L’obbligazione, gravante sul conduttore ex art. 1590 c.c., di restituire la cosa locata deve ritenersi adempiuta mediante la restituzione delle chiavi dell’immobile, ovvero con la incondizionata messa a disposizione del medesimo, senza che sia al riguardo necessaria la redazione di un apposito verbale. In tal senso, pertanto, la liberazione dell’immobile, comunicata al locatore, ed il silenzio del medesimo al riguardo per un periodo di tempo rilevante (nella specie oltre tre anni) non comportano il permanere della disponibilità del bene in capo al conduttore, anche nell’ipotesi in cui questi provveda ad inviare al locatore copie delle chiavi dell’immobile rinvenute solo a notevole distanza di tempo dalla liberazione dello stesso. In circostanze siffatte, di conseguenza, dovendosi affermare la libertà e la piena disponibilità del bene da parte del locatore sin dalla restituzione delle chiavi dell’immobile, ovvero dalla incondizionata messa a disposizione del medesimo, non sussiste alcun diritto del locatore ad ottenere la condanna del conduttore al pagamento dei canoni e delle indennità di occupazione .

 

Tribunale Trento, civile – Sentenza 2 luglio 2013, n. 554

LOCAZIONE – CONDUTTORE – OBBLIGAZIONE – RESTITUZIONE DELLA COSA LOCATA – ADEMPIMENTO – RESTITUZIONE DELLE CHIAVI DELL’IMMOBILE – INCONDIZIONATA MESSA A DISPOSIZIONE DEL MEDESIMO – REDAZIONE VERBALE – NON NECESSARIETÀ

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI TRENTO
SEZIONE CIVILE
Il Tribunale di Trento, in persona del giudice dott. Simona Caterbi,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. 1029 del ruolo degli affari contenziosi civili dell’anno 2010 promossa con ricorso ex art. 447 bis c.p.c.
Da
HA. SNC, con il patrocinio sell’avv. FE.FE. ed elettivamente domiciliato in Trento, VIA (…) 38100 Trento, giusta procura a margine della comparsa di costituzione di nuovo procuratore
– ricorrente –
contro
PE. SNC, con il patrocinio dell’avv. PE.EU. ed elettivamente domiciliata in Trento, VIA (…) giusta procura a margine della comparsa di costituzione e risposta
– resistente –
Oggetto: inadempimento contratto affitto azienda.
FATTO E MOTIVI DELLA DECISIONE
Con ricorso ex art. 447 bis c.p.c., la società Ha. S.n.c., premesso che in data 8.11.2000 aveva locato alla società Pe. S.n.c. un immobile adibito ad uso commerciale sito in Roverè della Luna, p.ed. (…); che era contrattualmente previsto il pagamento di un canone di locazione mensile di Lire 4.000.000 ed altresì di eseguire lavori di completamento ed adeguamento dell’immobile, da effettuarsi entro il 31.12.2005; che la conduttrice non rispettava tale ultimo obbligo ed anzi, in data 26.5.2006, dichiarava di voler recedere dal contratto; che solo una minima parte dei lavori pattuiti erano stati effettuati; che inoltre, l’immobile veniva riconsegnato solo in data 16.12.2009; che alcun canone veniva nelle more versato; che pertanto doveva individuarsi inadempimento contrattuale della conduttrice per mancato rispetto delle previsioni contrattuali, con conseguente risoluzione del rapporto; che peraltro il rapporto doveva ritenersi risolto in virtù di clausola risolutiva espressa che la ricorrente dichiarava di voler far valere nel presente giudizio; tutto quanto ciò premesso conveniva in giudizio la conduttrice chiedendone, previa risoluzione del contratto, la condanna al pagamento delle somme necessarie per il completamento dell’immobile, per il riconoscimento del mancato preavviso nonché per il pagamento dei canoni non corrisposti e per l’occupazione senza titolo dell’immobile. Nel giudizio così radicato si costituiva la conduttrice contestando la domanda avversaria.
La stessa premetteva che la ricorrente aveva ottenuto dal Comune di Roverè della Luna la concessione del terreno sul quale edificare l’immobile a condizioni agevolate, con apposizione di una serie di vincoli a carico della concessionaria; che il Comune, fin dall’anno 1998, preso atto dell’inadempimento della Ha., si era attivato per ottenere la risoluzione del contratto;
che detta risoluzione era stata affermata come sussistente dal Collegio Arbitrale, con lodo confermato dalla corte di appello, con giudizio attualmente pendente in cassazione;
che pertanto alla data della stipula del contratto di locazione la Ha. non era più proprietaria dell’immobile; che il canone ed i relativi impegni di edificazione venivano assunti dalla Pe. confidando nel fatto che l’immobile poteva essere da questa goduto per i successivi 12 anni; che al contrario, visto l’esito del giudizio in essere fra locatrice e comune era stata costretta a recedere da contratto interrompendo i lavori; che i lavori eseguiti erano sufficienti a ritenere la remunerazione del canone; che comunque il contratto intercorso, con soggetto che non era proprietario dell’immobile, andava dichiarato nullo ovvero annullabile; che l’immobile era stato restituito il 31.8.2006, posto che nel 2009 venivano solo consegnate altre due chiavi in precedenza smarrite; che alcuna somma doveva quindi essere riconosciuta dopo la prima delle due date indicate.
Concludeva pertanto, previa sospensione del giudizio in attesa della decisione della Suprema Corte, per la nullità ovvero per l’annullamento del contratto, per la non debenza dei canoni da giugno 2006, per la non debenza degli oneri aggiuntivi relativi alla realizzazione delle opere, il tutto per inadempimento del locatore, per impossibilità della prestazione, per eccessiva onerosità e per risoluzione automatica del contratto a seguito della perdita della proprietà del bene in capo al locatore. Acquisita la documentazione prodotta, escussi i testi indotti, assunta CTU, la causa veniva discussa e decisa con pubblica lettura del dispositivo all’udienza del 19 giugno 2013.
Parte ricorrente chiede: la declaratoria di risoluzione del contratto di locazione per inadempimento altrui: la corresponsione delle somme relative alle opere non eseguite; il pagamento del preavviso; il pagamento dei canoni fino al 2009, nonché un importo a titolo di occupazione sine titulo dell’immobile.
La convenuta eccepisce la nullità ovvero l’annullamento del contratto ed in subordine, la declaratoria di non debenza dei canoni locativi dal giugno 2006 in poi, nonché gli oneri aggiuntivi conseguenti alla realizzazione di opere per il completamento del capannone, il tutto a seguito di accertato inadempimento del locatore, ovvero per impossibilità della prestazione del locatore, o per eccessiva onerosità sopravvenuta o per la risoluzione automatica del contratto di locazione in conseguenza della perdita, da parte del locatore, del bene locato. Appare preliminare, ad avviso del giudicante, la indagine circa la sussistenza o meno della validità del rapporto contrattuale.
Debbono, peraltro essere evidenziati gli elementi rilevanti emersi dall’istruttoria come pacifici.
Pacifico che in data 23 agosto 1994 (doc. 10 parte Pe.) la Ha. acquistava dal Comune di Roverè della Luna il terreno p.f. 475/74.
L’acquisto seguiva una convenzione per l’assegnazione di terreno artigianale nella quale l’acquirente si assumeva tutta una serie di obblighi (cfr. art. 5 convenzione di data 23.8.1994).
Pacifico, altresì, che il Comune, con delibera del 11.1.1999 (doc. 11 Pe.), dichiarava la avvenuta risoluzione di diritto della compravendita, ex art. 1456 c.c. In data 7.11.2009 sempre il Comune, confermava quanto già stabilito con la detta delibera ed individuava un tecnico al fine di stimare le opere eseguite dalla Ha. sul bene in esame.
Nello stesso periodo, pendente già la controversia con il Comune, che aveva notiziato la Ha. della risoluzione, e pendenti inoltre le trattative per la composizione, come emerge dallo stesso tenore del verbale di Giunta comunale del 7 novembre 2000, la Ha. stipula il contratto di locazione con la Pe.
Il contratto porta la data dell’8 novembre 2000; nello stesso la Ha. si dichiara proprietaria del bene e nulla deduce circa la già avvenuta attivazione, da parte del Comune, della clausola risolutiva espressa.
Ciò posto la società Pe. deduce, in primis, la nullità del contratto di locazione, per essere lo stesso stipulato da soggetto che, alla data della stipula, aveva perduto la qualità di proprietario dell’immobile. Non sembra che tale possa essere il caso di specie.
Alla data della stipula del contratto la società Ha. era ancora proprietaria del bene nonché soggetto che aveva la disponibilità dell’immobile medesimo. Si rileva, infatti, che è ben vero che l’art. 1456 c.c. prevede che la risoluzione si verifica di diritto quando la parte (nel caso di specie, il Comune) dichiara di avvalersi della clausola risolutiva espressa, ma è anche vero che il complesso rapporto intercorso fra Ha. e Comune imponeva anche a quest’ultimo precisi adempimenti al fine di rientrare nel possesso dell’immobile, costituenti, in specie, dalla necessità di dover riconoscere alla controparte il valore delle opere eseguite sulla particella fondiaria a suo tempo ceduta.
Non solo, nel nostro ordinamento giuridico vige il principio della proprietà tavolare; non è in alcun modo contestato che la società Ha. fosse proprietaria del bene alla stipula del contratto e lo fosse ancora alla data di introduzione del presente giudizio, come confermato dalla produzione dell’estratto tavolare, non avendo mai il comune provveduto ad annotare le decisioni intercorse nelle more.
La giurisprudenza citata dalla Pe., secondo la quale, “Per assumere la qualità di locatore non è necessario avere un diritto reale sulla cosa, in quanto il contratto di locazione ha natura personale e prescinde dall’esistenza e dalla titolarità da parte del locatore di un diritto reale sul bene, essendo sufficiente che egli ne abbia la disponibilità, la quale, tuttavia, dev’essere giuridica e non di mero fatto, cioè deve avere la sua genesi in un rapporto o titolo giuridico atto a giustificare il potere del locatore di trasferire al conduttore la detenzione ed il godimento del bene. Ne consegue che non può assumere la qualità di locatore colui che abbia soltanto la disponibilità di fatto del bene” (Cass. Civ., sez. III, 10 dicembre 2004, n. 23086), conferma, peraltro, tali affermazioni.
La Ha. alla data del contratto era proprietaria tavolare del bene e ne aveva la giuridica disponibilità, oltre che la disponibilità di fatto; il Comune non aveva in alcun modo annotato al tavolare la propria domanda, né sembra abbia posto barriere alla utilizzabilità giuridica del bene.
Anzi, dalle deposizioni dei testi escussi, in particolare dei testi Co. e De., all’epoca dipendenti del comune di Roverè della Luna, sembra di comprendere anche che alcuno ostacolo sia stato frapposto dal Comune, quanto meno nei primi tempi della locazione, alla Pe., avendo questi concesso autorizzazioni per effettuare ivi una serie di avori (cfr. su punto, in particolare, la deposizione del De.). Va quindi respinta la domanda di nullità del contratto di locazione, essendo emerso che alla data della stipula la Ha. aveva la proprietà tavolare del bene e la disponibilità materiale dello stesso, come confermato dal fatto che la Pe. venne immessa nella disponibilità del bene, all’interno del quale ha poi operato per circa 6 anni.
Quanto alla domanda di annullamento, si osserva.
La domanda viene ad essere formulata per vizio del consenso.
Assume parte resistente che il proprio consenso venne dato per errore, per avere la stessa acquisito il bene in locazione sull’erroneo presupposto della altrui titolarità/disponibilità del bene.
Come poc’anzi rilevato la Ha. aveva la disponibilità giuridica e di fatto del bene, tanto che poi, come detto, vi fu il trasferimento effettivo della detenzione.
Ritiene il giudicante infondata la relativa domanda di annullamento.
Ciò premesso, non rimane che procedere alla disamina delle principali domande di parte attrice.
La Ha. deduce nel presente giudizio, instaurato nell’anno 2010, la risoluzione del contratto per inadempimento altrui, costituito dalla mancata esecuzione delle opere programmate nel termine indicato in contratto, ovvero per attivazione della clausola risolutiva espressa, della quale dichiara di avvalersi nell’atto introduttivo del ricorso. Parallelamente, parte Pe. insta per la risoluzione per altrui inadempimento, ovvero per impossibilità della prestazione del locatore, per eccessiva onerosità sopravvenuta e per la risoluzione automatica del contratto di locazione in conseguenza della perdita, da parte del locatore, del bene locato. La attrice richiede l’accertamento dell’inadempimento della Pe. al versamento del corrispettivo contrattuale.
In contratto, infatti, il canone veniva strutturato nel seguente modo: per i primi 6 anni di locazione il prezzo mensili di affitto era quantificato in misura ridotta, pari a L. 4 milioni mensili, e ciò tenuto conto dei lavori che la conduttrice si impegnava ad eseguire e che venivano acquisiti dalla locataria; a partire dal sesto anno il canone sarebbe stato rideterminato secondo i prezzi di mercato (cfr. art. 4 contratto).
Pacifico che i lavori non fossero stati interamente eseguiti alla data del 31.12.2005 indicata in contratto; i lavori non sono terminati nemmeno alla data odierna, come emerso dalla consulenza appositamente disposta.
Sotto tale profilo la conduttrice eccepisce, a sua volta, l’inadempimento della controparte; i dubbi circa il permanere in capo alla stessa della proprietà dell’immobile, avendo avuto notizia della esistenza della controversia con il comune, la portavano a desistere dal terminare i lavori, per i motivi evidenziati poc’anzi, cioè inadempimento del locatore, impossibilità di eseguire la prestazione; eccessiva onerosità sopravvenuta; risoluzione automatica del contratto.
La conduttrice rileva, infatti, di essersi determinata alla esecuzione dei costosi lavori pattuiti in considerazione della possibilità di poter utilizzare il bene per i successivi 12 anni a seguito della stipula di contratto di locazione di durata 6 + 6. Rileva, pertanto che i lavori sarebbero stati ammortizzati in 12 anni e che la circostanza di dover lasciare il bene in via anticipata a seguito delle questioni insorte con il comune porterebbe alla fondatezza delle proprie eccezioni. Non condivide il giudicante tale impostazione.
In contratto, come più avanti riportato, la riduzione del canone era prevista nei soli primi 6 anni, quantificandosi il canone per gli ani successivi secondo le previsioni di mercato; ciò comporta che nella intenzione della società contraente l’ammortamento dei costi da sostenere doveva essere effettuato e ripartito nel primo esennio.
Trascorsi i primi sei anni, infatti, il canone sarebbe aumentato, e ciò in quanto la società avrebbe dovuto terminare i lavori.
Non è dato in alcun modo comprendere in quale momento la conduttrice sia venuta a conoscenza delle problematiche esistente fra Ha. e Comune riguardanti l’immobile in questione.
Di certo la Pe. ne era a conoscenza alla data del 26 maggio 2006, data nella quale comunica il proprio recesso dal contratto, indicando, fra le cause della disdetta, anche le problematiche in esame, delle quali, a dire della medesima (la missiva non sembra però contestata nel suo contenuto), aveva avuto conoscenza dagli organi di stampa ed aveva inutilmente richiesto informazione alla locataria.
Il teste Co., segretario comunale di Roverè della Luna, ha dichiarato che già nel 2004 era in piedi una causa e, a seguito di una istanza svolta presso il Tribunale, l’affitto che la Pe. pagava alla Ha. veniva incamerato dal comune. Posto che sembra pacifico che l’affitto veniva pagato fino all’agosto 2006, non è dato però sapere se tale circostanza si verificava prima o dopo la data del 31.12.2005. Sempre il Co. ha confermato il cap. 2, precisando che a partire da un dato momento, ed in specie dal 2004, il Comune aveva segnalato che non avrebbe autorizzato esecuzioni di lavori in quanto era stata redatta la stima dell’immobile. Indubbiamente la stima era stata redatta dalla data del 28.5.2004, data del deposito del lodo arbitrale, posto che di questa si dà contezza nel corpo della decisione. Se ne ricava pertanto:
che la Pe. avrebbe dovuto terminare i lavori entro il 31.12.2005; gli stessi non sono, pacificamente, terminati; i lavori non sono terminati perché a partire dal 2004 il Comune aveva preannunciato che non avrebbe concesso autorizzazioni ulteriori. Sussiste quindi inadempimento della Pe., per non avere effettuato entro la data del 31.12.2005 i lavori pattuiti; tale inadempimento però non risulta essere colposo ed è stato determinato dal parimenti illegittimo comportamento della controparte che aveva fino a quel momento taciuto della esistenza della controversia in corso, preesistente addirittura, come in avanti si è precisato, alla stessa stipula del contratto locativo.
L’inadempimento della conduttrice, che non ha terminato i lavori che si era impegnata ad eseguire è, quindi, da imputare al parallelo inadempimento della controparte che non ha consentito, attraverso il suo precedente comportamento inadempiente, di ottenere dal Comune ogni autorizzazione necessaria per il completamento dei lavori.
In altri termini, e per precisare che non vi è contraddizione con quanto in precedenza affermato, la locatrice aveva, alla data della stipula del contratto, la disponibilità giuridica e di fatto del bene; a seguito del suo comportamento e della controversia insorta con il Comune, in alcun modo non risolta e nella quale non si è dato modo alla conduttrice di interloquire (la stessa, ad esempio ben poteva essere fatta partecipe, con suo subentro ex art. 1602 c.c. al contratto in essere anche ove il comune fosse rientrato nella disponibilità giuridica dell’immobile) è venuta meno la totale disponibilità del bene da parte della conduttrice che si è vista privata del potere di operare sullo stesso con interventi di ristrutturazione, per essere stati questi negati dall’ente comunale preordinato alla preventiva autorizzazione. Le domande di risoluzione per inadempimento debbono quindi essere respinte essendo emerso l’inadempimento di entrambe le società coinvolte nel rapporto locatizio.
La Ha. chiede, inoltre, la condanna della Pe. S.n.c. alla corresponsione della somma di Euro 8.263,31 a titolo di rimborso dei canoni di locazione dovuti sino alla scadenza del contratto di locazione (c.d. mancato preavviso). La domanda risulta ammissibile sotto il profilo giuridico.
In più occasioni la Suprema Corte ha affermato la compatibilità fra domanda di risoluzione per inadempimento e domanda di accertamento della risoluzione per diniego di rinnovo del contratto.
“La sentenza di accertamento della risoluzione di un contratto ad esecuzione continuata, quale quello di locazione, per recesso unilaterale di una parte, ai sensi dell’art. 1373 cod. civ., o per diniego di rinnovazione alla prima scadenza, ai sensi dell’art. 29 della legge 27 luglio 1978 n. 392, non preclude la pronuncia, in un successivo e distinto giudizio, della sentenza di risoluzione del medesimo contratto per inadempimento anteriormente verificatosi, la cui domanda ha contenuto e presupposti diversi, e tale ultima pronuncia, sebbene di carattere costitutivo, avendo efficacia retroattiva al momento dell’inadempimento (art. 1458 cod. civ.), prevale rispetto alle altre cause di risoluzione del medesimo rapporto contrattuale per la priorità nel tempo dell’operatività dei suoi effetti” (Cass. Civ., sez. III, 20 febbraio 1993, n. 2070).
Ciò premesso, si osserva.
In contratto era stata espressamente prevista la possibilità della conduttrice di recedere in ogni momento dal contratto, con preavviso minimo di mesi 6 dalla scadenza (cfr. art. 2 del contratto).
Nel caso di specie è emerso che in data 26 maggio 2006, e pertanto nei sei mesi antecedenti, scadendo il contratto il 1.1.2007, la Pe. recedeva dal contratto per i seguenti motivi:
“per problemi logistici di spazio, sviluppo aziendale, e produttivo e visti i problemi legati al procedimento in corso tra la ditta Ha. S.n.c. ed il Comune di Roverè della Luna (saputi in parte a mezzo stampa), sui cui noi abbiamo più volte chiesto al sig. Da. chiarimenti e garanzie sul proseguo del contratto in oggetto ma senza ricevere risposta alcuna, ci siamo trovati costretti a cercare soluzioni alternative per tutelare la nostra azienda” (cfr. doc. 5 parte Pe.). La ricorrente chiede, pertanto, la condanna della controparte al pagamento del preavviso.
Alcuna domanda di accertamento della intervenuta risoluzione del contratto per esercizio del detto preavviso, risulta però formulata.
La Suprema Corte precisa che “Il recesso del conduttore produce l’effetto risolutivo della locazione al compimento del prescritto, o concordato, periodo di preavviso e fino a tale termine il conduttore è tenuto a versare i canoni, indipendentemente dal momento di materiale rilascio dell’immobile (eventualmente anche anteriore)” (Cass. Civ., sez. III, 27 aprile 2011, n. 9415).
Ritiene il giudicante di dover esaminare la suddetta domanda pur in assenza di accertamento di domanda di risoluzione.
La ricorrente chiede 4 mesi di preavviso, che quantifica in Euro 8.263,31, pari a Euro 2.065,83 mensili.
La domanda deve essere accolta, essendo emerso che non tutte le mensilità del preavviso sono state versate, avendo la conduttrice versato i canoni solo fino alla data dell’agosto 2006.
Da ultimo, parte ricorrente chiede il versamento dei canoni tutti maturati fino alla data del dicembre 2009, data nella quale questa, a suo dire, sarebbe rientrata nella disponibilità dell’immobile, che sarebbe rimasto fino a quel momento nella disponibilità della controparte.
A sostegno della sua affermazione la ricorrente produce una lettera di data 16.12.2009,, proveniente dalla conduttrice, del seguente tenore: “Con la presente, come d Voi richiesto con lettera pervenutaci in data 15.12.2009, siamo a restituirvi n. 2 chiavi che dopo un’accurata ricerca siamo riusciti a reperire”. Alcun ulteriore elemento di prova viene allegato a supporto della mancata disponibilità del bene fino a quella data, da parte della proprietaria. La Pe. evidenzia che l’immobile era stato liberato il 30 agosto con consegna delle chiavi; che le due chiavi consegnate nel dicembre 2009 altro non erano che due ulteriori copie che venivano reperite solo in tale momento.
Ritiene il giudicante provata la affermazione di parte convenuta per le deduzioni che seguono.
La Pe. ha prodotto missiva, con ricevute di ritorno, inviata il 31 agosto 2006 in cui comunicava che l’immobile era stato sgomberato e che si rimaneva in attesa del sopralluogo congiunto per il controllo, la consegna delle chiavi e la reintestazione delle utenze; tutti i testi escussi hanno confermato che dal settembre 2006 la società si è trasferita a La.
E’ ben vero che le parti non hanno redatto un verbale di riconsegna dell’immobile; è anche vero però che mai alcuna doglianza risulta essere stata formulata in ordine al mancato rilascio dell’immobile, né, ad esempio, viene attivata alcuna azione. Lo stesso legale della Ha., scrivendo alla controparte nel giugno del 2009, si duole della sola violazione degli obblighi di cui all’accordo, senza nulla dedurre in punto indisponibilità del bene.
Da ultimo, a comprova della disponibilità del bene in data antecedente, vi è la stessa perizia redatta dalla Ha., che porta la data del 9 dicembre 2009 (cfr. doc. 6).
Se la Ha. non aveva la disponibilità delle chiavi e non poteva entrare nell’immobile fino al 16 dicembre, ci si chiede come abbia fatto il tecnico della stessa a redigere la sua relazione il 9 dicembre 2009.
Si deve ritenere quindi provata la affermazione di parte Pe. secondo la quale l’immobile verme riconsegnato alla liberazione dello stesso; che nel dicembre 2009 venivano riconsegnate due chiavi, in precedenza non consegnate perché smarrite e rintracciate solo in quel momento.
D’altronde, la giurisprudenza ha precisato che la restituzione dell’immobile non necessariamente debba essere formale. “L’obbligazione di restituzione della cosa locata, gravante sul conduttore a norma dell’art. 1590 cod. civ., deve ritenersi adempiuta mediante la restituzione delle chiavi dell’immobile o con l’incondizionata messa a disposizione del medesimo, senza che sia al riguardo necessaria la redazione di un relativo verbale. (Cass. Civ., sez. III, 17 gennaio 2012, n. 550). Se ne ricava pertanto che la liberazione dell’immobile, il silenzio del locatore per tre anni e mezzo da detta liberazione, e l’invio di due chiavi casualmente ritrovate, non comporta il permanere della disponibilità dell’immobile in capo al conduttore. Deve essere pertanto disattesa la domanda di condanna al pagamento dei canoni e delle indennità di occupazione. Con riferimento alle spese di giudizio, si osserva.
Sono state respinte le domande di parte attrice, con la sola eccezione della domanda di minore entità, legata al pagamento del preavviso; sono state respinte le domande di parte convenuta volte ad affermare la nullità ovvero l’annullamento del rapporto contrattuale, le eccezioni del convenuto relative alla non debenza degli importi richiesti in pagamento sono state accolte. Ritiene equo il giudicante compensare pertanto interamente le spese del giudizio.
P.Q.M
Il Tribunale di Trento, in persona del giudice dott.ssa Simona Caterbi, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa,
respinge le domande di nullità e di annullamento del contratto intercorso in data 8 novembre 2000 fra la Ha. S.n.c. e la Pe. S.n.c. formulate in via riconvenzionale;
respinge la domanda di risoluzione per inadempimento del detto contratto, formulata da parte ricorrente e da parte resistente;
per l’effetto respinge la domanda di condanna della Pe. S.n.c. a risarcimento dei danni da inadempimento contrattuale;
condanna la Pe. a corrispondere alla ricorrente la somma di Euro 8.263,31 a titolo di mancata corresponsione del preavviso;
accerta e dichiara che l’immobile è stato consegnato in data di poco successiva alla sua liberazione; per l’effetto respinge la domanda di condanna al pagamento dei canoni fino al dicembre 2009 e della indennità di occupazione sine titulo.
Compensa fra le parti le spese di giudizio.
Riserva giorni 15 per la stesura della motivazione.
Così deciso in Trento il 19 giugno 2013.
Depositata in Cancelleria il 2 luglio 2013.

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