La domanda diretta alla rimozione delle opere abusive realizzate nel cortile condominiale e la relativa domanda risarcitoria devono essere proposte nei confronti dei singoli condomini trattandosi di azioni reali.

 

Cassazione civile sez. II, 16 marzo 2011, n. 6177

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – rel. Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

MAXEDIL RE SRL (giaa Maxedil srl) P.I. (OMISSIS), in persona del

Presidente del Consiglio di Amministrazione G.L.,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CLITUNNO 51, presso lo studio

delllavvocato ONGARO FRANCO, che lo rappresenta e difende unitamente

alllavvocato TATEO VITTORIO;

– ricorrente –

contro

F.R. C.F. (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CELIMONTANA 38, presso lo studio

delllavvocato PANARITI BENITO, che lo rappresenta e difende

unitamente alllavvocato PALLADINI GIANLUIGI;

– controricorrente

e contro

COND (OMISSIS) in persona del legale rappresentante pro

tempore;

– intimato –

e sul ricorso n. 19041/2005 proposto da:

COND (OMISSIS) di (OMISSIS) (OMISSIS), in persona

delllAmministratore P.M. elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA SABOTINO 46, presso lo studio delllavvocato ROMANO

GIOVANNI, che lo rappresenta e difende unitamente alllavvocato DUILIO

GRAZIANO;

– ricorrenti, incidentale adesivo al ricorso principale di Mazedil Re

Srl –

contro

F.R.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 677/2005 della CORTE DDAPPELLO di MILANO,

depositata il 10/03/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/01/2011 dal Consigliere Dott. EMILIO MIGLIUCCI;

udito llAvvocato Panariti per il controricorrente che si riporta agli

atti, e altresii comparso llAvv. Romano G. che si riporta al

controricorso incidentale adesivo;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.

 

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

F.R., proprietario di unn unitaa immobiliare compresa nel fabbricato sito in (OMISSIS), conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Vigevano la Maxedil s.r.l., quale proprietaria e costruttrice delllimmobile sito in (OMISSIS), ed il Condominio (OMISSIS), quale acquirente di tale fabbricato, per sentirli condannare alla rimozione delle opere eseguite su di un cortile sito in via (OMISSIS) (fg 32 mappale 265 N.C.E.U), di cui llistante era comproprietario nonchee al risarcimento dei conseguenti danni.

Si costituivano in giudizio i convenuti contestando nel merito ogni avversa pretesa; la Maxedil s.r.l., in via riconvenzionale, chiedeva la condanna delllattore a non aggravare la servituu di passo sul mappale n. 276 Con sentenza del 26 novembre 2001 il Tribunale, dopo avere ritenuto rinunciate perchee non riproposte specificamente le domande relative alla chiusura o allo spostamento di alcune finestre e di un pluviale, rigettava quelle di ripristino dello stato dei luoghi e di risarcimento dei danni avanzate nei confronti del Condominio sul rilievo che, trattandosi di azione reale, la stessa doveva essere proposta nei confronti delle persone dei singoli condomini che, quali litisconsorti necessari, avrebbero dovuto essere evocati in giudizio; condannava la Maxedil s.r.l. al risarcimento dei danni – equitativamente determinati in L. 4.000.000 – per avere, quale costruttrice, occupato parte del cortile comune di cui llattore era comproprietario nella misura di 1/5;

Con sentenza dep. il 10 marzo 2005 la Corte di appello di Milano, in parziale riforma della decisione impugnata con appello principale dalla Maxedil s.r.l e incidentale dalllattore, accertava che la societaa convenuta era comproprietaria del cortile e delllandrone comuni e la condannava alla eliminazione della parete dellledificio che aveva occupato il sedime della rientranza di est per 1 mq.

catastale, a ridurre la parete di est ortogonale alla proprietaa F. di circa 90 cm., a eliminare il passo carraio con serranda metallica di mt. 2,40 x 2,00, a riportare nella posizione anteriore alla modifica effettuata i pluviali sud e nord della parete ovest del fabbricato Maxedil.

Per quel che ancora interessa nella presente sede, dopo avere accertato sulla base dei titoli di acquisto che, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, la convenuta era comproprietaria della corte e delllandrone, i giudici di appello confermavano la statuizione relativa alla carenza di legittimazione passiva del Condominio in ordine alle domande concernenti i diritti reali dei singoli condomini; quindi, sulla scorta della consulenza ddufficio, accertavano che nella costruzione del (OMISSIS), la Maxedil s.r.l. aveva operato uno sconfinamento occupando una porzione del cortile:

il che aveva comportato una diminuzione nella parete nord della larghezza della rientranza di circa 90 cm. per una profonditaa di 1,03 mt. per una superficie di circa 0,93 mq; su di essa insisteva porzione del fabbricato avente tre piani fuori terra, essendo il piano terra destinato ad autorimessa condominiale e i piani primo e secondo ad abitazione; la parete di est ortogonale alla proprietaa F. era stata ampliata di circa 90 cm. e la precedente apertura di passo pedonale era stata ampliata e trasformata in apertura di passo carraio.

Infine, era confermata la condanna della convenuta al risarcimento dei danni.

Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione Maxedil Re s.r.l.,giaa Maxedil s.r. 1., sulla base di undici motivi.

Resistono con controricorso gli intimati; il Condominio propone ricorso incidentale adesivo a quello principale affidato a tre motivi.

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente il ricorso principale e quello incidentale vanno riuniti, ex art. 335 cod. proc. civ., perchee sono stati proposti avverso la stessa sentenza.

RICORSO PRINCIPALE. Con il primo motivo la ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 81, 99, 100, 101 cod. proc. civ., censura la decisione gravata che llaveva condannata alla demolizione di parte dellledificio nonchee alla rimozione della porta del garage quando, secondo quanto dedotto dallo stesso attore, la Maxedil prima delllinizio del giudizio aveva venduto llintero fabbricato; per cui legittimati passivi erano i proprietari degli appartamenti per il metro quadro supposto di sconfinamento e il Condominio per quanto riguardava la porta del garage e la porzione di cortile occupata dal portone carraio.

Con il secondo motivo la ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 81, 99, 100, 101 cod. proc. civ., censura la decisione gravata che llaveva condannata allo spostamento dei canali di gronda pur non essendo la medesima legittimata passiva.

Con il terzo motivo la ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione delllart. 324 cod. proc. civ. e delllart. 2909 cod. proc. civ., deduce che la sentenza di primo grado era passata in cosa giudicata per mancata impugnazione nei confronti del Condominio sia nella parte in cui riconosceva che il Condominio e i condomini erano divenuti proprietari dellledificio prima delllinizio del giudizio sia nella parte in cui era stata rigettata la domanda di eliminazione del portone del garage e di demolizione parziale: llordine dato invece dai Giudici di appello dovrebbe essere eseguito conto il Condominio nonostante il giudicato e contro alcuni condomini mai evocati in giudizio.

Con il quarto motivo la ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 324 cod. proc. civ. e 2909 cod. civ., deduce che la sentenza di primo grado era passata in cosa giudicata per mancata impugnazione nei confronti del Condominio anche relativamente alla domanda di spostamento dei canali di gronda.

Con il quinto motivo la ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione delllart. 102 cod. proc. civ.,deduce che la domanda di demolizione avrebbe richiesto la partecipazione al giudizio di tutti i condomini, la cui evocazione ora sarebbe superflua per il passaggio in giudicato della sentenza nei confronti del Condominio mentre la ricorrente non ee legittimata passivamente.

Il primo, il secondo, il terzo, il quarto e il quinto motivo vanno esaminati congiuntamente stante la stretta connessione.

Le censure vanno accolte nei limiti di cui si diraa di seguito.

Occorre ricordare che la sentenza di primo grado, mentre considerava rinunciata, fra le altre, la domanda di spostamento del pluviale, riteneva che le domande di ripristino avanzate dalllattore nei confronti del Condominio non potevano essere accolte perchee, trattandosi di azione reale che incide sui diritti dei singoli condomini, la stessa doveva essere proposta nei confronti delle persone dei singoli condomini che dovevano essere evocati in giudizio quali litisconsorti necessari; era invece ritenuta “accoglibile” la domanda avanzata nei confronti della Maxedil, quale “impresa costruttrice”, “ma solo” in relazione ai danni da abusiva occupazione, e cioo in quanto la violazione da parte delllimpresa dei diritti di comproprietari del cortile “risulta un mero fatto, produttore di danno”. Evidentemente, con tale motivazione il Tribunale ebbe a rigettare la domanda di demolizione proposta anche nei confronti della Maxedil, avendo chiarito non soltanto che soggetti legittimati passivi erano i condomini proprietari delle singole unitaa interessate dalla domanda di ripristino ma (consequenzialmente) che contro la societaa convenuta era esperibile esclusivamente llazione personale (e non reale) per il risarcimento dei danni causati dalla abusiva occupazione compiuta nelllattivitaa di costruzione dellledificio.

La sentenza di appello, nel confermare la statuizione relativa alla carenza di legittimazione passiva del Condominio, ha da un canto correttamente statuito che legittimati passivi sono soltanto i condomini interessati alle opere che si assumono abusivamente realizzate ma ha poi condannato la Maxedil alla demolizione e arretramento di quelle opere realizzate nella costruzione dellledificio sul cortile comune.

Occorre allora considerare che, secondo quanto affermato e dedotto dallo stesso attore nelllatto di citazione, al momento della domanda il Condominio convenuto era giaa esistente, dovendo qui ricordarsi che il condominio si costituisce al momento della vendita da parte dellloriginario costruttore – venditore della prima unitaa immobiliare compresa nellledificio, condominiale per cui il fatto che la Maxedil fosse condomina, perchee rimasta proprietaria di alcune unitaa immobiliari, come pure che la medesima avesse realizzato llimmobile de quo, erano circostanze irrilevanti e che – a prescindere da ogni considerazione sul rilievo nei confronti della ricorrente delllinvocato giudicato che, peraltro, si sarebbe formato relativamente alla domanda proposta dalllattore nei confronti del Condominio – non avrebbero potuto legittimare la condanna della medesima alla demolizione di parti dellledificio condominiale, tenuto conto al riguardo – in relazione alla natura reale delllazione di ripristino – della sussistenza di un litisconsorzio che rendeva necessaria la partecipazione al giudizio di tutti i comproprietari e, in particolare, di coloro che erano proprietari delle singole unitaa abitative edificate su porzione del cortile comune – come la stessa sentenza impugnata ha pure affermato a proposito della domanda proposta nei confronti del Condominio – dovendo qui accennarsi che llazione diretta non al semplice accertamento delllesistenza o inesistenza delllaltrui diritto, ma al mutamento di uno stato di fatto mediante la demolizione di manufatti o costruzioni, da luogo ad unnipotesi di litisconsorzio necessario tra i proprietari dei beni interessati (Cass. 12767/1999; 5603/2001), perchee altrimenti la sentenza – che non potrebbe essere eseguita conto i proprietari non partecipi al giudizio – sarebbe inutiliter data: inconferente ee il precedente citato dal resistente F. che concerne la legittimazione attiva di ciascun condomino nelle azioni conservative a tutela delle cose comuni. Per quel che concerne invece la domanda di spostamento del pluviale, il primo Giudice non si era pronunciato nel merito, avendola ritenuta rinunciata con statuizione riformata dalla sentenza di appello, che ha condannato la ricorrente alla sua rimozione: le considerazioni che precedono escludono la legittimazione passiva della societaa convenuta anche relativamente a tale domanda.

Con il sesto motivo la ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione delllart. 112 cod. proc. civ., censura la sentenza che aveva accertato il diritto di comproprietaa di essa ricorrente sulllandrone che immette nel cortile comune senza che fosse stata mai formulata alcuna domanda in proposito.

Il motivo ee infondato.

Deve escludersi la violazione di ultrapetizione di cui alllart. 112 cod. proc. civ., atteso che la sentenza, nelllesaminare la questione relativa alla controversa comproprietaa del cortile, ha incidentalmente menzionato alllandrone, facendo riferimento alla descrizione contenuta nei titoli di acquisto.

Con il settimo motivo la ricorrente, lamentando omessa e insufficiente motivazione nonchee violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 277 cod. proc. civ., censura la sentenza che non aveva esaminato la domanda di attribuzione del terreno oggetto del presunto sconfinamento proposta ex art. 938 cod. civ., tenuto che la decisione di tale domanda costituiva un antecedente logico rispetto a quella di demolizione.

Il motivo ee infondato.

La norma delllart. 938 cod. civ., che disciplina la cosiddetta accessione invertita, ha carattere eccezionale – in quanto derogativa sia del principio delllaccessione (“quod inaedificatur solo cedit”), sia di quello secondo cui il proprietario ha diritto di disporre della propria cosa in maniera piena ed esclusiva – e come tale non puoo trovare applicazione nelllipotesi di costruzione eseguita in tutto o in parte su un suolo di proprietaa comune del costruttore e di terzi, nella quale si applicano le norme sulla comunione, senza che sia eccepibile una disparitaa di trattamento tra comunista e terzo Con llottavo motivo la ricorrente, lamentando omessa e insufficiente motivazione nonchee violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 277 cod. proc. civ., censura la sentenza che aveva accertato llampliamento della costruzione di cui non era emersa alcuna prova senza spiegare perchee avesse attribuito valore di prova alle mappe catastali alle quali esclusivamente aveva fatto riferimento il consulente.

Con il nono motivo la ricorrente, lamentando omessa e insufficiente motivazione nonchee violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 277 cod. proc. civ., deduce che i giudici di merito avevano omesso di spiegare per quale ragione avevano ritenuto che lledificio era stato realizzato su terreno comune anzichee su quello di proprietaa di essa ricorrente, la quale aveva sostenuto che lloriginario costruttore del (OMISSIS), invece di edificare il muro perimetrale lungo tutto il confine, aveva realizzato per un breve tratto una rientranza di un metro di profonditaa al fine di aprire nel proprio terreno delle bocche di lupo che consentissero di scaricare legna e carbone nelle sottostanti cantine, mentre con le cantine ed il balcone era arrivato a filo del confine: ai sensi delllart. 840 cod. civ. il proprietario del sottosuolo e dello spazio aereo deve ritenersi proprietario dello spazio intermedio, per cui llasserito ampliamento sarebbe stato realizzato invadendo cm. 93 di lunghezza di detta rientranza, in gran parte occupati da una preesistente bocca di lupo; llesistenza della bocca di lupo in superficie, della cantina nel sottosuolo e del balcone nello spazio aereo, tutti di proprietaa della Maxedil al momento delllesecuzione dei lavori di restauro, erano invece indizi gravi, univoci e concordanti da cui desumere la prova della proprietaa in capo ad essa delllarea in questione. LLottavo e il nono motivo, che per la stretta connessione vanno esaminati congiuntamente, sono infondati.

La sentenza ha verificato lloccupazione da parte della convenuta di una porzione di quello che ha accertato costituisce cortile comune sulla base dei titoli di acquisto sui quali ha dunque motivatamente basato il proprio convincimento: sarebbe stato necessario dedurre llerronea interpretazione di tali atti ovvero dimostrare llerrore delle conclusioni del consulente tecnico recepite acriticamente dalla sentenza, previa trascrizione dei passi salienti della consulenza in virtuu del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, o ancora invocare llesistenza di un titolo di acquisto contrario; la doglianza si risolve nella censura delllapprezzamento di fatto delle risultanze istruttorie riservato al giudice di merito e incensurabile in sede di legittimitaa se non per vizio di motivazione, dovendo qui sottolinearsi che il vizio deducibile ai sensi delllart. 360 c.p.c., n. 5 deve consistere in un errore intrinseco al ragionamento del giudice che deve essere verificato in base al solo esame del contenuto del provvedimento impugnato e non puoo risolversi nella denuncia della difformitaa della valutazione delle risultanze processuali compiuta dal giudice di merito rispetto a quella a cui, secondo il ricorrente, si sarebbe dovuti pervenire: in sostanza, ai sensi delllart. 360 c.p.c., n. 5 citato, la (dedotta) erroneitaa della decisione non puoo basarsi su una ricostruzione soggettiva del fatto che il ricorrente formuli procedendo a una diversa lettura del materiale probatorio, atteso che tale indagine rientra nelllambito degli accertamenti riservati al giudice di merito ed ee sottratta al controllo di legittimitaa della Cassazione che non puoo esaminare e valutare gli atti processuali ai quali non ha accesso, ad eccezione che per gli errores in procedendo (solo in tal caso la Corte ee anche giudice del fatto).

Con il decimo motivo la ricorrente, lamentando omessa e insufficiente motivazione nonchee violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 277 cod. proc. civ., deduce che i Giudici di merito avevano omesso di esaminare la questione relativa alla carenza di legittimazione delllattore relativamente alla domanda di danni, posto che il medesimo aveva acquistato llimmobile nel 1992 ovvero diversi anni dopo llultimazione del opere da parte di essa ricorrente, tenuto conto che il diritto di credito sarebbe sorto al momento dello sconfinamento e non era stato ceduto insieme al diritto reale.

Il motivo ee fondato.

La sentenza non ha esaminato la questione relativa alla legittimazione attiva delllattore: infatti, assumeva rilievo decisivo llindagine che il giudice di merito avrebbe dovuto invece compiere se, al momento delllacquisto operato dalllattore, le opere con cui la societaa costruttrice aveva sconfinato fossero state giaa ultimate ovvero se detto sconfinamento si fosse verificato successivamente alllacquisto, atteso che soltanto in questtultimo caso llattore sarebbe stato titolare dei una posizione soggettiva tutelabile. Al riguardo va ricordato che il diritto al risarcimento dei danni cagionati ad un immobile non costituisce un accessorio del diritto di proprietaa sulllimmobile stesso, trasmissibile automaticamente con la sua alienazione, ma ha natura personale, in quanto compete esclusivamente a chi, essendo proprietario del bene alllepoca delllevento dannoso, ha subito la relativa diminuzione patrimoniale (Cass. 15744/2009).

Con llundicesimo motivo la ricorrente, lamentando omessa e insufficiente motivazione, censura la liquidazione del danno compiuto dal consulente tecnico ddufficio e recepito dalla sentenza impugnata laddove la stima era stata compiuta con riferimento non in base al valore sulla base del terreno nudo ma di quello risultante per effetto delle costruzioni realizzate; deduce che nei motivi di appello era stato evidenziato come mentre il valore di un appartamento in (OMISSIS) alllepoca era di L. 3.000.000 il valore al metro quadro di un terreno era irrisorio (L. 150.000): la sentenza si era limitata a ritenere equa la stima compiuta dal consulente senza aggiungere altro per replicare alle suesposte doglianze.

La censura ee fondata, essendosi la decisione impugnata limitata ad affermare in modo del tutto apodittico che erano prive di pregio le doglianze formulate dalllappellante principale (e quelle dedotte dalllappellato incidentale) e che era equa la stima compiuta dal consulente tecnico le cui conclusioni erano dunque recepite in modo del tutto acritico e senza esaminare (e dare conto dei) rilievi formulati dalla ricorrente. Pertanto, vanno accolti il primo, il secondo, il terzo, il quarto, il quinto, il decimo e llundicesimo motivo del ricorso, mentre vanno rigettati il sesto, il settimo, llottavo e il nono.

Il ricorso incidentale ee assorbito per effetto delllaccoglimento del ricorso principale.

La sentenza va cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio, anche per le spese della presente fase, ad altra sezione della Corte di appello di Milano.

P.Q.M.

Riunisce i ricorsi; accoglie il primo, il secondo, il terzo, il quarto, il quinto motivo del ricorso principale per quanto in motivazione, nonchee il decimo e llundicesimo motivo, rigetta il sesto, il settimo, llottavo e il nono assorbito il ricorso incidentale cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese della presente fase, ad altra sezione della Corte di Milano.

Cosii deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 16 marzo 2011

 

NOTE GIURISPRUDENZIALI

(1) La pronuncia in epigrafe si conforma all’orientamento espresso sulla questione dalla prevalente giurisprudenza di legittimità.

Più in particolare, infatti, anche di recente la Suprema Corte ha affermato a riguardo il principio per il quale, sebbene l’ordinanza con la quale il giudice dell’esecuzione, exart. 495 c.p.c., determina la somma di denaro da versare in sostituzione delle cose pignorate, non esplica alcuna funzione risolutiva delle contestazioni sulla sussistenza e sull’ammontare dei singoli crediti o sulla sussistenza dei diritti di prelazione né ha contenuto decisorio rispetto al diritto di agire in executivis e il provvedimento emesso è un tipico atto esecutivo suscettibile di opposizione exart. 617 c.p.c., con la quale si contesta il quomodo del processo esecutivo, vale a dire la determinazione dell’importo sostitutivo in rapporto ai criteri desumibili dall’art. 495 c.p.c., il debitore esecutato, dal canto suo, in questa fase ha anche la facoltà di contestare l’an ed il quantum dell’azione, con l’opposizione all’esecuzione (Cass. 19 febbraio 2009 n. 4046). Analogamente, si è anche osservato che in materia di esecuzione, la determinazione della somma di denaro da versare in sostituzione delle cose pignorate, che il giudice opera ai sensi dell’art. 495 c.p.c., comporta una valutazione sommaria delle pretese del creditore pignorante e dei creditori intervenuti nonché delle spese già anticipate e da anticipare e non deve tenere conto dell’esistenza o dell’ammontare dei singoli crediti e della sussistenza dei diritti di prelazione, in quanto tali questioni possono porsi solo in sede di distribuzione della somma ricavata dalla vendita ai sensi dell’art. 512 c.p.c., fatta salva la possibilità che il debitore contesti, con l’opposizione all’esecuzione, l’esistenza del credito, ovvero che lo stesso è inferiore a quanto dovuto (cfr. Cass. 3 settembre 2007 n. 18538). Sempre in tema di rimedi esperibili avverso l’ordinanza con la quale il giudice dell’esecuzione determina la somma da sostituire al bene pignorato a norma dell’art. 495 c.p.c., Cass. 2 ottobre 2001 n. 12197, ha sottolineato che l’opposizione agli atti esecutivi concerne la verifica che la determinazione della somma in concreto effettuata dal giudice dell’esecuzione sia conforme ai criteri desumibili dall’art. 495 c.p.c., mentre non riguarda l’accertamento dell’esistenza e dell’ammontare dei crediti dei creditori intervenuti, che è questione proponibile o in sede di distribuzione a norma dell’art. 512, ovvero mediante l’opposizione exart. 615 c.p.c.

In senso contrario rispetto alla possibilità di proporre opposizione all’esecuzione avverso l’ordinanza di determinazione della somma da pagare in sede di conversione del pignoramento, ha invece opinato, sempre in sede di legittimità, Cass. 17 maggio 1988 n. 3442, in Foro it., 1989, I, 2584, con nota di Capponi, Per un revirement della Cassazione in tema di contestazione dei crediti nel processo esecutorio, per la quale il provvedimento con cui il giudice dell’esecuzione, sentite le parti, in sede di conversione del pignoramento, determina ai sensi dell’art. 495, comma 2, c.p.c. la somma di denaro da versare in sostituzione delle cose pignorate, comporta una valutazione sommaria delle pretese del creditore pignorante e dei creditori intervenuti e delle spese già anticipate o presumibilmente da anticipare, prescindendo dalle contestazioni circa la sussistenza o l’ammontare dei singoli crediti o la sussistenza di diritti di prelazione, che vanno sollevate solo in sede di distribuzione a termini dell’art. 512 c.p.c. e che detta ordinanza configura un atto esecutivo impugnabile con l’opposizione exart. 617 c.p.c. non per l’accertamento dell’importo dei crediti contestati, bensì solo per la verifica che la determinazione della somma in concreto effettuata dal giudice dell’esecuzione è conforme ai criteri desumibili dall’art. 495 c.p.c. (cfr. anche Cass. 6 novembre 1982 n. 5867).

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