto previsto dalla normativa di riferimento UNI EN 12056-2 del 2000, della ventilazione parallela diretta a tetto. Tutte tali ipotesi appaiono riconducibili a difetti di esecuzione se non di progettazione dell’impianto e, dunque, all’attività costruttiva svolta dalla convenuta, mentre nessun fattore estraneo quest’ultima ha addotto e provato.

L’eccezione di prescrizione e decadenza

Come emerge dagli atti allegati in giudizio, la vendita delle unità immobiliari ai singoli acquirenti, odierni attori unitamente al Condominio, è avvenuta a partire dall’anno 2010, sicchè nessun dubbio sussiste circa il fatto che i vizi e difetti di cui si discute nel presente giudizio si sono certamente manifestati entro il termine decennale di cui all’art. 1669 c.c., azionato dagli attori.

La decadenza di cui al 1 comma della norma appena citata non si è perfezionata.

Va ricordato che il termine annuale previsto, a pena di decadenza, dall’art. 1669, comma 1, c.c. per la denuncia dei gravi difetti dell’opera appaltata decorre dal giorno in cui il committente (o l’acquirente) abbia conseguito un apprezzabile grado di conoscenza obbiettiva della gravità dei difetti stessi e della loro derivazione eziologica dall’imperfetta esecuzione dell’opera (Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 24486 del 17/10/2017

Cass. civ., Sez. II, Ord., (data ud. 26/04/2017) 17/10/2017, n. 24486

; Sez. 2 , Sentenza n. 10048 del 24/04/2018). Nel caso di specie, tale conoscenza obiettiva deve ritenersi acquisita non prima del momento della redazione della relazione tecnica del professionista incaricato dal Condominio, p.i. U.R., datata 19.3.2014 e la quale costituisce la premessa tecnica dell’individuazione dei vizi contenuta nell’atto introduttivo del presente giudizio.

L’introduzione del presente giudizio si è avuta con la notifica dell’atto di citazione in data 29.4.2014. Vi è stata, pertanto, tempestiva denuncia dei difetti entro l’anno dalla scoperta e tempestivo inizio del giudizio di merito, entro l’anno dalla denuncia dei vizi, nel rispetto dunque dei termini previsti dal citato art. 1669 c.c..

Anche l’eccepita prescrizione, pertanto, non si è perfezionata.

La quantificazione dei danni.

Per la quantificazione dei danni occorre rifarsi al computo contenuto nella relazione di c.t.u. depositata in data 29.6.2016, recante distinta indicazione dei danni afferenti alle parti comuni e alle proprietà individuali.

Le critiche svolte da parte convenuta alla relazione di c.t.u. non possono essere condivise.

In particolare, la proposta di interventi circoscritti e limitati ai punti in cui le infiltrazioni o i ponti termici si sono indubitabilmente manifestati, non è congrua rispetto all’eziologia del fenomeno, sopra descritta (da ricondurre all’errata tecnica costruttiva prescelta e non ad errori di esecuzione circoscritti a taluni punti del manufatto). L’adozione di una siffatta improvvida tecnica di emenda lascerebbe operare la causa delle infiltrazioni e dei ponti termici lasciando che le manifestazioni relative, rinnovandosi, si verifichino – nella migliore delle ipotesi, in altri punti del manufatto.

Va altresì osservato che la soluzione tecnica del problema del cedimento della pavimentazione in autobloccanti non può essere quella meno onerosa proposta dal c.t.u. nella propria relazione integrativa depositata in data 5.11.2018. A tale scopo, rileva la circostanza che il mero rifacimento della pavimentazione con la medesima tecnica utilizzata dal costruttore (posa degli autobloccanti senza realizzazione del sottostante fondo in calcestruzzo), già rivelatasi inidonea a evitare il cedimento, non sarebbe rimedio adeguato alla definitiva eliminazione del vizio. Deve pertanto ritenersi necessario il più costoso rimedio implicante la realizzazione del fondo in calcestruzzo.

Quanto alle altre opere rimediali non può che rimandarsi alle argomentazioni tecniche svolte dall’ampia ed esaustiva relazione di c.t.u. e alla quantificazione dei costi effettuata correttamente sulla base delle superfici rilevate dalle planimetrie disponibili dell’edificio e dei listini della CCIAA ove disponibili, integrati dalla diretta conoscenza dei prezzi di mercato in assenza di indicazioni sui listini medesimi.

Il conteggio dei danni deve quindi attestarsi alla somma complessiva di Euro 399.350,00 oltre iva, dovendosi escludere peraltro ogni danno derivante dalla perdita di valore degli immobili in considerazione della possibilità, con gli interventi emendativi indicati dal c.t.u., dell’eliminazione dei vizi riscontrati.

Va disattesa la domanda relativa al danno derivante dalla minore classe energetica dell’edificio, atteso che la c.t.u. ha escluso che la classe assegnata in sede di vendita degli appartamenti non fosse supportata dal possesso dei corrispondenti requisiti normativi.

Non è provato, infine, in che misura i consumi di gas siano risultati maggiori a causa delle rilevate inefficienze dell’impianto, sicchè anche tale punto di domanda va disatteso.

La convenuta va pertanto condannata al risarcimento del danno nella misura indicata, oltre rivalutazione monetaria e interessi a decorrere dalla data di manifestazione dei danni in parola, riportabile, in assenza di riferimenti temporali certi diversi, alla relazione del tecnico di parte in data 19.3.2014.

Le spese, comprensive di quelle di c.t.u., seguono la soccombenza.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:

condanna la convenuta al pagamento, in favore del Condominio attore, della somma di Euro 301.491,22, oltre rivalutazione monetaria e interessi legali sulle somme annualmente rivalutate dal 19.3.2014 ad oggi; oltre interessi legali da oggi al saldo;

condanna la convenuta al pagamento, in favore dei condomini attori, della somma di Euro 97.858,78, oltre rivalutazione monetaria e interessi legali sulle somme annualmente rivalutate dal 19.3.2014 ad oggi; oltre interessi legali da oggi al saldo;

condanna altresì la parte convenuta a rimborsare alla parte attrice le spese di lite, che si liquidano in Euro 20.000,00 per compenso professionale, oltre spese generali, i.v.a., c.p.a. e anticipazioni (c.u., marche e spese di notifica);

pone definitivamente le spese di c.t.u. a carico di parte convenuta.

Così deciso in Busto Arsizio, il 22 gennaio 2020.

Depositata in Cancelleria il 23 gennaio 2020.