Il diritto all’oblio è una particolare forma di garanzia tendente ad escludere la diffusione dei precedenti giudiziari di una persona. Si tratta di un argomento che, negli ultimi anni, è stato portato alla ribalta dalla diffusione di Internet e dell’informazione online.
Infatti, molte persone si trovano, loro malgrado, protagoniste o comparse di articoli di cronaca giudiziaria rinvenibili in rete anche a distanza di molti anni nonostante siano ancora in attesa di giudizio o, addirittura, sia seguita una sentenza di assoluzione. Le doglianze solitamente riguardano il fatto che, eseguendo una normale ricerca nominativa per il tramite dei comuni motori di ricerca internet, si riceve, indiscriminatamente e magari anche tra i primi risultati, la notizia pregiudizievole.
In tali casi, inevitabilmente, la lesione dell’immagine degli interessati è assicurata e si dimostra suscettibile di pregiudicarne la vita professionale e di relazione.
Un tempo gli articoli cartacei risultavano esiliati in archivi che venivano spulciati solamente da pochi interessati; oggi, internet ed i meccanismi di indicizzazione dei motori di ricerca sono a disposizione di tutti e, quindi, rinvenire una notizia dall’edizione digitale di un quotidiano risulta estremamente agevole anche molto tempo dopo dalla pubblicazione della stessa.
Tali modalità di diffusione costituiscono una sorta di pubblicazione “perpetua” che, inevitabilmente, giunge a cagionare una compressione dei diritti delle persone non trovando alcun conforto nel diritto di ed alla informazione.
A riguardo, tralasciando per ovvie ragioni di brevità espositiva, la descrizione dell’evoluzione che ha conosciuto il contenuto del diritto alla riservatezza compendiato dal diritto alla protezione dei dati personali, basterà ricordare che detti diritti, ampiamente annoverabili tra i diritti fondamentali della persona, possono rinvenire certamente un limite nell’interesse pubblico sotteso al diritto all’informazione, però, al contempo, si traducono per l’interessato nel “diritto all’oblio”, cioè a che non vengano ulteriormente divulgate notizie prive di attualità le quali, per il trascorrere del tempo, risultino ormai ignote o dimenticate dalla collettività e che, semmai, possono mantenere un qualche interesse solo a livello di “archivio”.
Orbene, in assenza di precise disposizioni che regolano la materia, dinanzi alle sempre più frequenti istanze, la giurisprudenza ed il Garante della Privacy hanno dato risposte differenti: ordinando la cancellazione della notizia da parte dell’editore, la de-indicizzazione dai motori di ricerca, la concessione dello spazio necessario per segnalare lo sviluppo ed il seguito della notizia.
A parere dello scrivente, anche alla luce della più recente giurisprudenza comunitaria la quale ha escluso categoricamente che le notizie ormai trascritte possano essere cancellate, non risulta possibile ottenere l’eliminazione degli articoli aventi ad oggetto la notizia pregiudizievole, però, risulta sussistere in capo agli interessati il buon diritto a che tali notizie siano accessibili solamente dal sito web dell’editore, mediante una ricerca c.d. finalizzata e ne sia invece esclusa la diretta ed indiscriminata reperibilità qualora si consulti un comune motore di ricerca, anziché il sito stesso.
Tale operazione di de-indicizzazione, a seguito dell’opportuna istanza dell’interessato, può essere agevolmente eseguita dall’editore senza interessare i titolari dei motori di ricerca.

 

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