I gravi difetti di costruzione che danno luogo alla garanzia prevista dall’art. 1669 c.c. non si identificano necessariamente con vizi influenti sulla staticità dell’edificio, ma possono consistere in qualsiasi alterazione incidente sulla struttura e sulla Funzionalità dell’edificio, menomandone il godimento in misura apprezzabile. In particolare, l’incidenza negativa dei difetti costruttivi inclusi nell’art. 1669 c.c. può consistere, in particolare, in una qualsiasi alterazione, conseguente ad un’insoddisfacente realizzazione dell’opera, che, pur non riguardando parti essenziali della stessa (e perciò non determinandone la “rovina” od il “pericolo di rovina”), bensì quegli elementi accessori o secondari che ne consentono l’impiego duraturo cui è destinata (quali, ad esempio, le condutture di adduzione idrica, i rivestimenti, l’impianto di riscaldamento, la canna fumaria), incida negativamente ed in modo considerevole sul godimento dell’immobile medesimo. L’interpretazione della norma si è spinta fino a considerare rientranti nella nozione di gravi difetti anche le infiltrazioni d’acqua determinate da carenze d’impermeabilizzazione e da inidonea realizzazione degli infissi, difetti che, senza richiedere opere di manutenzione straordinaria, possono essere eliminati solo con gli interventi di manutenzione ordinaria indicati dalla lettera a dell’art. 31 della L. 5/8/1978 n. 457 e cioè con “opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici” o con “opere necessarie per integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti”.

 

Corte di Cassazione, Sezione 2 civile – Sentenza 11 giugno 2013, n. 14650

EPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FELICETTI Francesco – Presidente

Dott. PROTO Cesare Antonio – Consigliere

Dott. MANNA Felice – rel. Consigliere

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3582/2007 proposto da:

(OMISSIS), nella qualita’ di Amm.re p.t. del Condominio (OMISSIS) (OMISSIS) elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) SCARL (OMISSIS) in persona del legale rappresentante pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 225/2006 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 26/01/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/02/2013 dal Consigliere Dott. FELICE MANNA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Libertino Alberto, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il condominio (OMISSIS), posto in (OMISSIS), conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di S. Maria Capua Vetere, sezione distaccata di Caserta, il (OMISSIS) soc. coop. a r.l., costruttore dell’edificio condominiale, per sentirlo condannare all’eliminazione di difetti dell’opera, consistenti in effetti di condensa e in infiltrazioni di umidita’, ovvero al pagamento della somma necessaria allo scopo, oltre al risarcimento dei danni.

Il (OMISSIS) nel resistere in giudizio eccepiva la decadenza del condominio dall’azione, essendo decorso il termine entro cui denunciare i vizi dell’opera ai sensi dell’art. 1667 c.c..

Il Tribunale accoglieva la domanda, riqualificandola ai sensi dell’art. 1669 c.c., e condannava il Consorzio al pagamento della somma di Euro 71.287,90.

Tale decisione era ribaltata dalla Corte d’appello di Napoli, con sentenza n. 225 del 26.1.2006. Riteneva la Corte territoriale che l’azione proposta ai sensi dell’art. 1667 c.c., poteva essere riqualificata sub art. 1669 c.c., solo ove fondata su difetti costruttivi cosi’ gravi da incidere sulle componenti essenziali dell’opera, tali, cioe’, da influire su tutti quegli elementi che devono essere presenti affinche’ l’opera stessa possa fornire la normale sua utilita’ in rapporto alla sua funzione pratico-economica.

Nello specifico, osservava la Corte partenopea, erano emerse infiltrazioni in corrispondenza degli infissi, a causa di una non perfetta loro sigillatura, con distacco dell’intonaco circostante, nonche’, ma solo in taluni appartamenti, fenomeni di condensazione dovuti a ponti termici e generati dalla composizione non omogenea della parete esterna, che lasciava passare piu’ o meno calore a seconda che vi fosse del cemento o del semplice laterizio, con la conseguente formazione di vistose macchie di umidita’ lungo le pareti degli appartamenti e in corrispondenza degli elementi strutturali verticali (pilastri) e orizzontali (travi) in cemento armato. Riteneva, quindi, che tali fenomeni di condensa non fossero, pero’, riconducibili solo ed esclusivamente ad un inadeguato isolamento termico, dovendosi ricollegare anche all’uso improprio degli alloggi, visto che il problema in questione non si era verificato con pari intensita’ in tutte le unita’ abitative aventi la medesima esposizione e verticalita’. Tale circostanza escludeva la configurabilita’ di un grave difetto dell’edificio ai sensi dell’art. 1669 c.c., configurabile solo nel caso di difetti decisivi, o almeno molto rilevanti, nel determinare l’inidoneita’ del bene all’uso suo proprio, in modo da escludere con assoluta certezza l’ipotesi che tale inidoneita’ non si sarebbe verificata in mancanza di cause concorrenti, quali l’uso non corretto del bene.

La Corte territoriale manifestava analoghe perplessita’ in merito alle infiltrazioni in corrispondenza degli infissi, poiche’ una banalissima applicazione di silicone sui controtelai ben avrebbe potuto impedire il distacco dell’intonaco circostante.

Esclusa, dunque, la riconducibilita’ della fattispecie alla previsione dell’art. 1669 c.c., rilevava la tardiva denuncia dei vizi, oltre il termine di 60 gg. previsto dall’art. 1667 c.c., comma 2, e con essa la fondatezza dell’eccezione di decadenza dall’azione, sollevata dal Consorzio.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre il condominio (OMISSIS), formulando tre mezzi d’annullamento.

Il (OMISSIS) soc coop. a r.l. e’ rimasto intimato.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con i tre motivi d’impugnazione (corredati da quesiti di diritto sovrabbondanti, non applicandosi ratione temporis l’art. 366 bis c.p.c.) e’ dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1669 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Sostiene parte ricorrente che il difetto di costruzione che a norma dell’art. 1669 c.c., legittima l’esercizio dell’azione extracontrattuale nei confronti dell’appaltatore, puo’ consistere in qualsiasi alterazione conseguente ad un’insufficiente realizzazione dell’opera che, pur non riguardando parti essenziali di essa, ma elementi accessori o secondari, incida negativamente e in modo considerevole sul godimento dell’immobile. Fra tali alterazioni devono ritenersi incluse quelle che riguardano le infiltrazioni di acqua e di umidita’, i fenomeni di condensa e il difetto di coibentazione termica delle strutture perimetrali dell’edificio e la non sigillatura degli infissi.

2. – I tre motivi, da esaminare congiuntamente, appaiono fondati.

2.1. – Costituisce ius receptum nella giurisprudenza di questa Corte che i gravi difetti di costruzione che danno luogo alla garanzia prevista dall’art. 1669 c.c. non si identificano necessariamente con vizi influenti sulla staticita’ dell’edificio, ma possono consistere in qualsiasi alterazione incidente sulla struttura e sulla funzionalita’ dell’edificio, menomandone il godimento in misura apprezzabile (cfr. tra le piu’ recenti, Cass. nn. 84/13, 2238/12 e 3752/07).

L’incidenza negativa dei difetti costruttivi inclusi nell’art. 1669 c.c., puo’ consistere, in particolare, in una qualsiasi alterazione, conseguente ad un’insoddisfacente realizzazione dell’opera, che, pur non riguardando parti essenziali della stessa (e percio’ non determinandone la “rovina” od il “pericolo di rovina”), bensi’ quegli elementi accessori o secondari che ne consentono l’impiego duraturo cui e’ destinata (quali, ad esempio, le condutture di adduzione idrica, i rivestimenti, l’impianto di riscaldamento, la canna fumaria), incida negativamente ed in modo considerevole sul godimento dell’immobile medesimo (cosi’, Cass. n. 11740/03, pronunciata in un caso di difettosa impermeabilizzazione del manto di copertura dell’edificio con relativi problemi di infiltrazione).

Infine, l’interpretazione di detta norma si e’ spinta fino a considerare rientranti nella nozione di gravi difetti anche le infiltrazioni d’acqua determinate da carenze d’impermeabilizzazione (Cass. nn. 11740/03, 117/00 e 2260/98) e da inidonea realizzazione degli infissi (Cass. nn. 8140/04 e 1164/95), difetti che, senza richiedere opere di manutenzione straordinaria, possono essere eliminati solo con gli interventi di manutenzione ordinaria indicati dalla L. 5 agosto 1978, n. 457, art. 31, lett. a, e cioe’ con “opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici” o con “opere necessarie per integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti” (cosi’, Cass. n. 1164/95).

2.2. – Nell’escludere la rilevanza ex art. 1669 c.c., dei difetti in questione, la sentenza impugnata non ha correttamente applicato la norma. E cio’ per almeno tre ragioni.

La Corte territoriale, infatti, a) ha ritenuto che la fattispecie ipotetica dell’art. 1669 c.c., fosse integrata solo in presenza di difetti decisivi, o almeno molto rilevanti, tali da rendere l’immobile inidoneo all’uso suo proprio, mentre, in base all’elaborazione giurisprudenziale sopra premessa e’ sufficiente un apprezzabile pregiudizio al normale godimento del bene; b) accertati dei fenomeni di condensazione dovuti a ponti termici e generati dalla composizione non omogenea della parete esterna, non ha tratto da cio’ la dovuta conseguenza, ossia che le alterazioni del giusto tasso di umidita’ interna incidono in maniera immediata e diretta sulla salubrita’ degli ambienti, la quale, a sua volta, costituisce un parametro primario per valutare l’idoneita’ del bene alla destinazione abitativa; e c) ha banalizzato le infiltrazioni d’acqua dovute alla carente realizzazione degli infissi, imponendo all’utilizzatore del bene l’onere di porvi rimedio sigillando le fessure con del silicone, senza considerare che la riscontrata carenza e l’ipotizzata soluzione posticcia confermano, e non gia’ escludono, il vizio costruttivo.

2.2.1. – Ne’ ha rilievo il fatto che i giudici d’appello abbiano depotenziato l’incidenza dei fenomeni di condensazione ascrivendoli ad un concorrente difetto di aerazione dei locali. In disparte il fatto che dalla sentenza impugnata non risulta quale dato istruttorio autorizzi siffatta conclusione, che pertanto appare frutto di una congettura arbitraria, deve rimarcarsi che nel vigente sistema di equivalenza causale ciascuna condizione adeguata alla produzione di un evento ne e’ causa. Di riflesso l’ipotizzata causa concorrente non esclude il nesso eziologico fra il grave difetto e l’attivita’ del costruttore, il quale e’ chiamato a risponderne.

3. – In conclusione, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Napoli, che nel decidere il merito si atterra’ ai principi di diritto sopra esposti e provvedera’, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 3, anche sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Napoli, che provvedera’ anche sulle spese di cassazione.

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