La liquidazione del danno non patrimoniale, subito dai congiunti in conseguenza dell’uccisione del familiare, deve tener conto dell’intensità del relativo vincolo, della situazione di convivenza e di ogni ulteriore utile circostanza, quali la consistenza più o meno ampia dello stesso nucleo familiare e l’intensità del relativo vincolo, le abitudini di vita, la situazione di convivenza.
Ne deriva che la morte di un fratello mai conosciuto dagli altri congiunti rappresenta morte di uno sconosciuto con la conseguenza che il danno da perdita di rapporto parentale assume dimensione virtuale e non reale.
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III CIVILE – SENTENZA 22 ottobre 2013, n.23917 – Pres. Berruti – est. D’Amico
L..D. e F..I. , in proprio e quali esercenti la potestà, la prima sui figli minori C.G. e C.S. ed il secondo sui figli minori I.M. e Fr..In. esponevano che A..I. , figlio e fratello rispettivamente degli attori e dei minori si trovava a bordo di un’autovettura di proprietà di A.M..R. , condotta da F..P. , quando a causa dell’elevata velocità il conducente perse il controllo del mezzo ed invase le isole spartitraffico capovolgendosi.
L’incidente determinò la morte istantanea di A..I. .
Tanto premesso gli attori convennero in giudizio, davanti al Tribunale di Bari, l’Assitalia – Le Assicurazioni d’Italia s.p.a., G..F. in R. , L..R. e R.B.M. (costoro eredi di A.M..R. ), per sentirli condannare al risarcimento dei danni morali e materiali, oltre accessori.
Si costituiva la compagnia assicuratrice che chiedeva di rigettare la domanda e di ordinare l’intervento in causa iussu iudicis di P.L. ovvero di concederle termine per provvedere alla sua chiamata in garanzia.
Autorizzata la chiamata in causa, Pugliese si costituiva e chiedeva il rigetto della domanda di manleva proposta dalla compagnia assicuratrice, facendo comunque proprie da quest’ultima in ordine alla domanda di risarcimento.
Gli altri convenuti rimasero contumaci.
Il Tribunale dichiarò la responsabilità esclusiva di P.F. nella causazione del sinistro; condannò l’Assitalia – Le Assicurazioni d’Italia al pagamento in favore degli attori della somma di L. 71.000.000, di cui L. 27.500.00 a L..D. , L. 27.500.000 a F..I. e L. 16.000.000 ai figli in ragione di L. 4.000.000 ciascuno, oltre accessori; rigettò la domanda di manleva proposta dall’Assitalia nei confronti del P. .
Proposero appello L..D. , in proprio e quale esercente la potestà sui figli minori I.M. ed In.Fr. chiedendo la liquidazione di una maggior somma a titolo di danno patrimoniale e morale.
L’Assitalia chiedeva di rigettare l’appello e proponeva appello incidentale; subordinatamente chiedeva di contenere la domanda nei limiti del massimale di polizza di L. 700.000.000.
La Corte d’appello di Bari ha accolto per quanto di ragione l’appello principale e quello incidentale; quindi, in parziale riforma della sentenza impugnata, ha condannato l’Assitalia al pagamento, in favore degli attori, appellanti in proprio, della complessiva somma di Euro 38.734,27, oltre accessori. Ha compensato le spese del grado.
Propongono ricorso per cassazione C.G. e C.S. con due motivi.
L’INA Assitalia s.p.a. che ha incorporato con fusione l’Assitalia – Le Assicurazioni d’Italia resiste con controricorso e propone ricorso incidentale condizionato. La stessa presenta memoria.
Propongono controricorso incidentale I.F. , I.M. ed I.F. con tre motivi.
Resistono al controricorso incidentale di I.F. , I.M. ed In.Fr. .
Gli altri intimati non svolgono attività difensiva.
Motivi della decisione
I ricorsi devono essere riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c..
Vanno anzitutto esaminati il primo ed il secondo motivo del ricorso principale ed il secondo ed il terzo motivo del ricorso incidentale.
Con il primo motivo del ricorso principale i C. denunciano “Insufficiente e contraddittoria motivazione (art. 360 n. 5 c.p.c.)”.
Secondo i ricorrenti è pacifico agli atti, e tra le parti che il defunto A..I. (già A..D. ), dalla nascita e sino al 1988 sia convissuto con la madre e quindi con i suoi fratelli naturali, odierni ricorrenti, G..C. e C.S. , nei primi anni della loro vita; rispettivamente, per quattro e due anni.
Con il secondo motivo del ricorso principale si denuncia “Violazione dell’art. 2727 cc (art. 360 n. 3 cpc)”.
Sostengono i C. di aver subito un danno diretto, iure proprio, che si proietta nel futuro ed è commisurato al periodo di tempo nel quale si sarebbe presumibilmente esplicato quel godimento del congiunto che l’illecito ha reso impossibile. Tale danno morale è ritenuto enorme, tenuto conto della tenerissima età degli odierni ricorrenti all’epoca del decesso del fratello naturale e può essere provato attraverso presunzioni semplici ex art. 2727 cc, una volta accertato il vincolo di parentela, essendo onere del convenuto dimostrare che tra la vittima e il sopravvissuto non esistessero legami affettivi.
Nella specie, secondo i ricorrenti, tale onere non è stato assolto dalla società resistente.
Con il secondo motivo del ricorso incidentale si denuncia “Violazione del disposto di cui all’art. 2059 cc in relazione all’art. 360, 1 comma, n. 3) c.p.c. – Omesso riconoscimento del danno morale a favore di sorelle consanguinee”.
I controricorrenti incidentali, criticando l’impugnata sentenza della Corte barese che ha negato alle sorelle naturali del defunto I.A. il riconoscimento del danno morale, sostengono che la relativa decisione non è fondata anche alla luce della documentazione prodotta in primo grado dalla quale risulta che il defunto, sino al riconoscimento, ha vissuto con la madre, il fratello e la sorella uterini e, dopo il riconoscimento, con il padre e le sorelle consanguinee. Ed anche se fosse mancata la prova della convivenza del defunto con i fratelli e le sorelle (circostanza smentita dai certificati anagrafici) il diritto al riconoscimento del danno morale non poteva essere loro negato.
Con il terzo motivo si denuncia “Omessa ed insufficiente motivazione della sentenza circa il fatto controverso della convivenza o meno delle sorelle consanguinee con il defunto (Violazione dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.)”.
Osservano gli I. che la Corte di merito è incorsa sia nel vizio di omessa motivazione che in quello di insufficiente motivazione, nell’escludere il riconoscimento del danno morale alle sorelle consanguinee e non ha indicato in sentenza gli elementi da cui ha tratto il suo convincimento per affermare che il defunto fosse ‘sicuramente con essi non convivente’ e per escludere persino che le sorelle si conoscessero con il defunto.
I suddetti motivi, che per la loro stretta connessione devono essere trattati congiuntamente, sono infondati.
Come ha affermato questa Corte, la liquidazione del danno non patrimoniale, subito dai congiunti in conseguenza dell’uccisione del familiare, deve tener conto dell’intensità del relativo vincolo, della situazione di convivenza e di ogni ulteriore utile circostanza, quali la consistenza più o meno ampia dello stesso nucleo familiare e l’intensità del relativo vincolo; le abitudini di vita; la situazione di convivenza (in tal senso si è ritenuto che il solo concepimento e la mancata esistenza in vita della congiunta al momento del fatto esclude l’esistenza di un vincolo familiare idoneo a configurare il danno parentale del quale la giurisprudenza ammette il risarcimento) (Cass., 21 gennaio 2011, n. 1410). Emerge invece dalla sentenza impugnata e non è in alcun modo contraddetto, che tra i fratelli in questione non vi è mai stato alcun rapporto, non solo affettivo ma anzitutto sociale. Manca in particolare la prova oltre che di una qualche frequentazione tra gli I. ed il fratello poi defunto, finanche di una loro conoscenza. La morte del fratello fu dunque morte di uno sconosciuto, ed il danno che si lamenta assume, in questa prospettiva, dimensione virtuale e non reale.
Per quanto riguarda poi la questione della perdita del rapporto parentale, nel senso della perita della possibilità di sviluppare un rapporto di questa natura, con conseguente perdita dell’arricchimento affettivo ordinariamente conseguente al sorgere ed allo svilupparsi di un siffatto rapporto, perdita appunto conseguente alla morte, e dunque ancorché non preceduta da convivenza o conoscenza antecedente alla morte stessa, la questione viene sollevata solo in sede di legittimità.
La relativa domanda è pertanto inammissibile in quanto nuova. Con il primo motivo del controricorso incidentale si denuncia “Violazione del disposto di cui all’art. 2056 c.c. in relazione agli artt. 2059 e 1226 c.c. ai sensi dell’art. 360, 1 comma, n. 3) e 6) c.p.c. – Omessa od insufficiente motivazione”.
Sostiene F..I. che, tenendo conto delle modalità del fatto, s’imponeva una liquidazione del danno in misura certamente maggiore di quella effettuata, da calcolare mediante l’utilizzazione di quanto riportano le tabelle o medie dei Tribunali nazionali pubblicate sulla stampa, ossia L. 164.000.000 quale danno morale per ogni genitore.
Si critica in particolare che la Corte di merito, per la liquidazione di tale danno, non ha tenuto conto della colpa gravissima del guidatore dell’auto e di ogni altro elemento della fattispecie concreta, in modo da rendere il ristoro adeguato. Né ha comunque fornito una motivazione sufficiente in ordine a detta liquidazione.
Il motivo è infondato.
Esso si riduce infatti all’affermazione che la Corte di merito ha liquidato il danno in misura non soddisfacente e verte quindi non su una violazione di legge ma su una valutazione di merito, insindacabile in questa sede in quanto correttamente motivata.
L’impugnata sentenza infatti, in mancanza di un provato rapporto di convivenza e di frequentazione di A..I. con i genitori naturali, pur ritenendo che la morte del figlio ha creato turbamento e sofferenza in questi ultimi, in mancanza di oggettivi parametri di riferimento, ha ritenuto equo liquidare la somma di L. 35.000.000 per ciascun genitore.
Con il ricorso incidentale condizionato l’Ina-Assitalia s.p.a. denuncia “Violazione e falsa applicazione degli artt. 75, 83, 330 cpc in relazione all’art. 360 nn. 3 e 4 cpc. Difetto di legittimazione del padre alla proposizione di una impugnazione (appello) per conto dei figli ormai maggiorenni di età e tali diventati durante il corso del giudizio di primo grado”.
Il rigetto del ricorso principale e del ricorso incidentale comporta l’assorbimento di tale ricorso.
In conclusione i ricorsi riuniti devono essere rigettati con compensazione delle spese del giudizio tra il ricorso principale di C.G. e S. e il ricorso incidentale condizionato dell’Ina-Assitalia, per la contendibilità delle questioni; devono essere compensate le spese tra il ricorso principale dei C. e l’incidentale degli I. per la reciproca soccombenza; devono essere compensate le spese tra il ricorso incidentale degli I. e il ricorso incidentale condizionato dell’Ina-Assitalia, per la contendibilità delle questioni.
P.Q.M.
La Corte rigetta i ricorsi riuniti con compensazione delle spese del giudizio tra il ricorso principale di C.G. e S. e il ricorso incidentale condizionato dell’Ina-Assitalia per la contendibilità delle questioni; compensa le spese tra il ricorso principale dei C. e l’incidentale degli I. per la reciproca soccombenza; compensa le spese tra il ricorso incidentale degli I. e il ricorso incidentale condizionato dell’Ina-Assitalia per la contendibilità delle questioni.