Il diritto di far protendere i rami degli alberi del proprio fondo in quello del vicino confinante non può essere acquistato per usucapione, in considerazione dell’art. 896 c.c. che riconosce al proprietario del fondo su cui essi protendono il potere di costringere il vicino a tagliarli in qualunque tempo. Alla luce di ciò, deve essere accolta, come verificatosi nel caso concreto, la domanda di condanna della parte convenuta a recidere i rami degli alberi che si protendono sulla proprietà attorea, laddove sia stato accertato che tali rami, effettivamente, invadono la proprietà di parte attrice, in assenza di norme che dispongano altrimenti.

 

 

Tribunale Monza, civile – Sentenza 3 gennaio 2013, n. 89

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI MONZA

SEZIONE CIVILE

Il Tribunale di Monza, in persona del Giudice dott.ssa Ilaria Bertolozzi, in funzione di Giudice Unico, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile RG n. 14364/2008 pendente

Tra

Sa.Ri. e Te.Po., rappresentate e difese dall’Avv. Ma.Sa. ed elettivamente domiciliate presso il suo studio in Brugherio, viale (…)

– attrici –

E

Cl.Zu., rappresentata e difesa dall’avv. An.Zi. ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Monza, via (…)

– convenuta –

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

Sa.Ri. e Te.Po. hanno citato avanti al Tribunale di Monza Cl.Zu. deducendo: di essere comproprietarie di una villetta e di due box in Brugherio confinanti con la proprietà della convenuta; che sul terreno della convenuta, in prossimità del confine con la proprietà attorea, si trovano due Ce.De. (comunemente detti pini) di cui uno a distanza inferiore a quella legale; che gli alberi protendono i rami in orizzontale sul manto di copertura dei due box; che già in passato detti rami avevano cagionato danni alla copertura dei box; che infatti il Giudice di pace di Monza con sentenza n. 917/00 aveva condannato la convenuta a pagare alle attrici la somma di Lire 1.200,000 a titolo di risarcimento; che quindi nel maggio 2003 le attrici provvedevano al rifacimento della copertura; che nonostante tali opere di ripristino gli aghi e la resina che cadono quotidianamente sulla proprietà delle attrici hanno provocato nuovi danni, tanto ai box che all’abitazione delle attrici, consistenti nel: rigonfiamento e successivo distacco dell’intonaco sotto il canale di scarico dei box; rigonfiamento e distacco dell’intonaco all’interno del box, ammaloramento del pluviale sopra la cucina, del rivestimento esterno dell’abitazione e comparsa di muffe all’interno della cucina, corrosione delle basculanti dei box, danneggiamento del lastricato avanti all’ingresso dei box, reso sdrucciolevole e pericoloso; che tali danni ammontano a complessivi Euro 7.322,00 oltre Iva, come da fattura e preventivi in atti, di cui: Euro 480,00 per pulizia gronde intasate da aghi di pino, trasporto e noleggio piattaforma, Euro 2.600,00 per due porte basculanti, Euro 707,00 per rimozione e sostituzione canale di gronda, Euro 3.535,00 per lavori di muratura e impermeabilizzazione; che nell’ottobre 2008 le attrici richiedevano invano alla convenuta il risarcimento dei danni cagionati dagli alberi di sua proprietà; che solo in data 15 ottobre 2008 la convenuta provvedeva alla potatura del Ce., peraltro parziale, tardiva e comunque inidonea ad impedire in futuro ulteriori danni.

Le attrici concludevano quindi chiedendo la condanna della convenuta al risarcimento dei danni nella somma di Euro 7.322,00 oltre Iva, interessi e rivalutazione monetaria, o nella maggiore o minor somma accertata in corso di causa, previo accertamento del fatto che i rami degli alberi di proprietà della convenuta si protendevano fino al 15 ottobre 2008 sulla proprietà attorea e previo accertamento dei danni subiti. Chiedevano, inoltre, previo accertamento che i rami dei Ce.De. continuano a protendersi sulla proprietà attorea, la condanna della convenuta a recidere detti rami.

Cl.Zu. si costituiva depositando comparsa di costituzione e risposta con cui deduceva: che nella sentenza n. 917/2000 il Giudice di pace di Monza aveva rigettato la richiesta avversaria di condanna all’estirpazione della pianta di Ce.De. essendosi usucapito il diritto a tenere detta pianta a meno di tre metri dalla proprietà delle signore Ri. e Pozzoli; che in due occasioni nel 2008 la convenuta aveva depositato istanza ex art. 322 c.p.c. per tentare la conciliazione con le attrici, ma tali tentativi non sortivano effetto; che le attrici non permettevano alla convenuta e ai suoi operai di entrare nella loro proprietà al fine di rimuovere gli aghi di pino; che la caduta delle foglie e così degli aghi di pino era un evento naturale che quindi non poteva essere fonte di responsabilità in capo al proprietario della pianta; che è il soggetto danneggiato che deve provvedere alla pulizia dell’immobile; che la convenuta aveva provveduto nel 2003 e nel 2008 alla regolare potatura delle piante sino al limite della recinzione della proprietà della sig.ra Zu.; che la potatura era stata eseguita con le cadenze suggerite dal tecnico agronomo sig. Ch. per evitare nocumento alle piante; che comunque occasionalmente la convenuta dava incarico ad un proprio operaio di dare una “risistemata” ai rami che dovessero essere eccessivamente cresciuti; che la facciata e i pluviali dell’abitazione delle attrici erano ben distanti dalle piante di cui si tratta; che comunque i danni liquidabili erano solo quelli verificatisi in data successiva al 2000, tenendo conto della sentenza del Giudice di pace di Monza e non potendosi risarcire due volte lo stesso danno; che anche i fatti lesivi verificatisi tra il 2000 e il 2003 non erano imputabili alla Zu., per aver tardato le attrici ad eseguire le opere necessarie a riparare i danni per cui erano state risarcite; che la causa dei danni poteva essere rinvenuta nella mancanza in 30 anni di opere di manutenzione sulla loro, proprietà da parte delle attrici o nelle altre piante esistenti sia nella proprietà attorea che negli altri giardini confinanti con detta proprietà o nella non corretta esecuzione delle opere di impermeabilizzazione eseguite nel 2003 sulla copertura dei box. Concludeva quindi per la reiezione di tutte le domande attoree.

La causa veniva istruita mediante interrogatori formali, escussioni di testi e CTU, quindi trattenuta in decisione all’udienza del 13 luglio 2012 con termini di legge per conclusionali e repliche, previa precisazione delle conclusioni delle parti come sopra riportate. La pretesa attorea è fondata solo in parte.

Premesso che l’orientamento giurisprudenziale indicato da parte convenuta non appare condivisibile essendo indubitabile che “per quanto attiene il tema della proprietà immobiliare vige la regola del “neminem laedere”, consacrata dall’art. 2043 c.c., secondo cui il vicino ha diritto ad essere risarcito del danno ingiusto, (fattispecie avente ad oggetto la caduta di foglie in quantità dall’albero del fondo confinante che avevano intasato la grondaia e i tombini della proprietà contigua)” (Cass. n. 1260/2008) si osserva, però, che la CTU espletata dal Geom. Gi.Co. non ha confermato quanto asserito dalle attrici.

Quanto ai box, il CTU non ha rilevato danni alla copertura “se non la presenza in superficie di alcuni aghi” (rel. CTU pag. 8). Ha rilevato l’esistenza di “macchiature a conformazione tondeggiante di colore scuro, con distacco di plurime cialde della tinteggiatura ed erosioni dell’intonaco” (pag. 9) quanto al c.d. sottogronda, precisando che “Al tatto e con verifica strumentale (igrometro elettronico) i valori di umidità sono del tutto trascurabili” (ancora pag. 9). Inoltre all’interno ha rilevato “macchiature ed erosioni della tinteggiatura e dell’intonaco ma con presenza di umidità dovuta con ogni probabilità al cattivo stato della corrispondente muratura esterna e rasatura con profonde fessurazioni e distacchi” (ancora pag. 9).

Quanto alle basculanti dei box, il CTU ha rilevato la marciscenza delle lamiere nella parte bassa attribuendone, però, la causa alla pioggia e al contatto con il terreno, assoggettato a variazioni di valori di umidità e temperatura, nonché alla loro vetustà (30 anni).

Quanto alla pavimentazione esterna, ne ha rilevato il buono stato manutentivo e l’inesistenza di danneggiamenti.

Quanto all’abitazione attorca, non ha rilevato alcun danno all’intonaco né muffe in cucina. Ha precisato l’impossibilità di ispezionare il pluviale: “Da notare come al piede di tale elemento in pvc non insista alcun pozzetto d’ispezione che sembra direttamente collegato (sotto pavimento) al sistema di smaltimento, di sconosciuto percorso” (pag. 10). Ha comunque osservato che la distanza di almeno 10 mt. dalla parete al confine renda “ridotte le possibilità di intasare la grondaia a copertura del balcone, capace poi di occludere la precitata colonna pluviale, favorendone lo sversamento nella parte alta” (ancora pag. 10).

Il CTU ha inoltre precisato: “Si puntualizza che le negatività riscontrate sono datate ed antecedenti alla realizzazione da parte dell’It. del nuovo manto di copertura” (pag. 11). Ne discende quindi che i danni lamentati o non esistono (danni alla copertura dei box, all’abitazione attorea e al lastricato prospiciente l’ingresso dei box) o dipendono da cause diverse dalla caduta degli aghi di pino (basculanti, parete interna al box) oppure, infine, essendo comunque precedenti alla realizzazione del nuovo manto di copertura, avvenuta nel 2003 (danni al sottogronda del box), non sono risarcibili.

Si osserva, infatti, che ove tali danni siano precedenti all’anno 2000 (in cui è stato introdotto e deciso il giudizio avanti al Giudice di pace di Monza conclusosi con la sentenza n. 917/00) non possono trovare ingresso nel presente giudizio per danni, in ragione del principio del ne bis in idem. Se invece si fossero prodotti nel periodo 2000/2003 non possono ugualmente essere risarciti, tenuto conto del fatto che le attrici hanno atteso tre anni prima di rifare la copertura danneggiata dei box per cui nel 2000 avevano ottenuto dal Giudice di pace un risarcimento per equivalente (pari a Lire 1.200.000) e che: “Il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza” (art. 1227 c.c. II comma).

Le attrici obiettano che il CTU non ha considerato che lo stato dei luoghi all’inizio delle operazioni peritali era diverso da quello esistente nel 2008, quando la causa è stata iniziata, e che l’affermazione secondo cui i danni sotto la copertura dei box sarebbero antecedenti al ripristino della copertura dei box stessi, avvenuto nel 2003, sarebbe azzardata e immotivata. Si osserva che le attrici non hanno provato di aver ripulito il lastricato o di aver riverniciato l’interno dei box prima dell’inizio delle operazioni peritali. E comunque, volendo “fotografare” e così “congelare” lo stato dei luoghi al 2008, dovevano richiedere un’a.t.p. Quanto alla vetustà dei danni al sottogronda dei box, emerge dal colore scuro delle macchie e dalla mancanza di umidità, entrambi rilevati dal CTU.

Non sono quindi dovute le somme richieste dalle attrici a titolo di risarcimento del danno pari a Euro 2.600,00 per la posa di due nuove basculanti, a Euro 707,00 per rimozione e sostituzione del canale di gronda, a Euro 3.535,00 per lavori di muratura ed impermeabilizzazione. Un discorso a parte merita poi la somma di Euro 480,00, richiesta per lavori di pulizia gronde, trasporto e noleggio piattaforma, come da fattura n. 23 del 23 agosto 2008 della “La.”. Dall’esame testimoniale è infatti emerso che tali lavori di pulizia non avevano riguardato il tetto e il canale di scolo dei box. Poiché il CTU ha ritenuto ridotte le possibilità che la grondaia posta sull’abitazione delle attrici sia stata intasata dagli aghi del pino della sig.ra Zu., data la distanza dal confine, anche la richiesta di tale somma va respinta. Non risulta infatti provato il nesso di causalità fra la cosa (il Ce.) e il danno.

Deve viceversa accogliersi la domanda di condanna della convenuta a recidere i rami degli alberi Ce.De. che si protendono sulla proprietà attorca. L’art. 896 c.c. dispone infatti che: “Quegli sul cui fondo si protendono i rami degli alberi del vicino può in qualunque tempo costringerlo a tagliarli, e può egli stesso tagliare le radici che si addentrano nel suo fondo, salvi però in entrambi i casi i regolamenti e gli usi locali”.

Ora, poiché le norme regolamentari prodotte dalla parte convenuta nulla dispongono in proposito, deve affermarsi il diritto delle attrici di impedire che i rami degli alberi della vicina si protendano sulla loro proprietà. Del resto, ancora di recente è stato ribadito che “Il diritto di far protendere i rami degli alberi del proprio fondo in quello confinante non può essere acquistato per usucapione, riconoscendo espressamente l’art. 896 c.c. al proprietario del fondo sul quale essi protendono il potere di costringere il vicino a tagliarli in qualunque tempo” (cfr. Cass. n. 14632/2012). Del resto il taglio dei rami dalla parte della proprietà attorea al fine di evitarne l’invasione è stato ritenuto espressamente ammissibile dallo stesso tecnico giardiniere di parte convenuta che, sentito come testimone, ha dichiarato: “per evitare l’invasione da parte del cedro nella proprietà vicina andrebbe tagliato tutti gli anni da quella parte, passando dalla proprietà dei vicini e rasandolo come una siepe; invece facendo questo lavoro dalla proprietà Zucchi è molto più difficile infatti l’ultima volta ci siamo dovuti arrampicare con delle funi, è un lavoraccio”.

Va infine respinta perché inammissibile la domanda attorea di condanna alla esecuzione di una potatura periodica con modalità idonee ad evitare il deposito quotidiano di resina ed aghi nella proprietà attorca, trattandosi di domanda nuova formulata per la prima volta all’udienza di precisazione delle conclusioni (v. Tr. Milano 15 settembre 2003).

Per effetto della parziale soccombenza delle attrici le spese vanno per metà compensate tra le parti, ivi comprese le già liquidate spese per la CTU. Il restante 50% delle spese di lite si liquida come da dispositivo e si pone a carico della convenuta, così come il 50% delle già liquidate spese per la CTU.

P.Q.M.

Il Tribunale di Monza, in persona del Giudice dott.ssa Ilaria Bertolozzi, definitivamente pronunciando sulla causa RG n. 14364/2008, così provvede:

– condanna Cl.Zu. a recidere i rami dei Ce.De. che si protendono sulla proprietà delle sig.re Sa.Ri. e Te.Po.;

– respinge ogni ulteriore domanda;

– condanna Cl.Zu. a pagare alle attrici il 50% delle spese di lite che liquida come pari a Euro 4.000,00 oltre Iva e epa come per legge, mentre compensa tra le parti il restante 50%;

– pone a carico di Cl.Zu. il 50% delle già liquidate spese per la CTU e compensa tra le parti il restante 50%.

Così deciso in Monza il 14 dicembre 2012.

Depositata in Cancelleria il 3 gennaio 2013.

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