La delibera che autorizzi la locazione per l’esercizio di un’attività professionale di un immobile condominiale, in precedenza adibito a civile abitazione, non costituisce un’innovazione, ex art. 1120 c.c., ma soltanto una diversa utilizzazione del bene comune, che l’assemblea dei condomini può approvare con la maggioranza semplice dell’art. 1136 comma 2 c.c.

Tribunale  Salerno  sez. I, 14 gennaio 2011

Tribunale di Salerno

I sezione civile

Il Tribunale di Salerno, I sezione civile, riunito in Collegio nelle

persone dei signori:

1) Dott. Maria Assunta Niccoli Presidente

2) Dott. Antonio Scarpa Giudice relatore

3) Dott. Marina Mainenti Giudice

 

visto il ricorso per reclamo al collegio proposto in data 17 settembre 2010 dal Condominio V. di via c.M. n. 7, MAIORI, Salerno, nei confronti di T D, E D e C D, con l’intervento della MP S.R.L., avverso l’ordinanza resa dal Giudice Onorario di tribunale, quale Giudice Istruttore, in data 13 luglio 2010, con cui era stata accolta la istanza di sospensione della esecuzione della deliberazione assembleare del10 dicembre 2009;

sciogliendo la riserva di pronuncia assunta, sentite le parti, all’udienza dell’11 gennaio 2001, osserva quanto segue.

Va evidenziato come le condomine T D, E D e C D, abbiano allegato a sostegno della impugnazione ex art. 1137 c.c. la illegittimità della deliberazione assembleare del 10 dicembre 2009, avendo la stessa, con una maggioranza di 677,50 millesimi, approvato la locazione di appartamento di proprietà condominiale alla MP s.r.l. per uso di laboratorio di analisi, con conseguente mutamento della consistenza e della destinazione dell’immobile rispetto alla categoria catastale, e ciò in violazione dell’art. 1120 e dell’art. 1136 co. 5°. c.c., occorrendo a tale scopo l’unanimità dei consensi di tutti i condomini, o quanto meno maggioranza pari a due terzi del valore dell’edificio, dovendosi tener conto della situazione di conflitto di interessi in cui versava col suo voto il condomino MP, amministratore della società aspirante locatrice; detratta invero dal quorum la caratura millesimale del condomino P, la delibera risulterebbe approvata con il solo voto di 641 millesimi. Vieppiù le ricorrenti T D, E D e C D censurano l’indeterminatezza degli obblighi assunti dal condominio col contestato contratto di locazione.

Il giudice onorario, col provvedimento reclamato del 13 luglio 2010, ha sospeso la delibera impugnata, dicendosi convinto della necessità della maggioranza qualificata ex art. 1136 comma 5° c.c., per la mutata destinazione del bene, nonché della allegazione del conflitto d’interessi invalidante.

Il reclamo, quanto ai suoi motivi di merito contrari al provvedimento di sospensione ex art. 1137 c.c. adottato dal GOT, risulta palesemente fondato.

Non è da accogliere il primo motivo di censura, che attiene alla valida costituzione del giudice, per avere pronunciato il provvedimento cautelare un magistrato onorario.

Invero, il R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 43 bis (aggiunto all’ordinamento giudiziario dal D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, art. 10, e mod. D.L. 7 aprile 2000, n. 8, art. 3 bis), premesso, al comma 1, che giudici ordinari ed onorari svolgono presso il tribunale ordinario il lavoro giudiziario loro assegnato dal presidente del tribunale o, se il tribunale è costituito in sezioni, dal presidente o altro magistrato che dirige la sezione e, al comma 2, che i giudici onorari di tribunale non possono tenere udienza se non nei casi di impedimento o di mancanza dei giudici ordinari, dispone, al comma 3, che nell’assegnazione prevista dal comma 1, è seguito il criterio di non affidare ai giudici onorari: a) nella materia civile, la trattazione di procedimenti cautelari e possessori, fatta eccezione per le domande proposte nel corso della causa di merito o del giudizio petitorio; b) nella materia penale, le funzioni di giudice per le indagini preliminari e di giudice dell’udienza preliminare, nonché la trattazione di procedimenti diversi da quelli previsti dall’art. 550 c.p.p..

Con riferimento alla materia civile, il dato normativo esclude espressamente che i g.o.t. possano essere chiamati a giudicare in procedimenti cautelari ante causarti ed in quelli possessori.

L’esclusione della possibilità di assegnare ai giudici onorari della trattazione di specifici procedimenti non rientra, peraltro, tra le disposizioni amministrative dell’ordinamento giudiziario che dettano i criteri di assegnazione del lavoro e le supplenze dei magistrati negli organi collegiali e che non determinano la nullità dei provvedimenti adottati (cfr. ora espressamente: il R.D. n. 12 del 1941, art. 1 bis, comma 1, nel testo risultante dalla modifica apportata dalla L. 30 luglio 2007, n. 111, art. 4, comma 19); piuttosto, limiti legislativi inerenti ad alcune controversie, sotto l’aspetto attivo si risolvono in una inammissibilità dell’assegnazione e sotto quello passivo in un difetto di capacità dei g.o.t. alla trattazione di esse. Ne consegue il vizio di costituzione del giudice che giudichi con la partecipazione del g.o.t. in controversie cautelari e possessorie, con correlata declaratoria, ai sensi dell’art. 158 c.p.p., e art. 161 c.p.p., comma 1, della nullità del provvedimento dallo stesso pronunciato (così Cassazione civile, sez. II, 02/08/2010, n. 18002).

Quello tuttavia concretizzato dalla sospensiva ex art. 1137 c.c. non è mai, per definizione, un provvedimento cautelare ante causam, ai fini del citato art. 43 bis Ord. giud., costituendo esso piuttosto una ipotesi di necessitata presentazione congiunta di domanda cautelare e di merito: l’istanza di sospensione dell’esecuzione delle delibere assembleari condominiali (come di quella societarie) deve infatti proporsi o con lo stesso ricorso (o citazione) di impugnazione o successivamente nel corso del giudizio di merito, mentre non è mai proponibile in via anteriore alla causa, secondo il disposto dell’art. 669 ter c.p.c., per essere la previa impugnativa indefettibile presupposto logico-giuridico della sospensione (cfr Trib. Nocera Inferiore, 12 giugno 2000, in Arch. loc. 2001, 698; Trib. Reggio Calabria, 9 maggio 1994, in Foro it. 1994, I, 2524).

È invece del tutto da non condividere l’affermazione – posta a base dell’impugnativa di delibera, e quindi recepita dall’ordinanza di sospensione dell’esecutiva qui reclamata – che intravede nella delibera che autorizzi la locazione di un bene condominiale una innovazione, seppure tale locazione comportasse una destinazione ad uso di attività professionale a fronte di una precedente destinazione a civile abitazione (cosa, quest’ultima, che affermano le condomine D.A., con allegazione smentita peraltro da alcune allegazioni documentali e da alcune ammissioni della stessa difesa delle attuali reclamate).

È infatti noto come, in tema di condominio di edifici, costituisce innovazione ex art. 1120 c.c. non qualsiasi modificazione della cosa comune ma solamente quella che alteri l’entità materiale del bene operandone la trasformazione, ovvero determini la trasformazione della sua destinazione, nel senso che detto bene presenti, a seguito delle opere eseguite, una diversa consistenza materiale ovvero sia utilizzato per fini diversi da quelli precedenti l’esecuzione delle opere. La locazione alla MP per uso di attività professionale dell’appartamento condominiale, che si assume in precedenza concesso ad altri conduttori per uso di abitazione, non realizza quindi affatto un mutamento di destinazione nei termini precisati del bene, ma soltanto una diversa utilizzazione che l’assemblea dei condomini poteva deliberare con la maggioranza semplice dell’art. 1136 – comma 2 c.c., ratificando, in mancanza, l’operato dell’amministratore (cfr. Cassazione civile, sez. II, 21/10/1998, n. 10446).

Nell’ipotesi in cui una parte dell’immobile in condominio, oggetto di proprietà comune (quali, nella specie, i vani destinati a portineria) non sia più destinata a uso condominiale, si applica infatti ad essa la disciplina della comunione in generale (art. 1100 c.c.) e, in base a tale disciplina, deve ritenersi consentito ai partecipanti alla comunione, quali aventi diritto a concorrere nella relativa amministrazione (art. 1105 comma 1 c.c.) di concedere il detto bene in locazione per renderlo fruttifero. Ne, ai fini della modifica della detta destinazione, è necessario l’atto scritto, essendo questo richiesto, sotto pena di nullità, soltanto per i contratti che costituiscono la comunione di diritti su beni immobili (art. 1350 n. 3 c.c.). Quando non sia del resto possibile l’uso diretto della cosa comune per tutti i partecipanti al condominio, proporzionalmente alla loro quota, promiscuamente ovvero con sistema di turni temporali o frazionamento degli spazi, i condomini ben possono deliberare l’uso indiretto della cosa comune a maggioranza se trattasi di atto di ordinaria amministrazione, come nel caso della locazione (si vedano ancora Cassazione civile, sez. III, 29/06/1979, n. 3690; Cassazione civile, sez. II, 22/03/2001, n. 4131).

La maggioranza con cui è stata approvata la deliberazione assembleare impugnata del 10 dicembre 2009 è dunque sovrabbondante rispetto all’indicato necessario quorum deliberativo.

È infine ovviamente preclusa al Tribunale ogni verifica della convenienza economica per il Condominio e dell’equilibrio sinallagmatico tra le parti in relazione al programma obbligatorio oggetto del contratto di locazione approvato dall’assemblea: il sindacato dell’autorità giudiziaria sulle delibere dell’assemblea di condominio non può infatti estendersi alla valutazione del merito e al controllo della discrezionalità di cui dispone l’assemblea, ma deve limitarsi al riscontro della legittimità. L’assunzione o meno in capo al Condominio locatore di determinati obblighi nei confronti del conduttore costituisce intuibilmente il risultato del legittimo esercizio del potere discrezionale dell’assemblea.

Il reclamo va pertanto accolto, con revoca del provvedimento reso dal Giudice istruttore in data13 luglio 2010, rimettendo per le spese del procedimento la liquidazione al giudice del merito;

 

P.Q.M.

letti gli artt. 669 terdecies, 669 quater c.p.c., e 1137 c.c.,

Il Tribunale di Salerno, I sezione civile, accoglie il reclamo proposto in data 17 settembre 2010 dal Condominio V. di via c.M. n. 7, MAIORI, Salerno, nei confronti di T D, E D e C D, con l’intervento della MP S.R.L., e revoca l’ordinanza resa dal Giudice istruttore in data 13 luglio 2010;

rimette le parti all’udienza già fissata per la prosecuzione del giudizio di merito.

Manda alla cancelleria per la comunicazione.

Salerno, 14 gennaio 2011

Il Giudice

Dott. ANTONIO SCARPA

Il Presidente

Dott. Maria Assunta Niccoli

 

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