Il condomino, eseguendo un pagamento per spese condominiali può imputare i pagamenti ai debiti per singoli esercizi e può escludere, attraverso lo strumento dell’imputazione di pagamento, ai sensi dell’art.1193 c.c., che le somme pagate vengano imputate a crediti contestati.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 9 gennaio – 28 febbraio 2013, n. 5038
Svolgimento del processo
Con ricorso in data 8/5/1998 il Condominio di via (omissis) chiedeva al GdP di Avellino decreto ingiuntivo, nei limiti della somma di lire 2.000.000 oltre interessi, nei confronti di E..P. ; a tal fine azionava il credito cartolare costituito da un assegno di lire 2.434.000 corrisposto per spese condominiali e rimasto impagato. Con decreto 12/5/1998 il GdP di Avellino ingiungeva al P. il pagamento della somma di lire 2.434.000 oltre interessi.
L’ingiunto proponeva opposizione deducendo, tra l’altro e per quanto qui ancora interessa, sia il vizio di ultrapetizione in quanto era stato ingiunto il pagamento di una somma maggiore rispetto a quella richiesta, sia la nullità del titolo posto a fondamento della richiesta di decreto ingiuntivo in quanto dopo l’emissione e la consegna dell’assegno, l’amministratore del condominio gli aveva fatto pervenire ricevuta di pagamento per importo corrispondente all’assegno, ma imputata a titoli e causale diversi da quelli per i quali era stato dato l’assegno; in particolare assumeva che l’assegno era stato dato in pagamento dell’80% del totale delle spese condominiali degli anni degli anni 1994, 1995, 1996 e 1997 e invece la ricevuta era stata rilasciata a titolo di saldo (e non in acconto) delle spese condominiali degli anni dal 1994 al 1996; la restante somma era stata imputata, dall’accipiens, in acconto di spese per lavori straordinari che egli, invece, non intendeva pagare non avendoli mai autorizzati.
Il GdP con sentenza del 6/4/2002 rigettava l’opposizione osservando:
– che non sussisteva il vizio di ultrapetizione perché, come sostenuto dal Condominio costituendosi, la limitazione all’importo di lire 2.000.000 invece che di 5.000.000 era addebitabile ad un mero errore di dattiloscrittura;
– che non assumeva rilevanza l’imputazione di pagamento perché, trattandosi di obbligazioni derivanti dallo stesso titolo, se l’adempimento è totale si verifica l’estinzione dell’obbligo, mentre se è parziale permane l’obbligazione per la parte residua.
E..P. proponeva appello al Tribunale di Avellino che, con sentenza del 7/11/2005 rigettava l’appello condannando l’appellante al pagamento delle spese dei due gradi.
Il giudice di appello rilevava, per quanto ancora interessa:
– che non era violato l’art. 1193 c.c. perché la norma presuppone una pluralità di crediti da estinguere e non è applicabile quando il credito è unico, tale essendo il credito del condominio per spese condominiali per il quale era stato effettuato il pagamento e che trova fondamento nell’art. 1123 c.c. che lo ripartisce tra i condomini;
– che non sussisteva il vizio di ultrapetizione in quanto nel ricorso per decreto ingiuntivo era espressamente formulata la richiesta di pagamento della somma di lire 2.434.000 oltre interessi, mentre la successiva frase (“il tutto nei limiti della somma di lire 2.000.000 con rinuncia all’eventuale supero”) costituiva un evidente errore materiale che non consentiva alcun equivoco in ordine all’ammontare della somma richiesta e documentata in atti.
E..P. propone ricorso affidato a 3 motivi e deposita memoria.
l Condominio è rimasto intimato.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1193 c.c. e il vizio omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione. Il ricorrente assume che, essendo in corso contestazioni sulla ripartizione degli oneri condominiali e su lavori straordinari, egli aveva inteso pagare solo l’80% delle spese ordinarie e non intendeva pagare i lavori straordinari; siccome i debiti erano diversi tra loro il giudice di appello aveva violato il disposto dell’art. 1193 c.c. non consentendo al debitore di imputare il pagamento al debito che intendeva pagare.
1.1 Il motivo è fondato.
Il debitore ha pagato, con assegno, una somma imputandola ad acconti per debiti condominiali per specifiche annualità, mentre non intendeva estinguere il preteso credito per lavori straordinari che era contestato e a tal fine aveva esercitato la facoltà di imputazione che è riconosciuta dall’art. 1193 c.c. e intendendo estinguere fino ad un determinato importo il debito per alcune annualità, sussistendo controversia per il residuo e non intendendo estinguere, perché ritenuto non dovuto, il credito per spese straordinarie.
Il giudice di appello ha espressamente negato la facoltà di imputazione sull’assunto che il credito trovasse fondamento in un’unica causa, costituita dall’obbligo di contribuzione alle spese, richiamando la giurisprudenza di questa Corte (Cass. 3077/98); effettivamente questa Corte ha affermato che la questione della imputazione del pagamento non è proponibile quando sussista un unico debito, ma regola l’ipotesi di pluralità di crediti fra le stesse parti, aventi titolo e causa diversi (Cass. 30777/98; Cass. 2813/94; Cass. 12938/93) e ha lo scopo di eliminare l’incertezza circa la sorte degli stessi. Questa giurisprudenza non è tuttavia pertinente alla fattispecie nella quale era contestato proprio il credito per spese straordinarie e parte del credito per spese ordinarie che il condomino non intendeva pagare, mentre con la sentenza impugnata si è inammissibilmente negata al debitore la facoltà di impedire l’imputazione ad un credito che invece era contestato e che il debitore aveva affermato non già di volere pagare in acconto, ma di non volere pagare affatto.
2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce la nullità del decreto ingiuntivo per violazione dell’art. 112 c.p.c. e il vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione.
Il ricorrente sostiene che immotivatamente i giudici di merito avrebbero ravvisato nella richiesta di contenere la condanna nella somma di lire 2000.000 un errore materiale, mentre erano possibili altra ipotesi quali la volontà di contenere l’esborso per contributo unificato o un errore del difensore che poteva ritenere che la competenza del GdP fosse nel limite di lire 2000.000 e non di lire 5.000.000.
2.1 Il motivo è manifestamente infondato. Occorre premettere che l’interpretazione della domanda spetta al giudice del merito, per cui, ove questi abbia espressamente ritenuto che la domanda era proposta nei termini accolti, tale statuizione, non può essere direttamente censurata per ultrapetizione atteso che, avendo comunque il giudice svolto una motivazione, il difetto di ultrapetizione non è logicamente verificabile prima di avere accertato la erroneità di quella medesima motivazione; il dedotto errore del giudice non si configura, quindi, come “error in procedendo”, ma attiene al momento logico relativo all’accertamento in concreto della volontà della parte (cfr. Cass. 31/7/2006 n. 17451).
Il vizio di motivazione nella specie non sussiste in quanto la motivazione è fondata sulla ricognizione del tenore letterale della richiesta di decreto ingiuntivo (il giudice ha dato atto che era stata formulata richiesta di pagamento della somma di lire 2.434.000 oltre interessi); la successiva indicazione dell’importo di lire 2.000.000 nel quale si chiedeva di limitare la condanna è stata ritenuta una errore di dattiloscrittura e la motivazione è sufficiente in quanto risolve il contrasto tra la prima e la seconda indicazione secondo un criterio di logica evidente, non essendo altrimenti spiegabile che il creditore di un importo che esattamente documenta e per il quale formula domanda, intenda poi rinunciare a lire 434.000 senza alcun motivo.
Per le evidenziate ragioni i quesiti (1. se costituisca violazione dell’art. 112 c.p.c. l’accoglimento della domanda per una somma superiore a quella richiesta; 2. se rientra nel potere del giudice interpretare la domanda senza tenere conto del suo tenore letterale, se configura vizio di motivazione l’avere interpretato la richiesta di contenimento nella misura di lire 2.000.000 senza valutare gli altri motivi) non sono pertinenti.
3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce la violazione degli artt. 343 e 346 c.p.c. e l’omessa o insufficiente motivazione sostenendo che il giudice di appello, confermando la sentenza appellata, in assenza di appello incidentale dell’appellato, non poteva condannare l’appellante ancorché soccombente, al pagamento delle spese processuali del primo grado che, invece, erano state compensate dal primo giudice.
3.1 Il motivo è assorbito dall’accoglimento del primo motivo con la conseguente cassazione della sentenza.
4. In conclusione deve accogliersi il primo motivo e rigettarsi il secondo con assorbimento del terzo motivo.
In relazione al motivo accolto la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio, anche per le spese, al Tribunale di Avellino in persona di altro giudice che, nel decidere sul merito delle domande, fermo restando l’insussistenza del lamentato vizio di ultrapetizione, applicherà il seguente principio di diritto: il condomino, eseguendo un pagamento per spese condominiali può imputare i pagamenti ai debiti per singoli esercizi e può escludere, attraverso lo strumento dell’imputazione di pagamento, che le somme pagate vengano imputate a crediti contestati.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo motivo di ricorso e dichiara assorbito il terzo motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata limitatamente al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, al Tribunale di Avellino in persona di diverso giudice.

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