Il danno per la mancata disponibilità di un immobile, da parte di un imprenditore commerciale, è “in re ipsa”, considerata l’impossibilità per costui di conseguire l’utilità ricavabile dal bene medesimo in relazione alla natura normalmente fruttifera di esso. Per la determinazione del risarcimento del danno, quindi, ben può farsi riferimento al cosiddetto danno figurativo, costituito dal valore locativo del cespite (Cass. n. 26610/2008; n. 10498/2006).

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 1 ottobre – 28 novembre 2013, n. 26637
Presidente Goldoni – Relatore Nuzzo
Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato il 14.12.1996 la s.r.l. Edilcervialto esponeva: di essersi obbligata ad acquistare dalla cooperativa r.l. CO.MI., con contratto preliminare 26.2.1991, alcune unità immobiliari di un realizzando edificio in (…), piano di zona n. (omissis) ; di aver pagato oltre il dovuto (giusta C.T.U. effettuata in separato giudizio,avente ad oggetto l’accertamento del prezzo ancora dovuto e nell’ambito del quale la stessa CO.MI aveva chiesto la risoluzione de preliminare), senza che controparte avesse trasferito la proprietà dell’immobile e neppure presentato al Comune di Roma progetti di variante, lasciando scadere le concessioni edilizie (da qui l’ulteriore procedimento riunito al precedente, avente ad oggetto l’emissione di sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c.).
Tanto esposto, conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Roma, la coop. CO.MI per sentirla condannare al risarcimento dei danni derivati da detti inadempimenti.
Costituitasi in giudizio la convenuta assumeva che il contratto preliminare doveva considerarsi già risolto per inadempimento della promissaria acquirente; che non vi era stato alcun ritardo nella consegna delle unità immobiliari, addebitabile ad essa CO.MI, atteso che il mancato completamento dei lavori era da attribuirsi esclusivamente alla società appaltatrice, s.p.a. P.A.R.T.I. SECONDA, chiamata in giudizio al fine di essere garantita dell’eventuale accoglimento della domanda della Edilcervialto.
La chiamata in causa si costituiva adducendo che gli eventuali ritardi nel completamento delle unità immobiliari erano dipesi dal ritardo con cui la cooperativa aveva proceduto al pagamento dei corrispettivi – dell’appalto.
Con sentenza 3/21.5.2001 il Tribunale condannava la CO.MI. al pagamento, in favore della Edilcervialto, delle somme di L. 4.135.990.000 e di L. 4.000.000, oltre interessi; condannava la P.A.R.T.I. SECONDA a tenere indenne la convenuta dagli effetti di detta condanna.
Tale decisione era impugnata, con distinti appelli, dalla s.p.a. P.A.R.T.I. SECONDA e dalla Coop. CO.MI; la Edilcervialto proponeva appello incidentale per il risarcimento dei danni successivi alla data del 31.12.2000, presa a base della sentenza impugnata. Con sentenza depositata il 13.1.2011 la Corte d’Appello di Roma respingeva gli appelli della s.p.a. P.A.R.T.I. SECONDA e della s.r.l. CO.MI. ed, in accoglimento della domanda avanzata dalla Edilcervialto, condannava la CO.MI. a pagare l’ulteriore importo di Euro 2.373.567,66, oltre interessi legali dalla pubblicazione della sentenza al saldo; condannava la CO.MI al pagamento delle spese del grado in favore della Edilcervialto e compensava le spese stesse tra la CO.MI e la PARTI SECONDA.
Osservava la Corte territoriale, per quanto ancora rileva nel presente giudizio, che la prova espletata riguardava la verosimiglianza dell’insorgenza del danno e, quindi, non rilevava “se le testimonianze si riferissero a semplici abboccamenti preliminari o a trattative già avanzate né che parte di esse fosse una società partecipata dalla Edilcervialto ma comunque diversa da essa”; riteneva condivisibile il ricorso del primo giudice al criterio della valutazione equitativa del danno.
Per la cassazione di tale decisione propone ricorso la Coop.CO.Mi formulandoldue motivi illustrati da memoria. Resiste con controricorso la Edilcervialto s.r.l. mentre la s.p.a. P.A.R.T.I. SECONDA non ha svolto attività difensiva.
Motivi della decisione
La società ricorrente deduce:
l)violazione, falsa applicazione degli artt. 1223, 1226 e 2697 c.c. nonché degli artt. 115-116 c.c.; contraddittorietà di motivazione e “difetto di attività circa un pun-to( fatto) decisivo”; secondo la stessa sentenza impugnata non era stata provata l’esistenza di effettive trattative per la locazione degli immobili da parte della Edilcervialto, ma solo di contatti esplorativi tra terzi;con riguardo al guadagno ricavabile dall’affitto dei locali, peraltro, il danno doveva essere provato nel suo preciso ammontare, non potendosi ricorrere al criterio della va-lutazione equitativa in difetto del presupposto sulla impossibilità della parte interessata di provare il danno nel suo preciso importo; per altro verso il Tribunale non aveva applicato detto criterio in ordine al lucro cessante per la mancata utilizzazione degli immobili, avendo ad esso fatto ricorso solo quanto alla spesa occorrente per compensare il professionista incaricato per il rilascio del certificato agibilità, “equamente stimata in L. 4.000.000 onnicomprensiva”; sotto tale profilo la motivazione era contraddittoria non essendo comprensibile se il danno fosse stato interamente liquidato secondo il criterio equitativo;
2) violazione e falsa applicazione degli artt. 1223, 1226, 2697 c.c.; degli artt. 115 – 116 c.p.c. nonché difetto assoluto di motivazione circa un fatto decisivo; erroneamente la Corte di Appello aveva accolto l’appello incidentale della Edilcervialto quanto al risarcimento degli ulteriori danni fino alla consegna dei locali oggetto di causa, senza che fosse dato individuare la base del calcolo di tale danno liquidato in Euro 2.373.567,66, non considerando che la Edilcervialto non aveva dato alcuna dimostrazione al riguardo e che avrebbe potuto, medio tempore, procedere all’affitto dei locali in questione.
Va preliminarmente respinta, perché infondata, l’eccezione pregiudiziale sollevata da Edilcervialto (con l’atto ex art. 372 c.p.c.), laddove sostiene che la procura rilasciata in calce al ricorso da S.S..C. , quale presidente e legale rappresentante della cooperativa CO.MI. sarebbe inesistente o nulla in quanto il C. non rivestiva tale carica al momento del conferimento della procura, stante la proroga della gestione commissariale. Va, infatti, rilevato che il C. ha conferito la procura in calce al ricorso notificato il 20/21 aprile 2001, allorché rivestiva ancora la carica di presidente e legale rappresentate della CO.Mi, posto che dalla documentazione in atti( decreto ministeriale n. 406 del 9.5.211 prodotto dalla Co.Mi) risulta che il passaggio di consegne al Commissario governativo è stato effettuato il 13.10.2011. Va aggiunto che, per costante giurisprudenza di questa Corte, deve presumersi, in difetto di prova contraria, la validità della procura rilasciata da persona qualificatasi come rappresentante legale della parte (Cass. n. 3677/1999; n. 3165/1977).
I motivi di ricorso sono infondati.
Le due censure possono essere esaminate congiuntamente in quanto connesse con riferimento al criterio di liquidazione dei danni. È sufficiente osservare che la valutazione e la motivazione sul punto sono conformi, alla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il danno per la mancata disponibilità di un immobile, da parte di un imprenditore commerciale, è “in re ipsa”, considerata l’impossibilità per costui di conseguire l’utilità ricavabile dal bene medesimo in relazione alla natura normalmente fruttifera di esso. Per la determinazione del risarcimento del danno, quindi, ben può farsi riferimento al cosiddetto danno figurativo, costituito dal valore locativo del cespite (Cass. n. 26610/2008; n. 10498/2006).
Consegue che, nella specie, correttamente il giudice di appello ha fatto ricorso al criterio di liquidazione equitativa del danno sulla base del valore locativo dell’immobile; la Corte di merito ha poi richiamato le testimonianze solo ai fini della “verosimiglianza” sulla insorgenza del danno, ritenendo irrilevante, una volta applicato detto criterio, che le testimonianze riguardanti la concessione in affitto dei locali compromessi in vendita, si riferissero a “semplici abboccamenti preliminari o a trattative già avanzate”.
Il ristoro dei danni successivi a quelli indicati nella sentenza di primo grado è, del pari, aderente a detto criterio in quanto risulta calcolato per gli ulteriori anni per i quali la parte attrice non aveva potuto disporre degli immobili, essendo la loro consegna avvenuta, come accertato d-ai giudice di merito, con verbale dell’8.7.2009 e, quindi, successivamente alla data della sentenza di primo grado. Va, di conseguenza, disatteso il rilievo difensivo della ricorrente (svolto col motivo sub 2), sulla possibilità della Edilcervialto di locare gli immobili prima dell’avvenuta loro consegna, costituendo tale adempimento della promittente venditrice il presupposto necessario per consentire alla promissaria acquirente di poter disporre del bene promesso in vendita. Al rigetto del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento, nei confronti della controricorrente, delle spese processuali liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese processuali liquidate in Euro 10.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge.

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