Costituisce sopraelevazione la realizzazione di una pensilina di notevoli dimensioni comportante opere di una certa rilevanza.

Nel caso di specie aveva una ampiezza di circa 100 mq, l’adibizione a sala all’aperto per l’esercizio di pizzeria, chiusa da un lato da una parete vetrata, pavimentata con doghe di legno e contornata da pilastrini di granito.

 

Cassazione Civile, Sez. II Sent. n. 4626/2013

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1- Il Condominio “(…)” dello stabile sito in (…), citò innanzi al Tribunale di Tempio Pausania la srl G. Immobiliare, proprietaria di locali nello stabile condominiale, affinchè fosse ordinata la demolizione di una struttura di copertura di un terrazzo di proprietà esclusiva, realizzata in ispregio di una precisa prescrizione del regolamento e di una delibera assembleare che aveva respinto la richiesta di edificazione, il tutto oltre alla condanna al risarcimento del danno.

2 – La società, nel costituirsi, sostenne la illegittimità della delibera e si oppose di conseguenza all’accoglimento delle domande.

3 – L’adito Tribunale respinse le richieste del Condominio, da un lato osservando che non sarebbe stato in potere dell’ente di gestione di limitare l’esercizio del diritto dominicale del singolo e, dall’altro, giudicando che la struttura realizzata , consistita in una semplice pensilina non delimitata da pareti, non sarebbe rientrata tra le opere vietate dall’art. 4 del regolamento condominiale.

4 – La Corte di Appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, accogliendo il gravame del Condominio, riformò l’indicata decisione in base all’osservazione che il regolamento condominiale vietava tutte le sopraelevazioni sulle parti comuni che, come il terrazzo, qualificavano l’uniformità architettonica del complesso, sia pure in parte o con carattere di provvisorietà: nel concreto evidenziò l’ampiezza della pensilina – di circa 100 mq – e l’adibizione a sala all’aperto per l’esercizio di pizzeria, chiusa da un lato da una parete vetrata, pavimentata con doghe di legno e contornata da pilastrini di granito; concluse pertanto, da un lato, che quanto edificato sarebbe dovuto rientrare nel concetto di sopraelevazione e, dall’altro, che neppure poteva condividersi il giudizio di minimo impatto estetico stilato dal primo giudice sulla scorta di una consulenza tecnica.

5 – Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la società G. Immobiliare, sulla base di due motivi; il Condominio ha resistito con controricorso notificato oltre i termini di cui all’art. 370 c.p.c. ed altresì illustrato da memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 – Con il primo motivo, viene denunziato l’error in judicando in cui sarebbe incorso il giudice dell’appello nell’interpretare la portata applicativa dell’art. 1127 cod. civ. e dell’art. 5 del regolamento condominiale; contesta in particolare parte ricorrente che la struttura realizzata potesse rientrare nel concetto di sopraelevazione e quindi di “nuova fabbrica” à sensi dell’art. 1127 cod. civ..

1a – Il motivo è inammissibile in quanto parte ricorrente in sostanza chiede una nuova valutazione delle emergenze di fatto al fine di una diversa delibazione della fattispecie concreta da confrontare a quella – attinente al concetto di sopraelevazione – portata dalla norma, ma tale giudizio è inibito in sede di legittimità se congruamente motivato: nel concreto la Corte del merito ha ampiamente giustificato il suo approdo interpretativo che l’aveva indotta a ritenere quanto edificato una vera e propria sopraelevazione e non già solo una “pensilina”, valorizzando l’esistenza: di un pavimento; di elementi di sostegno particolari; della chiusura di una parete, lato piscina.

2 – Con il secondo motivo viene dedotta la carenza di motivazione sul pregiudizio architettonico che la contestata sopraelevazione avrebbe determinato allo stabile condominiale: il motivo è assorbito dalla considerazione che, vietando il regolamento condominiale l’edificazione di nuove fabbriche in sopraelevazione, ed essendosi, come visto, posta la copertura della ricorrente in contrasto con tale disposizione, non era più rilevante la delibazione dell’impatto estetico che quest’ultima poteva o meno avere nell’ambito del fabbricato considerato nel suo complesso.

3 – La parte ricorrente va condannata al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità – secondo la quantificazione di cui al dispositivo – limitate all’attività difensiva di discussione della causa, stante la tardività del deposito del controricorso.

P.Q.M.

La Corte:

rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese che liquida in Euro 2.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre IVA e CAP. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione Civile della Corte di Cassazione,il 9 gennaio 2013.

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