Non sussistono gli estremi atti ad integrare il delitto di interferenze illecite nella vita privata (art. 615 bis cod. pen.) nel caso in cui un soggetto effettui riprese dell’area condominiale destinata a parcheggio e del relativo ingresso, trattandosi di luoghi destinati all’uso di un numero indeterminato di persone e, pertanto, esclusi dalla tutela di cui all’art. 615 bis cod. pen., la quale concerne, sia che si tratti di “domicilio”, di “privata dimora” o “appartenenze di essi”, una particolare relazione del soggetto con l’ambiente in cui egli vive la sua vita privata, in modo da sottrarla ad ingerenze esterne indipendentemente dalla sua presenza.
Cassazione Civile, Sezione Seconda, Sentenza 03-01-2013, n. 71
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Svolgimento del processo
L’A. – Associazione (…) ha proposto ricorso per cassazione, basato su due articolati motivi, avverso la sentenza del Giudice di Pace di Catanzaro del 6 ottobre 2005, con la quale, in accoglimento della domanda proposta dall’avv. C.F. , la ricorrente era stata condannata al pagamento, in favore dell’attore, della somma di Euro 241,11, oltre interessi legali dalla domanda al soddisfo, nonché alle spese di lite, a titolo di quota di rimborso di spese anticipate dal C. quale condomino, per l’installazione, in via d’urgenza, di una telecamera a circuito chiuso con video-registratore semestrale, al fine di scoraggiare azioni di danneggiamento, ulteriori rispetto a quelle denunciate al Questore di Catanzaro da alcuni condomini in data 3 giugno 2004. C.F. ha resistito con controricorso.
Il controricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ.
Motivi della decisione
1. Al ricorso in esame non si applica il disposto di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ. – inserito nel codice di rito dall’art. 6 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 ed abrogato dall’art. 47, comma 1, lett. d) della legge 18 giugno 2009, n. 69 in considerazione della data di pubblicazione della sentenza impugnata (6 ottobre 2005), pur se la parte ricorrente ha, comunque, formulato, quattro quesiti di diritto
2. Con il primo motivo, denunciando violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1134 cod. civ. la ricorrente assume che, alla luce della disposizione di cui all’art. 1134 cod. civ., nel nostro ordinamento vige il principio che, in tema di condominio, le spese relative alle parti comuni devono essere autorizzate dall’assemblea o dall’amministratore e, in mancanza di dette autorizzazioni, la spesa sostenuta dal singolo condomino non può essere rimborsata, salvo si tratti di spesa urgente; affinché la spesa abbia i caratteri dell’urgenza ex art. 1134 cod. civ. e affinché, quindi, ne possa essere richiesto il rimborso e necessario che non vi sia il tempo necessario per far deliberare l’assemblea; nella specie il C. avrebbe sostenuto la spesa in parola, non necessaria, non urgente né pertinente, senza aver dimostrato l’impossibilità che sulla stessa decidesse l’assemblea, essendovi, peraltro, il tempo a ciò necessario né ostandovi la mancanza di un amministratore del condominio, in quanto ben avrebbe potuto il C. convocare l’assemblea ex art. 66 disp. att. cod. civ.; il C. autonomamente avrebbe deciso di sostenere la spesa de qua installando una illecita e illegittima telecamera, in tal modo esautorando l’assemblea e impedendo alla stessa di discutere e valutare la questione; la spesa affrontata non avrebbe alcuna pertinenza logica e diretta con i presunti danneggiamenti; con la installazione della telecamera il C. procederebbe, senza alcuna preventiva autorizzazione del Garante e senza il consenso dei soggetti, le cui immagini e i cui dati vengono trattati, alla raccolta, alla visione e al controllo delle persone – tra cui il presidente, i dipendenti e gli associati dell’associazione ricorrente, avente sede nello stabile condominiale di cui si discute -, dei loro dati e delle loro abitudini; l’installazione della telecamera violerebbe l’art. 615 bis cod. pen.; la decisione di installare la telecamera in questione non sarebbe stata neppure ex post confermata o ratificata dall’assemblea.
3. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta omessa insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Assume l’A. – Associazione (…) che la sentenza impugnata va cassata perché priva di motivazione in relazione alle ragioni in fatto e in diritto che hanno condotto il Giudice di pace ad adottare la decisione, essendosi questi limitato ad aderire supinamente alla domanda attorea; in particolare, mancherebbe ogni motivazione in relazione all’illegittima omessa convocazione dell’assemblea, alla congruità e pertinenza logica tra la presunta urgenza e la spesa sostenuta per l’installazione della telecamera nonché alla prospettata violazione della riservatezza e della privacy dell’associazione ricorrente dei suoi dipendenti e associati e comunque delle altre persone ignare della telecamere e non consenzienti alle riprese; neppure vi sarebbe motivazione in relazione alla mancata preventiva autorizzazione dell’assemblea condominiale alla spesa né alla sua convalida o ratifica o conferma ex post da parte della medesima assemblea.
4. Entrambi i motivi vanno disattesi.
4.1. Ed invero, le sentenze del giudice di pace, pronunciate secondo equità in controversie di valore non eccedente i millecento Euro e soggette “ratione temporis” al regime impugnatorio antecedente a quello di cui al d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 – come quella all’esame – sono ricorribili in cassazione per violazione delle norme processuali, delle norme della Costituzione e di quelle comunitarie, nonché per violazione dei principi informatori della materia e per nullità attinente alla motivazione, che sia assolutamente mancante o apparente, o fondata su affermazioni in radicale ed insanabile contrasto.
4.2. In particolare le predette sentenze sono impugnabili con ricorso per cassazione per violazione di norme di diritto, ai sensi dell’art. 360 n. 3, cod. proc. civ. – alla luce della sentenza n. 206 del 2004 della Corte costituzionale – soltanto in relazione ai principi informatori della materia, e cioè di principi ai quali si é ispirato il legislatore nel dettare una determinata disciplina della materia (v., in motivazione, Cass. 14 luglio 2011, n. 15460; Cass. 18 giugno 2008, n. 16545), restando, invece, preclusa la denunzia di violazione di specifiche norme di diritto sostanziale (v. Cass. sez. un. 14 gennaio 2009, n. 564); ne consegue che costituisce onere del ricorrente (Cass. 22 febbraio 2011, n, 4282; Cass. 23 maggio 2006, n. 12147 e Cass. 10 gennaio 2007, n. 284) indicare chiaramente quali siano i principi informatori che si assumono disattesi, a pena di inammissibilità del ricorso.
4.3. Nella specie il ricorrente, con il primo motivo, pur facendo genericamente riferimento ad un principio del nostro ordinamento in tema di spese condominiali, ha, in concreto, lamentato a tale riguardo la sola violazione della norma di cui all’art. 1134 cod. civ., dolendosi della non ricorrenza, nella specie, dei presupposti per l’anticipazione e la rimborsabilità di spese condominiali, senza peraltro neppure dedurre come la regola equitativa individuata dal giudice di pace si ponga in contrasto con il predetto principio; né peraltro allega – come era suo onere – che il supposto principio desunto dall’art. 1134 cod. civ. sia anche un principio informatore della materia né tanto é allegato in relazione al pur invocato principio di tutela di riservatezza e della privacy (v. Cass. 29 aprile 2010, n. 10371 Cass. 22 giugno 2005, n. 13377; Cass., ord. 15 aprile 2005, n. 7872).
A quanto precede deve aggiungersi che, secondo il costante orientamento di questa Corte, non sussistono gli estremi atti ad integrare il delitto di interferenze illecite nella vita privata (art. 615 bis cod. pen.) nel caso in cui un soggetto effettui riprese dell’area condominiale destinata a parcheggio e del relativo ingresso, trattandosi di luoghi destinati all’uso di un numero indeterminato di persone e, pertanto, esclusi dalla tutela di cui all’art. 615 bis cod. pen., la quale concerne, sia che si tratti di “domicilio”, di “privata dimora” o “appartenenze di essi”, una particolare relazione del soggetto con l’ambiente in cui egli vive la sua vita privata, in modo da sottrarla ad ingerenze esterne indipendentemente dalla sua presenza (v. Cass., pen., 29 ottobre 2008, n. 44701).
4.4. Il primo motivo va, pertanto, dichiarato inammissibile.
4.5. Quanto ai lamentati vizi motivazionali, va anzitutto precisato che, pur avendo indicato nella rubrica del secondo motivo “omessa insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio”, il ricorrente nell’illustrazione del motivo all’esame ha censurato la sentenza impugnata solo per omessa motivazione in ordine ai fatti controversi. In realtà, la sentenza di merito risulta motivata e all’evidenza non trattasi di motivazione apparente, in relazione ai profili evidenziati, risultando gli stessi comunque esaminati dal primo giudice, avendo il predetto giudice ritenuto sussistente la necessità e l’urgenza di procedere all’installazione della telecamera ed evidenziato che tutti i condomini hanno provveduto al pagamento di quanto dovuto per tale installazione, ad eccezione della ricorrente, e che l’apparecchiatura in parola é stata installata con angolazione ristretta all’apparecchiatura di apertura del cancello, con ciò implicitamente escludendo la lamentata violazione di privacy.
4.6. Il secondo motivo va, pertanto, disatteso.
5. Il ricorso deve essere, quindi, rigettato.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente alle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 800,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
Depositata in Cancelleria il 03.01.2013