Il committente, per avvalersi della garanzia, per i vizi occulti riguardanti l’oggetto della prestazione dovuta, deve, a pena di decadenza, denunziare all’appaltatore le difformità o i vizi entro 60 giorni dalla scoperta; la denunzia non è necessaria se l’appaltatore ha riconosciuto le difformità o i vizi o se li ha occultati; l’azione contro l’appaltatore si prescrive in due anni dal giorno della consegna dell’opera. A sua volta, allorchè l’appaltatore eccepisce la decadenza del committente dalla garanzia di cui all’art. 1667 cod. civ. per i vizi dell’opera, incombe su questi l’onere di dimostrare di averli tempestivamente denunziati, costituendo tale denuncia una condizione dell’azione.

 

Cassazione Civile, Sez. II (Sent.), 21.02.2013, n. 4334

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

I.S., con atto di citazione del 13 febbraio 2006 proponeva appello avverso la sentenza con la quale il Giudice di Pace di Bassano Del Grappa rigettava l’opposizione proposta dallo stesso opponente avverso il decreto ingiuntivo n. 669 del 1004 pronunciato a favore di B.R. per il pagamento della fornitura e posa in opera di un pavimento, nella somma di Euro 2.191,68 oltre spese legali ed accessori. L’opponete eccepiva l’illegittimità del decreto ingiuntivo per esser stato concesso nonostante la carenza di idonea prova scritta ex art. 633 e 634 c.p.c., nel merito eccepiva:

l’inesigibilità del credito per l’opposizione dell’eccezione di inadempimento, la tempestiva denuncia dei vizi da cui il pavimento era affetto, la riconducibilità di detti vizi all’impresa Baggio, l’omessa pronuncia sulla domanda di riconoscimento dell’IVA nel limite del 4% e di accertamento del giusto corrispettivo.

L’opponente chiedeva, pertanto, che il Tribunale di Bassano Del Grappa revocasse il decreto ingiuntivo condannasse B. alla restituzione della somma ricevuta e che venisse quantificata la spesa per rimediare al vizio denunciato, riconoscesse l’IVA nella misura del 4%, condannasse B. al pagamento delle spese giudiziali.

Si costituiva B.R. osservando che la contestazione circa l’esistenza di un contratto era stata tardivamente eccepita; che la denuncia dei vizi era tardiva e comunque successiva ai numerosi solleciti di pagamento, che non era stata offerta la prova della riconducibilità del vizio alla stesura del prodotto impregnante, che il riconoscimento dell’aliquota agevolata presupponeva la presentazione di documentazione.

Il Tribunale di Bassano Del Grappa, con sentenza n. 589 del 2006, respingeva l’appello e confermava la sentenza impugnata. Secondo il Tribunale di Basso Del Grappa:

a) l’appellante aveva riconosciuto nell’atto di citazione di primo grado l’esistenza di un contratto, e, pertanto, era tenuto al pagamento del corrispettivo pattuito;

b) I. aveva indirizzato la denuncia dei vizi direttamente al venditore dell’appartamento e, non invece – come avrebbe dovuto fare – a B.R. e, comunque, secondo il Tribunale, la denuncia non era stata effettuata entro il termine legale di decadenza.

La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da I. S. per tre motivi. B.R. ha resistito con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

= 1 .= Con il primo motivo I.S. lamenta la violazione dei principi di cui all’art. 2907 c.c. e artt. 112 e 113 c.p.c. laddove il Tribunale ha irragionevolmente ritenuto di non doversi occupare della legittimità o meno del decreto ingiuntivo opposto, benchè concesso e convalidato dal Primo giudice senza che ricorressero le condizioni di cui all’art. 633 c.p.c. e soprattutto, senza valida prova scritta a norma dell’art. 634 c.p.c. (ipotesi ex art. 360 c.p.c., n. 3).

Avrebbe errato il Tribunale bassanese, secondo il ricorrente, nell’aver disatteso di esaminare l’eccezione di illegittimità del decreto ingiuntivo ritenendo erroneamente che l’opposizione a decreto ingiuntivo sarebbe un giudizio sul rapporto giuridico e non anche sulla legittimità del provvedimento monitorio.

Piuttosto, specifica il ricorrente, il decreto ingiuntivo di cui si dice non avrebbe dovuto essere emesso per difetto della prova scritta legalmente richiesta considerato che la richiesta di decreto ingiuntivo era fondata su una fotocopia di una pagina di scrittura contabile certificata conforme da un funzionario incaricato D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, ex art. 18. Pertanto, il decreto ingiuntivo avrebbe dovuto essere revocato non fosse altro che per esonerare il supposto debitore dall’onere delle relative spese.

1.1 .= Il motivo è infondato.

Costituisce in giurisprudenza jus receptum il principio secondo cui la prova scritta, ai fini della pronuncia del decreto ingiuntivo, a norma degli artt. 633 e 634 cod. proc. civ., è qualsiasi documento proveniente dal debitore o da un terzo, che abbia intrinseca legalità, purchè il giudice, nella sua valutazione discrezionale, ne riconosca l’idoneità a dimostrare il diritto controverso, anche se il documento prodotto è privo di efficacia probatoria assoluta dato che la completezza della documentazione esibita va accertata nel successivo giudizio di opposizione, a cognizione piena, nel quale il creditore può provare il suo credito indipendentemente dalla legittimità, validità ed efficacia del provvedimento monitorio, allo stesso modo in cui il debitore può dimostrare la insussistenza del preteso diritto.

Pertanto, pur tralasciando la circostanza che nel quesito si parla di copia della fattura dichiarata conforme da un delegato de sindaco, mentre nel motivo si parla di fattura e di fotocopia delle scritture contabili dichiarate conformi dal funzionario comunale, la produzione di una fotocopia di una pagina di scrittura contabile, o di una fattura, con la certificazione di conformità all’originale apposta da un funzionario comunale a ciò abilitato ai sensi del D.P.R. n. 445 del 2000, art. 18 è documento sufficiente a fondare la richiesta di decreto ingiuntivo relativo alla somma di denaro ivi riportata perchè idoneo a riferire dell’esistenza del diritto fatto valere.

Tuttavia – come lo stesso ricorrente evidenzia – nel caso in esame, la richiesta del decreto ingiuntivo è stata avanzata in ragione di una documentazione fornita dalla ditta Baggio (ivi compresa l’autenticazione delle scritture contabili a mezzo funzionario comunale), che il Giudice nel concedere il titolo esecutivo ex art. 642 c.p.c. ha riconosciuto valida e idonea, e trattandosi di una valutazione di merito, avente ad oggetto l’intera documentazione allegata alla richiesta di decreto ingiuntivo e non emergendo ragioni di illogicità riferibile alla valutazione complessiva dell’intera documentazione allegata alla richiesta di cui si dice, sfugge al sindacato di legittimità di questa Corte.

2.= Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione del principio di cui all’art. 115 c.p.c. e, comunque, dell’art. 116 c.p.c., anche in relazione all’art. 2907 c.c., comma 1, laddove il Tribunale ha deciso di confermare una sentenza, quella del Giudice di Pace, assunta senza prove, anzi esonerando l’allora convenuta opposta dall’onere di provare i suoi assunti e smentire con mezzi idonei le eccezioni e le contestazioni mosse da controparte alle sue allegazioni (ipotesi ex art. 360 c.p.c., n. 3).

Secondo il ricorrente, il Tribunale di Bassano Del Grappa si sarebbe limitato a confermare la condanna pronunciata dal primo giudice, nonostante non fosse stata raggiunta con pienezza di contraddittorio la prova della conclusione del contratto inter partes.

Piuttosto, riferisce il ricorrente, I.S. aveva acquistato a corpo l’appartamento oggetto della controversia dalla società Proxima, la quale si era impegnata a completare le rifiniture dell’appartamento e tra l’altro aveva dato incarico alla ditta Baggio per la posa, la levigatura e la oliatura del pavimento.

In realtà, I. aveva semplicemente chiesto un tipo di legno e di oliatura diversa da quella stabilita nel capitolato concordato e si era impegnato a pagare la differenza.

Ora, nonostante vi siano stati dei contratti tra I. e B.R., tra i due non si era instaurato alcun rapporto contrattuale.

E, tuttavia ammesso pure che tra I. e B. si sia instaurato un rapporto, comunque, il credito non era pretendibile perchè era stato invocato l’eccezione di inadempimento considerato che il pavimento era stato realizzato in maniera pessima.

Quanto ai vizi che il Tribunale ha ritenuto fossero stati denunciati tardivamente dal quadro probatorio complessivo era invece emerso che i vizi erano stati denunciati entro i sessanta giorni previsti dall’art. 1667 cod. civ. e, comunque, incombeva alla ditta Baggio l’onere di provare la non tempestività della denuncia ex art. 1667 c.c. visto che tale assunto costituiva il presupposto di una specifica eccezione.

Ad ogni buon conto, conclude il ricorrente, se la denuncia di vizi doveva esserci questa andava rivolta così come è stata rivolta alla Proxima srl, quale società con la quale I. aveva concluso la stipula del contratto di acquisto dell’immobile.

Ciononostante, il secondo Giudice ha ritenuto che la denuncia andasse rivolta all’impresa Roberto Baggio e non alla società Proxima.

2.1.= Anche questo motivo è infondato.

Il ricorrente ripropone una questione già esaminata dal Tribunale bassanese e decisa con corretta e logica motivazione, in conformità ai dati di fatto e al comportamento mantenuto da I. anche in giudizio, nonchè ai principi giuridici in materia di conclusione del contratto.

Come evidenzia la sentenza impugnata, I., già nell’atto di citazione di primo grado, aveva riconosciuto di essersi impegnato al pagamento della differenza dovuta per aver chiesto un’oliatura speciale diversa da quella che l’impresa Baggio aveva pattuito con il venditore.

Il Tribunale ha avuto modo di evidenziare, altresì, che lo stesso I. aveva depositato il preventivo dell’impresa, a dimostrazione dell’intesa raggiunta (facendo leva sullo sconto promesso) e quel preventivo risultava sottoscritto dall’ I..

Sicchè, posto che la conclusione del contratto è, secondo lo schema generale ex art. 1326 cod. civ., determinata da due distinti atti, provenienti in sequenza dall’una e dall’altra parte: la proposta (od offerta) di contratto, e l’accettazione della proposta da parte dell’oblato, nel caso concreto, come correttamente afferma la sentenza impugnata il preventivo presentato dalla ditta Baggio e l’accettazione dello stesso da parte di I., interagendo tra di loro, avevano determinato tra le parti la conclusione di un contratto riconducibile o ad un contratto di fornitura o ad un contratto di appalto.

2.1.a).= Non hanno pregio, altresì, le osservazioni del ricorrente in merito all’affermata decadenza dall’azione di garanzia per mancata denuncia dei vizi di cui si dice, nei termini di cui all’art. 1667 cod. civ..

Intanto, costituisce in giurisprudenza jus receptum il principio secondo cui il committente, per avvalersi della garanzia, per i vizi occulti riguardanti l’oggetto della prestazione dovuta, deve, a pena di decadenza, denunziare all’appaltatore le difformità o i vizi entro 60 giorni dalla scoperta; la denunzia non è necessaria se l’appaltatore ha riconosciuto le difformità o i vizi o se li ha occultati (art. 1667 c.c., comma 2); l’azione contro l’appaltatore si prescrive in due anni dal giorno della consegna dell’opera, (art. 1667 c.c., comma 3). A sua volta, allorchè l’appaltatore eccepisce la decadenza del committente dalla garanzia di cui all’art. 1667 cod. civ. per i vizi dell’opera, incombe su questi l’onere di dimostrare di averli tempestivamente denunziati, costituendo tale denuncia una condizione dell’azione (ex multis Cass. n. 10579 del 25/06/2012).

Ora, nel caso in esame, come ha evidenziato il Tribunale bassanese, la tempestività della denuncia dei vizi non è stata provata, così come non è stato provato che la ditta Baggio avesse riconosciuto i vizi come I. aveva sostenuto.

2.1.a.1).= Giova osservare che l’exceptio inadimpleti contractus conferisce al debitore la facoltà di non adempiere nei confronti del creditore inadempiente.

Il testo dell’art. 1460 c.c. è particolarmente espressivo: il debitore – secondo questa disposizione – può rifiutarsi di adempiere, cioè ha facoltà di assumere un comportamento che appare, in astratto, in contrasto col vincolo obbligatorio, e, tuttavia, perde il carattere di illiceità, considerato in relazione al comportamento del creditore. La facoltà di valersi dell’exceptio inadimpleti contractus si riduce all’assunzione o meno del comportamento difforme dal vincolo obbligatorio, fuori dal processo, e, nel processo, alla allegazione dell’inadempimento del creditore, con l’eventuale prova dei fatti che lo consacrano.

Ora nel caso concreto, come afferma il Tribunale, non ricorreva un’ipotesi di inadempimento della ditta Baggio, ma, tutt’al più, un’ipotesi di realizzazione di un’opera affetta da vizi non tempestivamente denunciati che non giustifica l’eccezione di inadempimento.

E di più, ove si dovesse ritenere che la ditta Baggio era inadempiente in ragione dei vizi che, I. riteneva esistenti, va osservato che i vizi dell’opera non sono stati tempestivamente denunciati e, dunque, non accertati nella loro esistenza, pertanto, restava indimostrato l’inadempimento della ditta Baggio e, di conseguenza, risultava illegittima l’eccezione di inadempimento.

3.= Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione del principio di cui all’art. 112 c.p.c. là dove il Tribunale ha omesso di decidere su domande autonome e distinte rispetto a quella principale sulla sussistenza del credito per come ex adverso dedotto, tenuto conto, per giunta, che l’appellante aveva specificatamente gravato la decisione del Giudice di Pace in quanto silente sul punto (difetto di motivazione) (ipotesi ex art. 360 c.p.c., n. 3) o anche n. 5)).

Secondo il ricorrente il Tribunale di Bassano Del Grappa avrebbe omesso di decidere su due domande distinte e cioè: a) in ordine alla domanda dell’applicazione dell’IVA, considerato che era stata applicata l’IVA al 20% e non quella del 4% nonostante la prestazione di cui si dice godeva della tassazione agevolata. B) e di accertamento del giusto corrispettivo per la prestazione oggetto di causa, in ordine alla domanda alla domanda.

3.1.= Anche questo motivo è infondato.

a) Come ha avuto modo di chiarire il Tribunale di Bassano Del Grappa, I. non ha documentato – come avrebbe dovuto ai sensi del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, di possedere i requisiti per la riduzione dell’IVA.

b) Corretta è, poi, la decisione del Tribunale di Bassano Del Grappa secondo cui I. era tenuto al pagamento del corrispettivo pattuito, considerato che il corrispettivo stabilito dai contraenti in ragione della loro autonomia contrattuale e sempre che non si tratti di un prezzo stabilito dalla legge, è per suo stesso modo di essere (cioè, proprio perchè stabilito liberamente dai contraenti) giusto. Pertanto, il Tribunale di Bassano Del Grappa non ha commesso le omissioni lamentate dal ricorrente e ha reso una decisione completa, adeguata e sufficiente, nonchè nel rispetto della normativa vigente, in tema dell’IVA agevolata e del corrispettivo contrattuale.

In definitiva, il ricorso va rigettato e il ricorrente, in ragione del principio della soccombenza ex art. 91 c.p.c., condannato al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione che verranno liquidate con il dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione che liquida in Euro 2500,00 di cui Euro 200,00 per esborsi.

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