In tema di appalto, qualora il committente, rilevata l’esistenza di vizi dell’opera, non ne pretenda l’eliminazione diretta da parte dell’esecutore del lavoro, chiedendo, invece, il risarcimento del danno per l’inesatto adempimento, il credito dell’appaltatore per il corrispettivo permane invariato.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 19 giugno – 10 settembre 2013, n. 20707
Presidente Oddo – Relatore Correnti
Fatto e diritto
Con sentenza 1175/01 il Tribunale di Trieste accogliendo l’opposizione proposta dal condominio di via Martiri della Libertà 3 avverso il d.i. 269/98 C del Pretore di Trieste che aveva intimato il pagamento di lire 12.233.177 oltre accessori alla Costruzioni Edili M. di M.L., revocava il d.i. e, accertato l’inadempimento dell’opposta, la condannava al pagamento di lire 17.000.000 per danni oltre accessori, decisione confermata dalla Corte di appello di Trieste, con sentenza 185/06, che richiamava la propria ordinanza istruttoria e la ctu sulla obiettiva carenza dei presupposti perchè i lavori fossero concretamente collaudabili.
Ricorre Costruzioni Edili M. con sei motivi, resiste il condominio.
All’udienza del 20 febbraio 2013 la causa è stata rinviata a nuovo ruolo per il deposito, da parte del condominio, dell’autorizzazione a stare in giudizio, adempimento effettuato.
Col primo motivo si denunziano vizi di motivazione sui difetti delle opere appaltate in relazione a profili specifici indicati.
Col secondo motivo si deducono vizi di motivazione sul tipo di intervento da eseguire.
Col terzo motivo si lamentano vizi di motivazione sull’identificazione delle opere di ripristino e relativi costi.
Col quarto motivo si denunzia violazione degli artt. 1218 e 2697 cc per omesso esame del nesso causale, ossia l’imputazione oggettiva dell’evento all’impresa.
Col quinto motivo si denunzia violazione degli artt. 345 cpc, 1667 e 1668 cc perchè la denunzia dei vizi era riferita a fatti diversi da quelli accertati dal ctu.
Col sesto motivo si lamenta violazione degli artt. 1667 e 1668 cc perché il risarcimento del danno è sanzione ulteriore rispetto all’eliminazione o alla riduzione del prezzo, mentre la Corte di appello ha duplicato l’asserito danno.
Le prime cinque censure non meritano accoglimento riproponendo gli argomenti già oggetto delle precedenti fasi senza superare le logiche deduzioni della sentenza.
I primi cinque motivi propongono un inammissibile riesame del merito che si concreta in tardivi rilievi alla ctu senza superare la logica ed assorbente conclusione della concreta impossibilità di collaudo delle opere, cui l’impresa avrebbe dovuto contrapporre di essersi limitata ad eseguire direttive cogenti.
Comunque sono generici e meramente assertivi (S.U. 20603/2007, 1652872008, Cass. 823/2009, 446/2009, 321/2009, 4309/2003, 24255/2011, 4566/2009) rispetto ad una sentenza che ha richiamato quella di primo grado sulla responsabilità contrattuale dell’appaltatore per vizi, sull’onere della prova a suo carico in ordine alla non imputabilità dell’inadempimento, sull’obbligo di assicurare, stante la stia autonomia, un risultato tecnico conforme alle esigenze del committente (pagine otto e nove), concludendo, pagina quindici, per la obiettiva carenza dei presupposti per il collaudo posto che la ctu aveva riscontrato “lavorazioni contrarie alla regola d’arte in senso specifico, oltre ad una generale esecuzione dei lavori stessi in modo superficiale”.
La sesta censura è fondata.
La Corte di appello ha richiamato la giurisprudenza sul diritto al compenso se l’opera rimanga in qualche modo utilizzabile ed utilizzata (Cass. 7061 del 15.5.2002) per escluderla in base alla ctu ma non ha considerato che in tema di appalto, qualora il committente, rilevata l’esistenza di vizi dell’opera, non ne pretenda l’eliminazione diretta da parte dell’esecutore del lavoro, chiedendo, invece, il risarcimento del danno per l’inesatto adempimento, il credito dell’appaltatore per il corrispettivo permane invariato (Cass. 17.4.2012 n. 6009).
In definitiva vanno rigettati i primi cinque motivi, accolto il sesto con cassazione e rinvio sul punto.
P.Q.M.
La Corte rigetta i primi cinque motivi, accoglie il sesto, cassa sul punto la sentenza e rinvia, anche per spese, ad altra sezione della Corte di appello di Trieste.

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