L’allagamento del negozio per infiltrazioni d’acqua, dovute ad una perdita imputabile al condominio, fa sorgere il diritto al risarcimento del danno per i lavori di ristrutturazione e per la perdita economica dovuta alla chiusura del locale, quest’ultimo determinato in via equitativa dal giudice. Non spetta invece la liquidazione dei maggiori danni da attribuirsi a perdita o insoddisfazione della clientela.

 

Cass. 16 maggio 2013 n. 11968

Ritenuto in fatto

1) La ….s.r.l. otteneva decreto ingiuntivo per L. 39.044.790, oltre Iva e spese legali, a titolo di risarcimento dei danni cagionati ai propri locali, siti nel Condominio di …., da infiltrazioni d’acqua provocate, nel luglio 1993, dalla rottura di una tubatura condominiale. L’ingiunto Condominio di …. proponeva opposizione al provvedimento monitorio, contestandone l’ammontare, e chiamava in causa la compagnia assicuratrice RAS – Riunione Adriatica di Sicurta’ S.p.A., dalla quale pretendeva di essere manlevato di quanto tenuto a pagare alla societa’ ingiungente. Quest’ultima si costituiva in giudizio chiedendo la provvisoria esecuzione del decreto (che veniva concessa), mentre la RAS ne contestava la validita’ per mancanza di prova scritta ed eccepiva che la polizza assicurativa copriva soltanto i danni derivati dalla rottura accidentale della tubatura e non gia’ quelli da stillicidio protrattosi da almeno un anno.
2) La …. s.r.l. intentava, poi, distinto giudizio civile per sentir condannare il Condominio di ….
al risarcimento dei danni (nella misura di lire 6.233.200) asseritamente cagionati dalle anzidette infiltrazioni d’acqua alle cose mobili presenti nei locali di sua proprieta’, nonche’ di quelli patiti (nella misura di L. 49.411.950) per l’interruzione dell’attivita’ commerciale a causa dei lavori di ripristino per inagibilita’ dei locali medesimi. Il Condominio convenuto contestava la fondatezza della domanda e, comunque, chiamava in causa a titolo di manleva la RAS S.p.A., la quale si costituiva in giudizio eccependo l’inoperativita’ della polizza per i danni lamentati dalla societa’ attrice.
3) Riunite le cause, disposta ed espletata consulenza tecnica d’ufficio, assunto a chiarimenti il c.t.u. ed espletata prova testimoniale, il Tribunale di Milano confermava il decreto ingiuntivo opposto, condannava il Condominio di …. all’ulteriore pagamento, a titolo risarcitorio, della somma di Euro 25.841,93 in favore della …. s.r.l., nonche’ la RAS S.p.A. al rimborso in favore del Condominio di Euro 20.624,10.
4) Avverso tale decisione interponeva gravame il Condominio di …., di cui l’appellata ….s.r.l.

contestava la fondatezza; la RAS. S.p.A. proponeva invece appello incidentale, chiedendo di limitare la garanzia in favore del Condominio alla “piu’ ridotta misura corrispondente alla responsabilita’ di quest’ultimo”, come accertata dal c.t.u. e nei limiti di operativita’ della polizza, concernente i soli danni da responsabilita’ civile.
Con sentenza resa pubblica il 24 agosto 2006, la Corte di appello di Milano revocava il decreto ingiuntivo opposto e condannava il Condominio di …. al risarcimento danni in favore della ….s.r.l., ”per la rottura della tubazione condominiale”, nella somma di Euro 13.108,71, oltre al risarcimento” dei danni ulteriori” pari ad Euro 25.841,93; condannava la RAS – Riunione Adriatica di Sicurta’ S.p.A. ”a tenere manlevato e indenne il Condominio di quanto quest’ultimo abbia corrisposto o dovra’ corrispondere alla ….s.r.l. a qualunque titolo in forza della presente decisione”. Per quanto ancora interessa in questa sede, la Corte territoriale ascriveva la verificazione dei danni al seminterrato di proprieta’ della societa’ ….”sia alla rottura della tubazione condominiale sia all’umidita’ ascendente”, quest’ultima causa imputabile alla stessa societa’, per aver essa, a suo tempo, realizzato lavori di ristrutturazione dell’immobile in modo inidoneo, alla stregua di quanto era da evincersi dalla espletata c.t.u. e dalle altre relazioni peritali in atti. Il Condominio era, dunque, tenuto a rispondere della sola rottura della tubazione condominiale, la cui incidenza causale sui danni lamentati dalla societa’ non poteva essere circoscritta al solo 20% indicato dal c.t.u., posto che cio’ contrastava non solo con quanto evidenziato dalle perizie di parte, ma anche con elementi obiettivi, come il sollevamento del pavimento di circa cm. 50 in soli 15 giorni dalla rottura della tubazione, quale fenomeno che non poteva ascriversi all’umidita’ ascendente “che da anni non aveva prodotto sollevamenti, e che comunque non l’ha prodotto nel resto della pavimentazione”. Ai fini della quantificazione dei danni il giudice di secondo grado faceva riferimento” ai lavori effettuati e al loro costo come esposti dall’Ing. G..F.”, incaricato dal Condominio alla verifica dei danni subiti dalla societa’ S.C. Studio,” da cui aveva ricevuto mandato unitamente all’incarico, accettato, di direttore dei lavori”. Quanto, poi, al danno da interruzione dell’attivita’ lavorativa per inagibilita’ totale (per giorni 28) e parziale (per giorni 90 al 20%) dei locali, la Corte territoriale lo riteneva esistente, “stante l’attivita’ commerciale svolta dalla societa’”, ma suscettibile di valutazione equitativa, in forza del fatturato dell’anno 1992 e della relativa dichiarazione dei redditi. Il giudice di appello poneva, poi, a carico della RAS S.p.A. il rimborso di tutte le somme dovute dal Condominio alla societa’ S.C. Studio, senza alcuna riduzione, giacche’ la fattispecie (diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale) era regolata dal settore C della polizza di responsabilita’ civile, “per danno involontariamente cagionato a terzi”, richiamato dall’art. 17 delle condizioni generali di assicurazione, “che non prevede, nella sua regolamentazione, alcuna limitazione quantitativa dell’indennizzo”.
5) Per la cassazione di tale sentenza ricorre la RAS -Riunione Adriatica di Sicurta’ S.p.A., affidando le sorti dell’impugnazione a due articolati motivi, illustrati da memoria. Resistono con controricorso la ….s.r.l., proponendo a sua volta ricorso incidentale sulla base di tre motivi, e il Condominio di …., che ha proposto altresi’ ricorso incidentale sulla base di un unico motivo, al quale resiste con controricorso la ….s.r.l..
Considerato in diritto

1) In forza dell’art. 335 cod. proc. civ., vanno riunite le distinte impugnazioni proposte avverso la medesima sentenza.
2) Con il primo mezzo del ricorso principale della RAS, assistito da quesito ex art. 366-bis cod.

proc. civ., e’ denunciata violazione e falsa applicazione dell’art. 1226 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., nonche’ omessa e/o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, primo comma, n.

5, cod. proc. civ.. Ci si duole del capo di sentenza relativo alla liquidazione, in via equitativa, del danno per interruzione dell’attivita’ lavorativa della societa’ S.C. Studio, confermativo della statuizione di primo grado, censurata con specifico motivo di appello del Condominio, al quale la RAS assume di aver prestato “formale e sostanziale adesione”, con la propria comparsa di costituzione e risposta. In particolare, la ricorrente principale si lamenta unicamente della “palese inadeguatezza e illogicita’ dei criteri adoperati nel procedimento di liquidazione”.

In primo luogo del fatturato della societa’, quale “dato assolutamente neutro al fine di individuare il danno derivato dalla momentanea sospensione dell’attivita’ commerciale”, essendo in esso ricompresi “i costi di produzione” di detta attivita’, che, nel caso di sospensione, non sono sostenuti. Sicche’, il danno avrebbe dovuto essere parametrato “alla redditivita’ dell’attivita’ commerciale”, ma non gia’ come operato dal Tribunale, che aveva confuso “i ricavi col reddito”, siccome “tratto in inganno dal fatto che la controparte ha prodotto il mod. 760 del 1992 e ha dichiarato un fatturato annuo di L. 392.331.000″.
Inoltre, il giudice di appello ha errato nel moltiplicare il preteso “danno giornaliero”, quale frazione del fatturato annuo, per i giorni impiegati per la ristrutturazione, non considerando pero’ che siffatto intervento “e’ stato eseguito anche (e soprattutto) per rimediare ai fenomeni di risalita dell’umidita’, rispetto ai quali il Condominio e’ stato dichiarato esente da ogni responsabilita’”, con conseguente necessita’ di scorporare il tempo necessario per l’esecuzione di detti ultimi lavori.
Ed infine e’ censurata la sentenza impugnata la’ dove ha mancato di considerare la “inidoneita’ di una chiusura limitata al periodo estivo a produrre un danno a carico della societa’”, cosi come emergeva dalle deposizioni testimoniali.

Peraltro, la Corte territoriale avrebbe dovuto tener conto delle risultanze dei bilanci societari relativi agli anni dal 1992 al 1994, che dimostravano l’inesistenza di un decremento del reddito.
3) Con il secondo mezzo dello stesso ricorso, assistito da quesiti ex art. 366-bis cod. proc. civ., e’ prospettata omessa pronuncia su un motivo di appello “costituente error in procedendo e violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c.” e, in subordine, vizio di motivazione ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. La RAS S.p.A. assume di aver censurato la decisione di primo grado la’ dove aveva ravvisato la garanzia di essa compagnia di assicurazioni in favore del Condominio anche per i danni da indisponibilita’ dei locali della societa’ e cio’ in base all’argomento per cui detto danno rientrava nella lettera B delle condizioni di polizza e non era, pertanto, risarcibile perche’ l’assicurazione non era stata stipulata in relazione a tale rischi. Tale eccezione, sostiene la ricorrente principale, non sarebbe stata esaminata dalla Corte territoriale, la quale si sarebbe “limitata, inconferentemente, a motivare” sulla applicabilita’ della polizza ai sensi del suo settore C, che non prevedeva alcuna limitazione quantitativa dell’indennizzo.
4) Con il primo ed unico motivo del ricorso incidentale del Condominio di …., assistito da quesiti ex art. 366-bis cod. proc. civ., e’ denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art.

1226 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, e od. proc. civ., nonche’ omessa e/o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.. Il Condominio contesta la sentenza impugnata anzitutto la’ dove ha ritenuto certo il danno lamentato dalla societa’ per l’inagibilita’ dei locali, posto che i testi escussi avevano evidenziato che tale inagibilita’ vi era stata solo nel mese di agosto, in cui l’attivita’ commerciale era ferma per ferie. Inoltre, la Corte territoriale avrebbe considerato, ai fini della liquidazione del danno, il fatturato della societa’, quale dato inidoneo allo scopo, non tenendo conto poi del fatto che i lavori di ristrutturazione avevano riguardato anche opere di rimedio all’umidita’, per la quale non vi era responsabilita’ del Condominio, e mancando di valutare i bilanci societari, dai quali emergeva l’insussistenza di qualsiasi decremento dei ricavi nell’anno dell’evento dannoso rispetto all’anno precedente e successivo.
5) Il primo mezzo del ricorso della RAS S.p.A. ed il primo ed unico mezzo del ricorso del Condominio di …., che prospettano le medesime doglianze in ordine alla liquidazione equitativa del danno patrimoniale, vanno congiuntamente esaminati, con la precisazione che il mezzo della RAS S.p.A. si presenta, pero’, come motivo di impugnazione incidentale adesiva rispetto a quella del Condominio parte adiuvata, il cui ricorso e’ da intendersi come principale e tale, pertanto, da rendere ammissibile la censura mossa dalla RAS alla sentenza impugnata sotto lo specifico profilo in esame (in tale prospettiva, tra le altre, Cass. 10 agosto 2007, n. 17644).

Cio’ in quanto, alla stregua dell’orientamento prevalente di questa Corte, cui il Collegio intende dare continuita’ (Cass., 16 dicembre 1992, n. 13265; Cass., 18 ottobre 2001, n. 12747; Cass., 13 maggio 2009, n. 11055; Cass., 21 aprile 2010, n. 9439; Cass., 15 marzo 2013, n. 6659), la causa di garanzia impropria e’ scindibile e indipendente rispetto alla causa principale tra attore e convenuto (nella specie, la causa di garanzia impropria tra Condominio e RAS, convenuta in giudizio a titolo di manleva, in base ad un titolo, contrattuale, diverso da quello, extracontrattuale, che fonda la causa principale tra la societa’ ….e lo stesso Condominio), salvo che il chiamato non si sia limitato a contrastare la domanda di manleva, ma abbia contestato anche l’obbligazione principale e cioe’ il titolo del rapporto principale, in quanto antefatto e presupposto della garanzia azionata. Sicche’, realizzandosi in tale ultima ipotesi una situazione di pregiudizialita’-dipendenza tra cause che da luogo a litisconsorzio processuale in fase di impugnazione, il chiamato in garanzia puo’ impugnare autonomamente le statuizioni che attengono all’esistenza, validita’ ed efficacia del rapporto principale in quanto, per l’appunto, presupposto del rapporto subordinato di garanzia, ma non gia’ aspetti ulteriori e diversi relativi allo stesso rapporto principale (come, tra gli altri e in particolare, la liquidazione del danno), rispetto ai quali il vincolo di subordinazione della causa accessoria non determina piu’ l’interdipendenze tra le due cause, che restano scindibili e diverse. Ne consegue che, in tale ultima evenienza, l’impugnazione del chiamato puo’ ritenersi ammissibile solo ove sussista (come nel caso di specie) analoga impugnazione del soccombente nella causa principale, rispetto alla quale si viene, quindi, a configurare come impugnazione adesiva dipendente.
5.1.) Il motivo di censura proposto dal Condominio e’ infondato, per la parte in cui non e’ ammissibile, e, con esso, cade anche il primo mezzo del ricorso della RAS, che e’ adesivo rispetto alla medesima doglianza. La Corte territoriale, con statuizione rimasta esente da censure, ha riconosciuto responsabile il Condominio di ….della rottura della tubazione condominiale (e non gia’ della “umidita’ ascendente” presente nei locali della societa’ attrice), liquidando anzitutto il danno derivato alla ….s.r.l. per la rimessione in pristino stato dell’immobile di sua proprieta’. A tale voce di danno si e’ aggiunta quella per la “interruzione dell’attivita’ lavorativa per inagibilita’ totale (per giorni 28) e parziale (per giorni 90 al 20%) dei locali”, che il giudice di appello ha ritenuto costituire un pregiudizio certo nella sua esistenza, “stante l’attivita’ commerciale svolta dalla societa’”, ma “difficile da provarsi e valutarsi nel suo preciso ammontare”, e dunque, suscettibile di valutazione equitativa. Siffatta valutazione e’ stata operata in base all’esame della “denunzia dei redditi prodotta”, al “fatturato della societa’” ed al “periodo estivo dell’interruzione”, cosi da reputare “equa la richiesta della ….S.r.l. basata su un calcolo matematico (£ 392.331.000 pari al fatturato dell’anno 1992 della societa’: 365 = L. 1.074.825 pari al fatturato giornaliero, x 46 periodo di inagibilita’ = £ 49.441.950)”, senza, altresi’, “contemplare maggiori danni da attribuirsi a perdita o insoddisfazione della clientela”.
La Corte territoriale si e’ quindi attenuta al principio per cui, in sede di liquidazione equitativa del lucro cessante, ai sensi degli artt. 2056 e 1226 cod. civ., cio’ che necessariamente si richiede e’ la prova, anche presuntiva, circa la certezza della sua reale esistenza, prova in difetto della quale non vi e’ spazio per alcuna forma di attribuzione patrimoniale, mentre il giudizio di equita’ attiene solo all’entita’ del pregiudizio medesimo, in considerazione dell’impossibilita’ o della grande difficolta’ di dimostrarne la misura (tra le altre, Cass., 11 maggio 2010, n. 11353; Cass., 29 luglio 2009, n. 17677; Cass., 11 novembre 1996, n. 9835).
Le doglianze dei ricorrenti non sono tali, dunque, da scardinare l’anzidetta complessiva delibazione della Corte territoriale, mancando anzitutto, e decisivamente, di aggredire in modo adeguato l’apprezzamento sulla sussistenza in concreto del danno riconosciuto alla societa’ S.C.

Studio, contestato in base a fatti (chiusura ordinaria dei locali societari nel mese di agosto anche negli anni precedenti all’evento dannoso e inagibilita’ dei locali medesimi esclusivamente per il mese di agosto) che non solo fondano una ricognizione della vicenda alternativa a quella fornita dal giudice del merito, ma che, in parte, sono anche veicolati senza rispettare il principio di specificita’ del ricorso per cassazione, di cui e’ corollario il principio di autosufficienza (e cio’, segnatamente, quanto ai contenuti delle testimonianze evocate, la’ dove, peraltro, la Corte territoriale ha formato il proprio convincimento anche in forza dell’esame dei testi, dando preferenza ad una determinata deposizione). Ne’ sono riscontrabili le dedotte insufficienze o aporie motivazionali in ordine alla valutazione eminentemente equitativa del danno, giacche’ il convincimento del giudice di appello, una volta affermatasi l’esistenza del pregiudizio nella sua concretezza, si fonda su una delibazione complessiva di una pluralita’ di elementi non isolatamente considerati, ma dei quali si da comunque conto nel loro combinarsi, in concorso anche con la prudenziale esclusione del pregiudizio da perdita e/o insoddisfazione della clientela, nonche’ con la ritenuta incidenza attenuata dei danni da “umidita’ ascendente”. Per il resto le censure si risolvono in una non consentita richiesta di rivalutazione delle emergenze processuali al fine di conseguirne una lettura favorevole agli interessati, ma diversa da quella fornita dal giudice di merito, al quale soltanto spetta individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l’attendibilita’ e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge in cui un valore legale e’ assegnato alla prova stessa (tra le altre, Cass., sez. lav., 26 marzo 2010, n.

7394; Cass., sez. lav., 6 marzo 2008, n. 6064).
6) Il secondo mezzo del ricorso della RAS S.p.A. non puo’ trovare accoglimento. La Corte territoriale ha ritenuto sussistente, in capo alla RAS, l’obbligo di tenere indenne il Condominio per tutte le somme da quest’ultimo dovute alla societa’ attrice, senza riduzione alcuna, sul presupposto che la fattispecie che veniva in rilievo era regolata dal settore C della polizza contrattuale di responsabilita’ civile, disciplinante i rapporti tra il Condominio e la compagnia di assicurazione, relativa al “danno involontariamente cagionato a terzi”, richiamato dall’art. 17 delle condizioni generali di assicurazione, “che non prevede, nella sua regolamentazione, alcuna limitazione quantitativa dell’indennizzo”. Sicche’, il giudice di appello ha espressamente deciso in ordine all’ambito di operativita’ della polizza assicurativa, siccome oggetto dell’appello incidentale della RAS, reputando, per l’appunto, che spiegasse effetto un determinato settore della polizza assicurativa (l’anzidetto settore C, concernente la responsabilita’ civile per danni involontariamente cagionati da terzi). Dunque, non e’ apprezzabile alcuna omessa pronuncia da parte della Corte territoriale, ma semmai una determinata esegesi della portata del contratto di assicurazione, pertinente all’esercizio dei poteri del giudice di merito, la quale, di per se’, non viene fatta oggetto della doglianza (posto che nel motivo non si deducono vizi di interpretazione negoziale sulla scorta del malgoverno dei criteri di ermeneutica contrattuale) e che, in ogni caso, avrebbe dovuto essere supportata (come, in realta’, non lo e’) dal complessivo testo contrattuale interpretato, per dar modo a questa Corte di poter valutare, ove effettivamente addotte, le eventuali aporie o carenze della motivazione.
7) Venendo, quindi, al ricorso incidentale della ….s.r.l., con il primo mezzo e’ denunciato vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. in relazione alla quantificazione dei danni. La Corte territoriale, in riferimento alla quantificazione dei danni materiali in favore di essa societa’, avrebbe reso una motivazione insufficiente e contraddittoria la’ dove ha affermato che “erroneamente il Tribunale ha ritenuto responsabile il Condominio dei danni provocati dall’umidita’ ponendoli a carico dello stesso stante la difficolta’ a separare i lavori dovuti all’umidita’ creata dalla fuoriuscita di acqua dalla tubazione rotta da quelli eseguiti a causa dell’umidita’, gia’ presente nei locali”, altresi’ mancando di valutare con attenzione “la relazione tecnica dello Studio STEI (che cita)”. In chiusura del motivo sono precisati i seguenti fatti controversi ai sensi dell’art. 366-bis cod. proc. civ.: “a) il fatto che la Corte d’Appello abbia attribuito al Giudice di Prime Cure una pronunzia che non gli appartiene (ossia …secondo la Corte erroneamente il Tribunale ha ritenuto responsabile il Condominio dei danni provocati dall’umidita’ ponendoli a carico dello stesso stante la difficolta’ a separare i lavori dovuti all’umidita’ creata dalla fuoriuscita di acqua dalla tubazione rotta da quelli eseguiti a causa dell’umidita’, gia’ presente nei locali…pagina 11 della Sentenza di Secondo Grado); b) il fatto che la Corte d’Appello pur avendo citato la relazione della societa’ STEI non ha considerato quanto la stessa riferisce circa la responsabilita’ per l’umidita’ ascendente”.
7.1. – Il motivo e’ inammissibile. Esso, infatti, oltre ad essere assistito da quesiti inidonei rispetto al paradigma legale, di cui all’art. 366-bis cod. proc. civ., applicabile ratione temporis in quanto la sentenza impugnata e’ stata resa pubblica il 24 agosto 2006 (norma che, quanto al vizio di motivazione, richiede l’enucleazione di una sintesi ricostruttiva dalla quale emerga con chiarezza non solo il “fatto controverso”, ma anche le ragioni per le quali la dedotta insufficienza o contraddittorieta’ della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione;

cio’ che, nella specie, e’ carente, unitamente alla complessiva chiarezza dei quesiti stessi), stenta a cogliere la complessiva ratio decidendi della sentenza impugnata, alla muove una doglianza dai contorni opachi. La decisione assunta dalla Corte territoriale non si presta, infatti, ad equivoci nella suddivisione dei pregiudizi imputabili al Condominio, da quelli ad esso non ascrivibili, e nella ripartizione della varie voci di danno oggetto di liquidazione. Sicche’, la doglianza della societa’ ricorrente si sarebbe dovuta semmai appuntare su tale specifico percorso motivazionale, proprio della sentenza oggetto di impugnazione, e non gia’ porre a confronto le pronunce dei due gradi di merito ed aggredire le argomentazioni della decisione di gravame in quanto divergenti da quelle della sentenza di primo grado.
8. Con il secondo mezzo dello stesso ricorso incidentale e’ dedotta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 91 cod. proc. civ., in relazione al pagamento dell’Iva. Sarebbe errata la decisione della Corte territoriale la’ dove ha escluso la corresponsione dell’IVA sulle spese legali liquidate in favore di essa societa’, in quanto imprenditore commerciale, posto che trattasi di somma per cui la societa’ e’ tenuta nei confronti del proprio difensore. Viene quindi formulato il seguente quesito di diritto :”Accerti la Corte se vi e’ stata falsa applicazione dell’art. 91 codice di procedura civile”.
9. Con il terzo mezzo del medesimo ricorso e’ prospettata violazione e falsa applicazione dell’art. 91 cod. proc. civ. e dell’art. 15 d.m. n. 585 del 1994, in riferimento al “rimborso spese generali”. Avrebbe errato la Corte territoriale nel ritenere non dovute ad essa societa’ le spese generali di cui all’art. 15 del citato d.m. sul presupposto che”tali spese, pur se richieste in nota, non sono state liquidate in sentenza e deve escludersi che la condanna alle spese si estenda anche a tale somma non liquidata e non compresa nel titolo”. Tale statuizione sarebbe in evidente contrasto con l’art. 91 cod. proc. civ., che contempla anche il rimborso delle spese generali. Viene quindi formulato il seguente quesito di diritto: “Accerti la Corte se vi e’ stata falsa applicazione dell’art. 91 codice di procedura civile”.
10. Entrambi gli anzidetti motivi (secondo e terzo) sono inammissibili.
Alla luce del “diritto vivente” (tra le tante: Cass., sez. un., 5 febbraio 2008, n. 2658; Cass., 17 luglio 2008, n. 19769; Cass., 30 settembre 2008, n. 24339; Cass., 25 marzo 2009, n. 7197;

Cass., 8 novembre 2010, n. 22704), il quesito di diritto imposto dall’art. 366-bis cod. proc. civ.

va formulato in modo tale da esplicitare una sintesi logico-giuridica della questione, cosi da consentire al giudice di legittimita’ di enunciare una regala iuris suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata; in altri termini, esso deve compendiare: a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito (siccome da questi ritenuti per veri, altrimenti mancando la critica di pertinenza alla ratlo decidendl della sentenza impugnata); b) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie. Sicche’, il quesito non deve risolversi in un’enunciazione di carattere generale e astratto, priva di qualunque indicazione sul tipo della controversia e sulla sua riconducibilita’ alla fattispecie in esame, tale da non consentire alcuna risposta utile a definire la causa nel senso voluto dal ricorrente, non potendosi altresi’ desumere il quesito stesso dal contenuto del motivo o integrare il primo con il secondo, pena la sostanziale abrogazione del suddetto articolo (Cass., sez. un., 11 marzo 2008, n. 6420). Cio’ in quanto il quesito di diritto, congegnato in una prospettiva volta a riaffermare la cultura del processo di legittimita’, risponde, al tempo stesso, all’esigenza dello ius litigatoris – e cioe’ di soddisfare l’interesse del ricorrente ad una decisione della lite diversa da quella cui e’ pervenuta la sentenza impugnata – e della funzione nomofilattica assegnata alla Corte di Cassazione, cosi’ da rappresentare, quindi, il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico generale, risultando altrimenti inadeguata, e quindi non ammissibile, l’investitura stessa del giudice di legittimita’ (cosi’ Cass., 9 maggio 2008, n.

11535). Tanto premesso, risulta di tutta evidenza come i quesiti di diritto presenti nei motivi di ricorso in esame non rispondano ai requisiti e criteri anzidetti, risolvendosi in una mera richiesta di verifica sulla eventuale esistenza di un errore di diritto formulata in modo apodittico, senza aggancio alcuno alla fattispecie controversa, ne’ alla decisione resa dalla sentenza impugnata.
11. Vanno, dunque, rigettati i ricorsi della RAS e del Condominio di …., mentre va dichiarato inammissibile quello della societa’ ….s.r.l.. In ragione della reciproca soccombenza, le spese del presente giudizio di legittimita’ devono essere interamente compensate tra tutte le parti.
P.Q.M.

 

La Corte riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso della RAS – Riunione Adriatica di Sicurta’ S.p.A., nonche’ quello del Condominio di ….e dichiara inammissibile il ricorso della ….s.r.l., compensando le spese di lite.

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