VENDITA CON RISERVA DI PROPRIETA’ – VENDITA CON RISERVA DI PROPRIETÀ – INADEMPIMENTO DEL COMPRATORE – RISOLUZIONE – VENDITORE – DIRITTO ALL’EQUO COMPENSO ED AL RISARCIMENTO DEL DANNO – DIRITTO DI TRATTENERE LE RATE RICEVUTE – COMPRATORE – DOMANDA DI RESTITUZIONE DELLE RATE MAGGIORATE DEGLI INTERESSI – INFONDATEZZA

La risoluzione del contratto di vendita con riserva di proprietà per inadempimento dell’acquirente, attribuisce al venditore, a norma dell’art. 1526, comma primo, c.c. il diritto ad ottenere un equo compenso per l’uso della cosa, oltre al risarcimento del danno subito. Qualora, dunque, sia contrattualmente contemplato il diritto del compratore di trattenere a titolo di danno e di canone di locazione tutte le rate ad esso corrisposte dal venditore, non può, all’evidenza, trovare accoglimento la domanda del compratore volta alla restituzione di tutti gli importi corrisposti al venditore, addirittura maggiorati di interessi. Nella specie, inoltre, il compratore opponente si è limitato unicamente a richiedere la restituzione di tutti gli importi versati, del tutto ignorando la disposizione dell’art. 1526 c.c. e, seppur onerato dalla relativa prova, non ha offerto alcun elemento per dimostrare la eccessività delle conseguenze sfavorevoli che gli derivando dall’incameramento, da parte del venditore, delle rate di prezzo pagate, peraltro di gran lunga inferiori a quelle scadute nel periodo di utilizzo dell’impianto.

 

Tribunale Monza, Sezione 2 civile – Sentenza 3 gennaio 2013, n. 80

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI MONZA
SECONDA SEZIONE CIVILE
Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa Flavia Tuia ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di primo Grado iscritta al n. r.g. 12754/2011 promossa da:
Sa.Gr., con il patrocinio dell’avv. Ra.Gi. e dell’avv. Ia.Do., elettivamente domiciliato in corso (…) COLOGNO Monzese presso lo studio dell’avv. Ge.Si.
Opponente
contro
Al. S.p.A., con il patrocinio dell’avv. Er.An. ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in via (…) Lissone
Opposta
FATTO E DIRITTO
Sa.Gr. ha proposto opposizione al decreto ingiuntivo n. 3569/2011 ING., immediatamente esecutivo, notificatogli ad istanza della S.p.A. Al. per la restituzione dell’impianto oleario da lui acquistato usato revisionato, con riserva di proprietà, con contratto concluso il (…).
Ha dedotto che l’impianto, consegnatogli in ritardo nell'(…), da subito evidenziava difetti che ne limitavano il funzionamento; che già ad ottobre e novembre dello stesso anno, in piena campagna olearia, si rendevano necessari svariati interventi dei tecnici convenzionati con la venditrice, che riscontravano una pluralità di anomalie e la rottura di diverse componenti, che venivano sostituite; che egli conseguentemente subiva un danno di 5.000,00 Euro da fermo macchina (Euro 500,00 Euro al giorno); che ciò non gli consentiva di pagare la cambiale con scadenza 30/6/2010, di Euro 12.374,82, nonché di corrispondere le rate successive; che invano chiedeva all’opposta dilazioni di pagamento; che questa, con raccomandata del 16 settembre 2011, gli comunicava di volersi avvalere della clausola risolutiva espressa e, con il ricorso monitorio, chiedeva ed otteneva l’emissione di decreto ingiuntivo per la restituzione dell’impianto; che egli si dichiarava a ciò disponibile, ma invitava contestualmente la controparte a restituirgli le somme pagate, pari a complessivi Euro 45.562,23.
Chiede che, previa declaratoria di cessazione della materia del contendere con riguardo alla richiesta di restituzione dell’impianto, nel frattempo reso, l’opposta sia condannata, ex art. 1526 c.c. al pagamento di Euro 45.562,23, oltre ad Euro 5.000,00 a titolo di risarcimento del danno.
L’opposta, nella comparsa di costituzione, sottolinea che l’impianto è stato in realtà restituito venti giorni dopo che l’atto di citazione in opposizione è stato portato alla notifica. Contesta che il bene sia stato consegnato in ritardo e che fosse difettoso; eccepisce, in ogni caso, la decadenza e la prescrizione del diritto alla garanzia, rilevando che solamente in data 26 novembre 2009, dopo avere corrisposto la somma di Euro 22.000,00 per il pagamento dell’IVA, il Gr. formulava la prima contestazione; evidenzia che il termine per la denuncia stabilito in contratto era di tre giorni e che, comunque, l’acquirente non aveva rispettato neppure quello di cui all’art. 1495 c.c.; che, inoltre, era stata pattiziamente esclusa la risarcibilità dei danni, anche da mancato guadagno, conseguenti il carente o mancato funzionamento del macchinario, essendo la venditrice tenuta unicamente alla sostituzione dei pezzi eventualmente difettosi, obbligazione questa puntualmente assolta; che, inoltre, era stata rilevata una cattiva manutenzione da parte del cliente; che, infine, era stata altresì prevista la clausola del “solve ed repete”, sicché l’opponente non poteva svolgere alcuna domanda sino a che non avesse effettuato il pagamento delle rate scadute prima della risoluzione del contratto, ammontanti ad Euro 30.937,05.
Con riguardo alla domanda restitutoria proposta dall’opponente, osserva che ove la stessa venisse accolta controparte si troverebbe ad avere utilizzato per tre anni l’impianto, senza corrispondere alcunché a titolo di corrispettivo; invoca l’applicazione della clausola n. 11 del contratto, che prevede il suo diritto di ottenere l’immediata restituzione della macchina e di trattenere a titolo di danno e di canone di locazione le rate riscosse, salvo il diritto al risarcimento del maggior danno; deduce che, in ogni caso, anche ai sensi della normativa codicistica essa ha diritto di trattenere un equo compenso. Infine, svolge domanda “riconvenzionale” di condanna del Gr. al risarcimento dei danni conseguenti la risoluzione del contratto, indicandoli nell’importo di Euro 33.000,00 ai sensi dell’art. 7 dell’ordine di acquisto.
Concessi i termini di cui all’art. 183 6 comma c.p.c., su concorde istanza dei procuratori delle parti la causa è stata rinviata, senza ammissione dei mezzi istruttori (dedotti, peraltro, dalla sola opposta) all’udienza del 12 luglio 2012 per la precisazione delle conclusioni, indi è stata trattenuta in decisione.
In primo luogo si rileva che l’opponente ha dato esecuzione all’ingiunzione di riconsegna dell’impianto e non contesta né l’intervenuta risoluzione del contratto di vendita con riserva di proprietà, né il conseguente diritto della venditrice a rientrare nel possesso del bene.
Sul punto, pertanto, è cessata la materia del contendere; deve, peraltro, essere confermato il decreto ingiuntivo per quel che attiene la condanna al pagamento delle spese, posto che la riconsegna è pacificamente avvenuta dopo la notifica del provvedimento monitorio.
Passando alle domande svolte dalle parti nel giudizio di opposizione, si rileva quanto segue.
L’opponente chiede la condanna dell’opposta al pagamento della somma di Euro 5.000,00 a titolo di risarcimento dei danni asseritamente subiti (mancato guadagno) in conseguenza del malfunzionamento dell’impianto, in particolare nei primi mesi dalla consegna dello stesso, nonché la restituzione di tutte le rate pagate, ammontanti ad Euro 45.562,23, maggiorate di interessi legali.
La prima domanda deve essere rigettata, in quanto il Gr. nulla ha offerto di provare, a fronte delle eccezioni di prescrizione e di decadenza dal diritto alla garanzia tempestivamente sollevate dalla venditrice e delle sue recise contestazioni in merito alla sussistenza di vizi e di danni.
Per quel che attiene la restituzione degli importi pagati, è evidentemente infondata la pretesa dell’opponente di ottenere la restituzione di tutti gli importi corrisposti alla venditrice, per di più maggiorati di interessi, dopo avere utilizzato l’impianto per tre campagne olearie.
Infatti, a norma dell’art. 1526 1 comma c.c., poiché il contratto di vendita con riserva di proprietà è stato risolto per inadempimento dell’acquirente, il venditore avrebbe in ogni caso diritto ad un equo compenso per l’uso della cosa, oltre al risarcimento del danno. Nella fattispecie, peraltro, deve essere applicato l’art. 1526, 2 comma cod. civ., posto che nell’ordine di acquisto, espressamente richiamato dal contratto di vendita, è stato previsto il diritto di (…) di trattenere a titolo di danno e di canone di locazione le rate riscosse; la norma fa peraltro salva, in tale ipotesi, la facoltà del giudice di ridurre l’indennità convenuta, “secondo le circostanze”.
Al.La., a fronte di un prezzo pattuito di Euro 110.000,00 oltre ad IVA, ha incassato il complessivo importo di Euro 38.843,73, (l’importo di Euro 6.718,50 è stato, infatti, versato all’erario per IVA), ottenendo la restituzione dell’impianto due anni e mezzo dopo la consegna e l’utilizzazione dello stesso in tre campagne olearie.
Ipotizzando una riduzione del 10% del valore del bene per ciascuna campagna (complessivamente Euro 33.000,00), e considerato il diritto della venditrice alla remunerazione per l’uso dell’impianto, le spese sostenute dalla stessa per lo smontaggio ed il trasporto, il tempo necessario per reperire un altro acquirente, l’indennità non solo non appare manifestamente eccessiva, ma probabilmente neppure è sufficiente a remunerare la venditrice. L’opponente, dal canto suo, si è limitata a chiedere la restituzione di tutti gli importi versati, ignorando la disposizione dell’art. 1526 c.c., e, pur essendo onerata della relativa prova (Cass. 4208/2001) non ha offerto alcun elemento per dimostrare l’eccessività delle conseguenze sfavorevoli che le derivano dall’incameramento delle rate di prezzo pagate (peraltro di gran lunga inferiori a quelle scadute nel periodo di utilizzo dell’impianto). La domanda restitutoria viene, pertanto, respinta.
Resta da esaminare la domanda, formulata dall’opposta in comparsa di costituzione e risposta, di condannare l’opponente al risarcimento del danno nella misura di Euro 33.000,00 giusta clausola n. 7 dell’ordine di acquisto richiamato nel contratto di vendita o, in subordine, con determinazione equitativa. Al.La. ha sottolineato l’ammissibilità della stessa, in quanto a suo avviso qualificabile come dipendente da quelle svolte dall’opponente.
Essa ha evidentemente inteso richiamare il principio giurisprudenziale più volte espresso dalla Suprema Corte, secondo cui l’opposto, rivestendo la posizione sostanziale di attore, non può avanzare domande diverse da quelle fatte valere con l’ingiunzione, salvo che per effetto di una riconvenzionale formulata dall’opponente si venga a trovare a sua volta nella posizione di convenuto, cui non può essere negato il diritto di difesa mediante la proposizione (eventuale) di una reconventio reconventionis (Cass. 25598/2011, 21245/2006).
La domanda non può essere accolta.
Infatti il c.d. “patto di confisca” delle rate versate previsto dal secondo comma dell’art. 1526 c.c. è assimilabile alla clausola penale (Cass. 7266/1995): ne consegue la non cumulabilità fra la richiesta di trattenere le rate e quella di ottenere il risarcimento del danno ulteriore. In ogni caso, poiché l’opposta non ha provato i danni asseritamente subiti (non ha chiesto l’ammissione delle prove dedotte, instando per la richiesta di immediata precisazione delle conclusioni, dopo il deposito delle memorie istruttorie), nessun danno “ulteriore” (oltre quello già risarcito mediante incameramento delle rate) è stato dimostrato.
Al rigetto dell’opposizione consegue la condanna del Gr. al pagamento delle spese del giudizio, liquidate come in dispositivo. La sentenza è, per legge, provvisoriamente esecutiva.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, così provvede:
I. Rigetta l’opposizione proposta da Sa.Gr. nei confronti di Al.La. S.p.A. avverso il decreto ingiuntivo n. 3569/2011 ING. (R.G. 9743/2011) emesso da questo Tribunale e, questo integralmente confermato, condanna l’opponente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in Euro 400,00 per esborsi e Euro 7.000,00 per compensi, oltre IVA e CPA;
II. dichiara la sentenza provvisoriamente esecutiva.
Così deciso in Monza il 13 dicembre 2012.
Depositata in Cancelleria il 3 gennaio 2013.

 

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